Allora allora, eccomi qua! E' la prima volta che leggo qualcosa di tuo, ma ho spulciato il tuo profilo nel momento in cui l'hai pubblicato sull'ABC e ho visto subito cose che a pelle mi sono parse molto interessanti.
Alla fine ho scelto di approdare qua, forse un po' per merito (o colpa) di Boudelarie, il cui ricordo de Les Fleurs du Mal arde ancora in me - sebbene sia passata praticamente una decade da quando lo lessi e lo studiai al liceo. Un'altra cosa che poi mi ha convinto definitivamente a optare per questo racconto è l'estetica con il quale esso di presenta che ho trovato accattivante e di impatto - è una modalità (quella di affiancare "pensieri/riflessioni" in corsivo a destro con il resto del racconto in scrittura "normale" e giustificata - e come non sottolineare che giustificato > allineamento a sinistra) che mi piace sempre molto, la trovo proprio bella da vedere, elegante, efficace e precisa. Se non lo si fosse notato, dunque, anche la "semplice" formattazione del testo è per me fondamentale; non che mi freni qualora non sia di mio gradimento, ma sicuramente, qualora mi ritrovi in mano un racconto che mi arreca dei dubbi fin da subito, è uno dei discrimini che comunque utilizzo (parto dal presupposto che in questo contesto, leggendo per il piacere di farlo, i miei occhi distrutti dagli infiniti paper e testi universitari, vadano in qualche modo preservati ahah).
Ma, terminate ste manfrine di cui presumibilmente ti interessava ben poco, entro nel merito.
Confesso che essendomi venuto il dubbio che la parte in corsivo iniziale fosse una citazione da qualcosa, l'ho googlata, scoprendo che apparteneva a una canzone che non conoscevo e che non rientra troppo in ciò che quotidianamente ascolto, ma ha fatto comunque da colonna sonora per questa lettura. D'altronde, ho immaginato che fosse una sorta di leitmotiv per il tuo racconto, qualcosa che calasse fin da subito il lettore in un certo contesto.
Il racconto si apre e prosegue in una digressione introspettiva che apprezzo sempre tantissimo (le descrizioni, sia degli ambienti che delle sensazioni dei personaggi sono un qualcosa che amo immensamente e che preferisco di gran lunga ai dialoghi - studio psicologia, non credo sia un caso che abbia questo tipo di preferenze eheh).
Non sappiamo a quale dei due protagonisti appartengano questi pensieri, ma li ho trovati una grande dichiarazione d'amore e dolore rispetto a un sentimento che per qualche ragione non si può concretizzare, ma che pare - forse inconsapevolmente - reciproco. (edit: continuando a leggere, si evince ovviamente chi è che parla, visti i maschili e femminili)
"Il modo in cui il tuo tono di voce si era fatto sempre più alto, le tue labbra erano diventate veicolo di parole che facevano male, come maledizioni scagliate su un corpo inerme" ti riporto questa frase perché mi ha colpito molto e perché esplicita quello che è il tema principale del racconto: una separazione, forse non voluta, ma doverosa; ad ora non se ne conoscono le ragioni, ma possono essere anche le più disparate. E' un tema questo che mi è sempre molto a cuore e che in molte occasioni mi ha fatta dannare, sono lieta di averlo ritrovato qua.
Mi ha colpito ancor di più procedere nella lettura, entrare nel vivo e sentire quel vivo tanto vicino e in linea con una situazione con cui ho avuto a che fare personalmente. Passano i mesi, qualcosa resta, qualcos'altro se ne va ed è giusto che vada.
Vediamo quell'incapacità di trovarsi davvero come vorrebbero, ma al contempo l'impossibilità di lasciarsi davvero andare; vediamo lo scegliere di continuare a scegliersi, sebbene questo in qualche modo faccia sempre un po' male.
Confesso che non conosco bene ciò che è diventato (o che è sempre stato) canon riguardo alla nuova generazione: non me ne sono mai informata troppo al di fuori delle fan fiction che ho letto; ma questa sorta di "non capire" la storia che c'è oltre alle parole che ho potuto ritrovare qui, mi ha permesso di essere più libera nell'interpretazione, di empatizzare con questi personaggi senza subirne però le influenze e creare una specie di affinità con loro che sicuramente sarebbe stata differente conoscendone il contesto.
Se invece questo contesto che sento che mi manca non esiste e questa è stata una scelta stilistica e narrativa consapevole - quella di raccontare semplicemente un frangente senza dare al lettore l'ambiente entro il quale questi fatti accadono - beh, allora devo dire che è un qualcosa che a me piace tantissimo (e mi è piaciuto anche stavolta).
Ho trovato il tutto estremamente riflessivo, tant'è che, come avrai notato, sono arrivata qua sproloquiando su tutto e niente, ma trovo che questo sia il bello dei racconti: quando danno l'opportunità di fermarsi a pensare su qualcosa che ci sta a cuore (come è successo a me in questo caso) e guardarlo con prospettive nuove o estraniarsi completamente e ritrovarsi per le mani qualcosa che non ci saremmo mai aspettati. In ambo i casi, il bello è pensare, sproloquiare, riflettere, ricevere qualcosa da uno scrittore e venirne in un modo o nell'altro influenzati e cambiati.
E' stato davvero un piacere passare da qua, a presto,
Bongi! |