Dunque, ho trovato questa storia particolarmente intensa: questa è stata la prima impressione, senza dubbio. A condurre l'intera vicenda è Rin, il suo punto di vista è quello di una donna ferita dall'amore stesso, trovo che tu abbia reso molto bene questo concetto.
A far da sfondo alla storia sono gli spezzoni di una canzone, che inducono quindi il lettore a soffermarsi con particolare attenzione sull'introspezione.
Poiché il tuo racconto, alla fine, risulta particolarmente valorizzato sotto questo aspetto: Rin appare come una donna paziente, disposta a farsi del “male” pur di avere una risposta.
E credo che la pazienza sia una delle più grandi prove che si possano dare in amore, alla fine, per cui ho particolarmente gradito il tuo modo di “scavare” nel personaggio.
Tuttavia, dal punto di vista grammaticale devo segnalarti qualche errore: in primo luogo c'è qualche errore coi tempi verbali, specie coi condizionali e coi congiuntivi.
Poi, devo dire di aver notato delle ripetizioni nella stessa frase ma, visto che questo errore non ricorre più di tanto, probabilmente saranno state delle sviste.
Errore, invece, a cui ti consiglio di porre rimedio subito è un “ma poi” che, sarebbe preferibile, non utilizzare nelle narrazioni – così come nel parlato, eh, anche se a noi capita spesso di farne uso, più che altro per abitudine.
Così, presterei attenzione ad espressioni quali: “il perché”, che trovo poco gradevole esteticamente. Sarebbe stato più consono inserire altre espressioni, quali: “il motivo” o “la ragione”, ecco.
E questo mi porta a commentare lo stile, peraltro.
Non che l'abbia trovato pesante, affatto, la tua storia è soprattutto introspettiva e punta ad indagare con particolare attenzione nel carattere dei personaggi, in particolare di Rin.
E, pur tuttavia, alcune volte il tuo stile “scivola” in termini gergali o, addirittura, poco adatti al contesto in cui sono inseriti.
Espressioni quali: “è ben magro”, riferite ai sentimenti, mi sono sembrate azzardate – per non dire scorrette di per sé –, così come “darmi mai più di un lieve sorriso”, termini che si sarebbero potuti facilmente sostituire – “darmi”, ad esempio, è troppo generico. Avresti potuto inserire il verbo “donare”.
E potrei citarti altri esempi: “cosa fosse vero e cosa no” (espressioni di questo tipo mi sono sembrate liquidate con troppa facilità, ecco), “sarei rimasta morta” (ove, quel “rimasta” è sgradevole a prima vista).
Insomma, sembrano quisquilie ma ti assicuro che acquistano una importanza fondamentale di fronte agli occhi di un lettore e, ancor più, di un giudice.
È quindi mio dovere informarti di questi bruschi e repentini cambiamenti di stile, è davvero un peccato visto che questa storia è trattata così gradevolmente dal punto di vista introspettivo.
Un'ultima cosa: suggerirei di andare a capo più frequentemente, la storia così risulta troppo “compatta” e non si riesce bene ad assorbire ogni emozione.
E, ancor più, dal punto di vista del parametro dell'attinenza posso ritenermi discretamente soddisfatta: l'amore che tu hai trattato non fa solo male, arriva quasi a ferire – o, per riprendere le tue parole, a far sanguinare.
È quindi talmente intenso da indurre la protagonista alla resa, quel che siano i sentimenti della controparte.
Come accennavo all'inizio di questa recensione: la vera bellezza di questa storia è il fatto che la protagonista attenda, forse invano oppure no, solo il tempo le dirà come staranno davvero le cose.
Tuttavia, che la sua pazienza venga premiata o meno, è pur sempre una sofferenza interiore da sopportare: il dolore che tu narri si avverte in alcune espressioni, la storia culmina con un climax discendente... una lenta discesa, cioè, della protagonista che similmente ad un burrone finisce in “giù, sempre più giù” – mi permetto una piccola nota: anziché terminare in questa maniera, suggerirei di sostituire la parola “giù” con “in basso”.
Parere personale: io adoro questa coppia, assolutamente, ai miei occhi risulta affascinante sotto ogni punto di vista.
Ragion per cui ho letto la tua storia con un sorriso sulle labbra ed un lacrimuccia: Rin, così come l'hai presentata tu, mi ha commossa davvero – il concetto stesso dell'attesa è difficile da “attuare”, richiede una pazienza infinita e non tutti riescono ad averla.
Tuttavia, per amore si fa questo e altro: nella tua fan fiction si percepisce bene la profondità del sentimento di Rin, è proprio questo che la spinge a “non mollare la presa”, come si suol dire.
Adorabile, quindi, nonché commovente il modo di porsi di questa ragazza: così forte e determinata, eppure così fragile, al punto di voler sfidare l'amore a tutti i costi.
Poiché, almeno dal mio personalissimo punto di vista, è proprio questo che si desume dalla tua storia: l'attesa è ben più snervante della stessa morte e dello stesso dolore, è questa la vera sfida dell'amore.
I miei complimenti, dunque, dal punto di vista contenutistico l'ho trovata una storia molto profonda.
Beh, cos'altro dire?
Sicuramente mi mancava leggere Sesshoamaru/Rin - ebbene sì, ho avuto un "periodo Inuyasha" anche io, a suo tempo -, questa è stata una ottimale occasione, indubbiamente. <3
Ci si rivede - spero! ;) - ai prossimi gironi!
Kì.
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