Eccomi qua, dopo una rilettura del capitolo, a farmi viva.
È passato del tempo, mi pare di aver capito una settimana, in ogni caso poco immagino, da quando John si è trasferito nella stanza di Sherlock. Quest’ultimo vorrebbe trovare una scusa qualunque per allontanare il biondo, forse ancora impensierito di potersi far del male con questa vicinanza, o magari perché ha sempre pensato di non poter trovare nessuno più, dopo Victor, col quale trovasse piacevole condividere il proprio tempo e i propri spazi. Un po’ come se volesse rimanere fermo nelle proprie convinzioni, sia mai che Holmes ha torto riguardo qualcosa. E invece è così, si sbaglia, ma non è stato mai più piacevole avere torto se si tratta di amore, e di Jawn!
C’è di nuovo un accenno al vivere sugli alberi. Non è propriamente la stessa cosa della “casetta mentale” del precedente capitolo, ma mi voglio ricollegare ad un’impressione che avevo avuto, ovvero che mi dava “l’idea di un luogo sicuro e appartato, nel quale il bambino può pensare in tranquillità e può essere quello che è, in totale libertà”. È di nuovo così. Ampliando il concetto, ho notato che non si fa menzione ad una camera del piccolo Sherlock nella quale lui si rifugia (a meno che la memoria non mi assista), e forse l’unico modo per mostrare la propria estraneità alla famiglia e soprattutto il proprio disappunto è allontanarsi dalla casa e staccare i piedi da terra. In un certo senso credo che Sherlock abbia voluto creare un posto che fosse unicamente suo ed espressione di sé e che ci sia riuscito solo nella stanza a Cambridge.
Ancora un volta Sherlock si isola, ma con Victor ha scoperto che mantenersi fermo sulle proprie decisioni non era poi così importante, non più di condividere il proprio tempo con chi lo faceva stare bene, e scende dai rami alti per seguire l’amico. E lo stesso si ripete con John. Ma noto già una prima differenza di forma, ovvero che la presenza del biondo è più “violenta” di quella di Victor, perché è come se egli sia salito sulla casetta sull’albero invadendo senza permesso lo spazio del moro, e non che abbia atteso che l’altro scendesse. Certo, per Sherlock ha sicuramente aiutato l’essere già completamente innamorato di Watson, eppure c’è dell’altro, una sintonia, l’essere trattato con gentilezza, forse anche il non sentirsi scontato e invisibile, ha aiutato a normalizzare la situazione. Il ragazzo infatti accetta dei piccoli compromessi, come il non fumare in camera, in maniera semplice, davvero non gli pesa.
Che all’arrivo di John, Sherlock gli si sia rivolto dicendogli esattamente il contrario di quello che voleva, ovvero che restasse per sempre lì con lui, era chiaro a tutti. Forse solo Anderson non ci sarebbe arrivato. Era, ed è ancora, vagamente convinto di non piacere a nessuno, né a suo fratello né ai propri genitori.
Le estati trascorse a casa del maggiore devono essere state terribili. Tutto il tempo a sentirsi elencare i propri difetti e la propria disapprovazione sul modo di intrattenersi, soprattutto riguardo ai casi pericolosi di omicidio. Però c’è da riconoscere tra le parole di Sherlock che Mycroft non è affatto male come lo vuole dipinge. Il più grande si preoccupa per il fratello ma lo lascia fare, lo controlla a distanza. Ha contattato il sergente Lestrade per capire che gente frequenta e probabilmente per raccomandarsi di tenere al sicuro quello scapestrato che si butta a capofitto nelle situazioni più disparate credendo di poterne uscire sempre illeso. Gli regala un microscopio, certo con le parole non sarà un asso, ma questo mi pare significhi che dopotutto sostiene le sue scelte di vita, o se non altro quelle di studio. Sono sicura che tutte queste cose Sherlock le sa, e che si rende conto di essere voluto bene, ma Mycroft ha una maniera non convenzionale di farlo, non come ad esempio lo faceva Victor (che il moro può considerare l’unico modo “normale”), e quegli atteggiamenti vagamente snob, inglesi e di superiorità li fanno essere in una situazione di costante conflitto pacato.
A questo punto mi è sorto un dubbio: Sherlock sa che non è colpa sua se Victor è andato via? Mi viene in mente la situazione in cui dei genitori si separano e i figli se ne sentono responsabili. Sherlock è abbastanza intelligente da saperlo che non c'entra, ma non sono sicura l’abbia capito veramente. Victor come viene detto più volte, è l’unico che abbia veramente voluto bene al ragazzo, per lui non è mai stato invisibile, e ha sopportato i suoi difetti senza farne un dramma, poi ha scelto di andare a studiare in America. Non l’ha fatto perché non sopportava più la compagnia di Sherlock. Mi pare come se quest’ultimo stia cercando di punirsi per non aver fatto abbastanza, per non essere stato una motivazione valida a restare, per cui ha cominciato a limitarsi: non può in maniera categorica avere nessun amico. Non considera tali neppure Mike Stamford o Lestrade, con i quali ha comunque trascorso del tempo. Certo l’amicizia è più di incontrarsi su una scena del crimine, ma appunto ho l’impressione che Sherlock si freni di proposito, non solo per non soffrire.
Al contrario con John non può resistere e si apre a semplici confessioni, come raccontargli quanto sia pedante suo fratello, ma è già qualcosa. La scena del tè è ricca di pathos, un po’ come tutte le situazioni in cui fino ad ora c’è stato un dialogo tra i protagonisti. Il fatto che per tutto il tempo Sherlock non sia riuscito a guardare negli occhi John ha per me due spiegazioni. Sia la paura di scorgere nello sguardo dell’altro la voglia di andare via alla svelta o la menzogna ogni qual volta si mostra gentile, sia il timore di non riuscire a celare il proprio amore, perché per sua stessa ammissione lui è un pessimo bugiardo. Alla fine Watson affronta di petto il discorso che il coinquilino gli aveva fatto quando si è trasferito in camera con lui e gli dice che se vuole lo lascerà in pace e se ne andrà. A questo punto Sherlock gli risponde sinceramente che crede di non piacere a nessuno e l’altro si innervosisce e gli dice che per lui è fantastico.
Già a questo punto Sherlock dovrebbe essere in grado di mettere assieme i puntini, tra il fantastico, lo scattare quando lo intravede mezzo nudo.., e capire che anche John è bello che innamorato, ma come ci hai espresso in altre occasioni, lui non sa se può fidarsi delle proprie deduzioni. John dovrà faticare un pochino ed essere un minimo più esplicito. Eppure, a differenza di altre storie nelle quali magari Sherlock è spaventato dall’amore, questo giovane uomo non aspetta altro, al più potrebbe richiedere una perizia psichiatrica per John, ma le cose avrebbero un evoluzione molto più semplice, rapida e favorevole. Al di là della semplicità, in realtà spero proprio che ci sia un’evoluzione graduale del rapporto. Ovviamente solo il fatto che sia tu l’autrice, Koa, mi fa stare tranquilla su questo punto. Perché un conto è guardare da lontano una persona per un anno ed innamorarsi di quello che mostra, come accade appunto a Sherlock, ma ben diverso è conoscere davvero quella persona. È un dettaglio sciocco, ma ad esempio John russa di notte, magari questo poteva essere un fattore repellente (ovviamente io facevo riferimento in particolar modo ad aspetti caratteriali). Insomma mi aspetto che si scoprano e si conoscano a vicenda, pian piano.
Prima di concludere volevo parlare dell’opera che dà il titolo a questo capitolo. Certo non è famosa come le precedenti, si potrebbe dire che è “solo” un busto di John Watson a matita. Ma a parte il fatto che mi piace assai, questa fanart move il sole e l'altre stelle. Cioè, è stata sprone e fonte di ispirazione per l’intera fanfiction a quanto ho capito. Non saprei chi ringraziare, l’autrice del disegno o chi te l’ha fatto scoprire. Per tagliare la testa al toro ringrazio te che hai avuto la voglia e la fantasia di creare questo capolavoro.
L’autore del disegno, nel brano, si trasforma in Sherlock, che “scarabocchia” sovrappensiero, distratto forse da quel “fantastico” che gli ha rivolto John, o dall’idea delle sue dita calde che lo medicano dopo l’incontro di pugilato. Fatto sta che l’amore rende umano e un po’ sciocco il rigidissimo e logico Holmes che non è invisibile proprio per niente, e che getta il disegno appena fatto.
Mike con un ruolo un pizzico diverso da quello del telefilm ci mette comunque lo zampino. Nella serie fa da tramite e fa cominciare una conoscenza, qui che già siamo ai livelli di una appena nata amicizia, fa in modo che John colga l’interesse un po’ più spinto che prova Sherlock nei suoi confronti. O comunque il biondo avrà quell’idea, che potrebbe benissimo essere smentita dall’altro se solo fosse stato più composto e gli avesse tirato fuori una spiegazione, mentre invece scappare, secondo me, non ha fatto altro che confermare l’ipotesi iniziale.
Basta, ti saluto, come mia giustificazione per lo sproloquio di cui sopra dico solo che hai scritto praticamente due capitoli in uno (continua assolutamente così!!) e quindi c’erano un mare di cose da dire. Probabilmente ne ho pure dimenticata qualcuna, impossibile da credere, ma nel caso le riporterò sicuramente con le prossime recensioni (che recupererò magari in tempo per la pubblicazione del prossimo capitolo).
A presto, e veramente complimenti,
K. |