Questa storia è una meraviglia. Una vera e propria meraviglia. Ne sono rimasta incantata perché è stupenda, sì un po' malinconica. Perché non è angst puro, è più quell'angst da risentimento, da senso di colpa, da vorrei ma non posso. Il fatto che sia incentrata completamente su John, con questo narratore molto efficace e incisivo alla seconda persona, non fa che rendere il tutto ancora più malinconico. Ma devo procedere per gradi perché ho troppe cose da dire e rischio di perdermi dei pezzi di concetti per strada.
La prima cosa riguarda proprio la struttura. Amo particolarmente la seconda persona, quando ha un tono accusatorio poi lo amo ancora di più. E non se ne vedono di questo genere tanto in giro. E me ne dispiace sempre. Ma qui l'ho amata, anche per la rarità del trovarne. Mi piace come entra dentro la mente di John, distruggendo ogni certezza. Mettendolo di fatto in croce per ciò che ha fatto. Siamo naturalmente nel post quarta stagione, ovvero uno dei periodi che adesso come adesso personalmente prediligo. Non riesco a figurarmi la Johnlock in nessun'altra ambientazione ormai se non in questa. La serie offre talmente tanti spunti narrativi sui quali lavorare, che non si sa nemmeno da che parte incominciare. Questo è tra i più classici nelle Johnlock di questo periodo, ovvero l'ormai tristemente famoso pestaggio. Non so, sarà la seconda persona e come ti è riuscita. Sarà che scavi a fondo dentro la mente e l'anima di John Watson, ma questa storia è di un realismo incredibile. Potrebbe benissimo essere parte della serie, un proseguo anche molto naturale di quel periodo che precede The Final Problem. Come dicevo, il senso che predomina è il dolore. Ma non è più di un tipo acuto, non riguarda la morte di Mary. Non soltanto ameno. John ci sta ancora male, è chiaro e non passerà tanto in fretta. Ma ciò che lo rende sordo alle emozioni positive e cieco del bello che lo circonda, è il senso di colpa per aver fatto del male a Sherlock. Male fisico e morale, ferendolo anche nell'animo oltre che nel corpo. Questa è la croce di John in questa storia, il peso che si porta e che gli impedisce di vivere adeguatamente. L'hai descritto stupendamente, doloroso al punto giusto. Senza forzature. Tutto credibile, a iniziare dalla caratterizzazione dei personaggi. Da ciò che fanno, come andare al cimitero o festeggiare un compleanno, anche se in una maniera diversa rispetto al passato. Tutto perfetto, da far venire i brividi per quanto li ho riconosciuti.
L'altro punto su cui mi concentrerò, è Sherlock. Che qui vediamo quasi sfuggente in un primo momento. Sta lì, beve con John. Si ubriaca con lui e torna con lui a Baker Street, ma non si intuiscono le sue reali intenzioni. Almeno non fino a che non succede. Il bacio. L'espediente dell'ubriachezza è un presto narrativo usatissimo, ma non mi dispiace mai trovarlo con la Johnlock. Specie dopo The Sign of Three. Qui è diverso, e ci hai messo una piccola citazione, facendoci subito intuire che sarebbe andata però diversamente. E infatti così succede. Alla fine accade l'irreparabile, un bacio. E John che scappa via, anche perché è troppo ubriaco per dire qualcosa. Si capisce la piega che prenderà, al risveglio. Ed è lì che capiamo cosa prova Sherlock, cosa sta di fatto per succedere. Il fatto che non ci sia, che sia andato da Lestrade a mendicare casi, anche da niente. Anche vecchi. Purché gli dia qualcosa, è rivelatore di tantissime cose. A me è piaciuto tutto di questo Sherlock, da come resta sconvolto, alla fuga. Fino al ritrovarsi davanti alla tomba di Mary. Ho avuto la sensazione che Sherlock sia andato al cimitero per poter chiedere a Mary il permesso di stare con John. Questa è un po' la mia idea, che però non viene confermata (ma nemmeno smentita a dire il vero). Quel che è certo è che Sherlock tenta di capire qualcosa, ma John fatica a permettergli di farlo. Fino a che non succede, non si chiariscono ed è come un macigno che si alleggerisce. L'elefante se ne va dalla stanza e finalmente John stesso ammette di riuscire a notare tutto di Sherlock, tutto quello che non ha mai notato fino ad allora. E a quel punto è più o meno una valanga. Ho adorato la tensione, specie quella erotica. Sì, siamo nell'arancione, ma si percepisce distintamente la passione che c'è tra loro e come questa sfocia. Si sente la libertà che provano nell'amarsi in quel momento, tanto sinceramente. Ma si capisce anche prima, la tensione sessuale. Nella scena che più ho amato ovvero quando John va nella stanza di Sherlock e annusa il suo odore dalle camicie, quel momento è stato il mio preferito. Un erotismo sottile e delicato, ma molto d'effetto. Potente direi. E mi è piaciuto da morire così come per la parte finale, che è pazzesca. Leggera, scivolata. Una lemon come piacciono a me.
Insomma tantissimi complimenti, specialmente se l'hai improvvisata. Perché il risultato è incredibile.
Koa |