Amalia carissima.
Il breve riflesso di splendore di questi due personaggi monumentali, che hai raccontato con la tua solita grazia e magniloquenza, mi ha davvero stesa.
Ho fatto fatica più del solito a scriverti un commento, anzi, farei meglio a dire che diventa ogni volta più difficile non ripetermi e non dire semplicemente: ODDIO.
Ma è questo quello che succede quando ti leggo, le tue parole hanno il potere di risucchiare le mie e quindi ci metto sempre un po’ a ritrovare le mie facoltà e andare oltre il semplice ODDIO.
Quindi alla terza lettura di questo splendido, splendido pezzo, ho trovato la forza per prendere appunti, ma, alla quarta ho deciso che - fanculo gli appunti, fanculo la razionalità - andrò a braccio, partendo dalla fine, dal terribile presagio di morte, forse la parte che mi ha fatto sanguinare di più.
Una promessa di assunzione di responsabilità. Una maledizione tremenda che Levi si sta auto infliggendo senza saperlo. “Per crepare prima di me, ti serve il mio permesso.” Giù lacrime.
Il loro rapporto. Ho adorato l’ammissione di debolezza (impossibile da contrastare) del soldato più forte dell’umanità, un’ammissione che è un vizio, una droga, una dipendenza.
“Dove finisce lo schiavo in catene e inizia lo stronzo innamorato non lo ha ancora capito. Ha capito che cederà, questa volta e ogni volta.”
E quel “vorrebbe odiarlo” Amalia, quanto mi è piaciuto!! Due parole semplici che racchiudono tutto il significato e il segreto del sentimento di Levi per quest’uomo magnetico, gravitazionale: tutto gira intorno a lui. Alla voce “carisma” su Wikipedia dovrebbe esserci lui, Erwin Smith.
E le caratterizzazioni.
Oh. Santo. Cielo.
Meno male che non riuscivi ad inquadrare Erwin, meno male che ti trovavi in difficoltà! Ormai comincio a stupirmi del mio stesso stupore che non si abitua mai alla tua bravura, cioè: ragazza come fai, ti superi ogni volta, davvero! È una continua escalation!
Mi sembra che il tuo headcanon Eruri sia ormai chiaro e ben delineato dai piccoli dettagli che hai scelto per raccontare questi due personaggi, Erwin specialmente. “Lo stronzo gentiluomo”, “il comandante più sciatto dell’umanità”… la descrizione dei suoi occhi nemmeno voglio citarla altrimenti piango, ma il suo sguardo: “mai limpido, mai quieto, mai mite. E smuove slanci sublimi e pensieri sconci allo stesso tempo.” BOOM (le mie ovaie). Il fango per terra, le tazze sul davanzale, la scrivania incrostata e l’indumento a terra: nemmeno questo riesce ad allontanare Levi da quell’uomo che riesce a guardargli dentro e vedere la fragilità del suo cuore (giù altre lacrime, copiose), a posarci un bacio sopra (l’odore di bucato e sangue dell’uniforme di Levi… vabbè, che te lo dico affà).
E lui, “Levi Ackermann, la feccia dei bassifondi, il criminale, il figlio di puttana, deglutisce e poi si schiarisce la gola e si spolvera con la mano l’orlo ricurvo e già perfettamente lustro degli stivali, a un passo dal soccombere al più squallido rossore da educanda.” Cos’altro aggiungere?
Mi fa star male la perfezione di questo tuo Levi, a partire dal geniale turpiloquio tra le parentesi, fino ad arrivare al desiderio di protezione di Erwin al punto di desiderare di diventare un gigante e custodirlo nella propria nuca, privandosi anche di se stesso, senza alcuna velleità se non quella di proteggere per sempre il proprio amore (tossico).
Amalia: grazie, grazie, grazie.
(Breve menzione alla strage dei miei ormoni caduti al solo richiamo alla risata roca “da letto capitata per caso in ufficio.”) |