Invece di procedere in ordine, sto finendo per andare al contrario, leggendo la raccolta dall’ultimo capitolo a ritroso. Sono fatta male, che ci posso fare.
Ricordo una delle tue ultime storie, in cui l’amore tra loro due era quasi violento, dove amore e guerra quasi si eguagliavano. Qui invece è l’esatto contrario, a partire dai versi da cui scegli di iniziare e che citi: il Cantico dei Cantici, ma anche De André (dico bene, vero? Sono andata a controllare perché nella mia ignoranza questa non la conoscevo) - più che una fic è un canto sacro, c’è infatti qualcosa di puro e divino nel loro toccarsi, nella loro unione, nel modo in cui si aggrappano l’uno all’altro.
Mi piace molto come sei riuscita a costruire questa storia; in un certo senso trovo buffo trovare riferimenti alla religione in HP che siano così spudorati (specie per due personaggi come loro), eppure ogni frase e ogni parola ha il suo peso specifico e ogni riferimento che viene fatto al divino e al sublime (così come viene indicato nella fic) alla fine non è che un altro modo per tornare a loro stessi, per descrivere qualcosa che è il loro miracolo, che, più che Dio, si tratta di Albus e di Gellert (e mi piace questa nota quasi arrogante che sa un po’ di blasfemia, che ancora una volta vede Gellert quasi sfidare l’universo tutto perché ben sa di non poter essere smentito, non in questo, non nel suo amore per Albus che è invincibile e inarrestabile e semplicemente perfetto). È sulla loro pelle e tra le loro mani che si toccano e si esplorano e si adorano che riscoprono per l’ennesima volta quanto siano splendidi come esseri umani, specie se possono esserlo insieme.
Ed è come se in un certo senso si riconoscano come gli unici degni di condividere questo momento, mentre pregano tra le lenzuola, invocando il nome dell’altro fino all’amplesso. Nome che poi si riallaccia al titolo, perché diventa una nuova preghiera – anche se probabilmente l’intera loro unione carnale lo è, ogni loro singolo gesto, ogni respiro e ogni bacio è un verso di questa nuova preghiera che tu crei e ci regali.
Mi sono davvero piaciute le immagini che sei riuscita a ricreare, c’è qualcosa di profondo – oltre che di particolarmente poetico (ma questo ormai lo sappiamo che non può mancare nelle tue storie) – e significativo nel loro legame, qualcosa che tu riesci a cogliere sempre benissimo. Ma questa penso sia in assoluto la mia preferita:
Ti lasci distendere e lui ti si preme addosso, chiude una mano intorno ai tuoi polsi – dita sottili, simili a intrecci di rami e foglie, ad adornare steli pulsanti, venati di porpora – [..]
Qui ti assicuro che mi sono sciolta completamente e che anche solo a rileggerla mi viene il batticuore. Mi piace davvero tanto l’idea delle dita di Albus chiuse intorno ai polsi di Gellert (intanto… sexy! <3), ma poi anche la metafora nella sua interezza credo che sia di una bellezza struggente. E già come qualcuno ti ha fatto notare, in realtà non è un capitolo triste, anzi, è qualcosa di bello, è un momento che un po’ mi fa scoppiare di gioia, ma ha in sé così tanta bellezza che ti giuro fa male.
Per non parlare dell’ultima frase con cui tutto si conclude, con l’amplesso che qui viene descritto come bianco sussulto e ancora una volta riesce a riportare alla mente qualcosa di puro e di sacro. E addio alle condanne della chiesa sull’omosessualità, tu la esalti e con loro due tutto è naturale e giusto – e ancora una volta mi commuovo per quel che riesci a tirare fuori tra questi due. |