Ciao, Marti!
Ho pensato di sfoltire la lista partendo dalla serie dedicata al tuo Rabastan (infatti ci risentiamo tra pochissimo) e da questa storia che ho adocchiato quando l'hai pubblicata.
Devo dire che sono ancora scossa dal punto di vista di Barty: per quanto li abbia apprezzati tutti, la voce di Barty ha letteralmente invaso l'intero racconto e si è imposta con forza, con disperazione, in un urlo lancinante che mostra il lato più fragile e giovane di questo Mangiamorte che non ha avuto tempo di vivere, ma solo di imboccare una strada così sbagliata da averlo condotto alla distruzione totale non della propria vita, ma addirittura della propria anima. Il confronto gelido tra lui e il padre, la madre rannicchiata in se stessa, il disperato tentativo di essere salvato sono riusciti a scaraventarmi in una riflessione cui ultimamente ho dedicato particolare attenzione: Barty senior è cuore di pietra, rinnega il figlio e non presta orecchio alle sue preghiere, ma se non l'avesse fatto, se avesse usato clemenza, se avesse falsato il sistema, se l'avesse protetto in nome della famiglia, ecco, forse non sarebbe stato un cuore di pietra, ma un pessimo giudice sì, così come un pessimo attore di una guerra senza esclusione di colpi. Insomma, c'è sempre un giudizio, comunque si agisca, e ho sempre avuto il sentore che i due Barty fossero incastrati in una spirale senza via d'uscita, che li avrebbe resi in qualche modo reietti in ogni caso, dato lo stato delle cose.
Nello spazio del tuo racconto, questo giudizio che pende sui due emerge chiaro e tondo, e paradossalmente emerge proprio dal punto di vista di Barty, dal suo tremore, dalle sue preghiere, da chi attonito l'osserva, da quel padre che lo rinnega e lo fa scortare ad Azkaban assieme a tutti gli altri – rei di un peccato orribile.
In pieno contrasto con la reazione emotiva di Barty, troppo giovane forse per poter affrontare in maniera diversa la fine di tutto, vi sono le reazioni degli altri, che sin dalla tortura di Frank e Alice sfoggiano una sicurezza in più, una razionalità spietata che li induce a ghignare del dolore inflitto – ho pensato che fossero spregevoli, e di conseguenza trovo che tu abbia saputo dare perfettamente voce a queste caratterizzazioni. La conclusione, poi, vista attraverso gli occhi di Rodolphus è spietata e quasi spaventosa, perché c'è una punta di follia nella mansueta accettazione della prigionia, nel sentirsi rinfrancato dalla vicinanza di Bellatrix, nel credere realmente di essere dalla parte giusta e nel posto giusto – pronti a dimostrare fedeltà, quando Voldemort tornerà.
Strutturalmente parlando, è un racconto molto particolare nel suo narrare un unico grande racconto da quattro focalizzazioni diverse: si apre con la tortura dei Paciock, si passa all'arresto e al processo, sino alle sbarre che si chiudono alle spalle dei protagonisti. Non era semplice narrare un episodio simile filtrandolo attraverso quattro punti di vista diversi, per giunta in prima persona, quindi complimenti per questo. Non ho letto abbastanza di tuo per poter dire se sia o meno un tuo tratto stilistico, in ogni caso l'ho trovato davvero ben gestito!
Sono stata proprio contenta di essere riuscita a recuperare questa storia, complimenti!
A tra poco! |