Recensioni per
L'eredità di Kurtz
di Spoocky
Cara Spoocky, eccomi anche qui. Ho iniziato a leggere questo secondo capitolo ieri e, lì per lì, il fatto che fossero riportati i dialoghi del film mi aveva fatto scattare la molla della prevedibilità-delusione. Invece, proprio rileggendo il famoso monologo sull'orrore mi è sembrato di entrare finalmente (forse) nei meandri della mente di Kurtz, e forse, nel capirlo, un po' della mia sfegatata ammirazione è venuta meno. Perché in fondo Kurtz propone un'etica istintuale - anzi, una mancanza di etica elevata a sistema di ineludibile efficacia - basata sul non pensare, non ragionare, non valutare ma avere la forza di. Se da un lato è il pensiero etico a rendere civile l'uomo, dall'altro l'avere la forza per superare in toto ogni obiezione etica potrebbe davvero essere il trucco che fa vincere ogni guerra. Per i nazisti l'uccidere "senza discernimento" ha funzionato, almeno per un po'. Si potrebbe dire che il contesto di guerra è quello - per eccellenza - che riesce a portare a galla, che "acconsente" a portare a galla il peggio degli esseri umani, che lo legalizza addirittura (altrove, nel film, si dice che processare in Vietnam qualcuno per omicidio sarebbe come multare per eccesso di velocità alle 500 miglia di Indianapolis). D'altro canto, anche contesti apparentemente di pace e "civili" possono acconsentire alla medesima violenza, questa volta però ammantata di ipocrisia. La stessa scena del civilissimo pranzo nel corso del quale Willard viene incaricato di eliminare Kurtz ne è un esempio a tutti gli effetti: persino le parole mancano di sincerità atte a manifestare gli intenti, infatti non a caso si parla di "porre fine" al comando di Kurtz (mandandolo in pensione? Offrendogli denaro? Sfidandolo a duello?). |
Carissima, pensa... mi era venuto il desiderio di leggere un racconto su "Apocalypse now" e tramite una ricerca sono approdato a questo meraviglioso, suggestivo racconto. Come ho fatto a non scoprirlo prima, mistero... fatto sta che questo primo capitolo mi ha colpito sotto diversi aspetti e punti di vista, e non solo - mi ha fatto riflettere. Il film, di per sé, è sconvolgente. E' proprio una discesa nelle profondità del cuore umano, di ansa in ansa, di curva in curva, di riva in riva. E alla fine Kurtz, come ogni diavolo che si rispetti, appare molto meno "cattivo" di come lo si dipinga. Certo, è un personaggio scomodo per i vertici militari del suo Paese, o per meglio dire del suo ex-Paese. Ma l'ipocrisia di chi decide che è ora di "porre fine al suo comando", ordinando l'uccisione di un alto ufficiale nel corso di un banchetto a suon di cibi pregiati è già una discesa nel cuore nero dell'uomo. La discesa in senso stretto inizia da qui, ancor prima che si palesi il fiume. E se vogliamo dirlo, Kilgore che attacca un villaggio a ritmo di Wagner mi sembra molto, molto più folle di Kurtz. Sicuramente più disumano. Il film procede come un'allucinata discesa agli inferi, ma alla fine Kurtz sfugge. Meglio, a me è sfuggito. Ho fatto veramente fatica a coglierlo e capirlo fino in fondo, nel film. Così, ho cercato sul sito delle storie che potessero aiutarmi - al di là dei commenti puramente cinematografici - a far luce su questo personaggio, che ai miei occhi è il più affascinante, il più tormentato, forse il meno spregevole. Il tuo testo fornisce molti spunti di approfondimento e riflessione e sa leggere in profondità senza discostarsi dall'humus del personaggio, così come appare, pur conservando le sue ombre, dalle letture di vari critici. Nel tuo testo sembra voler fare di Willard un erede, l'erede che la stessa giungla gli ha inviato, forse a esaudimento di una sua stessa preghiera. Eppure Willard è appunto l'uomo inviato in missione allo scopo di por fine al suo comando, e non di proseguirlo. E io - lo confesso - avrei tanto preferito che il film si concludesse così, piuttosto che con il ritorno alla "civiltà incivile" a cui Willard appartiene, alla barbarie legalizzata che si nutre di stereotipi felicemente ignoranti come il surf, le conigliette di Playboy, le canzonette alla radio. Ho trovato molto più affascinante il reame di Kurtz con la sua foresta lussureggiante e stillante umidità e vapori, il suo silenzio sul pelo dell'acqua, i bambini e le donne indigene più o meno imparentate con la strana folla di armati che popola quel luogo. E poi Kurtz, l'inafferrabile. Che nel film non prova neppure ad ammaliare Willard come ha fatto con Colby, inviato prima di lui ad adempiere alla stessa "missione speciale" e poi passato nelle sue file (l'incontro silenzioso e l'altrettanto muto riconoscimento tra lui e Willard sono impressionanti e inquietanti). Nel film, Kurtz sembra alla fine accettare il suo destino, nel tuo testo lo coltiva addirittura, se ne prende cura. Ha cura di Willard al punto da rammentargli suo padre, e in fondo spetta proprio all'archetipo del padre il guidare al pieno sviluppo tramite l'autorità. Il padre è colui che protegge con forza ma anche indica la via. Ho amato questo aspetto della tua storia, così come il porsi di Kurtz nel ruolo del re-sacerdote devoto alla giungla, questa grande divinità ancestrale che è madre lussureggiante dell'istinto e del cuore vero dell'uomo. Al tempo stesso, attribuisce a Willard una sorta di ruolo messianico, quella del Servo sofferente che attraverserà le tenebre prendendo la sofferenza sulle proprie spalle e perseverando fino a raggiungere la luce (vedi la citazione dal cantico detto "del Servo sofferente" di Isaia). Tutti questi dettagli aggiungono luce (o meglio, tolgono qualche ombra) al personaggio di Kurtz pur mantenendone intatto il mistero. E' evidente la sua sintonia profonda con il cuore pulsante della giungla, questa foresta-divinità viva e ancestrale, una sorta di creatura incombente paragonabile, nella sua insidia, al fiume-serpente. Ma la foresta è anche vita che sboccia fervorosa e splendida sui resti di altre vite, rigoglio di piante che crescono sulla macerazione e il disfacimento di tutte quelle che le hanno precedute, in modo che il regno vegetale continui, diverso nelle individualità eppure sempre uguale. Kurtz prepara il proprio erede, inviatogli non dagli alti comandi ma dalla giungla. Si prepara a diventare humus fertile a sua volta. E chissà se, almeno nella tua storia, Willard sceglierà di restare... |
Sono parecchio in imbarazzo a commentare un storia del genere perché ho paura che qualsiasi parole possa usare finiscano per non renderle giustizia. In molti dei tuoi lavori precedenti ti sei divertita a imitare lo stile di un altro autore creando trame in un universo narrativo che non era tuo. Stavolta invece hai preso possesso dell'ambientazione e l'hai manipolata poeticamente. Non è un testo che andrebbe letto prima di dormire, bisognerebbe essere ben lucidi perché altrimenti si corre il rischio di perdersi dentro il viaggio onico stimolato dalle droghe, il viaggio del lettore che deve giostrarsi in equilibrio tra l'alternarsi dei punti di vista, il viaggio del protagonista che sperimenta un alterarsi dei sensi e ne esce cambiato. Hai reso bene l'eco dell'ineluttabilità del destino e della profezia, del fluire e del convergere delle menti. Hai costruito un quadro disarmante, pieno di riferimenti, da cui non ci si riesce a staccare. Credo che tu non abbia mai scritto nulla di così profondo. Mi hai fatto venire voglia di rileggere Cuore di tenebra. |
Ciao^^ |
Ciao^^ |
Eccomi^^ |
Ciao carissima! |