Oddio.
Ho un'infinità di cose da scivere e non so da dove cominciare.
Presumo che se parto dall'inizio andrà bene.
Amo Kankuro. A prescindere dal fatto che è un personaggio di carta, che veste strano e che l'autore non gli ha conesso moltissimo spazio. Lo amo, e come ogni fangirl innamorata di un personaggio, su questo tendo ad essere schizzinosa. Tanto più se lo si tratta in relazione alla sorella ed anche al fratello. In generale il trio della sabbia ha sempre avuto la mia attenzione ed il mio apprezzamento, perchè amo quei tre fratelli ed il legame, stretto eppure fragile che li lega.
Sembrano uniti da una sottile striscia di sabbia che però ha una forza maggiore a quella che tiene la terra legata al sole (uff, temo si noti un po' che sono appena tornata da un bel ripasso di fisica, eh vabbè) e tu hai saputo rendere quel legame in una maniera che definire magistrale è eufmeistico.
Quella sensazione di un legame involontario e precario, eppure potentissimo, si trasmette benissimo. Si trasmette attraverso i ricordi di Temari, resa impeccabilmente, e si vede benissimo anche il filo invisibile che lega loro due, uniti contro una famiglia che sembra più una fossa colma di alligatori e fredde statue commemorative che altro, sia al padre che a Gaara. Entrambi esageratamente distanti dal loro mondo ma distanti in un modo terribile, doloroso. Una distanza che perde di qualsiasi importanza quando Temari e Kankiro entrano e si nascondono nel loro posto.
Un piccolo rifugio dove esistono solo loro ed il mondo resta fuori dalla porta, messo un po' in disparte per lasciar loro spazio.
Ma avevo detto che dovevo iniziare dall'inizio, quindi partiamo da lì, con ordine!
Le prime righe sono una descrione chiara e veloce, che mette subito in risalto la situazione, abbastanza da far sì che il lettore la immagini subito, vividamente.
I pensieri di Temari, che seguono, sono fantastici. Si sente ad ogni parola la personalità (lodevolmente IC) di Temari che spicca, che prende forma e dà forma a un dolore silenzioso e che potrebbe sembrare -in un primo momento- quasi arido, ad occhi poco esperti.
Le riflessioni sono bellissime, profonde, toccanti senza cadere nel banale o nell'inutilmente sentimentale e smielato: sono le riflessioni di una donna di Suna, di una persona che è nata e vissuta in un villaggio dove il superfluo è molto di più di un lusso ed è quasi sconosciuto.
La parte finale
"Scorriamo veloci dentro clessidre, ansiosi di arrivare alla meta, ansiosi di cadere a terra.
Siamo fatti di sabbia, e non fioriamo.
Ma ogni piccolo granello, fratello mio, è un nostro ricordo."
è una riflessione impietosa che mi ha lasciato addosso un profondo senso di malinconia, quasi quelli fossero i miei pensieri e sentimenti. Quasi avessi person anch'io una parte di quei granellini di sabbia.
Ma la storia prosegue e i ricordi riaffiorano veloci ed improvvisi, travolgendo il lettore che si lascia condurre per mano lungo il passato. Lunghi scorci di vita mostrati con una maestria impeccabile e una capacità di mantenere perfettamente IC anche personaggi appena accennati come il Kazekage e Gaara. Lodevole è dir poco, davvero.
La complicità tipica di loro due, di Tecchan e Kankun, è resa davvero benissimo e fa sorridere per la dolcezza (per quanto solo abbozzata, ma è gente di Suna, da loro è questo che si può avere) del legame che li unisce e del loro considerarsi, inconsciamente, un mondo a parte di cui ognuno è la metà quasi esatta.
Kankuro, te l'ho già detto, io lo amo e sono pignola: con te non ho nulla da ridire. Anzi invidio la tua capacità di renderlo così bene, sia da bambino piccolo che poi più avanti, alla fine: "Testone fino in fondo." che è stata una frase che mi ha dato il colpo di grazia facendomi amare ancora di più questo lavoro. Perchè è uno dei pochi in cui Temari e Kankuro hanno il giusto spazio, solo per sè. Un po' come nel loro posto segreto di cui parli.
Il riferimento alla festa delle bambole, al Hina Matsuri, è magnifico oltre che geniale. Regge, di sfondo, tutta la storia, seguendola ed accompagnandola. Non si nota, ma nei ricordi quell'evento sembra fare lui da filo conduttore della narrazione. É ciò che causa il litigio con Temari ed è ciò che alla fine mette in mostra i sentimenti che i due fratelli provano.
La parte finale, quel piccolo funerale e quel piccolo rituale, sono toccanti. Descritti con sobrietà danno una sensazione di "piacevole" malinconia.
La gioia di sentire quei sentimenti d'affetto e la malinconica certezza che Kankuro ora è solo un ricordo costudito nel cuore mi hanno emozionata (sembrerò sciocca ma mi sono commossa).
Nella parte finale una piccola lacrimuccia l'ho quasi fatta.
"Ci sarà sempre spazio per le bambole nel nostro posto.
Buona Hina Matsuri, piccolo Kankun."
Una conclusione più perfetta non credo di sarebbe potuta trovare.
Delle ultime righe leggere e fugaci come la sabbia, perchè non è una conclusione caricata da uno stile rindondante o ricamato e quel dolore che trasmette è quello "asciutto" ed "essenziale" della gente di Suna.
Insomma ho amato questo lavoro che mi ha lasciato addosso delle sensazioni ed emozioni difficili da descrivere ma che denotano la tua bravura e la bellezza di questo lavoro.
Insomma: brava, brava, brava. Ed è ancora poco.
Sul serio è davvero qualcosa di eccezionale.
Ora finalmente ti saluto. Perdonami se mi sono dilungata oltremodo ma sono fatta così: recensisco poco (cosa riprorevole, lo so) ma scrivo tanto (probabilmente troppo), D'altro canto liquidare lavori che mi emozionano con un "bravissima! É stupenda" mi sembra davvero poco corretto e inutile.
Comunque ti saluto, non temere non ti tedio oltre.
Rinnovo i miei complimenti sperando di non aver fatto troppi errori di battitura e/o grammatica (ho ricontrollato ma l'orario non aiuta) e salutandoti.
Un bacio
Miss Kon |