Ciao!
In queste settimane, vuoi anche per i film in onda in TV, ho ripreso a riflettere sui personaggi della saga, quindi curiosando sul tuo profilo per l'iniziativa del Giardino non ho potuto fare a meno di notare questa storia, dedicata a una coppia che mi è sempre piaciuta tanto.
Mi piace tantissimo la metafora dei delfini che giocano con la sorte, che si riscoprono solo in acqua – l'acqua che è il loro elemento, con il quale devono far pace per poter andare avanti e cercare di rimettere insieme i pezzi.
E mi piace come tu abbia modellato questa metafora sui tuoi protagonisti, riuscendo a far emergere con grande delicatezza il trauma di Annie e l'amore di Finnick, lui che sceglie di restarle accanto e di aspettare tutto il tempo che lei riterrà necessario.
È una battaglia struggente quella che mostri, una battaglia che Annie, ormai spezzata, conduce con se stessa, con le alterazioni del reale che le mostrano un mare sporco di sangue, contaminato dalla barbarie, in cui lei non riesce a riconoscersi più. Una battaglia che alla fine forse non vince totalmente, ma che sceglie di portare avanti per se stessa e per Finnick, resa forte dalla sua vicinanza, dalla scoperta meravigliosa di non essere sola – lei, che vincendo gli Hunger Games, aveva invece dovuto arrendersi proprio alla solitudine, capire che essere soli fosse l'unico modo per sopravvivere.
Non ho memoria di averti già letta in passato, quindi non posso sapere se questo sia il tuo stile solito e lo abbia modellato sulla narrazione, ma la sua essenzialità mi è piaciuta, perché credo renda bene la condizione di staticità in cui è incastrata Annie sino a quando non torna a respirare sott'acqua, sulle labbra di Finnick (immagine bellissima!).
Dal punto di vista formale, mi permetto solo di farti notare qualche virgola mancante al vocativo, per il resto non ho notato refusi!
Non posso che concludere con i complimenti, mi ha fatto piacere incrociarti! |