Recensioni per
Il quinto Cavaliere
di Menade Danzante

Questa storia ha ottenuto 4 recensioni.
Positive : 4
Neutre o critiche: 0


Devi essere loggato per recensire.
Registrati o fai il login.
Recensore Master
13/10/19, ore 23:54

Mi sembra che abbia le potenzialità per diventare un'ottima storia. Sono molto curiosa di come andrà! Mi piace molto come hai mostrato il dolore di Crowley e di Aziraphale, entrambi impotenti di fronte alla pestilenza. Spero che trovino
.. La speranza.

p.s. mi sono resa conto solo ora che era una OS conclusa. Accidenti!

Ad ogni modo, il pensiero dominante è che questa, nonostante faccia parte dei "missing moments", potrebbe essere una storia lunga a parte. E' davvero bellissima, ricca di emozione. Penso all'amore che Crowley ha per i bambini e al dolore che solo la morte ingiustificata di un essere così innocente può dare. Penso ad Aziraphale, che quasi si sente in colpa di fronte a questo, forse per essere dalla parte sbagliata in qualche modo. Se le pestilenze sono un castigo di dio, perchè colpire anche gli innocenti? Quindi è ovvia e giustificata la rabbia di un demone fin troppo umano, e la mancanza di comprensione di un angelo che strenuamente prova a difendere quello che non sembra un piano divino, ma solo un'inutile persecuzione.
Grazie di aver descritto così bene queste emozioni.
(Recensione modificata il 14/10/2019 - 10:40 am)

Recensore Veterano
13/10/19, ore 20:46

Io veramente non saprei cosa dire, perché con questa OS mi hai lasciata con un senso di impotenza, tristezza e rassegnazione, un po'come Crowley e Zira. Hai veramente un dono nel saper trasformare le parole in emozioni. Dopo aver letto la recensione che ti ha lasciato Stria93 non posso che concordare con lei. Aggiungo solo che questa shot entra nelle mie preferite. Come sempre complimenti, ogni tua storia è un piccolo grande gioiello.

Alla prossima

Recensore Master
13/10/19, ore 10:09

Eccomi, tesoro!

Come detto, non ho idea di come farò a recensire questa shot ma proverò in tutti i modi a convertire in forma verbale le impressioni che la lettura di questa tremenda meraviglia mi ha scatenato dentro.
Partiamo dalla presentazione iniziale del contesto, dataci ancora una volta dagli occhi e dai pensieri di Aziraphale, o meglio, in questo caso specifico, dal suo stato d'animo e fisico e dai suoi sensi, più che dai suoi pensieri.
Ciò a cui è costretto ad assistere lo sfinisce nell'animo e lo prova anche nel corpo materiale, sebbene questo sia, in teoria, immune a fastidi umani come la stanchezza. Ma il peso enorme che gli grava sul cuore si ripercuote inevitabilmente anche sul suo involucro corporeo.
Hai fornito una descrizione straziante delle condizioni disastrose in cui versa tutta l'Europa nel 1350, con la peste che dilaga e raggiunge ogni città, ogni villaggio, ogni casa, ogni castello o palazzo reale, senza fare distinzioni di sorta e colpendo indistintamente uomini, donne, bambini, ricchi, poveri, nobili, contadini. E quello che Aziraphale può fare in quanto angelo non è nulla di più che una goccia nel mare. Non c'è miracolo che possa porre fine a quel massacro, non c'è azione angelica che possa rimediare o trovare una cura alla pandemia. Aziraphale è del tutto impotente e schiacciato dal potere assoluto di Pestilenza e Morte, che regnano incontrastati su tutto il continente nel XIV secolo. Le persone continuano ad ammalarsi e a morire sotto i suoi occhi, e, una volta sterminata la popolazione dell'ennesimo villaggio, lui non può che partire alla volta di un nuovo luogo dove, tuttavia, sa già che ogni cosa si ripeterà da capo, dove troverà ad attenderlo lo stesso identico spettacolo di morte. La pandemia ha appiattito ogni differenza, ha reso l'Europa un unico immenso cimitero.
L'immagine mentale ed emotiva che mi ha colpita come un macigno in questa prima parte e che mi ha poi accompagnato per tutto il resto della shot è stata anche un'immagine di fortissimo impatto sensoriale. Vedevo tutto con il grigio come colore predominante (lande desolate, corpi devastati dalla malattia sparsi un po' ovunque, strade deserte, mosche) udivo un silenzio assordante dove anche il più piccolo suono è percepibile, l'odore acre di morte e putrefazione nel naso, e ho sentito il cuore riempirsi di tutta l'angoscia e lo smarrimento provato da Aziraphale che ha la sensazione di essere affondato in un terribile incubo senza fine.
Sono certissima che tu ti sia documentata e che abbia cercato di riportare il più fedelmente possibile la situazione dell'Europa al tempo dell'imperversare della peste, e credo anche che tu ci sia riuscita perfettamente; ma ciò che in questa shot è pesato più di tutta la componente storica vera e propria, è proprio l'elemento emozionale. Non hai fornito una descrizione fredda e distaccata, da studiosa di storia, magari ricca di dettagli, date, particolari di natura strettamente numerica o scientifica magari riguardanti la malattia in sé ma del tutto privi di anima. No, tu hai dato vita ad un quadro impietosamente chiaro di quel tragico periodo flagellato dalla pestilenza passando dal canale delle emozioni e del cuore. È questo che ho amato più di tutto della tua storia ed è anche il motivo per il quale mi ha lasciata tanto sconvolta sia durante che dopo la lettura. Te l'ho già scritto in chat ma te lo ripeto qui: sono necessarie una sensibilità profondissima, una capacità empatica eccezionale, un'impeccabile padronanza del linguaggio e una buona dose di talento per riuscire a far immergere completamente il lettore in contesti che sì, più o meno tutti abbiamo presenti perché studiati a scuola o incontrati in qualche film, libro o serie tv, ma riuscendo a coinvolgere chi legge in un'esperienza totalizzante che non risparmia niente al lettore stesso, portandolo, almeno nel mio caso, a sperimentare in prima persona e anche in senso fisico (avevo i brividi e le lacrime, giuro), le stesse cose provate dai tuoi personaggi.
Tornando alla storia, l'angelo che intercetta Crowley e si sente sollevato dalla visione del demone, nonostante la cortina di tristezza che ormai minaccia di non abbandonarlo mai più, è un piccolo raggio di speranza in questo pozzo di angst, ma dura poco perché l'immagine che hai dato di Crowley in questo frangente è quella di un demone piegato dalla pena, che si strugge e si dispera per una piccola umana di quattro anni, per la quale non può più fare niente e che pure non riesce ad abbandonare, tenendosela stretta tra le braccia e cullandone il corpicino freddo ed esanime e ormai privo di vita.
Aziraphale vede l'amico con occhi nuovi, in una versione inedita che forse nemmeno pensava potesse esistere. Trova un Crowley al massimo della vulnerabilità, fragile come se fosse di cristallo, smarrito e sperduto come se nemmeno sapesse più chi è, tutto preso a mormorare o canticchiare tra sé per la piccola vittima della peste. Sembra quasi aver perso ogni cognizione di sé e di ciò che lo circonda, la sua mente è spezzata dal dolore.
Ho adorato la delicatezza con cui Aziraphale si approccia a quella situazione, intuendone l'eccezionalità quasi sacra e rispettando al massimo la sofferenza del demone e anche la dignità della povera piccola ormai morta. In fondo, rispetto significa letteralmente “distogliere lo sguardo”.
Lo scambio tra i due mi è piaciuto tantissimo. Ne hai descritto gli atteggiamenti in maniera perfetta, facendo capire come la reciproca presenza costituisca un lievissimo sollievo ma non possa in alcun modo lenire lo strazio che consuma entrambi.
Le poche battute che hai scelto di utilizzare per il loro breve dialogo sono scelte con cura e grande rispetto alla circostanza, ma rispecchiano comunque l'essenza dei nostri due amati protagonisti.
Crowley che domanda il perché di quell'ecatombe, come sempre, e Aziraphale che, questa volta, non ha risposte e non intende neppure appellarsi alla vecchia storia del Piano Ineffabile perché egli stesso non è in grado di trovare giustificazione legittima, seppure di origine divina, a quegli avvenimenti... tutto è calibrato e costruito sia sull'attenzione all'IC (centrato in pieno anche stavolta) ma anche e soprattutto sul contesto generale che, in questa tua shot, agisce forse al pari di un personaggio, stabilendo confini e limiti molto delicati riguardo alle modalità con le quali far agire Aziraphale e Crowley senza infrangere quel senso di verosimiglianza, credibilità e legittimità che hai saputo creare e mantenere fin dalle prime parole.
Ecco, vedi che comincio a fare confusione! Ti spiego meglio ciò che intendo, se ci riesco: sarebbe stato fuori luogo inserire dei momenti di tenerezza tra i due, o arricchire il dialogo. Ci sono momenti in cui il silenzio è la scelta migliore, in cui ogni parola risulterebbe vana, superflua, perfino fastidiosa. Aziraphale e Crowley dimostrano un rispetto e una delicatezza nei confronti sia delle vittime presenti intorno a loro (il gesto di Aziraphale verso i morti è qualcosa di... non lo so, guarda! Non riesco nemmeno a trovare la parola adatta!), ma anche del proprio dolore. Nessuno dei due può consolare l'altro perché entrambi sono schiacciati dagli stessi tormenti, preda degli stessi interrogativi senza risposte e della stessa stanchezza mentale e fisica che li logora da anni insieme alla consapevolezza di essere destinati, per loro stessa natura immortale, ad andare avanti, a continuare il loro cammino su quella Terra che pare sempre più sprofondare nell'oblio, con la popolazione decimata e la pandemia che non accenna ad arrestarsi. Si trovano entrambi in un tunnel oscuro di cui non riescono a vedere la fine.
Mi è piaciuto tantissimo il modo in cui hai fatto agire Aziraphale. Malgrado la pena e la stanchezza che lo divorano, si cala nei panni del “forte” di turno per supportare l'amico, ancora più devastato di lui, annichilito e irriconoscibile. L'angelo dimostra qui quella grande forza interiore, quel coraggio che troppo spesso viene messo in ombra dalla sua parte più “soft”.
Il brindisi finale “alla vita” che riprende quello della 1x06 ma con toni molto più cupi, lascia un piccolissimo squarcio di speranza al termine di questa shot che è un concentrato di sofferenza.
Io non so davvero come concludere. Mi hai fatto fare un viaggio nell'angst più puro (ho capito subito che questa sarebbe stata la shot alla quale mi avevi accennato, anche perché peggio di così non si può). Ho detto “peggio” ma non prenderlo in senso negativo, avrei anche potuto dire “meglio” in riferimento alla gestione del genere e dei contenuti forti. È difficilissimo descrivere le sensazioni che questa storia mi ha lasciato perché si tratta di un groviglio ambivalente e contrastante. L'ho adorata ma è stata un colpo al cuore... e l'ho adorata proprio per questo!
Sembra assurdo ma è proprio così. Sull'IC dei personaggi ti ho già rassicurata, ma la loro relazione qui è quasi un contorno rispetto al piatto principale, che è costituito appunto dalle circostante che hai presentato. Li hai fatti, agire, muovere, parlare senza mai fuoriuscire dai limiti imposti da esse, eppure risulta comunque evidente anche la componente sentimentale, che però resta ai margini per non intaccare il quadro che hai costruito e che meritava di essere trattato con estrema attenzione e cautela.
Vabe', più cerco di spiegarmi, più mi inoltro in una giungla. Meglio che mi fermi qui, prima di fare ancora più confusione.
Ad ogni modo, trovo che tu abbia superato te stessa con questo capolavoro, Menade. Non so come ringraziarti per questa perla che è croce e delizia, Eros e Thanatos, amore e dolore, meraviglia e orrore.
Mi inchino di fronte alla tua immensa bravura e alla profondità umana che hai riversato in questa storia, pregna di quella pietas e humanitas che mancava agli angeli della mia “Hammer to fall”.
Spero di essere riuscita almeno un po' a rendere anche solo una vaga idea di quanto abbia apprezzato questa tua pubblicazione, carissima. In caso contrario, tenterò di spiegarmi meglio in chat.
Farti i complimenti mi sembra davvero troppo riduttivo, quasi un insulto. Magnifica, Menade. Magnifica. <3
Baci baci (lacrimosi)!

Recensore Veterano
12/10/19, ore 20:13

Mi è piaciuta molto come storia anche se molto triste, scritta bene e si fa leggere hai descritto il dolore alla perfezione