Beh, sono qua sotto tuo consiglio in pratica, ma devo dire che per la descrizione e, soprattutto, per il titolo che hai scelto... probabilmente sarei finita qua indipendentemente.
In fondo, nella vita studio psicologia e nulla amo quanto ascoltare e leggere di tutte quelle anime che a causa dei fatti che, alle volte loro malgrado hanno dovuto esperire, hanno ormai perso l'ingenuità che gli apparteneva alla nascita.
Proprio per questo "spiriti smarriti, anime rotte", "una raccolta ricamata su solitudini e cicatrici", "reietti": tutte brevi descrizioni di un qualcosa che coglie costantemente e irrimediabilmente la mia attenzione.
Il primo capitolo di questa tua raccolta, dunque, porta il titolo di "Avanzi", che subito mi si configura come qualcosa che è rimasto, ma che in fondo non basta; qualcosa che non è stato prettamente scelto, ma che si è soltanto ritrovato là.
Innanzitutto l'estetica attraverso cui hai presentato queste breve componimento formato da due drabble (a occhio e croce), dove ognuno dei periodi è seguito da una parola in corsivo che di primo acchito interpreto come un pensiero del soggetto di cui si sta trattando, in questo caso Sirius, rivolto a degli "altri indefiniti" che possono essere sì le persone che hanno popolato il suo contesto (o quelle di cui si parla nella drabble - devo ancora leggere), ma anche noi lettori.
Tra l'altro un'altra cosa che sto notando e che confido nel fatto sia voluta, ma non so, dimmi tu, è che in qualche modo le parole in corsivo di ciascuna drabble compongono due "frasi" - "la vostra infinita e naufraga(ta - la mia testa lo ha aggiunto spontaneamente) solitudine" e "il vostro oscuro e vergognoso rimorso". Due frasi che, indipendentemente dall'essere venute fuori con coscienza credo siano già un buon riassunto di ciò che all'interno di ciascun frammento sarà possibile trovare e che già da sole sono profondamente evocative, volte a toccare delle corde sottili e delicate che rischiano solo di rompersi (e parlo per lo più di ciò che ognuno può trovare all'interno di se stesso).
Ebbene, procederò per gradi perché leggendo la prima delle due drabble ho già visto un quantitativo innumerevole di immagini e metafore e non voglio lasciarne sfuggire neanche una dalla breve e infondata analisi che ne farò.
Alla fine tirerò le fila e boh, leggendo anche le tue note, magari, scoprirò quanto io possa aver divagato o compreso di ciò che tu volevi trasmettere.
(intanto di sottofondo mi è partita Wait degli M83, che se non conosci ti consiglio di ascoltare, che è perfetta per un mood di questo tipo eheh)
Dunque, dopo infiniti sproloqui: abbiamo Sirius, un Sirius di cui sappiamo già che finge una serenità (il suo sorriso) che palesemente non gli appartiene poiché intrisa di una malinconia ormai inscindibile da se stesso (ho apprezzato tantissimo che tu abbia scelto il termine "tatuata" perché rende appieno l'idea di qualcosa che è pressoché incancellabile). E ancora: nel periodo successivo vi sono due ipotesi, ove l'una non esclude necessariamente l'altra, di interpretazione con le quali ho guardato a tale affermazione. Utilizzi una seconda persona, "un tu apparente" che può essere Sirius stesso - quindi un suo desiderio di allontanarsi da questa condizione in cui è ormai costretto (una condizione di amarezza e angoscia che è infinita, in una vita che appare altrettanto, vista la difficoltà con cui essa viene vissuta - questa ostentazione di felicità che altro non è se non l'ennesima prova del suo dolore, il "ghigno che attraversa la pelle e arriva fino all'osso"). Eppure, può essere una seconda persona anche perché colui che sta guardando (che nella mia testa si può configurare col soggetto della seconda drabble, ma solo perché mi ci è caduto l'occhio, visto che ancora devo leggerla e scoprire in quale modo sono legate e eventualmente correlate), il quale sa perfettamente cosa significhi nascondere sotto nuovi abiti un disagio che è però palpabile e proprio in virtù di questa consapevolezza sa anche forse, se un'anima è persa a tal punto, conviene allontanarsi onde evitare di lasciarsi trascinare giù assieme a lei. Ok, mi sono fatta prendere la mano con un periodo estremamente lungo, pardon, e con un viaggio mentale che mi son fatta e che boh, non so quanto senso possa avere rispetto a ciò che volevi intendere tu, ma non è forse questo il bello di questo tipo di componimenti?
E' quasi niente, a questo punto, ciò che è rimasto di lui, ormai troppo afflitto, troppo rotto, troppo tutto; e quel poco che c'è è stato preso, "masticato e sputato", termini che non lasciano molto all'interpretazione: palesemente non è stato trattato esattamente nel migliore dei modi. Dopo tutto ciò che ha vissuto, gli rimane solo una promessa che tenta invano di mantenere "in mezzo a relitti di colpe e rimpianti" (ti giuro: VOLO, volo tantissimo, quest'immagine la trovo davvero splendidamente esplicativa del marasma di dolore e angoscia e sofferenza con cui ha avuto e ha tutt'ora a che fare); una promessa che però naufraga.
Stavolta, poi, abbiamo un soggetto plurale: quindi i due dovrebbero parlare, probabilmente l'esigenza viene da entrambi, eppure mantengono le mani ben salde sui bicchieri, sebbene da bere non vi sia più nulla, nell'unica compagnia della loro reciproca solitudine. Questo l'ho preso un po' come un invito/consiglio, un modo per mettere il lettore di fronte a una situazione che potrebbe tranquillamente vivere - forse l'ho presa così perché sono sensazioni, queste, che in qualche modo conosco - e mostrargli come la tendenza sia sempre quella di rifugiarsi nella propria solitudine, cosa che viene fatta anche dagli altri da noi... ma la scelta migliore sarebbe proprio il parlare e il confrontarsi.
Termino questa prima parte, ci torno dopo quando avrò una visione più complementare.
Prima lettura: anche questa seconda parte mi ha spezzato un po', almeno tanto quanto la prima. E' ancora una volta evocativa e ambigua e mi lascia a tratti perplessa, perché non so quanto le mie interpretazioni possano essere corrette. Eppure, al di là della correzione, so dirti che trasmette (trasmettono) tantissimo.
Dunque, abbiamo Remus e le dita (le mani) che simboleggiano/rappresentano il suo dolore e la sua condanna (si atteggiano ad artigli: un chiaro riferimento alla vera natura del suo essere, ma al contempo anche il modo di rendere un certo movimento. In particolare, quella tendenza degli animali a grattare gli artigli così da affilarli. Non so perché ma essendo associati al dolore di cui sopra, nella mia testa, l'immagine che è creata è di due mani che si grattano l'un l'altra, che è poi anche una compulsione che tanto spesso si tende a mettere in pratica nei momenti di crisi/ansia/angoscia/etc (il grattarsi/tocchicchiarsi come gesto catartico di un disagio percepito). Poi dopo con quel "troppo lunghe e delicate" ci si riferisce alle sue dita e alle sue mani, ma l'ho sentito anche come un modo per riferirsi a lui stesso (nella mia testa, dunque, si tratta di una sineddoche in pratica - una parte per il tutto) e quanto sia inverosimile che sia una creatura oscura (come oscuro è il buio, quasi a rimarcare ancor più l'oscurità che irrimediabilmente lo abita - al di là del suo essere un lupo mannaro, aggiungerei).
Così, conosciamo una delle ragioni della profondità del loro legame: come Sirius sente di essere ormai un avanzo (della persona che era, magari), Remus è un individuo da sempre abbandonato a se stesso e quindi abituato a cibarsi di ciò che resta. Questo e il fatto che nella vita, seppur contro la sua volontà, si sia sporcato le mani innumerevoli volte, fa sì che il proprio giudizio sulla sua persona sia piuttosto severo (le sue mani ben più sporche di quelle dell'amico) e credo che questa sia un po' l'opinione che lui hai di sé e ciò che teme gli altri possano pensare di lui, ragion per cui se ne vergogna - anche perché ciò nonostante poggia quelle stesse mani sull'amico nel tentativo di rincuorarlo, ma come può? L'unica voce che gli è rimasta, quindi, cosa è? E' quella dell'amico? E' quella che Lupin attribuisce a Sirius (senza che lo sia effettivamente)? E' il rimorso per le situazioni che suo malgrado ha creato?
(non lo domando davvero, è più un ragionamento/riflessione)
Ebbene, sono andata per lunghe; mi sono lasciata un po' sfuggire di mano. Non l'ho esplicitato prima, quindi lo faccio adesso, se non lo si fosse in qualche modo dedotto: mi è piaciuto moltissimo questo primo capitolo. Mi è piaciuto per la scelta delle tematiche, per l'attenzione risposta alla scelta minuziosa dei termini, per le immagini che hai creato e per le riflessioni che hai suscitato. Inutile aggiungere che le incognite mi sono rimaste, ma questo è proprio il tipo di testo che piace a me: quello che non vuole darti delle risposte, ma che vuole creare domande e lo fa andando a toccare, per riprendere un po' le fila con cui ho aperto la recensione, delle corde delicate e dall'ambigua saldezza, quasi a cercare di scavare nella profondità dei personaggi trattati, del lettore e, probabilmente, anche nella tua personale.
Ovviamente, è stato davvero un piacere tornare qua,
a presto,
Bongi! |