Secondo Posto
The words we never said
di Fuuma
Grammatica: 4.6/5
La grammatica è perfetta, ci sono giusto due sviste, una forse un po’ più grave ma sicuramente di distrazione.
Di seguito, gli errori:
«Parlami, Peril.» gli chiede → -0.1 (Il punto non va messo quando al dialogo seguono “verbi dicendi”)
una mano alla sua guancia → -0.3 (sulla sua guancia)
Stile: 19.5/20
Lo stile di questa storia è incisivo, duro, caratterizzato da frasi brevi e da un ritmo spezzettato, prolungato dalle continue alternanze tra presente e passato. Ho trovato ben curata e adoperata, in questo senso, la dicotomia tra periodi brevi, “marziali” e l’estensione delle maglie del tempo, in cui ogni scena sembra dilatarsi, dove dentro ogni gesto si nasconde un ricordo che lo rende infinito.
Lodo anche la coerenza che lega tutte e tre le drabble, redendole di fatto un’unica storia, ognuna però in qualche modo autoconclusiva. Ben riuscita anche la circolarità della metafora del ghiaccio. E qui il discorso si fa un po’ complesso. Innanzitutto molto bella la dicotomia ghiaccio-sole d’agosto e l’evoluzione delle tre drabble: la prima dove il calore esterno entra in contrasto con il gelo interiore emanato da Illya; la seconda drabble invece è all’insegna del rosso del fuoco, Illya si scioglie ma è un lavoro distruttivo quello che investe i due protagonisti; l’ultima infine chiude il cerchio, il calore e il caldo d’agosto sono rilegati al passato, a farla da padrone è la freddezza di Illya, che avvolge anche Napoleon e infine lo lascia cadere.
A rendere il loro rapporto tanto bene espresso dallo stile è il rapporto speculare che crei: Illya è un cero rosso sul punto di sciogliersi, ma è il sorriso di Napoleon che cola via; Illya si tiene in equilibrio sul ghiaccio sottile, ma è sotto i piedi di Napoleon che esso si apre. La simbiosi, quasi, tra i due rende i loro sentimenti un flusso di scambio continuo. Davvero complimenti.
Un’altra particolarità che caratterizza lo stile di questo tris è l’uso sapiente della punteggiatura. Lavori molto di asindeto, il che rende tutto più pulito e coinvolgente, il tono della lettura più deciso, forte, denso di angst. Le poche congiunzioni presenti (due, se non sbaglio) sono usate magistralmente, soprattutto questa:
- Ma Illya è una tomba costruita nel ghiaccio e Napoleon perde la presa. → La “e” sembra fungere da specchio tra i due personaggi, che sono messi uno di fronte all’altro
Un commento a parte va ai trattini che caratterizzano il ritmo della prima drabble:
- Illya lo supera – la marcia di un soldato di ferro, il volto di un lupo al guinzaglio. → Trovo che hai usato in maniera matura questa parentetica che caratterizza in maniera vivida ed evocativa non solo il personaggio ma la sua camminata e soprattutto l’impatto iniziale che il suo modo di muoversi e di apparire ha sulla gente. La parentetica, in questo modo, sembra una telecamera che segue in primo piano il personaggio facendolo esaltare immediatamente dallo sfondo.
- Napoleon scorge in lui la Siberia: occhi artici, cuore cianotico – il tempo lontano dalla U.N.C.L.E. non è stato clemente. Né deve esserlo stato Oleg. → Ho trovato superfluo, invece, questo secondo trattino, perché trovo che la frase sia indipendente e che possa allo stesso tempo fluire nel filo della narrazione, senza che venga usata come incidentale alla frase dei due punti. Appare come una forzatura, un po’ una maniera blanda di imitare l’effetto che invece ottieni magistralmente nella frase precedente.
I dialoghi sono i veri protagonisti delle tre drabble, curati e importanti sia per caratterizzare sia per far capire il loro rapporto. Ho trovato vincente l’uso di battute isolate (prive di un discorso indiretto) quando si tratta del passato, mentre i dialoghi del presente sono incastrati alla perfezione in battute indirette che le collocano in un contesto più vivo, più reale, più vicino al lettore. Questo aiuta anche a creare vicinanza/lontananza rispetto al tempo in cui si svolgono le due situazioni. Unica eccezione si trova nell’ultima drabble, dove le due scene sono speculari, e sembrano fondere passato e presente con un ribaltamento a effetto. Questo ribaltamento fa risaltare il ruolo risolutivo della terza drabble nell’economia della vicenda.
Il narratore esterno con punto di vista interno ha la capacità di dare sì un focus chiaro e definito al lettore, divenendo una finestra ben piazzata, ma è anche un narratore che fa un passo indietro anche rispetto al personaggio POV, lo caratterizza in maniera “fredda” (e non è una critica, non fa assolutamente riferimento alla capacità di coinvolgere o esprimere emozioni) e crudele, esaltando difatti l’impatto doloroso che il comportamento di Illya ha su di lui.
Il lessico gioca un ruolo fondamentale nella raccolta, poiché è attraverso di esso che scene, personaggi e contesto prendono forma. In queste drabble, più che mai, il lessico fa da narratore. Non è mai altisonante o sofisticato, eppure ha la capacità di rendere poetico il tuo stile, grazie alla scelta accurata di termini che hanno la funzione di richiamare e stuzzicare una determinata sfera sensoriale. Ecco che la prima drabble, che gira soprattutto intorno al personaggio di Illya, è caratterizzata da un lessico freddo, bianco, duro (Siberia, cianotico, lupo, ferro, occhi artici, tomba, ghiaccio). La seconda è intrisa invece del potere distruttivo del calore:
- Napoleon gli conta le pieghe sui calzoni, dove le dita hanno stretto e stritolato → L’allitterazione finale richiama lo scoppiettio del fuoco, ed esalta l’associazione del potere distruttivo delle dita sui calzoni con il fuoco che scioglie e deforma le forme della cera.
Anche la figura dello spasmo e dello scalpitio, nonché l’immagine metaforica finale del sorriso di Napoleon che cola via sono chiari riferimenti al fuoco. In tutto questo la coerenza di una terminologia dura non viene mai persa. Nell’ultima drabble trovo che l’accostamento di un momento iniziale più dolce e di un finale più freddo rappresenti il connubio perfetto di queste due antitesi.
Infine, i tre generi che ti sei prefissata di inserire sono ben strutturati e caratterizzati all’interno delle tre drabble. L’angst è reso grazie soprattutto a questa continua tensione che pervade tra i due, ma il suo culmine lo raggiunge nel finale, dove Napoleon è combattuto tra rimorso e disperazione e alla fine cade preda del non detto. Sentimenti e introspezione, per concludere, sono l’anima di questo tris, dove il sentimentale non diventa mai romantico e l’introspezione è un’arma che usi per ferire il lettore. Complimenti.
Sviluppo del tema: 15/15
Voglio subito lodare il modo complesso e articolato in cui hai svolto i due temi, giocando in più modi e con diversi significati.
Partiamo dal tempo della “rivelazione”.
Il lettore ha fin da subito la percezione di un legame profondo tra i due, sin dal modo in cui l’attenzione viene calamitata da questa figura di ghiaccio, subito riconosciuta, afferrata sullo sfondo di una Londra d’agosto. Il modo in cui Napoleon è attratto da questa visione spinge istintivamente il lettore ha captarne i sentimenti, soprattutto il senso di nostalgia e la felicità prorompente che attanagliano il protagonista. Detto questo, la “rivelazione” diventa sempre più palese man mano che le tre drabble si susseguono e che vengono rilevati stralci di conversazione del passato.
Il punto di forza secondo me è il modo in cui hai giocato con le varie interpretazioni del tema della “rivelazione”. Come spiegato, potevate benissimo scegliere se rivelare o meno al personaggio “amato” i sentimenti del personaggio POV. Nell’ultima drabble questa rivelazione è in bilico – ci si chiese: si rivela o no al personaggio “amato”? – e il lettore è lì che si sporge su questo abisso insieme a Napoleon fin quando non ricade all’indietro e tutto finisce di nuovo nel non detto.
Trovo che in questo, la scelta di far coincidere il momento della “non rivelazione” con il momento dell’addio sia stata la miccia per aumentare il pathos dello struggimento, poiché il silenzio che c’è tra i due pesa ancora di più e il lettore non può fare a meno di essere doppiamente distrutto.
Per quanto riguarda l’addio, anche qui c’è un doppio effetto. La storia parte da un incontro avvenuto dopo una prima separazione. Separazione della quale viene mostrato il dialogo d’innesto. Si ha questo incontro che si basa già da un allontanamento forzato, che sembra doversi risolversi per diventare invece irreversibile. Se il primo “addio” è triste e amaro ma al tempo stesso “sereno”, il secondo è duro, spietato, rigido come una sentenza. Il secondo addio ferisce con artigli di “non detto”.
Titolo, Introduzione e impaginazione: 4.5/5
Il titolo mi ha richiamato subito alla mente quello di uno dei libri di Nicholas Sparks. Non il titolo originale, ma la traduzione italiana. La tua versione in inglese, comunque, ha una particolare musicalità e questo collegamento permette subito di associare le tre drabble a un’atmosfera triste, che promette dolore e cuori sanguinanti.
Andando poi ad approfondirne il significato, lo trovo un titolo perfetto per due motivi: uno è il fatto che la “colpa” viene redistribuita tra le parti da quel “we”, il titolo rimanda subito al rimorso che entrambi, in maniera diversa, si porteranno dietro; il secondo è semplicemente perché va subito al fulcro della storia. Le parole, infatti, quelle non dette, sono il perno intorno cui ruotano ricordi e separazione, il dolce e l’amaro, speculari soprattutto nell’ultima drabble. Il titolo quindi è non solo attinente, ma secondo me ha il potere di immergere subito il lettore nel pieno della vicenda, profetizzando tutte le emozioni racchiuse all’interno.
L’introduzione l’ho trovata un po’ striminzita. Capisco che essendo drabble si possa pensare che non ci sia molto da introdurre oppure, essendo testi così brevi, si abbia la paura di parafrasarli in un’introduzione troppo lunga ed esplicativa, però secondo me manca la funzione che dovrebbe avere l’introduzione, ovvero quella di creare l’atmosfera giusta, presentare la storia, ecco. Comunque ha sicuramente catturato in maniera incisiva l’inizio (proprio attraverso la citazione dell’incipit della prima drabble) e anticipato l’epilogo.
L’impaginazione è semplice e pulita. Trovo ben adoperati i corsivi e gli spazi, e la scelta di porre l’ultimo pensiero a destra è vincente, per due motivi: essendo a destra sembra che sia un pensiero al di sopra delle parti, quindi mi piace pensare che non sia solo il pensiero di Napoleon ma che in qualche modo sia anche quello che Illya pensa in quel momento, quindi come se entrambi lo pensassero alla stessa maniera; la posizione distante sembra rafforzarne in realtà la mancanza, come se isolandolo ne evidenzi la natura di “non detto”, quel segreto inconfessato che rimarrà celato in un angolo del cuore (e del foglio) e si tramuterà in rimpianto.
Anche la scelta di usare gli asterischi per dividere quella che è in realtà una storia continuata in tre drabble reputo un effetto coerente con quello che ho detto nello stile. Trovo che abbia la capacità di creare un momento di oscurità all’interno di scene continuate. Ancora una volta è un effetto cinematografico, un po’ quando nei telefilm si ha quel momento “black” e poi la scena si riavvolge di pochi secondi mostrandola da una diversa angolazione – più vicino, più lontano, dalle spalle del personaggio. Non riesco a spiegarmi meglio, perdonami, ma sappi che ho percepito un tonfo ogni volta che veniva chiusa una drabble.
Caratterizzazione dei personaggi: 20/20
Ciò che mi ha colpito nel film è il portamento in scena di entrambi i personaggi, oltre al fatto che dal momento in cui devono collaborare in poi parte del loro interagire si basi sui dialoghi (scene d’azione a parte).
Entrambi questi due aspetti sono stati ripresi egregiamente nella tua storia ed è attraverso questi due (gesti e dialoghi) che li caratterizzi maggiormente.
Illya è un perfetto soldato russo: cammina come un soldato russo, ha lo sguardo del soldato russo, finge di avere l’anima di un soldato russo, ma… “Sente lo spasmo dei muscoli sotto la pelle, lo scalpitio di parole trattenute a forza”… dietro quella maschera c’è ancora il bambino tormentato, legato al senso di dovere per un bisogno personale di riscatto, lo stesso che non poteva fare a meno di obbedire pur di dimostrare la sua fedeltà a un regime duro e spietato.
La similitudine tra lui e il cero è perfetta in questo caso: il cero ha una forma solida, dura, liscia, che non fornisce appigli, ma messo vicino al calore si scioglie, si deforma, rivela tutta la sua fragilità liquida, malleabile. La vicinanza di Napoleon scioglie in parte la maschera sul volto di Illya, lo costringe a resistere stringendo denti e stropicciando il suo aspetto perfetto, inamidato.
L’altro aspetto IC è il modo rigido con cui reagisce al contatto fisico. Non prova a liberarsi dalla presa, ne respinge Napoleon. Alla fine, si limita a indietreggiare, a porsi lontano dalla portata di Napoleon.
Napoleon, per contrasto, è dinamico, ha un portamento più “smanioso” se così vogliamo dire, ma che non perde mai la compostezza. Scattante nell’afferrargli il polso, delicato e sfrontato nel porgli una mano sulla guancia, battagliero nel cercare di strappargli una parola dalla bocca. Napoleon non viene caratterizzato, al contrario di Illya dal silenzio, ma sono le sue parole a mostrare la nostalgia, la felicità, l’arroganza, la sfrontatezza, l’eleganza, la sicurezza, ma anche la disperazione, l’amarezza.
Visto che è lui il personaggio POV trovo che sia vincente il fatto che parte della caratterizzazione di Illya passi dallo sguardo di Napoleon, perché trovo che Napoleon sia un ottimo osservatore, lo dev’essere per essere anche il ladro migliore, e allora i suoi occhi sono abili a notare i particolari (la freddezza di Illya, quello degli inizi, la spia comunista). Quindi ottimo davvero questo taglio dato alla storia.
Infine, Napoleon è quello che tra i due è il più camaleontico, secondo me, e questo si nota dal modo in cui cerca di cambiare velocemente tattica (sorride, sfida, gioca), ma è anche quello che tra i due è più testardo, accetta meno l’inevitabile. Se Illya non riesce a scappare al suo ruolo, Napoleon fa di tutto per nascondere la vera natura delle cose. Lo fa quando nel film gioca sull’apparenza di essere disinteressato all’aspetto più “alto” del suo ruolo nella CIA, e lo fa adesso quando non vuole arrendersi alla freddezza di Illya.
Ho apprezzato il modo sapiente in cui usi i loro nomignoli (cowboy e Peril) per poi ripiegare in quel “Illya” nello scambio finale in cui i toni si fanno più seri, viene abbandonato lo spirito ironico, superficiale, goliardico per rimarcare la profondità della scena; mentre, nella mente, Napoleon cerca la confidenza e la complicità in quel “Peril”, un soprannome che la distanza che Illya mette tra di loro non gli permette più di usare.
In quel “Non dire nulla, Peril, lo so” c’è la stessa sensibilità che mostra quando nel film recupera l’orologio appartenuto al padre di Illya, mentre il distacco con cui pronuncia quel “nulla” mi ricorda il modo indifferente in cui glielo restituisce, come se fosse un gesto casuale ma che invece nasconde una grande profondità.
E arriviamo a una delle mie tante ossessioni. Trovo che una storia, se vuole essere veramente capace di fluire all’interno di un universo altrui (come dovrebbe avvenire nelle fanfiction, secondo me) debba avere la capacità di far proprio il linguaggio prima di tutto. Ogni personaggio ha una sua “voce” ed è quello il punto più difficile da mantenere in un’IC. Trovo che tu ci sia riuscita benissimo. A partire dall’italiano non propriamente corretto che parla Illya, al modo in cui hai saputo riprodurre quell’accento russo anche sulla carta, le pause giuste all’interno dei dialoghi («Tu dici idiozie, quella è punizione.»), il suo modo di esprimersi diretto, secco e pragmatico. Per finire poi con la “voce” di Napoleon: elegante e sfacciata allo stesso tempo, sempre istigatrice, stuzzicante, non manca neanche quella punta di raffinatezza e arroganza e sicurezza che lo contraddistingue; ma soprattutto sei riuscita a inserire anche il suo aspetto più profondo, quell’acume che nasconde dietro la maschera del “ladro” incastrato dalla CIA a lavorare per i buoni.
Gradimento personale: 5/5
Premetto che a me i titoli in lingua straniera non piacciono (sono un asino nelle lingue, appena vedo una parola straniera comincio a sudare, anche se è un semplice thanks you), ho comunque apprezzato la sua musicalità e visto che ho saputo tradurlo anche senza traduttore (mi faccio i complimenti) direi che non è stato affatto penalizzante, anzi.
Ma quello che ho amato dall’inizio alla fine è stato il potere delle tue parole di strapparmi la pelle e stringermi il petto. Tutti i miei sensi sono stati coinvolti: ho visto Napoleon, il suo sorriso, la sua eleganza, l’ho vista seccarsi, irrigidirsi, creparsi; ho sentito le loro voci, la durezza di quella di Illya, di questo cucciolo fatto a pezzi e ricucito come bravo soldato; soprattutto ho percepito i denti di Illya stridere, il grumo nella sua bocca lottare per essere sputato fuori, e ho percepito dietro quel “nulla” finale rialzarsi la maschera della raffinata compostezza dietro cui si nasconde Napoleon, i suoi rimorsi rivestirlo come una seconda pelle, sostituendo l’attimo di speranza nostalgica che Illya gli ha strappato via.
Tra i due nel film ho preferito Napoleon, mi ha stregato il suo portamento, il suo modo sempre così padrone della situazione – anche quando non lo è – e il suo modo di prendere alla leggera, di far apparire tutto semplice e pianificato. Ma tu mi hai fatto struggere per Illya! Ho adorato l’immagine del lupo tenuto al guinzaglio, quasi sentissi la sua rabbia, la sua frustrazione, e il suo desiderio completamente opposto a quello dei suoi superiori snudare le zanne.
E poi, vabbé, ho amato la dinamica messa in atto nella raccolta, quel non detto che aleggia. Il passaggio tra presente e passato ha reso tutto più doloroso, più denso, come se il non detto di prima fosse un macigno sul presente. Il rimorso che si tramuta in rimpianto. Mentre leggevo, urlavo: diglielo Napoleon, diglielo tu Illya, uno dei due lo dica, cavolo! Ma la verità è che il mio cuore si è fermato su quel “non dire nulla, Peril, lo so”. Accidenti!
È sicuramente una storia che fa male, tanto male. Davvero complimenti.
Punteggio: 68.6/70 |