Emerge dalla mia infinita lista di ”Storie da recensire”, la collana delle tue “pills”, che, da una prima veloce lettura, si rivela composta da elementi piccoli ma preziosi.
Mi sono piaciute molto le tue Note introduttive perchè vi si percepisce un desiderio sincero di far partecipi anche altri, di quello che tu definisci un “esercizio di sintesi”. Trovo coinvolgente anche il fatto che tu ti schernisca dietro a quel “ non sono molto originali o particolari” ma ti confido che, se ho il desiderio, pure se tardivo, ma ho fatto di peggio in quanto a ritardo nel recensire, credimi, di lasciarti qualche osservazione, significa che, almeno per me, i pezzi che ci proponi sono, in effetti “originali” e “particolari”.
Allora...
La prima si riferisce ad un’abbinata canonica, piena di potenzialità narrative che è quella tra Sh e la droga. Purtroppo sappiamo che il consulting è tormentato dai demoni che originano proprio dalla sua formidabile intelligenza che, se lasciata inattiva, lo porta ad un terribile corto circuito mentale. Da quando ha conosciuto John, il fenomeno si è attenuato, all’inizio, ma le incomprensioni ed i malintesi che hanno costellato il loro legame, via via che rivelava la sua vera identità, hanno fatto ritornare le antiche ombre.
Sh è, infatti, il suo nemico principale, tormentato dal vuoto da cui si sente circondato quando non ha casi da risolvere o John che gli riempie la vita con la sua umanità travolgente.
Quella “mano gelida” che il medico prende è l’unica presenza di Sh, oltre ad un battito cardiaco debole. Può essere troppo poco, inutile, ma John c’è e si aggrappa a quello per farlo ritornare da lui. Poche frasi che si rincorrono veloci, ma perfettamente sufficienti, per descrivere la tragedia in atto. Rimane, infatti, la domanda sul perché Sh tenti l’annullamento nell’oblio degli stupefacenti e sul “di che cosa” ha bisogno per non tentare ancora la fuga dalla vita. John, molto probabilmente lo sa, ma la risposta non trova una via d’uscita consapevole , soffocata da un mare di “non detto” e di “non fatto”. Molto IC.
La seconda dribble (un termine che non conoscevo), a proposito d’IC, è, invece, incentrata su un argomento che non è canonico ma che è perfettamente considerabile in tutto ciò che ruota attorno al 221b. Infatti penso che, quello che potrebbe essere un problema serio di salute che capita a John, possa costituire un salto nell’abisso per Sh che, da quando l’ha incontrato, ha trovato in lui la sua ragione principale di vita. È il pezzo dei tre che preferisco perché, nonostante la brevità, racchiude un mondo di emozioni e di sentimenti che tu hai saputo esprimere in pochissimo spazio.
La terza ff ci fa ritornare nel canone dei Mofftiss e ci riporta alla mente le scene di TRF, che seguono, straordinarie ed efficaci, la fuga di Sh e John attraverso le strade di Londra. Quel loro prendersi per mano, necessario per alleviare lo svantaggio arrecato dalle manette, è diventato ormai mitico e fa parte integrante della “documentazione” relativa alla Johnlock. Tu, qui, ci fai, per me, nostalgicamente tornare a quell’atmosfera concitata e scoppiettante. L’unico punto che riporta la pace, nel clima paranoico della fuga, è lo sguardo di John che mostra il suo esserci per Sh, non solo fisicamente ma con tutto il suo cuore. Ed é preoccupazione quella che riscalda l’animo di Sh, da sempre desideroso di amare e di essere amato.
Molto intenso ho trovato il contrasto tra quel termine “ratto” che ci farebbe perdere nel buio di percorsi lontani dalla luce e la mano di John, stretta in quella di Sh, che, per il consulting, rappresenta la salvezza.
Sinceramente sono contenta di aver cominciato la lettura di queste tue “pills” perché le trovo caratterizzate da uno stile curato e con un contenuto vicinissimo alle mie tendenze di johnlocker. Brava. |