Ed eccomi, a mia volta pronto ad approcciarmi a questo mondo che hai dipinto tu.
Comincio con il dirti che le prime due righe mi hanno intrappolato con altrettanto citazioni: il sogno della farfalla di Zhuangzi e le farfalle monarca di Under the Dome. Non so quante di queste fossero da te ricercate nel primo incipit della storia, eppure posso dirti che sin dalle prime battute mi sono ritrovato a filosofeggiare in un’atmosfera pregna delle atmosfere orientali. E la prima domanda che poni nella tua storia, mi ha riportato alla mente il suo sogno.
[…] Si racconta che una notte, Zhuangzi sognò di essere una farfalla che volava leggera e spensierata. Dopo essersi svegliato era confuso, si domandò come potesse determinare se era veramente Zhuangzi quando aveva appena finito di sognare di essere una farfalla o una farfalla che aveva appena iniziato a sognare di essere Zhuangzi. […]
E già volo con la mente, circondato da farfalle monarca di stampo Kinghiano.
Pare che non sia l’unico, proprio perché mi trovo in compagnia del protagonista che, con una sola frase, ha un impatto eccezionale su chi legge. Un sognatore. Dio sì, un sognatore. Un malinconico sognatore che guarda con mestizia alle convinzioni che aveva da bambino.
In effetti, a prima occhiata, sembra che ci sia più d’un parallelismo con Caming Out, anch’io mi trovo di fronte a una narrazione in prima persona che ripercorre i suoi primi passi. E anch’io, così come per Virgilio, sono rapito e immerso nei suoi ricordi. Non ci vuole molto per accorgersi del cambio di tono, quando inizia a parlare del pesce rosso che aveva da piccolo.
[…] Un vertebrato insulso, che mi era stato regalato dopo aver espresso il desiderio di voler un animale domestico. […] una frase che, come sopra, apre la porta a un cambiamento, una mutazione nell’anima di questo sognatore. Ancora non ne conosco il nome eppure mi pare di percepire di già i suoi sogni infranti che, come una crisalide, l’hanno cambiato. Una sensazione, per carità, con riserva da sciogliere.
Poche righe, una noiosa bolla di vetro da cui scappare, per inseguire un sogno, un ideale che incarna la volontà di catturare una farfalla monarca. Qualcosa divenuto più che il semplice sogno d’un bambino, un’ideale (scusa la ripetizione) che forse il protagonista vuole rendere irraggiungibile. In fondo, la soddisfazione d’averne catturata una non è che della durata d’un battito d’ali della stessa farfalla. Il desiderio no invece. Quello può perdurare per anni.
Proseguendo nella narrazione, il protagonista si “sbottona” (eheheheh) un po’ di più, narrandoci le sue origini miste e un’infanzia e un’adolescenza di cui, comunque, a detta sua, non può lamentarsi. Anche qui percepisco un filo che unisce un pochino i protagonisti delle nostre storie, un pizzico d’ironia e malizia nei confronti della vita che li accomuna. Per quanto possa dire di no, Brent Smith ha il graffio dentro. Il segno distintivo di coloro che hanno dovuto guardare il dolore negli occhi, che sia per la mancanza di una figura materna o per il lutto del padre. Ma sono sicuro che abbia dovuto reggere lo sguardo della sofferenza e affrontarla apertamente. Si percepisce nel suo tono, nel suo modo di raccontare. E qui mi è venuto spontaneo fare un’associazione anche a te come autrice. È difficile poter spiegare questa sensazione che lascia il tuo protagonista, ancor di più narrarla. Senza dubbio vi è una qualche traccia di te qui dentro, non tanto nella biografia, credo… però sono quasi certo che quel “graffio” di cui parlavo poc’anzi ce l’abbia anche tu. Ovviamente, sempre con riserva da sciogliere, non ti conosco e questo è assodato, però è un’altra percezione.
L’ingresso in scena di Yoshiko è leggero e delicato, così come la neve che l’accompagnò in quell’atipico maggio. Il scenario che ne segue, sia per ambientazione che per dialoghi, è degno del miglior Studio Gibli. Una scena ordinaria, carica di romanticismo che però fa capire con poche righe il rapporto che c’era tra quei due. Parlo al passato perché lo fa anche Brent, o Bee.
Proseguendo, arricchisci la storia di piccoli dettagli che un pochino mi fanno invidia. Non sono mai stato bravo nelle descrizioni ed è un punticino scoperto, cosa che invece pare essere perfettamente nelle tue corde.
Si percepisce anche un discreto e lievissimo scivolamento di gender, specie quando lei presta la sua giacca a un Bee fradicio e infreddolito. Mi piace, rompe gli schemi dell’uomo duro che avrebbe flexato il muscolo in canoa per far colpo e invece fa emergere (giocone di parole con lui che riemerge dall’acqua) il lato più imbranato di lui.
Che poi porta avanti imperterrito, anche il giorno successivo quando la incontra nuovamente per restituirle la giacca che invece dimentica.
Probabile che mi sbagli per l’ennesima volta ma ho notato una frase di Yoshiko che credo contenga un altro pezzettino di te, quando lei gli risponde sull’uso del Kindle.
[…] -Mai!- mi rispose con forza e convinzione -la carta ha quell'odore... inebriante-.
Il mio sguardo dubbioso le diede l'imput per proseguire con il suo discorso -... quell'odore di vecchio e vissuto, di storie fantastiche e magiche che ti fanno sognare e ti catapultano in un mondo del tutto nuovo- […]
Non so perché, lo ribadisco, eppure ho la sensazione che non sia l’unica ad amare i libri nella loro forma cartacea. E si percepisce l’amore che lei ha per i i libri, un’estensione dell’amore che provi anche tu?
E a proposito di amore. Il primo capitolo prosegue nella medesima direzione, descrivendo quello che è un amore giovanile al suo sbocciare. Quando crea confusione e non si sa cosa fare. È bellissima e delicatissima la scena del loro primo bacio. Una virgola, come lo stesso Brent si troverà a chiamarlo, che però cambia i connotati d’un incontro.
Infine v’è un pizzico di cinismo, lì dove si chiude il cerchio del flashback, ove la realtà ritrova posto nel suo presente. Quel pizzico che scrivevo a inizio di questa recensione e che nasce dai cocci dei sogni infranti.
Probabilmente quelli d’un amore giovanile che è andato a tramontare.
Però… un pizzico di speranza ce l’ho. Non so la storia dove andrà a parare ma spero che Bee vada a cercare la sua Yoshiko.
E così, malinconico e nostalgico, termino la lettura di questo primo capitolo.
Hai un modo di scrivere che mi piace molto, denota una bella intelligenza da parte dell’autrice. Specialmente in termini emotivi. Mi è piaciuto molto, davvero e spero di continuare a leggerti in futuro.
Spero che tu non me ne abbia ma mi sono preso la briga di appuntarmi qualche piccola svista che deve esserti capitata mentre scrivevi:
Passarono solo quattro mesi insieme prima che mio padre dovette rincasare in Inghilterra per via dei propri studi. → per la consecutio temporum è corretto dovesse non dovette.
Nonostante il mio primo istinto fu quello di raccogliere tutto e allontanarmi da loro il prima possibile, non potei far a meno di notare che Yoshiko allungava una mano nella mia direzione e mi incitava ad uscire dall'acqua.→ stesso discorso di sopra, ma con la parola fosse al posto di fu .
Mi guardai intorno imbarazzato notando che le amiche non parevano altrettanto innoque. → errore di battitura, innocue.
allai le spalle con fare neutrale e aggiunsi → anche qui, piccolo refuso, alzai.
A quindicianni avevo in testa una sola cosa, il sesso → manca lo spazio dopo quindici.
-domandi sera tornerò a casa, lo sai questo, vero? → c’è una “d” di troppo.
Ti prego, non uccidermi. Lo so che posso sembrare eccessivamente pignolo ma è solo perché mi è piaciuto veramente come primo capitolo e cerco sempre di portare il mio piccolo apporto dove posso. Plis. Risparmiami la vita.
Detto tutto questo, ti saluto.
Ci leggiamo presto.
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