Dalle storie da recensire mi richiama insistentemente questa tua, allora eccomi a lasciarti qualche osservazione.
Già nelle prime righe trovo il tuo caratteristico e piacevole modo di scrivere che non ha paura di spaziare tra aggettivi qualificativi, avverbi ed altre parti del discorso sviluppando un racconto ampio e ricco di particolari, che si serve d’immagini nitide e suggestioni credibili. Riporto qui solo un esempio di momenti in cui tu sai ricostruire con verosimiglianza un’atmosfera e le sensazioni che essa crea in chi legge: “…La notte era nera, le tenebre corpose, la luna spenta…pigro e assonnato… passi esausti e a tratti zoppicanti…un’ombra sgattaiolò lesta …sgusciò dentro silenziosamente…vasto, puntellato di tanti lettini dismessi e cigolanti…”).
Ci ritroviamo così in pieno nella tragedia che ha cambiato la vita del capitano Watson e che ha segnato il suo destino, fino all’incontro fatale con il consulting Holmes.
Lo scenario che ci presenti è duro, desolato, spietatamente decisivo nei confronti di un uomo che ha dato tutto se stesso per alleviare il male della guerra. Accanto a lui poni la figura del maggiore James Sholto, che abbiamo visto in TSOT, personaggio, secondo me, molto interessante e ricco di potenzialità che, se la sceneggiatura BBC avesse permesso ulteriori approfondimenti, indubbiamente sarebbe stato occasione di interessanti intrecci narrativi visto il suo correlarsi particolarmente intenso con John.
Infatti porti alla conseguenza più logica quell’atteggiamento disperato di Sholto che è sconvolto per l’inevitabile congedo forzato di John.
Questi, da parte sua, rivela un attaccamento al suo superiore ed un bisogno di sentirsi amato in una situazione così carica di sconforto come l’essere rimandato a casa senza possibilità di ritorno, dopo aver dato tutto se stesso, generosamente com’è nella sua natura, in situazioni estreme.
Mi è piaciuta questa tua scelta narrativa d’individuare un sentimento forte tra i due soldati, che vedono le loro vite intrecciate in uno scenario desolante.
Così arriviamo a quel momento, ormai mitico, che ho rivisto infinite volte in ASIP, che è stato l’inizio di tutto, della vera svolta per il capitano Watson. “…“Chi è stato il primo?...”: ed ecco incominciare tutto ciò che, secondo me, contribuisce a fare della Johnlock una delle più belle storie d’amore di tutti i tempi.
Solo che qui tu arricchisci il passato di John dell’eco lontana del sentimento che lo lega a Sholto, in un parallelismo indovinato tra quest’ultimo e Sh: entrambi, agli occhi di Watson sono l’adrenalina, il coraggio, lo stagliarsi sugli altri con una personalità unica ed affascinante.
L’incontro con James, ferito nel corpo e distrutto nell’animo dal fallimento della missione, è stato reso davvero toccante dalle tue parole.
Però, come racconti bene tu, un tarlo s’insinua nella mente di John, sempre più “disturbato” dall’atteggiamento di Sh che manifesta una chiara avversione per ciò che lega i due militari.
Quello che segue è un crescendo di emozioni e di scoperta che di “carne al fuoco” ne hai messa davvero molta, persino il Reichenbach ed il post Reichenbach, con tutta la ridda di sentimenti forti che connota quei momenti.
Si arriva poi alla conclusione, rassicurante, tenera e ricca di suggestioni, se pensiamo a quel balcone che sembra fatto apposta per poter contemplare le stelle ed abbracciare la persona amata.
Una storia impegnativa e scritta con passione. Brava. |