Recensioni per
D'Amore, di Morte e di altre sciocchezze
di LaCittaVecchia

Questa storia ha ottenuto 29 recensioni.
Positive : 28
Neutre o critiche: 1 (guarda)


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Nuovo recensore
25/05/22, ore 18:22

L’Idea di raccontare i nostri eroi come nella Divina Commedia è una genialata (così si diceva all’epoca)mi complimento con te per aver tradotto in prosa tutte le belle parole mi sembra di essere tornata a scuola e studiare la Divina Commedia

Recensore Veterano
25/09/21, ore 18:11

Una persona che, a quanto pare, ben conosce i miei gusti, mi ha suggerito di leggere questa tua opera, LaCittaVecchia, e ha fatto bene.

Non so se ancora leggi le recensioni e se ancora bazzichi da queste parti, ma volevo scrivere qui il mio apprezzamento.
Il tuo esperimento è raffinato e nient'affatto banale, né puro esercizio di stile ma si sente che c'è qualcosa di forte che vuoi dire.

A parte "Animula blandula", una vera chicca, ho tanto apprezzato la variante "al tempo dei Lumi falsi e bugiardi": una sostituzione non solo lessicale, una sostituzione che apre un mondo se si ha presente che cosa hai sostituito.
E poi lo stile, la ricerca delle rime "aspre e chiocce" (senza terzina incatenata, omaggio alla poesia moderna?), l'uso della citazione anacronistica (per la prospettiva dantesca, intendo) come Foscolo nella parte seguente, tutto bellissimo.

Sulla collocazione all'inferno di André e di madamigella non ho proprio niente da dire: non è la collocazione che fa la grandezza del personaggio, e Dante osa mettere all'inferno anche persone da lui amatissime come il maestro Brunetto, per dirne una. E chi si ricorda che Ulisse è all'inferno perché consigliere di frode? Quanti credono che sia lì per il folle volo?

Insomma, tutto questo per dirti che hai fatto un gran lavoro e che l'ho tanto apprezzato, hai saputo rispettare il padre Dante e Madame Ikeda con un incontro davvero raffinato.

Un saluto,
Settembre

Recensore Junior
07/09/21, ore 23:29

Quand’anco potess’accedere a virtute
che sol in parte eguagliasse il testo,
io per primo omaggere’ l’autore,
cui forse fui già troppo molesto.
Poter di parola, di fede atto,
mi portaron del commentar il gesto,
rosa bianca che come donna sboccia,
da man superba fatta, di umiltade
vestuta, d’amore simbol e sigillo,
a lagrimar mi fece tristo e pio,
vulnus ma lieve, ferita di spillo.
Ché sigil può esser di perdon donato,
da Colui che puote ciò che vuole,
un dì, quand’anche d’amor peccato
ad anim’oppresse, di null’offese
se non distanza, sarà perdonato.
“Venite in Paradiso, là dove vado anch’io,
perché non c’è l’inferno nel mondo
del buon Dio” è licito sperar e disio
che sia lor offerto, e gioia nuova
a rinnovellar lor fronda, sì come
si rinnovella ad arbor qualor piova.
Non dannato fu l’amor loro, solo
ancor a prova di tempo messo,
dall’alto potrà un dì toccar sòlo
dal Ciel con perdon d’Altrui un mésso.
Angelo candido più che neve
Abbraccerà gli oppressi innamorati
Di bianco vestiti, in tempo breve
avran il lieto fine per cui nati.
Da sensibile autor, ad Amor più ch’a
Legge devoto, di candida rosa beati
già, promessa di chi in ciel avanti va,
al lettor speme è data, mist’a disio dolce,
con garbo, e a me che son Sacrogral,
ammirazion per lui ‘l cor mi molce,
i’, che tre cose solamente m’enno in grado:
la donna, la taverna e il dado.

Omaggi devotissimi, LaCittaVecchia,
Sacrogral, al tuo servizio
(Recensione modificata il 07/09/2021 - 11:37 pm)

Recensore Junior
06/09/21, ore 17:53

Caro amico,

ti chiedi se la gente capisce. Bisogna intenderci sul senso del verbo ‘capire’: ti chiedi se sei chiaro nelle intenzioni, oppure se la gente riesce a entrare in empatia col testo e comprenderlo, quindi ‘sentirlo’?

Io, per non saper né leggere né scrivere, ti dico la mia, su questo cap.2.

Vedo una donna che nasce in Francia, sotto il Giglio francese ; vedo che è l’ultimogenita di ‘teoria’, ovvero ‘serie’ per dirla male, di molte figlie. Vedo un ‘buon padre’ (‘buono’ in senso latino, direi, ‘valente’, ‘forte’) , che la educa come un soldato con risultati ottimi, e in fedeltà alla consorte di Luigi XVI dei Capetingi.

E riconosco nella bella donna madamigella Oscar che narra di se stessa.

Vedo che combatte fieramente contro quelli che le sembravan giganti, ma nella nuova prospettiva eterna riconosce nani (e se non è un omaggio al Maestrone, pazienza, io ce lo vedo), che poi fa sue le sofferenze di un popolo oppresso. ‘Giustizia che da sempre’ le fu ‘stella’ crea in lei un conflitto doloroso e che è doloroso sciogliere: l’educazione pregressa, la fedeltà giurata a una Regina amata si infrange contro la realtà che la Regina stessa sia ingiusta.

Eppur sente che la Giustizia l’ha malamente guidata, portandola a infrangere il suo giuramento.

Questo ho capito e sentito nel primo monologo di Oscar François de Jarjayes.

E poi, madamigella ammette di aver sognato di poter seguire la sua natura, che vedo riferirsi sia alla sua natura di donna sia alla sua esigenza di Giustizia.

Poi, bellissimo:

Così viss'io cieca et quando costui
per me la perse, io la guadagnai

che io vedo come un’ammissione di una sincerità disarmante: una vita che Oscar riconosce non sua ma cucitale addosso, da ‘cieca’, che viene illuminata dalla Verità proprio nel momento in cui il devoto a lei la vista perde. Anche qui, scorgo dialettica: la luce dell’amore, quello vero, annienta le difese, e al contempo rende non mascherabili le esigenze di giustizia sociale.

Una notte luminosa il trovai
quell'altra lo perdetti

Mi appare il perfetto ricordo della notte delle lucciole, prologo alla morte di André e a seguire di quella di lei, colta però nella dannazione.

Ma il ‘sigillo’ (‘sigillo’, amico mio, mica una parola da nulla) del loro legame non fu infranto né dal crudele traghettatore infernale, né dal giudice infernale ormai reso mostruoso.

E visto che il potere di questi due è puramente formale, che son due burocrati al servizio di Colui che davvero possiede il potere, e che il potere di Dio è caritas, quindi ‘amore’, è il ‘re dell’universo’ che non ha voluto o permesso che tal sigillo si infrangesse.

Io ho capito questo, attraverso il pregevole velo della poesia.
E stupisco che si possa dire tanto con poche parole ben usate. In prosa, avresti potuto farci venti e meno efficaci capitoli.

Mi soffermo dunque sulla tua nota: chiaro che tu, come Dante (ma forse, LaCittaVecchia, non sei tu il Dante de noattri, o se preferisci dei nostri tempi?), come Dante, dicevo, hai diviso Autore, Narratore e Protagonista. L’Autore deve per forza seguire la Giustizia che è Legge.
Quindi, bolgia dei traditori, non c’è storia.

Ma il narratore, e il pellegrino, provano tristezza e sconforto, davanti alla donna sincerissima e che ha sconfitto il soldato. E non può essere altrimenti.

Ora danteggio e penso a Brunetto Latini, il vecchio maestro, venerato da Dante come l’uomo d’ingegno che era, degradato fra i sodomiti, per quell’unica colpa. Chiaro che oggi fa ridere, o fa rabbia. Ma il conflitto di Dante deve essere stato rilevante, e alla fine ce lo ricordiamo, Brunetto, ‘come colui che vince’ e ‘non come colui che perde’.

La dignità umana è preservata.

Come lo è, e va da sé, in Paolo e Francesca. La grazia di Francesca da Rimini è ineguagliabile. C’è più passione, poi, in quel ‘la bocca mi basciò tutto tremante’ che in tutto il Canzoniere di Petrarca. Ma se il matrimonio era prima di tutto un patto con Dio, impossibile non dannarli. Peggio toccherà a chi li ha uccisi, sembra il minimo. Ma nel momento in cui sottometti ‘la ragion al talento’, non c’è via di scampo davanti alla Giustizia.

Vien da dire che a volte la Giustizia sia terribile, e non solo ai tempi di Dante. Infatti io non sopporto quelli che stanno sempre con la ragione e mai col torto.

Però, dormi sonni tranquilli, che non potevi fare altrimenti. O sì? E qui divago: visto che nessuno raccoglierà mai l’invito a scrivere in poesia medievaleggiante, e visto che il pellegrino alla fine tu sei e madame Ikeda ti accompagna (scusa se me la canto e me la suono), magari puoi scardinare la regola: in fondo Cristo è sceso nel Limbo a prendersi i suoi, prima di tornare a casa. Se ti andrà, un giorno, puoi disfare anche quello che hai fatto: se qualcuno scende dal Paradiso a prenderseli, insomma, il dio della storia sei tu, chi ti para?

Amico cortesissimo, se non ho capito un accidenti la colpa è mia e non tua. Io posso solo stringerti nuovamente la mano per questa seconda parte, e augurarti buon viaggio, in ogni senso.

Sacrogral, devotissimo, longeque inferior

Recensore Junior
05/09/21, ore 20:12

Caro amico,

si sa, la fretta […] l’onestade ad ogn’ atto dismaga; giungo senza fretta, per tua grazia, ove incomincia la Commedia di LaCittaVecchia nato d’italiaco suolo.

La commedia vede due viandanti scendere le piagge infernali – al momento, il più giovane immagino essere LaCittaVecchia narratore e personaggio, l’accompagnatore, il duca suo, lo ignoro, potrei dire Dante come madame Ikeda.

Incontro un bestiario infernale, mettendomi sulla scia di questi due. Sparvieri grifagni (Cesare armato, con gli occhi grifagni , mormoro) e maiali. Il mio sempre personale e primo rimando va a Circe, che trasformava gli uomini in porci e forse non aveva torto, se ne metteva a nudo l’essenza.

Bellissimo il passo di raccordo, improntato alla cortesia, tanto difficile da trovare all’Inferno – te lo dico per esperienza diretta, va da sé –

Viaggiator, che carico del corpo vai
sicuro ad altri lidi, sian cortesi
i tuoi passi e non rechino danno
al nostro qui povero restare."

Resto perplesso un istante: Farinata degli Uberti, mio caro amico, non si trova nella ghiaccia ma fra gli eretici, nelle tombe infuocate. “Ma è forse il mio Inferno, questo?” subito mi chiedo. Non lo è, magari l’avessi scritto io, questo testo, e mi taccio.

Si palesa un’Ombra, un’anima di Francia, nata “al tempo dei Lumi falsi e bugiardi” – geniaccio, l’autore. E nervo scoperto per chi si dichiara l’ultimo degli Illuministi, oltre all’ultimo dei Templari, certo, ma cosa siamo senza le nostre contraddizioni?

“Per lei fui roccia, torre, porto e specchio” – geniaccio, l’autore. Ecco tratteggiato André Grandier in quattro sostantivi; “pur se un giorno le fui troppo molesto” – ed ecco tratteggiato l’episodio dello ‘strappo’, un verso, un endecasillabo. Son costretto, a forza, all’ammirazione, io che non so far nulla in due parole.

La storia di Lady Oscar riscritta in linguaggio di sapore dantesco, in un aldilà oscuro in cui, unica stella, brillano i personaggi.

Amico mio, sto scrivendo questo commento come se fosse la prima volta che leggo la tua storia: non è così, ma facciamo what if, hai diviso a capitoli e io commento a capitoli. Trovo superba l’idea e la realizzazione.
Cos’è una fanfiction? Una scrittura in cui personaggi non propri vivono ancora, a cui si intreccia la (alta) fantasia, così che il Secondo autore possa lasciare la propria impronta. Scegliere il genere impegnativo della poesia – e Poesia in questo caso non vuol dire andare a capo tante volte – è un’impresa che restituisce un impegno gravoso, tanto più divertente quanto più gravoso.

Il lettore (io, in particolare) resta ammirato e a bocca aperta. Il lettore diffidente (io, in particolare) quasi non ci crede, che davvero il testo sia riuscito.

Caro LaCittaVecchia, non solo l’acume dell’idea, dato che la famosa ‘ispirazione’ vale sempre il due per cento al massimo, ma l’eccezionale ricercatezza della realizzazione dell’inventiva mi obbligano a stringerti la mano; forma e contenuto, e punto di vista straniato rispetto alla modernità, conferiscono un sortilegio alla storia e alla scrittura, che decisamente si staglia, intatta, in un universo tutto suo.

Nei 700 anni dalla morte di Dante, credo che questo possa esser considerato anche un omaggio a lui, perché ci sono dei momenti in cui c’è solo Dante. Io, che come i vecchi d’un tempo ne imparo a memoria le terzine che posso, che nutro ammirazione sconfinata per lui esule ma anche per il suo “De Monarchia” che fu messo all’Indice dei Libri proibiti e che è prova di una libertà di pensiero superiore a quella di, direi, ogni altro uomo del suo tempo; io che davanti al suo coraggio mi sento misero, Dante che crede in Dio ma mette all’inferno più di un papa e di un chierico, ti devo ringraziare per avermi dato l’occasione di parlarne.

E ti devo ringraziare per la lezione di scrittura: col tuo dono della frase icastica e della sintesi non banale, di cui spero di far tesoro.

E ti devo ringraziare del viaggio con madame Ikeda, viaggio nel quale lei stessa sarebbe sorpresa, incantata e lusingata di accompagnarti, felice come ogni autore che apre ventagli di possibilità.

E infine grazie per il titolo, rimando caro.

In chiusa, caro amico, spero di aver compreso l’intento del testo, e anche il suo Spirito.

Omaggi devotissimi,

Sacrogral

Recensore Veterano
27/08/18, ore 21:29

Arrivo alla fine, anche se da quanto ho capito, le intenzioni erano altre... magari scrivere di più e anche inserire altri personaggi, ma hai scelto di chiudere qui. Le tre date in cui hai scelto di pubblicare sono legate all'opera, ma non so se questo è un caso.

La scelta di unire la storia di O&A con lo stile della Divina Commedia è un'idea originalissima e molto interessante, nonché impegnativa. Naturalmente faccio fatica a comprendere il tutto, ma questo nulla toglie al tuo lavoro. Mettere O&A nell'inferno può sembrare una cattiveria, visto la loro sofferenza in questo mondo, ma capisco benissimo la decisione. Dopo tutto non li hai separati.

Ognuno ha i suoi limiti e i suoi gusti, ma ciò non vuol dire che non possa proseguire a scrivere.

Infine quell'adieu... che a sentirlo vedo Oscar nell'ultima puntata e poi mi parte in testa la colonna sonora dell'anime... ma credo anche questa sia una scelta voluta. Meglio un au revoir, non credi?

Recensore Veterano
27/08/18, ore 21:01

Aiuto! Sono confusa.com
Lo ero dopo i primi due capitoli e lo sono ancor di più ora che ho finito di leggere l’ultimo.
Sono confusa dalle “ Stanze” e dalla “ Rima”. Avevo pensato potessero essere sestine piuttosto che terzine ma anche in questo caso la rima è un rompicapo, altro che retrogradatio cruciata, e gli endacasillabi sono più che “ sciolti “, a tratti si trasformano in “ versi composti”.
Anche il contenuto non mi è del tutto chiaro, quindi l’intento della storia sarebbe il riaffermare l’assolutezza del loro amore anche in un luogo ( l’ Inferno) che è negazione di amore con i suoi annessi e connessi?
Oscar ed André archetipi di Amore, come Tristano e Isotta, Morgana ed Artù, Sakuntala e Dusyanta.
Quindi ci può essere Luce nel Buio ?
E dopo il “ riconoscimento “ cosa?
Sempre e solo la dannazione eterna.

Anche la chiusa in se è quasi un indovinello : “Stat Rosa Pristina nomine, nomina nuda tenemus “ .
Il verso riproposto da Umberto Eco si è sempre prestato ad interpretazioni contrastanti. Entriamo nel campo minato delle dissertazioni filosofiche.
La Rosa prigenia, l’universale della rosa, esiste solo di nome e non nella realtà quindi?

La storia in se è interessante, il tentativo lodevole, anzi perdonami per non essere riuscita a capirla del tutto.
È un limite mio.

Ciao e grazie, magari mi ritroverò a recensire qualcos’altro di tuo in un prossimo futuro.
Me lo auguro.
A presto.

Recensore Junior
27/08/18, ore 18:18

Quindi alla fine, in un modo o nell'altro, Oscar e André sono stati perdonati?
Riconosco la rosa di stoffa (ho studiato Lady Oscar meglio del programma di letteratura delle superiori :P). Se ho capito bene, era simbolo del perdono che avevano ottenuto per le azioni che avevano compiute in vita, e André pur non potendola toccare, tenere riparata o rimettere in sesto, le faceva la guardia e trovava in essa consolazione. Ma le brutte condizioni della rosa impedivano a Oscar e André di riavvicinarsi. Spero davvero di non dire una castroneria, ma è stato il gesto del narratore che raccoglie la rosa a fare sì che loro fossero risollevati dal loro castigo?

"Possediamo solo i nudi nomi", eppure il narratore ha dimenticato di chiederle il nome...

Ho più domande che considerazioni (e me ne scuso), ma comunque sia complimenti; non deve essere stato facile scrivere con questo registro, e la tematica di Oscar e André come personaggi tragici è un po' mitigata dal fatto che almeno si sono riuniti.

Recensore Master
27/08/18, ore 15:14

Nell'Inferno, Oscar e André non si possono toccare e lui prova ancora rimorso per l'aggressione.

Poi, compare una rosa bianca di povera tela e immagino che sia quella confezionata dalla Regina. Il fiore è battuto dal terribile vento infernale ed è semisepolto sotto le macerie dove imperversavano i diavoli.
Se ho ben capito, le cattive condizioni del fiore impediscono a Oscar e ad André di toccarsi e i due, a loro volta, sono impediti a ripararlo.

Oscar e André sono nella Giudecca per avere tradito i benefattori e il fiore confezionato dalla Regina simboleggia il perdono. Il fiore, però, è in pessime condizioni e ciò impedisce che i due si tocchino, acuendo il loro castigo.
Dante aggiusta alla meno peggio il fiore e ciò fa sì che un po' di perdono arrivi e che il castigo sia in parte attenuato.
Qualcuno dovrà continuare l'opera di Dante? Le pene dell'Inferno, però, sono definitive e non temporanee e progressivamente alleviabili come quelle del Purgatorio. Oppure non ho ben compreso io?

Mi dispiace che questa storia dotta e raffinata, scritta sulla falsa riga della Divina Commedia e ricca di richiami al Convivio e ad Adriano, fino ad arrivare a Ladyhawke, sia finita.

Spero che ne arrivi presto un'altra!

Recensore Master
27/08/18, ore 10:33

"Sempre insieme, etternalmente divisi!”
Uno dei passaggi che, naturalmente dal mio punto di vista, riassume abilmente e con incredibile concisione il loro destino.

Questi tuoi tre capitoli meritano o delle recensioni lunghissime, oppure, come ho deciso di fare io, uno svolazzo veloce, che l’incanto dei tuoi versi è commento migliore di tutti.

L’unica cosa su cui mi permetto di dissentire è quell’adieu….vuoi dire che ti sei già stancato di scrivere???..;-))

Ilaria

Recensore Master
27/08/18, ore 10:19

Giungo con estremo ritardo a recensire questo tuo secondo capitolo. Ma volevo lasciare giusto un paio di righe.
L’inferno, si sa, è il luogo più interessante dove andare a trascorrere l’eternità: c’è gente che ha saputo come divertirsi…
Molto bello “Così viss'io cieca et quando costui per me la perse, io la guadagnai e ne lo squarcio che ne venne presta scelsi mia vita mio peccato mia morte” (perdonami, ho interrotto la grafica dei versi nel fare copia/incolla).
Si, sono d’accordo, non Caronte, né altri, possono rompere il loro sigillo.
Ti ringrazio per queste tue meravigliose righe.
Ilaria
(Recensione modificata il 27/08/2018 - 10:19 am)

Recensore Master
27/08/18, ore 01:36

La tua abilità è a dir poco palese, ogni parola è piazzata con una precisione millimetrica. E tanto per giocare e citare il Bardo, che è stato fortemente ispirato da Dante, possiamo dire che una rosa chiamata con un altro nome sarebbe meno bella? Certamente no. L'ossessione, l'amore assoluto verso questa coppia di eroi tragici, archetipi dell'Amore stesso, lo condivido con te e con tutti gli autori/lettori del Sito. Per questo motivo e per puro egoismo, si! sarei curiosa di leggere altro di tuo, anche non in terzine. Quindi non un adieu, please... Con affetto " amor che a nullo amato amar perdona..."
" Oh Animal grazioso e benigno
Che visitando vai per l'Aere Perso
Noi che tingemmo il mondo di sanguigno
Se ci fosse amico il Re dell'Universo
Noi pregheremmo Lui per la tua pace"
Scusa gli errori, sono andata a memoria. Paolo e Francesca mi hanno sempre affascinata, come Tristano e Isotta, e come Oscar e André. Buona notte 😘
(Recensione modificata il 27/08/2018 - 11:33 pm)

Recensore Master
26/08/18, ore 22:12

André e Oscar sono davvero due eroi tragici, e qui appare benissimo. Complimenti per la poesia, una dote data a pochi.

Recensore Veterano
17/07/18, ore 12:04

ebbene no: non hai deluso le mie aspettative. Mantieni un tenore molto alto e da me invidiabile. Il Paradiso? beh certo tutti noi fans vorremmo i nostri beniamini in Paradiso, però concordo con te che dal punto di vista letterario l'Inferno di Dante non ha uguali: quando lo lessi, trovai il Paradiso alquanto "noioso"

Recensore Master
16/07/18, ore 08:42

Ah, questi riposi forzati. A volte generano cricche di invasati. Altre, come in questo caso, producono risultati ben più deliziosi e dilettevoli.
Può sembrare coraggioso misurarsi con la Divina Commedia, ma io credo che quando si padroneggiano gli strumenti che si utilizzano tutto diventa non solo possibile, ma giusto.
Spero di non dover attendere un’altra tua indisposizione per leggerti.
Un saluto e piacere di averti conosciuto.
Ilaria
(Recensione modificata il 16/07/2018 - 08:42 am)

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