Recensioni per
Dono di madre
di melianar

Questa storia ha ottenuto 2 recensioni.
Positive : 2
Neutre o critiche: 0


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Recensore Veterano
04/10/20, ore 15:07

Okay, tolgo le vesti di beta per dedicare qualche parola come lettrice a questa meraviglia.
Mi ha toccata troppo perché possa non dire niente. Anche se forse non saprò spiegarmi proprio bene.

Parto con la questione di comprensione vs perdono, perché devo partire da qualche parte XD

Gilmith rimarca tanto il suo desiderio di capire, di sapere, ed è qualcosa che capisco fin troppo. A volte non è necessario condividere una scelta per capirla, né capirla per perdonarla. E a volte dà più pace capire il perché delle scelte degli altri. Il perdono a quel punto può essere la fine di un percorso, ma magari anche una meta a cui non si arriverà mai.
Poi la comprensione, soprattutto verso le azioni di un genitore e le ferite provocate da queste azioni, va a braccetto con la consapevolezza che si ha a che fare con un essere umano, che ha mancanze, debolezze, che sbaglia, e a volte capire aiuta a rendersi conto che, tutto sommato, non abbiamo fatto qualcosa di sbagliato noi.

Perché, secondo me, sotto sotto, Gilmith prova un certo senso di colpa per la fuga della madre. Probabilmente sente una certa responsabilità, quasi una sua qualche azione potrebbe averle fatto decidere di andare via, o si attribuisce la colpa per cose su cui non aveva potere, come "magari se le avessimo fatto sentire di più che le volevamo bene", e questo le ha fatto cercare a lungo una risposta.
E questa domanda senza risposta sulla fuga di sua madre ha contribuito a renderla spigolosa (eviterò di aprire altre parentesi su questo, ma immagini cosa potrei dire) e a farle scegliere la solitudine. Dopotutto, se lei ha fatto qualcosa che ha fatto fuggire la madre, ci sarà qualcosa in lei che provoca quella reazione no? Lei avrà qualche aspetto sgradevole, o magari c'è una parte di sé che si troverà a desiderare la fuga una volta costruita una nuova famiglia. Magari anche lei fuggirà appena la figlia avrà il suo menarca.
Nella fuga di Mithrellas c'è un mistero, forse, anche su Gilmith stessa e lei sente il bisogno di capirlo prima di andare avanti.

E con la morte del padre arriva quel momento in cui inizia a capire cosa potrebbe aver spinto sua madre ad andare via. Qualcosa che non è responsabilità di nessuno di loro, la lunga vita degli elfi e la vita breve degli umani. Di fronte a qualcosa del genere quali potevano essere le opzioni? Non dare proprio vita a dei figli? Non fuggire ma restare lì, a vedere morire marito, figli, nipoti, pronipoti fino alla fine dei giorni? Si poteva davvero chiedere una cosa simile a Mithrellas?
È la grande tragedia degli amori tra Elfi e Uomini quando non riguardano i discendenti di Eärendil ed Elwing. Ci sarà sempre un addio, qualcuno che si allontana dall'altro, perché i loro destini sono separati, la scelta sta solo per quanto prolungare l'agonia della metà "immortale" della coppia. Che comunque non avrà mai più modo di ricongiungersi a partner e figli mortali.

Quindi no, Gilmith non può perdonare la fuga della madre, ma alla fine è davvero necessario farlo? Comprenderne le ragioni può essere molto più utile. Perché probabilmente rimuoverà un blocco dalla sua vita. E tutto sommato credo che Mithrellas non vuole nemmeno il perdono, ma la comprensione sì.

Mi sembra di aver fatto molti giri senza dire molto e probabilmente ci sarebbe altro che potrei dire, ma come ti ho accennato dalla prima lettura di questa storia devo fare chiarezza io per prima su tutto quello che ha smosso questa storia.
Fatto sta che come le prime tre riletture hanno continuato a farmi effetto, non importa quante volte abbia riletto poi per betarla, e ora per commentarla, continua a essere una storia che mi parla molto.

Per colpa di Los, sono andata anche io a rileggermi Mithrellas e... diciamo che è stata la storia perfetta per conoscerci ;) E questa su Gilmith ne è un perfetto seguito.

Alla prossima,
Kan

Recensore Junior
01/10/20, ore 19:49

Mel, che gioia trovare una tua nuova storia in questa sezione!
Ho letto “flashfic” e subito ho capito che sarebbe stata una delle tue preziosissime mini-perle in cui in poche righe riesci a comunicare una densità di sentimenti tale che ti scuote per una settimana intera.
Ho letto chi era la protagonista e ho pensato: ah, benedetta Mel, ecco un nuovo inno a una donna dimenticata tra le pagine delle Appendici… o dei Racconti Incompiuti, in questo caso.
E quando finalmente ho aperto la storia, non sono rimasta delusa, anzi, tutt’altro!

Ma andiamo con ordine.
“Stanotte è morto mio padre”.
Prima persona: siamo dentro la testa e il cuore di una donna che ha appena subito una grave perdita. Che però, contrariamente a quanto uno potrebbe aspettarsi, non si sofferma a ripensare al rapporto che ha avuto con lui, non si mette a fare un bilancio di ciò che è stata la loro vita insieme. Perché c’è stata una perdita ben più grave e inaspettata tanti anni prima, che lei non è mai riuscita a superare, e che questo lutto ha riportato prepotentemente alla luce, soprattutto perché la particolare posizione in cui è stato ritrovato il corpo del padre le fa intuire qualcosa di fondamentale.
Ho detto “contrariamente a quanto uno potrebbe aspettarsi” perché una cosa che emerge fin da subito, e che è presente in tutta la storia, è il differente rapporto che Gilmith ha nei confronti del padre e della madre. Mi spiego meglio: lui è morto, e Gilmith pensa alla madre. Lui l’ha sempre compresa, ma lei ammette che la sua eredità più preziosa, la saggezza, l’ha avuta in dono dalla madre. Di lui parla in terza persona, alla madre si rivolge direttamente. Lui lo chiama “padre”, lei, “mamma”, termine che tradisce un legame più stretto, una confidenza maggiore. Insomma, l’importanza del genitore assente rispetto a quello che le è stato accanto per tutta la vita, mi è sembrato il tema preponderante dell'intera storia.

Ma torniamo all’inizio. Gilmith riflette sull’abbandono da parte della madre.
E mi sembra di capire, dalle tue parole, che il trauma vero e proprio (o, almeno, ciò che Gilmith rimprovera a sua madre) non sia l’abbandono in sé, ma il fatto che Mithrellas se ne sia andata senza dare alla figlia una spiegazione per il suo gesto. Gilmith dice: “non ero più una bambina”, come a dire: “non hai creduto che potessi capire i motivi della tua scelta”. Non le rimprovera, direttamente, l’abbandono, ma il fatto di non essersi fidata di lei.
Più avanti parlerai dell’eredità elfica lasciata da Mithrellas ai figli, e io mi sono immaginata, durante la loro infanzia, frasi scherzose del tipo: “Galador ha ereditato tutta la grazia e a Gilmith ha lasciato la saggezza”. Quelle cose che in famiglia si dicono con leggerezza, ma che ti segnano, e arrivano a determinare ciò che pensi di te stessa. E a Gilmith andava bene così: essere lei, la saggia. E anche per questo non può perdonare la madre, che nel momento cruciale – quello dell’abbandono – non le riconosce questa saggezza e non la ritiene degna di una spiegazione. Non ho fatto fatica a immaginare il dolore di Gilmith nel rendersi conto di questo. Ho provato la sua frustrazione, ho compreso appieno il suo rancore. La tua scrittura è molto efficace nel comunicare questi sentimenti, e ti ammiro molto per questo, perché è vero che la prima persona ti permette di entrare dritto nei pensieri del protagonista, ma è altrettanto vero che è facilissimo scivolare nella banalità, soprattutto (a mio parere) quando si accompagna al tempo presente. Qui, di banalità, neanche l’ombra, casomai te lo stessi chiedendo.

Altra cosa molto bella, nel senso che rende il momento ancora più struggente, e che si ricollega a quello che dicevo all’inizio, è il fatto che Gilmith parla direttamente alla madre, come se lei potesse ascoltarla, come se fosse ancora presente nella sua vita. L’ho immaginata come un’abitudine di Gilmith, quella di rivolgersi alla madre nei momenti difficili (quando ha dovuto prendere la decisione riguardo al matrimonio, per esempio), e – perché no? — anche nei momenti meno difficili, più quotidiani. Una presenza invisibile, con cui condivide la sua vita solitaria. E questo ha reso tutto molto più malinconico e triste.

Sono andata a rileggere la storia di Ritratti di Dame che citi nelle note, e l’effetto è stato stupefacente! In particolare il punto in cui Mithrellas dice: “Io so che comprenderete la verità”, mi ha colpito per due motivi.
Il primo è che ti viene da dire: Sì, cara Mithrellas, alla fine forse la comprenderanno anche la tua decisione sofferta, ma quanto dolore, prima! Forse Gilmith sarebbe stata meno “spigolosa”, meno sola, meno triste, se ti fossi soffermata un istante a parlare con tua figlia prima di abbandonarla (o magari una lettera, se non ce la facevi a parole, eh?).
Il secondo è che quando Gilmith dice: “Per questo te ne sei andata”, riferendosi al fatto che Mithrellas non sarebbe mai riuscita a sopportare una vita lunga quanto il mondo sapendo di non potersi mai più ricongiungere con l’amato marito, in realtà ha capito solo una parte delle sue motivazioni, e neppure la più importante.
Sopravvivere al marito, infatti, Mithrellas la riteneva una cosa affrontabile, per quanto dolorosissima, ma sopravvivere ai figli, e poi ai nipoti, e ai nipoti dei nipoti… quello no.
Il fatto che Gilmith, in realtà, non abbia capito fino in fondo la madre – e proprio per l’aspetto che la riguardava più da vicino – ha reso la storia ancora più tragica e bella.

Leggere il racconto su Mithrellas, inoltre, mi ha fatto pensare che le due storie andrebbero lette proprio così, una dietro l’altra, perché la seconda completa e “potenzia” la prima, e viceversa. Tanto che se, come dici nelle note, ti capiterà di scrivere ancora di questa famiglia (e spero che lo farai, perché io ne leggerei molto, molto volentieri) potresti prendere in considerazione l’idea di riunirle tutte in un’unica raccolta.

Molto bello e perfettamente coerente con lo spirito della storia è anche il finale: pur avendo cominciato a vedere le cose dal punto di vista della madre, Gilmith non è ancora pronta a perdonarla. E come potrebbe, quando tutta la sua vita è stata condizionata dalla scelta, fino a quel momento incomprensibile, della persona di cui si fidava di più? Ma io credo e spero che la saggezza di Gilmith (a proposito, è questo il dono di madre, vero?) le permetterà, una volta che la comprensione sarà completa, di arrivare anche al perdono.

Mel, sono andata lunghissima e ti chiedo scusa. Ma è stato davvero un piacere poter leggere una storia così coinvolgente, e avere il tempo di dedicarle l’attenzione che merita, rifletterci sopra, e assaporare con tutta calma le molte emozioni che ha suscitato.

Non posso che chiudere con un enorme grazie!
E con un abbraccio.
A presto,
Los