Ciao!
Avevo iniziato questa recensione lunedì scorso, appena letta la storia e averla inserita tra le ricordate, ma il mio computer aveva pensato bene di abbandonarmi a metà recensione, nell’unica settimana in cui un computer mi serviva come l’aria – ma ehi, ora pare che l’abbiano recuperato e io posso riprovare a lasciarti questa recensione. Avevo aperto la tua pagina per passare dalla long, quando ho visto questa OS su Fairy Oak e mi sono subito precipitata a leggere.
Fairy Oak credo sia proprio sinonimo di casa anche per me, è proprio cercando il sito ufficiale della saga che mi sono imbattuta nell’esistenza delle fanfiction e ho iniziato a scriverne: è bellissimo leggere che questo meraviglioso mondo ha aperto le strade della scrittura anche ad altri, e che se siamo qui oggi è per merito loro. ❤
Ho amato moltissimo la tua storia, proprio per l’atmosfera che si respirava lungo tutta la narrazione e che mi ha riportata alla me bambina persa tra le pagine del villaggio incantato: sei davvero riuscita a cogliere al meglio l’atmosfera generale della saga, questo potrebbe tranquillamente essere un pezzo rimasto fuori dalle bozze di uno dei volumi de “I quattro misteri”.
Se dovessi cercare una parola per descrivere le impressioni che mi ha lasciato questa lettura, credo che sceglierei quotidianità e famiglia, per un’infinità di ragioni. Babù passerà ben cinque anni ad aspettare, giorno dopo giorno, Jim: a struggersi per lui, a scrivere pagine e pagine di diari per raccontargli ogni sfumatura delle foglie di Fairy Oak, a venire risollevata da tutta la Banda degli amici che la coinvolgono in pazze avventure o un semplice pomeriggio al mare per farle scordare questo suo dolore. Eppure, per quanto ci provino, il pensiero di Jim e il dolore di saperlo lontano restano sempre, si affievoliscono stando in compagnia con gli altri, ma in sordina restano sempre lì: mi viene in mente “Gli incantevoli giorni di Shirley”, con Vì e Flox che scommettono che riusciranno a non farla pensare a Jim e lei sorride per ringraziarle, ma in realtà ha scritto tutto in un quadernino per lui. La sua quotidianità per quei cinque anni è anche aspettare Jim, dubitando talvolta che possa tornare, per quanto anche nei momenti di maggiore sconforto il suo cuore non smetta mai di battere per lui. Ammetto che da piccola faticavo a comprenderla: avevo all’incirca dieci anni anche io, o poco meno, e trovavo assurdo essere così innamorati di qualcuno e aspettarlo per tanto (sarà anche stato che avevo una mezza cottarella per Tommy e speravo che Babù si accorgesse di lui, oppure che sono molto più simile a Vì). La parola quotidianità mi è stata suggerita però dai piccoli gesti che hanno impreziosito la storia: una ciocca di capelli spostata dietro l’orecchio, qualche lacrima versata per un romanzo d’amore, un bagno al mare, i granelli di sabbia tra le dita. Sono solo piccole minuzie, ma rileggendo da grande i romanzi della Gnone (pensando più ai quattro misteri) ho sempre pensato che il loro punto di forza stia proprio nel narrare di eventi quotidiani, inserendo dettagli che sanno proprio della vita di ogni giorno in un mondo fantastico.
E poi c’è la famiglia: credo che l’intero villaggio si possa riassumere in questa parola, ho sempre amato il legame che li unisce tutti. Ma ho particolarmente amato come questo si sia visto per i personaggi di Babù e Grisam e le gemelle: hai saputo delineare benissimo i loro personaggi e il legame che li unisce, è ho particolarmente amato come hai mostrato quello tra i primi due (ok, quella per Grisam era una coppia ancora più grande, e ho letteralmente amato i brevi accenni al suo rapporto con Vì: erano la mia OTP!). Sono amici, ma sono anche quasi fratelli, sia perché condividono l’amore immenso per Vì, sia perché sono stati l’uno la spalla e il conforto dell’altra in momenti difficilissimi.
Niente, ti lascio prima di annoiarti ulteriormente, ma sappi che ho amato ogni parola di questa storia e mi hai fatto tornare bimba per l’intera lettura.
Bravissima!
Un abbraccio,
Maqry |