Caro Old! L'avevo letto, sai questo gioiellino, ma anche qui senza finirlo. E sì che è tanto breve. Ma quando si è incorreggibili, lo si è anche per solo poche frasi. E' un gioiellino. L'idea, l'incisione che nella tua scrittura assume la forma di un trittico, lo spunto del cane santo, che nella narrazione svolge umilmente ma efficacemente il suo ruolo. I cani sono tutti santi, come giustamente hai detto tu rispondendo a un altro commento. Anche i gatti, sai: entrambi hanno quell'intuizione soprannaturale che li fa leggere in profondità.
Sicché abbiamo un Cavaliere in cerca di un padrone da servire, dopo che il precedente è passato a miglior vita e dopo esser stato licenziato dagli eredi: cosa che molto spesso e tristemente succede proprio all'animale da compagnia del caro estinto, e chissà se quel cane dall'aria simpatica che si accoda, letteralmente parlando, al Cavaliere in procinto di riprendere il cammino è stato a sua volta messo alla porta da qualcuno. Fatto sta che i nostri due - anzi, tre - randagfi si incamminano diretti al turrito paese che s'intravede in cima alla collina. La mattina è chiara, serena, immersa nella luce rosata dell'alba (elemento, questo, che fa la elemento comune per tutte e tre le scene). All'improvviso, però, ecco un refolo d'aria fredda, una visione di morte che ricorda i bassorilievi di scheletri ghignanti di certi cimiteri, attorno al cartiglio "quello che tu sei, noi eravamo; quello che noi siamo, tu sarai". Si ode anche un sinistro tintinnio, un fruscio come di zoccoli, uno sfiatare rauco: ma quando il Cavaliere si volge a guardarsi alle spalle, non trova altro che la serena armonia del bosco. Confidando nella tranquilla presenza del cane, che pare non aver annusato pericoli nei dintorni, il Cavaliere si rimette in cammino.
E qui facciamo un passo indietro e si apre un altro quadro: la Morte ritratta nel più classico dei modi, con la clessidra in mano a scrutare lo scorrere rapido dell'ultimo tempo. La clessidra è quasi agli sgoccioli per colui che deve morire, ma la Morte non ha padroni, non è vincolata a tempi imposti da altri e può ben permettersi di concedere un rinvio. Sembra un miracolo però, a pensarci bene, si tratta solo di un semplice rinvio. La Morte tornerà, perché "è fedele come un cane", e non si è ancora trovato chi sia riuscito a sfuggirle. Direi che il cane è l'altro elemento decisivo e ricorrente della storia: perché è alla fine il cane, con la sua semplicità e il suo intuito, a salvare il padrone dal pericolo rappresentato da questi loschi figuri, la Morte e il Diavolo. Di nuovo torniamo al momento in cui il Cavaliere percepisce strani mormorii e presagi nel cuore del bosco, ma né la Morte né il Diavolo possono farci niente: non è ancora giunto il suo tempo, e la presenza fedele ed empatica del cane è in grado di infondere speranza contro qualsiasi tentazione di follia e disperazione. Così, alla Morte e al Diavolo non resta che arrancare dietro al cavallo del nostro errante, nell'attesa di cogliere chissà dove e chissà quando uno spiraglio, o nella semplice attesa che gli ultimi granelli inizino il loro viaggio verso la strozzatura della clessidra. Un'ultima nota a proposito della figura del Diavolo, che nella terza scena si spancia di soddisfazione di fronte ai meschini peccati e imbrogli che avvengono nella locanda: "fregandosi le grinfie soddisfatto, si sentì un contadino che guarda le messi imbiondite". Effettivamente, lì sì che c'era da mietere e da dire "pancia mia fatti capanna". Mentre al cospetto del Cavaliere, di fronte al tentativo di entrargli nell'anima (cosa peraltro il Diavolo non può fare), ecco che viene respinto dalla presenza di troppa luce. E' proprio senza macchia e senza paura, questo nostro Cavaliere, e per di più su di lui veglia il santo cane accompagnatore. Alla Morte e al Diavolo restano quindi le pive nel sacco, ma non rinunciano a seguirli, in un'allegoria del cammino della vita che tocca a ogni uomo che cammini sulla terra.
Una bella storia, quindi, pregna di significato nella sua brevità, molto simbolica. E soprattutto narrata con una scelta così precisa ed esatta delle parole da riuscire a creare suggestioni pur nella brevità di ogni singola frase. |