Meglio tardi che mai…Così arrivo anch’io a questa tua ff che mi aspettava da tempo nella lunga lista delle “storie da recensire”.
Il capitolo si apre con un, per me, graditissimo ricordo del primo, fatale incontro tra Sh e John al Bart’s, in cui si è capito benissimo che gli sguardi ed i gesti rivelavano che stava succedendo davvero qualcosa.
Tu inizi con la fatidica domanda che ha posto Watson subito di fronte alle eccezionali capacità deduttive del tizio che gli stava davanti e che aveva immediatamente occupato un posto nel suo cuore.
Dal punto di vista tecnico usi, per raccontare, il POV di John così ci possiamo mettere in gioco quasi come fossimo lì con loro, ad assistere a quello che è diventato l’inizio di una delle più intense ed originali storie d’amore raccontate in una Serie televisiva. Infatti è fuori di dubbio che la Johnlock affond le sue radici e le sue ragioni d’essere proprio in quel laboratorio asettico ed in quell’intreccio di sguardi che escludevano i presenti, Molly e Stamford.
Il capitolo prosegue, sempre narrato, con toni pacati e devoti, da John che ci racconta di Sh, di quello che l’ha colpito di lui, di ciò che lo rendeva e rende diverso dagli altri. Sono cose che noi già conosciamo da molto tempo ma, il rileggerle nella forma colloquiale ed affettuosa in cui tu le presenti, mi è piaciuto molto, perché mi sembrava di conoscere Holmes ancora più profondamente di quanto lo conoscevo prima.
Un Holmes privo di emozioni, dall’intelligenza brillante che ha una mente razionale ed è un ottimo osservatore; la sua incredibile capacità, di notare e trarre deduzioni da dettagli apparentemente banali, colpisce la “normale” intelligenza di John che resta affascinato subito anche per questo aspetto di chi gli sta di fronte. Inoltre Sh si manifesta come anaffettivo, più per proteggersi dal mondo esterno che per reale aridità. E questo lo scopriamo nella parte in cui ci troviamo al 221b; è terminato il racconto del passato e capiamo che la tua storia si colloca in un tempo identificabile al post S4, e John e Sh sono ormai una coppia che, evidentemente, ha superato l’abisso di paure, di malintesi, di “non detto” e di “non fatto” che, per anni, li ha tenuti separati e in preda alla spasmodica ricerca di un qualcosa che è sempre stato davanti ai loro occhi e presente al loro cuore ma nascosto da una maschera ingannatrice di un’amicizia solo un po’ particolare.
E che loro due, ora, si siano dichiarati il loro amore lo riveli intanto grazie ad una tenera, dolcissima immagine di quelle due mani che si cercano e si stringono, complementari nella loro diversità, ma necessarie l’una all’altra per esprimere vicinanza, sostegno, costante presenza, esserci senza riserve (“…intrecciando la sua grande mano con la mia…”).
Il bacio che Sh deposita, quasi reverente, sulle loro mani intrecciate è anche la manifestazione che le emozioni ora sono diventate una parte importante ed imprescindibile della sua vita grazie a John.
Compare anche Rosie e la sua presenza ci conferma la collocazione temporale della tua storia in un periodo, grazie di esistere come Autore, in cui Mary non c’è più, visto che la piccola sta con il padre.
Deduco questo, almeno fino ad ora e mi piace l’assenza di quel personaggio, certamente importante ai fini degli sviluppi delle vicende ma a me molto indigesto.
("...i suoi due zii preferiti..."): ad arricchire il clima disteso e il senso di equilibrio sentimentale, hai aggiunto, se non interpreto male, un tocco di Mystrade che non guasta mai.
La rassicurante sensazione di benessere sentimentale continua ed è confermata anche dalla descrizione del viaggio in treno, in cui il ritratto di Sh che fai, ci presenta un consulting dolcissimo nei confronti di John, che lo ricambia con altrettanta attenzione e, sicuramente, innamorato.
Nella scena non manca qualche nota ironica, riguardo alle attività della coppia presente nello scompartimento, e questo ha dato ancora più efficacia e piacevolezza al momento che hai raccontato.
Uno Sh così è un sogno per chi è irrimediabilmente sherlocked come me.
E confermi il suo affascinante carisma anche nell'entrare a casa Watson e nel suo porsi in maniera rispettosa ed elegante nei confronti della madre di John
Qui hai inserito un efficace contrasto tra lui ed Harriett, sciatta e sconfitta dalla vita, ed il risultato rende ancora più efficace la rappresentazione della scelta di John di rendere partecipe Sh di tutto ciò che lo riguarda per dimostrargli la verità del suo amore ed il desiderio di sentirlo veramente parte di sè.
Uno dei punti di forza del capitolo è come hai gestito l’incontro con il padre, figura scostante ed autoritaria, verso la quale è facile sentirsi arrabbiati. Ma, efficacemente hai concentrato tutta la forza della Johnlock in quegli sguardi, in quel lieve sorriso, soprattutto in quella mano sulla schiena attraverso cui Sh infonde energia al suo John. Rappresenti il signor Watson come una condizione inevitabile di disagio che spinge ancora più intensamente John tra le braccia del suo Sh, a confermare la forza del suo sentimento.
E la conclusione arriva travolgente e completa.
"...le mie bianche scogliere fatte di polvere e di stelle...": a volte mi piace riportare una frase che mi abbia lasciato qualcosa di particolare; quella che annoto, non è certo l'unica nel tuo testo perché sai scrivere bene e, di esempi di espressioni suggestive, ce ne sono molte, ma questa mi ha lasciato un sapore di bei ricordi.
Si preannuncia, questa, proprio una bella storia. |