Personalmente ho apprezzato questa poesia, essenzialmente per tre aspetti.
Anzitutto il fatto che è corta e concisa: spesso la prolissità annacqua l’ispirazione o l'eventuale messaggio che si vuole trasmettere. Quanto meno rende più complicata la lettura.
Poi per il gioco antitetico fra “linee distratte” e “contorni precisi”. Spesso i giorni, o i secondi, passati o futuri, ci mettiamo l'anima per ordinarli con precisione e invece basta un nulla perché si accavallino con “distrazione”, magari per colpa di un piccolo dettaglio trascurato. Oppure, al contrario, li lasciamo consumare distrattamente e casualmente, per scoprire alla fine che vanno a posarsi nell'ampolla della clessidra, nei nostri ricordi, con ordine e precisione, come se il caso non esistesse. Ma davvero ha senso parlare di caso?
Terzo elemento: mi ha colpito molto, fino ad amareggiarmi, la rottura di quella clessidra: metafora di una vita curata e piena di ricordi che prima o poi va in frantumi. Ma, con tutta probabilità, niente è perduto perché ognuno di noi, inevitabilmente, lascia un segno. Negli altri e nell’ambiente.
Due cosette che mi sono piaciute meno: “econdi”, che testimonia una incolpevole mancanza di rilettura (spesso, anche rileggendo, non è facile trovare gli errori). E “delineati da linee”: una ripetizione, a mio modesto avviso, non troppo poetica. |
