Ed eccomi anche qui.
Penso di essere in pari almeno con tutto ciò che hai scritto su Ole e Homer (ma poi mi spulcio bene il tuo profilo per esserne sicura!) e ne sono tanto contenta, mi mancano sempre quando non ne leggo.
Dunque.
Per fortuna hai pubblicato questo racconto malgrado le tue remore, perché, credimi, non vedevo l'ora di leggere questo momento, di leggere quel dopo che deve essere consapevolezza, che è in fondo la resa dei conti. Mi sono sempre detta che un momento simile fosse indispensabile affinché andassero avanti: senza, sarebbero rimasti incastrati nel limbo dei non detti e forse non sarebbe riusciti a essere niente – proprio loro che nascono per essere tutto quando sono insieme.
E ancora una volta è Homer a frantumare i silenzi, a pretendere le parole che Ole non è mai disposto a dire, troppo spaventato all'idea di spezzare un equilibrio che vede fragile. Eppure non è per niente fragile, lo dice Homer con una delle sue frasi meravigliose: “Non mi interessa che cosa siamo. Tu sei il mio migliore amico, sei mio fratello, sei la persona a cui tengo più al mondo… e lo stesso sono io per te, lo so e basta. E vorrei dirtelo baciandoti, e so che tu vorresti fare lo stesso. Forse lo vorresti fare da prima ancora che io capissi davvero di volerlo fare, e non mi interessa dare un nome a questa cosa. Ci vogliamo bene da trent’anni, Ole, credi davvero che potremmo smettere di volercene adesso?”. Scusami, davvero, so che non è il massimo citare una porzione così generosa di testo in recensione, ma io in questa frase di Homer, nella sua domanda assolutamente retorica, vedo proprio tutto: tutto quello che hai scritto su loro due, che hai costruito tassello dopo tassello dopo tassello, tutti i silenzi e le distanze e le paure, tutto un mondo che grida perché sono l'uno il porto dell'altro, perché non abbiano speranza alcuna di fermarsi se non insieme.
Ecco, loro forse non sono niente di definibile e forse non saranno mai una coppia canonica di innamorati, ma sono qualcosa che appartiene solo a loro due e valica tempo e spazio, e resiste nonostante la vita li conduca lontani e frapponga pareti di silenzio tra loro. Loro, alla fine, si ritrovano sempre, e quando si ritrovano il tempo non è mai passato, non sul serio, perché è sufficiente una risata, uno sfiorarsi, una parola per tornare indietro ed essere di nuovo quei ragazzini che avrebbero potuto avere ed essere tutto, ma che si sono lasciati trasportare dalla corrente su altre rive.
Non so spiegarti quanto mi abbia emozionata questa storia, quando mi emozioni il concetto stesso di infinito, di ritrovarsi nonostante tutto, e quanta malinconia mi comunichi l'idea di queste due persone che avrebbero dovuto viversi e che invece non l'hanno fatto – è malinconico, e doloroso, perché è reale.
È stato un pugno nello stomaco leggere dell'anno di silenzio che è seguito alla loro prima volta, leggere di Ole che si è sempre sentito sbagliato e fuori posto – che dentro di sé ha sempre temuto di poter perdere l'amico a causa di sentimenti in esubero –, e ancora leggere di Homer che è felice e allora a più riprese avrebbe voluto baciarlo, perché proprio non riusciva a trovare altro modo per fargli capire quanto fosse felice di averlo con sé (beh, Homer, questa volta devo concordare con Ole: due amici non si dicono così di essere felici, sei un koala tonto anche tu! Ma questo l'avevamo capito da un pezzo!). Ma alla fine credo che il più grande pugno nello stomaco sia stato scoprire assieme a Ole perché abbia scelto proprio quella casa, lui così oculato e pratico che si rifugia in una villa troppo grande, troppo costosa e troppo scomoda solo perché inconsciamente quel luogo sa di Homer.
Ma ora Homer è lì ed è pronto a vincere ogni giorno le insicurezze e i timori di Ole. Mi piace pensare che, sia pure a modo loro, non si lasceranno mai più dopo questo momento e che riusciranno a viversi come avrebbero dovuto fare in tutti quegli anni persi a starsi lontani – e se non sarà così, mi consolerò pensando che in un modo o nell'altro arriverà sempre un momento e un luogo in cui ritrovarsi, perché fa parte di loro, sono questo: sono rincorse continue.
Ancora una volta credo di non averti scritto proprio niente e non so quanto possa farti piacere leggere le mie deliranze, però grazie davvero per i racconti che scrivi e per aver creato questi personaggi stupendi.
A proposito, amo sempre tanto la maniera che hai di descrivere emozioni e ambienti; al di là dei koala, leggerti è sempre bellissimo.
Un abbraccio! |