Caro amico,
di certo sarai in vacanza, in giro per il mondo e con un cellulare che va a carbonella, e questa immagine mi piace.
La tua storia.
Addirittura mi dispiace di aver usato il titolo dantesco che tu, con cortesia superiore al contesto, mi hai addirittura chiesto il permesso di usare. Come ti dissi: il permesso a me? Fa' quel che ti pare ;-)
E tu hai davvero reso giustizia al sintagma del Sommo.
Inizio dall’inizio, com’è buona norma. Nella tua selva, del tuo personalissimo zoo, in medias res, appaiono gli scialacquatori – fuori contesto: ho buona probabilità, un giorno, di andar a far loro compagnia.
Devastano, nella corsa, cespugli e pruni. Siamo nella Selva dei Suicidi, INFERNO XIII, il grande canto di Pier delle Vigne, (probabilmente, per Dante sicuramente) a torto accusato di tradimento da Federico II di Svevia (“Io son colui che tenni ambo le chiavi del cor di Federigo…”), esule e ramingo mandato per il mondo, povero in canna e cieco, che si tolse la vita, se ben ricordo, sbattendo più volte la testa contro un muro.
Ma non è tanto questo, il punto; la bellezza del canto sta nel fatto che Piero, poeta della Scuola siciliana oltre che segretario dell’imperatore, non accusa l’imperatore, verso il quale prova ancora sincero affetto, bensì l’invidia dei cortigiani, coloro che convinsero Cesare – per antonomasia – per pura crudeltà, per proprio tornaconto. Dante trova che l’invidia sia la rovina di ogni corte, e credo che ci abbia visto lungo, e che le cose non fossero molto diverse nella Francia del Settecento.
I due cespugli son piccoli, e le cose piccole fan subito tenerezza.
Davvero bello “infanta fu la voce”. La voce della piccola Charlotte che vollero cogliere quand’era ancora in boccio e solo questo la rese “ingiusta contro sé giusta” (vo a memoria). E racconta anche la vicenda della piccola Diane, morta per amore, ancora troppo timida per parlare. Amico mio, cosa sono i nomi? Hai fatto più che bene a tacerli, la scoperta viene da sé.
Jeanne Valois, per la quale confesso anch’io un certo debole, è l’invidia fatta persona, e ben dice Virgilio “maladetta lupa”. Però lei parla con le parole di Francesca da Rimini, che saranno quelle del conte Ugolino, che sono quelle di Enea a Cartagine (alla futura regina suicida, peraltro): quel “rinnovellare il dolore” – infandum, regina iubes, renovare dolorem (vo a memoria) – che non deve essere pronunciato, e che fa rabbia alla pianta più grande. Temo sia la rabbia di chi non si arrende mai. Ma questo grande pruno, se sorvoliamo sulla forma e sul tono, di fatto si preoccupa per i pellegrini nell’inferno: li invita ad andarsene per sfuggire alle cagne nere, in modo feroce, ma pure compassionevole. È difficile che siano riconosciuti meriti di compassione a chi è fiera e piena di orgoglio, ma Jeanne Valois è luce e ombra. È difficile capire con che spirito da parte sua venga alluso a quella terra più maledetta, ma capace di ospitare rose (i traditori stanno più in basso, e c’è chi è una rosa e chi è diviso solo dalla distanza di una rosa), dico bene? …così io m'era inginocchiato e vidi / tra macerie di demon iscavate / a germogliar d'un fior il manufatto. /Di povera tela constava ordito / et a candida rosa si mostrava…
È difficile dirlo, ma io la nota di rispetto e pietà ce la vedo.
Amico mio, lo so che non verrà alcun messaggero dal Cielo a salvare nessuno dei personaggi, nemmeno il Giorno del Giudizio, e lo so che sei filologo, rispettoso, medievale, quasi templare – però, fammi sognare. È dura affezionarsi di nuovo a queste bimbe, a queste donne, e poi lasciarle per l’Eternità a un destino giocato in una manciata di anni e in un sol gesto. In fondo, le intenzioni di Dio ci sorpassano, quando verrà il Tempo in faccia a tutti noi, chissà che accadrà?
Io credo che questa sia una storia meravigliosa, sia per la forma che per il messaggio che veicoli, quello che – per come l’ho capita io – in ciascun essere umano c’è il Bene. Una storia perfetta.
E, sempre per come l’ho capita io, la giustizia non vuol dire giudicare.
Anche se noto che, stavolta, non hai avuto il coraggio di mettere “Commedia” come genere, lo usi solo per il Purgatorio. Vorrò vedere per il Paradiso. Se per scriverlo ti serve un altro titolo, o anche che ti lavi la macchina e ti ripari il tetto di casa, non esitare a chiedere.
Contraddico infine Umberto Eco e dichiaro la mia preferenza per l’INFERNO, dantesco e anche LaCittaVecchiesco, a prescindere. E se scrivere una fanfiction vuol dire restituire lo spirito dei personaggi, amico mio, hai scritto la mamma di tutte le fanfiction. La tua interpretazione vale la lettura, e che il mio commento ne valga mille.
Mi taccio per mancanza di spazio, non di parole.
Sacrogral, ammiratissimo, e che fa tanto d’occhi dallo stupore |