Io non so bene da dove iniziare, né come in verità, perché sono ancora a corto di parole. Però ti ho già fatto aspettare troppo, quindi eccomi qui con la voglia di scriverti una recensione che sia almeno un pochino degna di questo progetto.
So quante titubanze hai avuto, ma sono proprio felice che alla fine abbia scelto di tuffarti in questo progetto e dare una possibilità a questa oneshot in capitoli (!) che si propone di ripercorrere uno dei dietro le quinte più interessanti della saga. E sono felicissima sia tu l'autrice, tu che hai un occhio analitico e attento a quelle dinamiche sociali e politiche che tanto mi appassionano e che non hai timore di mettere in scena personaggi rudi e dinamiche spigolose.
Ma andiamo con ordine!
Il titolo mi piace da impazzire, assieme alla piccola prefazione centrata che fa anche da sinossi. Mi piacciono non solo perché l'uno è evocativo e l'altra è scritta benissimo, ma soprattutto perché catapultano subito nell'atmosfera del racconto e ne evidenziano il focus, che è sì la guerra, ma lo è ancora di più tutto quello che c'è dietro e che si agita nei pensieri e nelle paure e nelle speranze. Al di là della storia in sé, poi, trovo la riflessione che apre il racconto particolarmente realistica: è proprio vero che «Il primo problema che pone sempre una guerra è saperla riconoscere.», e lo per tanti motivi che emergono già in questo primo spaccato, tra cui spicca la paura, quello spirito di sopravvivenza che a primo impatto induce a negare, a chiamarsene fuori, a fingere che non esista alcun pericolo. Ed è un po' il cane che si morde la coda, perché più si seppellisce la testa sotto la sabbia e più il pericolo si espande indisturbato – perché è più facile fingere che sia sempre giorno piuttosto che opporsi alla notte (sì, ti cito!). E mi piace tanto come questa riflessione di apertura faccia capire in che direzione andrà la storia, quali saranno i suoi nodi principali, cosa leggeremo e quali conflitti animeranno i tuoi personaggi – insomma, è uno splendido manifesto di apertura.
Apro una piccola parentesi anche sullo stile solo per dirti che ho apprezzato tanto la scelta di scrivere al presente, trovo si adatti bene a racconti che si propongono di essere corposi e che lasciano spazio a riflessioni tra un agire e una parola – mi piace che sia tutto attualizzato, avere la sensazione di vivere in diretta ciò che accade ai personaggi. Per il resto, non è un mistero che apprezzi il tuo stile! Riesce sempre a catapultarmi nel mondo emotivo dei tuoi personaggi senza rinunciare a una narrazione più oggettiva, che mostra ciò che accade. Quando ti leggo riesco a immaginare senza fatica gli ambienti e soprattutto i personaggi, è come averli dinanzi a me, ed è bellissimo oltre a essere uno degli aspetti che più cerco quando leggo.
Arrivo alla trama!
Prima di perdermi del tutto, almeno! Te l'ho detto, che non sapevo da dove iniziare.
Ho già avuto modo di dirti qualcosina, ma ribadisco che amo tantissimo il periodo storico che hai scelto (e un plauso te lo meriti tutto per aver svolto ricerche al fine di essere quanto più precisa possibile dal punto di vista "storico") e la coerenza con cui hai voluto trattarlo, che già emerge forte e chiara da questo primo capitolo. Non ho mai riflettutto troppo su come sia nato l'Ordine della Fenice né ho mai dato il giusto peso a un fatto che qui metti bene in evidenza: è un'associazione sì segreta, ma soprattutto parallela alle Istituzioni e, chissà, avrebbe potuto anche diventarne concorrente se consideriamo l'ascendente politico che ha sempre avuto Silente. Insomma, da un certo punto di vista è tutto fuorché un'iniziativa pacifica: noi che sappiamo come si evolve e quanto peso avrà, possiamo affermare che sia quasi uno Stato nello Stato che riconosce in Silente l'autorità e che a lui risponde – le spie al Ministero di Silente, a voler essere formali, sono persone che tradiscono il Ministero riportando altrove segreti di massima sicurezza. Da questo punto di vista, e questa è una cosa che ho sempre pensato, la fedeltà che circonda Voldemort non è così diversa da quella che circonda Silente, e mi piace come questo suo peso specifico, questo suo essere disposto a oltrepassare confini netti per un bene che reputa superiore, emerga in questa prima parte che farà da cornice a tutta la storia – l'antefatto da cui tutto prende origine e che darà vita a quel sodalizio di maghi e streghe che conosciamo.
Ecco, a riguardo, tu hai fatto un passo in più che mi è piaciuto tantissimo e che ho trovato credibile: Silente ha un peso specifico, ma solo non può fare molto, ha bisogno di pari prima ancora che di persone disposte a seguirlo senza porre domande. Ha bisogno di appoggio politico, economico, persino "militare" (che trova in Alastor), ha bisogno insomma di maghi e streghe che lo affianchino e reclutino assieme a lui. Ed è bellissimo quanta verosimiglianza ci sia nello scambio di battute prima fra lui e Alastor e poi tra i due maghi e Dorcas: sono tre persone adulte, vissute, che vedono la notte e riflettono su quanto senso abbia combatterla. Mi è piaciuto (lo so, questa recensione è uno sbrodolamento, ma non posso farci niente se mi è piaciuto tutto!) che il primo passo non sia stato caratterizzato da tre idealisti, ma da persone che si pongono domande, che hanno buoni motivi per dire no e che mettono in evidenza come non convinceranno nessuno a seguirli se non trovano una buona motivazione (ho amato Alastor che dice chiaro e tondo che nessuno metterà a rischio la vita per ideali astratti – il rischio deve essere concreto, tangibile, e torniamo alla prefazione che evidenzia come sia complicato accettare che vi sia una guerra imminente).
Ho trovato le caratterizzazioni meravigliose, Silente è perfetto nel suo macchinare e soprattutto nel suo essere sicuro di essere nel giusto e di riuscire a persuadere chiunque – tra l'altro, sia pure appena accennato, emerge già bene la sua abitudine di utilizzare ciò che sa delle persone per manipolarle: è ciò che fa con Dorcas, pungendola lì dove è più esposta, lei che s'è vestita d'apatia per un motivo che ancora ci è ignoto. Non avere più dubbi su di lui, lo sai giostrare molto bene e ne cogli gli spigoli (cosa che non è mai semplice data la complessità del personaggio).
Di pari passo, mi è piaciuto tantissimo Alastor. È un personaggio di cui ho sempre apprezzato la schiettezza e la praticità, caratteristiche che ho ritrovato qui, assieme alla visione che ha degli eventi e che gli consente di cogliere il buio che sta calando su tutti loro e il pericolo che comporta ignorarlo. Alastor ha già capito che ci sarà una guerra, forse ha anche già capito che le probabilità di perderla sono altissime, e al contrario di Silente ha già consapevolezza del muro che verrà costruito per isolare loro, matti che urlano al pericolo. Non che Silente sia un idealista, intendiamoci, ma credo che a differenza di Alastor sia portato a fare più affidamento sulle proprie doti che sulle evidenze che consigliano di approcciarsi disillusi a questa battaglia, perché dovrà essere combattuta dentro e fuori.
Arrivando a Dorcas, io la amo già. Sai quanto ami a pelle questo personaggio e sai anche che ne abbiamo una visione diversa (in parte, almeno, perché entrambe la immaginiamo forte, di carattere, con un peso specifico), ma qui sono andata proprio in brodo di giuggiole. Al momento è il personaggio con cui empatizzo di più e che mi sembra di capire nelle scelte e nelle riflessioni, ma al di là di questo mi piace come sia riuscita a darle un peso specifico in relativamente poche battute, come abbia costruito il suo background con attenzione e sia riuscita a darne già un assaggio in questo capitolo di apertura. Lo capiamo già, che sarà un perno del racconto e della resistenza, ma capiamo anche che non sia una guerriera senza macchia e senza paura, e soprattutto che ha già combattutto – e credo combatta – altre guerre, che sono intime e forse sono addirittura con se stessa. Il velo di apatia con cui ce l'hai presentata mi ha subito portata a chiedermi cosa nascondano le sue scelte di vita, cosa l'abbia poi convinta a non crederci più – eppure si anima, si anima subito, e nonostante le remore scende in campo, perché forse, sotto sotto, non ha mai smesso di crederci, se in se stessa o nella società che la circonda o in entrambe lo scopriremo poi.
A proposito della società e delle dinamiche politiche, hai fatto un lavoro meraviglioso che, è evidente, è frutto di una penna matura. Mi piace come hai delineato le contraddizioni di questa società che si regge su ipocrisie e su conflitti, che porge la guancia ai maghinò e ai figli di babbani mentre le famiglie purosangue tuonano per i diritti sottratti e alimentano l'astio nei confronti delle categorie giudicate usurpatrici. Qui non incontriamo che Eugenia, Ministra che condivide un passato con Dorcas e di cui non vedo l'ora di scoprirne di più!, quale rappresentante di questa società, ma già nel suo modo di porsi, nelle omissioni della Gazzetta, nel chiacchiericcio che bada più a Dorcas Meadowes al Ministero che alla barbiarie in atto, emerge tutta la notte che l'Ordine della Fenice si troverà a combattere, prima ancora di combattere Voldemort – di cui nessuno procuncia il nome e le cui terribili azioni già vengono negate a oltranza, sminuendone la pericolosità.
È una storia dedicata alla saga, ma è anche una storia di un'attualità immensa con i conflitti e le dinamiche che chiama in causa e io non posso che dirti grazie per aver dato vita a questo progetto.
Sono sicura di aver dimenticato qualcosa e che questa recensione non sia all'altezza del tuo capitolo, ma sappi che questo progetto mi piace tantissimo e sono felicissima di poterti seguire man mano che pubblichi.
Un abbraccio grande, grande! |