Libri > Twilight
Ricorda la storia  |      
Autore: controcorrente    29/03/2012    2 recensioni
Napoli, 1800. Bella Swan, una giovane dama inglese, per motivi personali, si reca in visita dal genitore, per trascorrere un breve periodo di vacanza. Reduce da uno scandalo, è convinta di non aver la possibilità di poter essere accettata per come è ma un incontro improvviso nella città di Pompei le dimostrerà il contrario. Storia partecipante al concorso di Lady Glam "Mr. Cullen, what's your job?"e classificatasi quarta pari merito.
Genere: Generale, Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Coppie: Bella/Edward
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

LA CITTA’ DI PIETRA

 

“Dovreste vedere le rovine, cara figlia!”diceva con entusiasmo suo padre, nelle lettere che riceveva ogni mese “Venite con me a Napoli. Sue ed io saremo ben lieti di potervi ospitare, per tutto il tempo che vorrete.”

Isabella si guardava attorno, piena di meraviglia, tentando di trovare in ciò che vedeva una conferma dei racconti del genitore…e non poteva fare altro che dargli ragione.Napoli era una città bellissima, con un mare azzurro ed un bagaglio di storia che non avrebbe mai immaginato potesse esistere in un solo luogo. Un insieme di case disordinate, di vicoli confusi tra loro, in un intrigante gioco di luci ed ombre che si delineava in tutta la sua forza accanto ad edifici barocchi, chiese romaniche e palazzi rococò. Un labirinto simile a quello di Minosse, dove si annidavano meraviglie e cose insolite e uniche. Un mondo oscuro e solare al tempo stesso, ben diverso dalla fumosa città bagnata dal Tamigi.

A quel pensiero, la ragazza scosse la testa.

Londra non era certo il luogo che voleva ricordare, non almeno in quel momento.

Era la città, immersa nella nebbia, dove aveva frequentato la Bedford’s.

Era il posto dove aveva conosciuto Jacob, ottenendo solo scandalo e vergogna.

Un posto che aveva lasciato senza eccessivi rimpianti. Ora poteva davvero rilassarsi e sperare di voltare pagina, insieme a Sir Swan e la signora Sue Clearwater, la donna con cui suo padre conviveva da tempo, dopo aver divorziato da sua madre, Lady Renée Lefevre, una dama spocchiosa ed arrogante, i cui modi l’avevano spesso e volentieri messa in imbarazzo.

Lunatica, bizzosa e indisponente, era in grado di rendere la vita del prossimo un autentico inferno, qualora il malcapitato non avesse chinato la testa di fronte ai suoi voleri. Bella l’aveva sopportata per mesi, durante le vacanze estive, e poteva dire che la sua genitrice aveva messo più volte alla prova la sua pazienza, in molte occasioni. Ora però, dopo la penosa conclusione del suo fidanzamento, le capacità oppressive della donna si erano notevolmente intensificate, creando non pochi disagi. Renée, dopo il fatto, non perdeva occasione per esprimerle il suo disappunto, sottolineando come la sua presenza fosse motivo di biasimo nei salotti della buona società.

Per questo motivo, stanca di ricevere la sua disapprovazione e disappunto, aveva deciso di accettare l’invito di suo padre ed ora, passati i primi giorni dall’arrivo, non riusciva a pentirsi di una simile scelta.

La villa in cui viveva Sir Swan era molto graziosa e confortevole, situata nei pressi del borgo marinaro di Amalfi. Sue, la nuova compagna del padre, la ospitava lì, insieme ai suoi due fratellastri: Leah, una bambina di nove anni e Seth, un vivace scricciolo di sette primavere. Aveva passato i primi giorni in loro compagnia, facendo alcuni schizzi della baia che vedeva poco distante dalla casa di suo padre.

Le piaceva disegnare.

L’aiutava a rilassarsi, come in quel momento.

La nuova moglie di suo padre spesso la guardava divertita, come se quella sua attività fosse per lei qualcosa di bizzarro.-Avete uno tocco felice nel ritrarre ciò che vi circonda.- commentò un giorno, mentre lei si trovava immersa nella riproduzione di una pianta di limone.

Bella sorrise.

-Alla Bedford’s non c’erano molti passatempi. Questo era uno dei pochi per cui non avrei incontrato troppi pareri contrari.- rispose, tenendo la testa bassa. Era vero. A Londra, l’etichetta e le pressioni materne le avevano impedito di fare molte cose. Il disegno era forse tra le poche attività che aveva avuto la fortuna di continuare.

-Credo che abbiate un notevole talento, Miss- fece Sue, rivolgendole un’occhiata affettuosa -in questi giorni avete fatto dei ritratti dei miei bambini e posso dire che è assai difficile raffigurare i miei piccini in modo così…tranquillo e sereno.-

Bella rise. Leah e Seth erano dei bambini discoli ma le faceva piacere stare in loro compagnia. Sempre meglio che rimanere a Londra, insieme a sua madre ed al suo compagno. Dopo la rottura del suo fidanzamento con Jacob, Renée le aveva rivolto solo sguardi sprezzanti e rabbiosi, ritenendola colpevole della fine di quell’alleanza così redditizia. Era impossibile non pensarci, anche ora che si trovava a miglia di distanza dal suo sguardo.

-Vi sono grata, Miss Sue- rispose, scacciando da sé uno dei motivi del suo malumore- ho sempre nutrito il desiderio di visitare l’Italia e non posso che esservi riconoscente per questa ospitalità.-

-Non dovete assolutamente pensarlo- si schermì questa, imbarazzata-Charlie è un uomo notevole…se ne trovano pochi come lui. Avervi in casa è per me un piacere. Ho notato però che non siete uscita molto spesso, sebbene sia passato del tempo.-

Isabella si morse il labbro. C’erano molte bellezze in quel mondo, così diverso dalla grigia Londra.

Il mare, scuro e cristallino al tempo stesso.

Il profumo, dolce e pungente al tempo stesso, da dei frutti dorati che crescevano sugli alberi e che aveva scoperto chiamarsi limoni.

Accettare l’offerta di suo padre era stata una delle scelte migliori che avesse mai fatto, non aveva dubbi in proposito.

–Volevo dirvi che la prossima settimana mi recherò nella villa di una mia cara amica. Il suo nome è Sulpicia Volturi e mi ha invitato nella sua residenza. Vuole portarmi a vedere i risultati degli ultimi scavi della città di Pompei. Credo che sarebbe un’ottima occasione per te…per esercitare la vostra abilità.-la informò la padrona di casa, con i suoi modi decisi e gentili al tempo stesso.

 

 

Sulpicia Volturi era una ricca dama romana. Moglie dell’abile e fascinoso Aro Volturi, possedeva una cospicua dote, in denaro e possedimenti nello Stato Pontificio, nella campagna di Tivoli e nei pressi di Palestrina. Molto avvenente, con una chioma bionda e due occhi chiari e intelligenti, aveva dato inizio, fin dagli albori del suo matrimonio, ad un’intensa attività di mecenate. Le malelingue sostenevano che fosse per mettere a tacere le scappatelle del consorte, ma la ragazza inglese non sapeva quanto vi fosse di vero in quelle parole…e, in tutta sincerità, non le interessava nemmeno.

-Oh- fece la nobile, venendole incontro- mia cara Sue, siete come sempre incantevole! Come sta il caro Charlie?-

-Magnificamente- rispose la signora Clearwater Swan –silenzioso come un sasso e gentile come una brezza di primavera!-

Le due donne risero, mentre Bella scendeva, guardandosi attorno. Come le aveva detto la matrigna, erano giunte a Pompei. La ragazza si morse il labbro, sistemandosi meglio il cappellino che aveva indossato, per proteggersi dal sole. Aveva sentito parlare varie volte di quel luogo. Il merito era soprattutto di suo padre, che la teneva informata tramite le lettere. Sua madre, infatti, non gradiva certi argomenti. Li considerava non appropriati ad una signorina per bene.

A quel pensiero, sospirò.

Guardò la signora Volturi, che fino a quel momento aveva conversato con Sue, voltarsi verso di lei. –Dunque voi siete la figlia del buon vecchio Charlie?- fece, sorridendole garbata.

-Si, signora- rispose- mi chiamo Isabella Marie Swan. Piacere di conoscervi.-

-Siete la benvenuta a Napoli. Spero che la permanenza in questa terra benedetta vi sia di giovamento. La mia amica Sue mi ha riferito che siete piuttosto dotata nel disegno.- disse Sulpicia, rigirandosi tra le mani l’ombrellino, con fare vezzoso.

-Non sono poi così brava- si schermì la ragazza –non ho avuto dei maestri che mi abbiano insegnato adeguatamente.-

La signora Volturi le sorrise di nuovo. –L’assenza di nozioni accademiche non deve essere considerata un difetto.- fece, indicandole con un cenno le mura antiche degli edifici, ancora per metà sommerse- Qui avete di fronte a voi la storia, Miss Isabella. Nessun precettore pedante, nessun bigotto maestro: solo il sapere di questo antico popolo da cui abbiamo l’onore di discendere e che il buon Dio ci ha dato l’occasione di conoscere.-

 

 

Isabella si guardò attorno, leggermente spaesata. Era certa di star seguendo la signora Volturi…ed ora non vedeva più nessuno intorno a lei.

Si era fermata un momento, per fare degli schizzi. Aveva notato la statua di un putto, semicoperta dal tufo e dal muschio e, quasi senza rendersene conto, aveva estratto il carboncino, iniziando a disegnare.

Il ritratto dal vivo le aveva però portato via non poco tempo ed ora non sapeva dove andare. La comitiva guidata dalla signora Volturi era sparita.

-E adesso? Che cosa faccio?- fece, fissando il viso sorridente del fanciullo di pietra, come se questo potesse risponderle.

Si trattava pur sempre di una città, per quanto abbandonata.

Senza contare che aveva un po’di caldo. Non si era ancora abituata al clima di Napoli e doveva ammettere che a Londra il clima non era così mite, nemmeno nei mesi più estivi. Improvvisamente, si alzò il vento e Bella, nel tentantivo di tenere bassa la gonna, allentò la presa sulla custodia dei disegni. Fu allora che una folata, più forte delle altre, fece volare via alcuni fogli.

-NO! I MIEI SCHIZZI!- esclamò. Il pensiero di essersi persa se ne andò via e, in un attimo, la preoccupazionde di recuperare ciò che aveva creato, con tanto impegno, le dette nuova energia, mettendole le ali ai piedi. Corse e corse per i vicoli, seguendo la scia di quelle pagine.

Lì dentro c’erano i ritratti delle sue amiche di collegio, di sua madre…e anche di Jacob.

No, non poteva perderli.

Superò alcune piazzette ed edifici ancora imprigionati nella terra. Camminò e camminò, fino a quando il terreno sotto i suoi piedi finì, facendola cadere.

-Ahi!-esclamò, mentre il suo corpo era trascinato a terra dalla forza di gravità.

 

 

 

Passò qualche secondo, in un silenzio rotto solo dalle cicale degli ulivi che crescevano vicino al sito. Istintivamente gettò un’occhiata attorno. Presa dalla fretta di recuperare i disegni, non aveva fatto caso a dove metteva i piedi.

Lo guardò attentamente il piano freddo su cui si trovava ora, notando con sorpresa che si trattava di un disegno. Timidamente, accarezzò la superfice. Era un mosaico, che raffigurava una donna alla guida di un cocchio trainato da delfini.

Isabella lo osservava rapita, tracciandone i contorni con la mano, come se avesse a disposizione un qualcosa su cui ritrarlo. Non ne aveva mai visti di simili.

-E’bellissimo questo pezzo, non è vero?- fece improvvisamente una voce bassa e maschile.

La giovane donna si voltò, sussultando. Non si era accorta che c’era qualcuno alle sue spalle e, in cuor suo, sperò che non fosse qualche malintenzionato. L’uomo che le aveva parlato era un uomo alto e dal fisico atletico, con una chioma bronzea disordinata, un viso dai tratti decisi non perfettamente rasato ed un paio di occhi verde profondo.

Bella lo guardò, imbambolata.

“Non male, per essere un manigoldo” si ritrovò a pensare. –Non ho denaro con me- rispose, ben decisa a mettere le cose in chiaro.

Lo sconosciuto inarcò un sopracciglio.

-Veramente- fece, grattandosi la testa- non sono un ladro…e voi, signorina, siete finita in una zona che non è aperta ai visitatori.- Isabella si guardò attorno e solo allora, vide le transenne che cingevano quell’area. Non li aveva minimamente notati.

-Stavo cercando i miei disegni- si giustificò - il vento li ha trascinati in questa direzione ed io non ho visto questa barriera…mi dispiace.-

Fece per alzarsi, ben decisa ad andarsene, ma la caviglia sembrava pensarla diversamente. Ne ebbe la conferma nel momento in cui tentò di poggiarla a terra.

-Accidenti!-borbottò, accasciandosi di nuovo al suolo.

-Vi fa male la caviglia?- domandò questi, vedendo il suo viso contorcersi in una smorfia di fastidio, dovuta alla distorsione. –La aiuto io, se vuole.- fece e, senza darle il tempo di rispondere, se la mise sulle spalle.

Isabella era allibita.

Mai nessuno si era preso simili libertà con lei. –Non…non dovete preoccuparvi!-esclamò, divincolandosi imbarazzata.

-Non se ne parla!- esclamò questi, tenendola stretta.

Bella rimase qualche secondo basita. Quell’uomo affascinante l’aveva sollevata come se fosse una bambola di pezza, mettendola in una posizione piuttosto disdicevole. Senza contare che, in quel modo, poteva sentire distintamente quella schiena muscolosa su cui era appoggiata, insieme al profumo di polvere che quel corpo emanava.

-E va bene- si arrese, frenando i brividi che quel contatto le procurava –devo raggiungere il gruppo della signora Volturi e, forse, il vostro aiuto mi sarà utile. Conoscete almeno la zona?-

L’uomo rise divertito.

–Temo proprio di sì- rispose- dal momento che mi occupo degli scavi.-

-Siete un archeologo?-domandò la donna.

L’altro annuì. –Mi chiamo Edward Cullen, voi?-chiese.

-Isabella Marie Swan- rispose, fissando quel collo mascolino.

-Signorina Swan- fece questi, con fare quasi galante- vi va di fare un giro con me per questa città sepolta? Troveremo la signora Volturi, ve lo prometto.-

La giovane inglese rifletté un momento. Non conosceva nessuno lì e non aveva intenzione di aspettare che la Fortuna la portasse sulla strada la matrigna. –Va bene. Ma promettetemi di essere una valida guida…o ve ne farò pentire.-disse, con aria falsamente minacciosa.

Edward rise, divertito.

-Avete la mia parola- rispose, prima di iniziare il giro. Seguirono il percorso del vento, nella speranza di trovare anche quegli schizzi. Bella guardava i vari edifici. alcuni dei quali parzialmente riportati alla luce. L’archeologo gli spiegava quali fosse lo scopo delle diverse costruzioni.

-…Siamo ancora agli inizi- andava dicendo, con un tono convinto –ma questa scoperta sta portando molti frutti alla branca che stiamo studiando.-

La signorina Swan lo guardava affascinata. Mentre raccontava le vicende della ricerca e la storia di quelle rovine, aveva una strana luce negli occhi, che lo rendeva ancora più bello di quanto non fosse. Si chiese se avrebbe mai guardato una donna in quel modo e quel pensiero, stranamente, le gettò addosso una profonda inquietudine. No, non avrebbe mai guardato una persona del suo sesso così, in maniera tanto devota.

-Siete piuttosto silenziosa miss Swan- disse, dopo un po’.

-Scusate- rispose – ma il vostro racconto su questa città e sul vostro lavoro mi hanno colpito molto. E’bello incontrare una persona così appassionata nello svolgere qualcosa che ama fare.-

L’archeologo si fermò un momento.

-E’sbagliato?- domandò, come cadendo dalle nuvole.

Bella rimase un momento perplessa. Perché gli stava dicendo in quel modo? Che lo avesse offeso? –Non penso- fece, scuotendo la testa.

Per qualche tempo, nessuno dei due parlò e quel silenzio, così improvviso, non le piacque. –Se vi ho fatto qualche torto, vi prego di dirmelo, Mister Cullen.- fece alla fine, stanca del suo mutismo- Mi avete aiutato in un momento di grave difficoltà, senza nuocere alla mia persona. Al contrario, sarei io a dovervi chiedere scusa… se non altro, per aver interrotto il vostro lavoro.-

Edward, si voltò.

-Siete piuttosto diretta. Forse le scuole inglesi hanno perso il loro tocco?- domandò ironico.

Isabella guardò quelle iridi verdi e profonde. Una colorazione che le trasmetteva in quel momento una profonda serenità.

–Nei collegi si insegna a non pensare. Non serve per trovare un marito. Basta avere una dote. Non lo sapete?-chiese, sul medesimo tono.

La risata di Edward aumentò.

-Sono lontano dall’Inghilterra da molto tempo- fece ghignando- e comunque il vostro modo è insolito. Non pensate che il vostro promesso possa aversene a male se sentisse simili parole sul matrimonio?-

Isabella si fece improvvisamente seria e quella luce calda, che l’archeologo aveva intravisto in quelle iridi castane si dissolse in un attimo. –Non è un problema. Il mio fidanzato mi ha lasciato.-disse con fare incurante.

Edward si bloccò, osservando incerto la giovane donna che portava sulle spalle. Ne scrutò i lineamenti gentili, incorniciati da alcuni ciuffi marroni. Era così preso dalla conversazione che non aveva fatto caso al suo aspetto. Era piuttosto bella e non si capacitava del fatto che fosse stava abbandonata. –Il vostro fidanzato è stato uno sciocco.-fece alla fine, tentando di uscire dalla situazione imbarazzante che, senza volerlo, aveva provocato.

Isabella sorrise comprensiva.

-Si chiamava Jacob ed era mio amico d’infanzia. Ci siamo sempre voluti bene ma si trattava di un rapporto fraterno, nulla di più. Mia madre lo aveva scelto per me ma entrambi sapevamo che non era quello che desideravamo. Quando, qualche tempo fa, poco prima del fidanzamento ufficiale, mi ha confidato di essere innamorato della sua vicina di casa, mi ha chiesto scusa, dicendomi che avrebbe comunque tenuto fede ai progetti delle nostre famiglie. Io però non ho accettato.-fece seria.

-Non volevate essere messa da parte?-chiese l’archeologo ma, di nuovo, Bella scosse il capo. Neppure per un istante, la giovane perse quella luce serena e pacata.

-No. Jacob ed io ci volevamo molto bene ma non potevo permettere che si sacrificasse a quel modo. Se ci fossimo sposati, come mia madre e i suoi genitori volevano, quello splendido rapporto di una vita si sarebbe rovinato. Lui non mi amava come una donna…ed io nemmeno. Come potevo anche solo pensare di condividere lo spazio con questa persona, sapendo ciò? Che cosa avrei detto ai miei figli, qualora li avessi avuti, una volta divenuti grandi? Che esempio potevamo mai essere? –fece convinta –E’stato meglio così.-

-Ma in questo modo- fece stupito l’altro- siete stata voi a rimetterci.-

Isabella lo guardò, non potendo fare a meno di sorridere. Quell’uomo pareva molto preoccupato per lei, sebbene non la conoscesse. Non aveva mai confidato a nessuno questo suo gesto, anche se non dubitava che suo padre avesse intuito qualcosa: Lord Swan non era mai stato tanto entusiasta di quel progetto ma, dopo il divorzio, aveva lasciato Londra e non aveva più avuto molta voce in capitolo sulla sua vita. Non si fidava molto delle decisioni di Renée ma era convinto che, una volta al collegio, la sua volubile consorte avrebbe cambiato idea. Inutile dire che si sbagliava.

Edward era la prima persona a cui confidava un simile retroscena.

-Preferisco perdere un marito-continuò- piuttosto che dire addio ad un’amicizia così sincera.-

L’archeologo non commentò, troppo stupito dalla schiettezza di quella dama inglese.

Percorsero le viuzze, mentre l’aria portava con sé l’odore del sale. Il mare non era molto lontano, anche se gli edifici nascondevano tutto. Il Vesuvio, invece, era decisamente vicino, tanto da dare ad Isabella un’oscura, ma tangibile, inquietudine. Istintivamente si strinse alla schiena dell’archeologo.

-Avete freddo?-domandò l’uomo, fermandosi un momento.

Per tutta risposta, Bella si appoggiò maggiormente. Sua madre l’aveva sempre considerata un po’bizzarra…e non era la sola. Non era molto brava a versare battute di circostanza nei salotti londinesi e non era nemmeno portata chissà quanto nel ballo. Aveva solo il disegno e quella sensibilità così grande da annullare, talvolta, la sua consueta timidezza. –Guardavo quel vulcano…e pensavo.-rispose.

-Avete paura del Vesuvio?- domandò Edward, inarcando un sopracciglio.

-Un po’, ma non molto…e sapete perché? Perché se anche Pompei venisse nuovamente sommersa, ora, in questo momento, non sarei sola…perché voi sareste con me.-disse, fissandolo fiduciosa.

Edward guardò la finta montagna.

Una sagoma scura e apparentemente placida che sembrava incombere sulla città sepolta.

-Siete una persona quanto mai bizzarra- commentò, riportando lo sguardo sulla strada.

Bella sospirò.

-Non siete il solo a dirmi una cosa del genere.- fece, prima di avvicinarsi a quelle iridi che le ricordavano tanto gli smeraldi del collier di sua nonna –credete che sia un male?-

L’archeologo rise. –Non saprei- rispose, facendo schizzare le iridi verso il cielo estivo. –Di certo- continuò, spostando la sua attenzione nuovamente sulla strada –non ci si annoia in vostra compagnia.-

La lady inglese non rispose.

Puntò gli occhi sugli edifici intorno a lei. Una massa di costruzioni rigettate parzialmente dalla terra, come se fossero state solo abbozzate dalla mano di un artista. –Mia madre mi ha sempre biasimato per questo. Isabella, non siete affatto portata per ballare! Come potete pretendere di conquistare un uomo? E questa vostra mania di scarabocchiare, poi! Credete di attrarre qualcuno in questa maniera?Non faceva altro che dirmi in questo modo…ma che ci posso fare? Io amo il disegno! Mi permette di riportare alla luce immagini da un foglio bianco…come fate voi con la vostra archeologia…a lei però non interessa nulla di tutto questo. Vuole solo farmi sposare qualcuno, così da potersi liberare di me e godere appieno del suo nuovo matrimonio.- fece, non senza fastidio.

Edward la guardò nuovamente, soffermandosi su quel viso armonioso incorniciato da una chioma castana. Era piuttosto graziosa quella giovane. Diretta e sincera in modo quasi disarmante. Non ne aveva viste molte, di fanciulle in quel modo.

Forse sua cugina Alice, anche se doveva ammettere che quella lady non possedeva la medesima esuberanza, per sua fortuna.

-I vostri genitori sono divorziati?- domandò stupito. Un simile episodio poteva rovinare la reputazione della famiglia e spesso i coniugi preferivano separarsi di fatto, senza annullare il matrimonio.

- E’così- rispose Isabella, guardandolo triste.

L’archeologo la fissò. Si chiese se avesse sofferto per una simile circostanza, se avesse mai provato risentimento per le conseguenze che una scelta così radicale avevano avuto sulla sua condizione.

Isabella parve accorgersene.

-Provate pena per me?- chiese –Se è così, non avete motivo di affliggervi. Il matrimonio dei miei genitori era stato deciso dai miei nonni per motivi di interesse. Mio padre e mia madre avevano caratteri assolutamente incompatibili. Passavano i giorni ad ignorarsi…se mai si sono voluti bene, questo affetto è certamente iniziato quando hanno deciso di troncare questa unione. Io sono contenta che loro abbiano deciso in questo modo. Non avrei sopportato di vivere in una casa tanto fredda.-

Erano ormai giunti in un’immensa piazza, circondata da edifici parzialmente diroccati. Qua e là sorgevano pezzi di colonna, insieme a costruzioni ancora per metà sepolte. Sopra e intorno ad esse, invece, cresceva l’erba.

Miss Swan si guardò attorno, beandosi della brezza salmastra che spirava lì. Edward la aiutò a sedersi su una di quelle pietre e, pigramente si stiracchiò. La dama lo fissò un momento. Quel gesto, così rilassato, lo faceva sembrare più alto di quanto già fosse.

-Vi sembro bello, signorina?- domandò ironico.

Isabella tacque. Un silenzio che gonfiò l’ego dello studioso. Era stato più diretto del solito, convinto forse che, in questo modo, la giovane, imbarazzata, avrebbe smentito le sue parole. In fondo, c’era sempre un limite oltre il quale una donna non si sarebbe mai spinta. Non per pudore o decenza, ma per quel fare bigotto che lo aveva da sempre irritato, spingendolo a ridurre qualsiasi contatto con l’altro sesso a rapporti cordiali e per nulla compromettenti.

Quella damina inglese si era rivelata quanto meno originale, del tutto fuori dai canoni dell’ideale di donna che tanto andava di moda. Edward non aveva intenzione di corteggiarla, benché fosse una persona piuttosto gradevole. Era andato in Italia per seguire la sua passione per la storia, non per sedurre fanciulle…o almeno così tentava di convincersi.

La Sorte infatti lo aveva smentito, facendogli incontrare una persona bella e interessante.

Isabella si spostò un ciuffo dietro i capelli poi, di nuovo, fissò l’archeologo.

–Sì. Oggettivamente parlando, voi, signore, siete un uomo molto attraente. Non posso negarlo, dal momento che la vostra domanda diretta esige una risposta di altrettanto livello.- disse sicura.

Edward tacque, non senza imbarazzo. Sapeva di avere fascino ma era troppo umile per prestargli la dovuta attenzione. Non era ancora abituato ai complimenti, soprattutto così diretti… detti da una donna, poi!

-Siete molto schietta, a quanto vedo.- rispose, non appena si riprese dalla sorpresa.

Bella, lo guardò. Il viso di Mister Cullen era illuminato dalla luce di quel sole estivo, creando un intrigante effetto chiaroscuro ai suoi lineamenti marcati. La chioma, invece, in quella particolare inclinazione, emanava dei riflessi bronzei. Non ne aveva mai viste di simili.

-Dico solo la verità-rispose- è sbagliato?-

Edward distolse per un momento lo sguardo. Le iridi di Miss Swan sembravano più scure del solito, come se fossero gli occhi senza fondo della Bocca della Verità, che aveva visto a Roma prima di raggiungere Napoli. Si sentì quasi travolto, investito da quel marrone, come quando, da bambino fissava rapito il vuoto oltre la scogliera vicino alla propria casa.

Perché gli occhi di Miss Swan erano l’abisso, lo stesso dove il suo animo spesso e volentieri si perdeva. Una direzione strana ma non per questo errata.

Ugualmente si tirò indietro.

Quella conversazione lo stava portando ad uscire fuori, più di quanto si sarebbe aspettato…e non sapeva se esserne  felice oppure no.

-Non lo so. Sono comunque certo che chi vi sposerà, sarà un uomo fortunato. Siete unica Miss Swan.-rispose.

Bella scosse il capo. –Se tutti fossero meno ostili alla sincerità, io non sarei davvero così speciale come dite. E comunque, non credo che mi sposerò.- rispose, quasi schermendosi.

Edward la guardò incuriosito.

-Per quale ragione, se è lecito chiederlo?- domandò.

La dama sbuffò. –Ho ventitre anni e, dopo lo scandalo del mio amico Jacob, la mia reputazione è certamente compromessa. Non ho ricevuto proposte da allora, anche se temo che mia madre ed il mio patrigno faranno il possibile per darmi in sposa a qualche vecchio vedovo…e non mi va. A questo punto preferisco rimanere zitella. Non voglio essere solo un trofeo da esposizione, né, tantomeno, un banale strumento per generare degli eredi. Mia madre dovrà rassegnarsi.- rispose, con un tono a metà strada tra il convinto e l’esasperato.

Alzò la testa al cielo.

-Io non sono solo una bambolina da agghindare. Iddio mi ha dato un cervello, un’anima…possibile che non la veda nessuno?-fece, fissando distratta quel blu.

Edward si alzò.

- L’anima non si vede.- rispose l’altro- E’qualcosa d’intangibile ed etereo. C’è chi la vede come qualcosa di fittizio, chi invece come sinonimo della Ragione.-

-E’vero - concordò l’altra – eppure Mister Cullen, come potete spiegarvi il fatto che delle persone, secoli fa, abbiano costruito una simile città? Può anche non essere l’anima ma, di certo, quegli uomini che hanno ideato tutto questo, dovevano avere certamente qualcosa di speciale.-

L’altro non ribatté.

Proprio in quel momento, la campana della chiesetta poco distante suonò. Edward scattò in piedi, ricordandosi solo in quel momento delle sue mansioni. –Perdonatemi, Miss- fece- ma devo tornare al mio lavoro. Questa è la piazza più importante di Pompei. La comitiva che avete perso passerà di qui tra mezz’ora. Succede sempre così: quando il campanile dell’edifico religioso rintocca, come avete sentito qualche istante fa, i visitatori si fermano sempre qui. Grazie per la piacevole conversazione ma sono costretto ad andarmene.-

-Sono io a dovervi essere grata. Senza di voi non sarei mai arrivata qui.- rispose, salutandolo a sua volta-

Edward gli rivolse un sorriso storto poi, dandole le spalle si allontanò.

 

 

 

Erano passati alcuni giorni da quell’incontro e Bella, sebbene fosse circondata da cose strane e magnifiche, per nulla inglesi, non smetteva di pensare a quell’archeologo. Come questi aveva detto, la comitiva era passata dalla piazza principale, nemmeno  venti minuti dopo essere stata lasciata sola.

Sue l’aveva sgridata non poco per essersi allontanata e, d’accordo con suo padre, l’aveva messa in punizione. Come se, con la storta che aveva avuto, potesse permettersi troppi movimenti.

In quella reclusione forzata, intanto, la sua fantasia correva minacciosa. Il viso di Mr. Cullen,  l’incontro che aveva avuto con questi le mettevano addosso una strana agitazione e non riusciva a smettere di pensarci.

Non era mai stata brava con le sue emozioni e, di certo, il mondo in cui aveva vissuto, non favoriva questo genere di cose. Bella si era sempre sentita quanto mai fuori posto, nella rigida società londinese e, pur adeguandosi, non era mai stata propensa ad essere sincera con gli altri, quanto lo era con sé stessa. Almeno con la propria anima, non poteva non negare di essersi sentita viva, in compagnia di quell’uomo.

Non l’aveva mai messa a disagio, anzi. Era stato come aver a che fare con quella parte di anima che Zeus, secondo Platone, aveva scisso, allontanandola dalla sua metà…un pensiero che le gettò addosso una certa tensione. Non sapeva se lo amava. Era troppo presto per dirlo.

Non credeva a quei romanzetti di appendice che tanto piacevano a sua cugina Jessica.

Non viveva nell’illusione di trovare un principe azzurro.

Le bastava trovare qualcuno che la capisse… nulla di più, nulla di meno.

A quel pensiero, sbuffò, un po’demoralizzata. Durante la visita di Pompei, aveva smarrito la custodia dei suoi disegni e questo le dispiaceva non poco.

Dentro quel contenitore, c’erano i suoi ricordi più belli: sua nonna Marie, ormai passata a miglior vita, le sue amiche Rosalie ed Angela, sua madre e Jacob. Avrebbe voluto tornare in quella città sepolta ma la storta le aveva impedito di muoversi, senza contare che era in castigo. Isabella si morse il labbro, abbattuta.

Quei disegni avevano un grande valore affettivo per lei. Non averli costituiva ai suoi occhi una grande perdita. Quando era partita (o, per meglio dire, fuggita) da Londra, dopo l’ennesimo litigio con sua madre ed il suo patrigno, aveva prestato una grandissima attenzione a quei ritratti abbozzati. Sarebbe stato assai difficile rivedere i suoi amici, con la medesima frequenza di un tempo, e quegli schizzi costituivano un valido conforto, durante quella lontananza. Angela, Rosalie e lei si erano ripromesse di tenersi in contatto eppure, le loro immagini erano sempre state un grande sostegno emotivo, soprattutto quando aveva deciso di aiutare Jacob a coronare il suo sogno, sia pure a prezzo della propria reputazione.

Era quindi comprensibile che fosse un po’triste in quei giorni.

Stava scrivendo alla sua amica Angela della vicenda che le era capitata, quando qualcuno bussò alla sua porta.

-Avanti!- esclamò, mettendo da parte la penna-Oh, siete voi, Signora Clearwater.-

La donna le si avvicinò.

-Bella- disse, entrando- come va la caviglia?-

-Non mi fa più molto male. Posso camminare senza troppi sforzi. Grazie Sue, per avermi impedito di peggiorare il mio infortunio.-rispose, sorridendole debolmente. La moglie di suo padre annuì, poco convinta.

-Cara- fece, avanzando nella camera- temo che dovrete interrompere la scrittura della vostra lettera. C’è una persona che vi attende in salotto. Preparatevi. Pare che abbia urgente bisogno di parlarvi.-

Miss Swan guardò la signora Clearwater. Pareva stranamente sorpresa e quasi euforica, tanto che avrebbe voluto chiederle la ragione di una simile disposizione d’animo.

-Avanti- la esortò questa, impedendole di fare domande- muovetevi.-

 

 

Come le aveva caldamente suggerito, indossò qualcosa che non avesse l’aria di essere casalingo. Nulla di troppo vistoso, né di eccessivamente elegante. Scortata dalla matrigna, entrò nella sala e ciò che vide la stupì.

-Mr. Cullen- mormorò, spalancando gli occhi.

Non si aspettava d’incontrarlo di nuovo.

Indossava un completo scuro, ben diverso dagli abiti polverosi con cui lo aveva visto allo scavo. Solo i capelli erano rimasti gli stessi. Indomabili ed apparentemente morbidi. Era bellissimo: istintivamente arrossì.

Edward le venne incontro, sorridendole. Solo quei pezzi di smeraldo di cui sembravano essere fatte le iridi erano serie, concentrate sulla sua persona.

-Miss Swan- rispose, prendendole garbato la mano, per condurla su una delle poltroncine.

Bella si accomodò.

-Non mi aspettavo di vedervi. Come avete fatto a sapere dove abitavo?- chiese, sinceramente stupita.

Edward le sorrise sghembo. Una smorfia da canaglia che lo rese, se possibile, ancora più bello di prima. – Il vostro cognome non è molto comune da queste parti. Non è stato difficile.- rispose, prima di farsi nuovamente serio – Non vi ho più visto agli scavi, sebbene le visite della signora Volturi non siano diminuite in questi giorni. Ho pensato che la vostra caviglia fosse più grave del previsto.-

Bella ripensò a quell’incontro, non senza imbarazzo. Era stata tutto il giorno sulle spalle di quell’uomo, a stretto contatto con il suo corpo. Il ricordo di quelle sensazioni che, solo dopo qualche giorno, passata la frenesia dell’avventura, si erano affacciate alla sua mente, la faceva vergognare. I soli uomini con cui aveva avuto contatti così stretti erano stati suo padre e Jacob.

A quel paragone involontario, scosse il capo.

Non era la stessa cosa.

Sulle loro spalle, non pensava a quanto fossero belli i loro occhi.

A quanto si sentisse tesa e rilassata al tempo stesso, tra le loro braccia.

A quanto il profumo della loro pelle fosse così forte da incidersi nella propria memoria, impedendole di scordarlo.

La mente di Bella non riusciva a catalogare il proprio turbamento e rivedere Mr. Cullen non le permetteva affatto di chiarirsi le idee.

-Avete fatto comunque molta strada- gli fece notare.

Edward si appoggiò allo schienale della sedia su cui si trovava, in una posa languida ed accattivante.

 –E’vero.-rispose –ma avevo i miei buoni motivi.-

Così dicendo, estrasse da dietro la schiena, una cartella. Era leggermente aperta ma non fu questo ad attirare la sua attenzione.

Fu altro.

Per la precisione un disegno.

Bella guardò quel ritratto a carboncino.

Raffigurava una donna giovane e bellissima, i cui tratti, naturalmente alteri, erano piegati in un sorriso dolcissimo.

Il cuore di Miss Swan batteva rapido, come le ali di un uccellino.

Non avrebbe mai creduto possibile di poter rivedere il viso della sua amica Rosalie. –I miei disegni- mormorò appena, sentendo gli occhi farsi improvvisamente lucidi per l’emozione. Le sue mani afferrarono tremanti i fogli, come se temesse di vederli sparire da un momento all’altro.

-Ho impiegato un po’a trovarli ma, per fortuna, il tempo, in questi giorni, è stato clemente.-disse, guardandola. La giovane donna stringeva a sé quei ritratti come se fossero fatti di carne e sangue, un’immagine che lo intenerì.

-Inoltre, devo dire che il vostro talento mi ha portato fortuna.-continuò.

Bella gli rivolse un’occhiata perplessa, non riuscendo a capire.

Edward, allora, frugò nelle tasche, fino a quando tirò fuori un sacchetto che mise in mano alla giovane. Miss Swan lo aprì, non senza trattenere un sussulto.

Si trattava di una spilla di pregiata fattura in oro, dall’aspetto molto antico. La accarezzò piano con una mano, come se temesse di vederla scomparire, da un momento all’altro.

–Uno dei vostri disegni- spiegò Mr. Cullen- è finito in una zona degli scavi che non avevamo ancora esplorato. Mentre cercavo il vostro schizzo, mi sono imbattuto in una costruzione. Era un’antica casa e, tra i reperti che abbiamo ora riportato alla luce, c’era questa spilla. Non so perché… ma il suo disegno mi ha ricordato voi.-

Isabella lo guardò, non sapendo se stupirsi del dono o di ciò che le sembrava, a tutti gli effetti, un complimento.

-E’un dono magnifico e vi sono profondamente grata per avermi restituito quelli che sono i miei ricordi più cari…tuttavia, non capisco. Questa villa è molto lontana da Pompei e non credo che siate venuto solo per restituirmi ciò che ho perso. Non ci conosciamo, in fondo.-disse, tentando di essere razionale.

Edward trasse un profondo sospiro.

-In realtà, c’è una cosa che vorrei chiedervi.- disse, passandosi una mano tra i capelli-La scoperta dell’edificio dove ho trovato questa fibula ha riscosso notevole successo, tanto da spingere la signora Volturi, che ci ha sostenuto con tanto impegno, ad allestire una festa nel suo palazzo…ecco, mi piacerebbe invitarvi, Miss Isabella.-

La donna spalancò gli occhi.

Una festa.

Insieme a Mr. Cullen.

Era più di quanto si fosse aspettata.

-Non so ballare. -provò a dire. Lei non si era mai sentita nulla di speciale, pur essendo perfettamente consapevole di non avere un aspetto orribile. Il fatto poi di essere completamente scoordinata costituiva poi un ulteriore rischio…per il cavaliere, ovviamente.

-Non importa. Non è detto che danzeremo.- rispose testardo.

Miss Swan tacque.

-E’merito vostro se ho fatto questa scoperta- continuò- e voglio ringraziarvi, portandovi con me a quel ricevimento. Ci saranno anche i miei genitori e vorrei presentarveli. Ho parlato con loro di voi e vorrebbero conoscervi. Mia cugina Alice, poi, ci tiene a incontrare l’autrice di quegli schizzi. E’rimasta molto colpita dalla vostra bravura e vi garantisco che non mi darà pace fino a quando non vi vedrà alla festa.-

Bella rifletté a lungo.

Era molto tempo che non partecipava a quegli eventi mondani, soprattutto dopo lo scandalo. Suo padre e la matrigna avrebbero certamente approvato.

–Non saprei.- mormorò, incerta.

-Signorina Isabella- fece allora l’archeologo, prendendole la mano-voglio essere franco con voi, quasi quanto avete fatto quel giorno agli scavi. Siete una persona interessante e non posso negare che mi avete colpito con la vostra personalità. Non ho mai conosciuto qualcuno capace di catturare la mia mente in questo modo e, credetemi, non siete la prima donna che vedo. Vorrei però rassicurarvi su una cosa. Non ho alcuna intenzione di rendere questo invito carico di significati nascosti. Per quanto mi sia piaciuto passare quell’incontro, non voglio assolutamente mettervi pressioni. Consideratelo un piacevole incontro tra amici, se così volete.-

Bella guardò quella mano.

Grande.

Leggermente abbronzata.

Calda.

Sicura.

Con la coda dell’occhio, notò la signora Clearwater che, da dietro la stanza, faceva finta, senza troppo successo, di non sembrare curiosa più di quanto in realtà lo fosse. La signorina Swan inarcò il sopracciglio, indecisa se dar segno di averla scoperta, oppure far finta di nulla. Decise infine per la seconda possibilità: rispetto a sua madre, non era mai stata invadente. Non era il caso di metterla in imbarazzo.

L’offerta di Mr. Cullen era comunque inattesa.

Si prese un po’di tempo, studiando critica l’uomo di fronte a lei. Le aveva parlato con grande franchezza, più di quanto si aspettava. Era inoltre piuttosto bello e, a giudicare dall’aspetto, nemmeno sulla trentina: una differenza piuttosto accettabile, a suo giudizio.

-Non credete-domandò, alla fine- che questo vostro tentativo sia un po’rischioso?-

-Un archeologo non va per tentativi- fu la pronta risposta di Edward –se vi ho fatto questo invito è perché, dopo attenti studi, sono certo che voi accetterete.-

Bella aggrottò la fronte.

-O almeno spero- si corresse poi, vedendola così accigliata.

Calò un profondo silenzio.

L’uomo dondolava nervosamente, guardandola fisso, con occhi colmi di aspettativa.

Bella lo lasciò fare per un po’. In cuor suo, si divertiva a tenere le persone un po’sulle spine. Aveva imparato, con il tempo, che la perdita della pazienza faceva calare quel rigido rispetto dell’etichetta che tanto detestava, mettendo in luce il vero carattere di una persona. Allo stesso modo in cui un archeologo, non dando troppo peso al tempo, con pazienza e cura, riporta alla luce un pezzo della storia del passato.

Quel confronto la fece sorridere.

Edward la vide avvicinarsi, con quell’espressione serena e tranquilla che lo aveva tanto affascinato a Pompei. Anche allo scavo, era rimasto colpito dalla sua bellezza discreta ma ora, in quel salottino, aveva l’impressione che fosse ancora più bella.

Forse per via dell’abito che portava: un verde bosco che esaltava il castano dei capelli e il caldo cioccolato dei suoi occhi.

Miss Swan si avvicinò al suo visitatore, notando, non senza piacere, il sincero interesse che traspariva dai suoi modi. Doveva tenere alla sua presenza: non abbastanza forse da lasciarle credere che vi fosse un sentimento ad animare le sue mosse ma sufficiente per spingerlo a raggiungere Amalfi.

-Siete davvero convinto di volermi invitare?- mormorò- Potrei non essere la compagnia adatta.- Non lo era infatti e, dato che si era preso il disturbo di venire da lei, non trovava giusto non avvertirlo. Non aveva ancora superato i continui rimproveri materni sulla sua condotta: sapeva essere infatti troppo arguta e diretta per poter essere definita una gentildonna nel vero senso del termine. Se aveva ecceduto nella sincerità, ciò era causato dal bisogno di non mettere quell’uomo in imbarazzo.

Edward le rivolse un sorriso strano, una smorfia storta, simile ad un ghigno.

Bella non aveva mai visto un uomo fare una simile espressione. Nella buona società londinese, si trattava di un gesto provinciale che il bon ton evitava con estrema cura.

–Sapete che cosa ha permesso di trovare Pompei?- domandò.

-La Fortuna?- provò a rispondere Isabella.

Mr. Cullen si stiracchiò e per un momento, le sue braccia dettero l’impressione di toccare il soffitto della casa.

–Anche- concesse- ma non è solo questo.-

Vedendola sorpresa, proseguì. -Non basta una buona disposizione di circostanze per trovare un luogo simile. Occorre passione, dedizione e perseveranza.-

Bella si mise a sedere. Le iridi verdi dello studioso parevano attraversate da una strana luce, che le gettò addosso brividi di aspettativa. Erano simili a quando parlava di quella città sepolta.

-La passione- iniziò Edward –è il fuoco che, dopo la ricerca, permette di non perdere il contatto con ciò che si ama fare. Una mistione perfetta tra il cuore e la ragione: il primo sente qualcosa verso l’elemento che suscita un determinato stato d’animo; il secondo, invece, riconosce e cataloga tale reazione. E’la scintilla che spinge l’archeologo a studiare una determinata materia.-

La dama non rispose. Aveva riconosciuto quella facoltà in quell’uomo, mentre le mostrava i vari edifici.

-La dedizione, invece, viene dopo la passione. Se la prima è una scintilla, non potrete negare che essa può affievolirsi in ogni momento. Le difficoltà nell’archeologia sono tante. Non sempre le notizie che abbiamo sono vere e precise. Il rischio di fallire è sempre qualcosa di molto concreto. Per questo, non bisogna arrendersi né perdere fiducia verso ciò che ci ha spinto ad intraprendere la via agli inizi.- continuò.

Anche questa volta, Miss Swan, ricordando il modo in cui si era preso cura di lei, in quel determinato momento di difficoltà, dopo essersi persa ed infortunata, non poté che dargli ragione.

-La terza, invece- concluse, guardandola divertito- è la dote più rara. La perseveranza è simile alla dedizione ma si distingue da questa per il fatto che si tratta di una ricerca che nasce dalla convinzione che una determinata cosa esista, senza disporre di basi troppo concrete.- Isabella lo vide avvicinarsi nuovamente a lei e, quando la sua ombra la ricoprì, come se fosse una coperta scura, sentì una bizzarra sicurezza, come se questi fosse lì per proteggerla.

-Cosa vi dà la sicurezza che io accetterò il vostro invito?- domandò.

Edward la guardò, fissando, non senza soddisfazione, come quella donna, dal punto in cui si trovava, sembrasse piccola e fragile. –Voi avete abbattuto le mie difese quel giorno- rispose- non dovete pensare che io mi comporti con una gentildonna nel modo che ho usato con voi. Non sono solito discutere con una donna delle cose che mi appassionano, perché non vengono comprese e, spesso, cadono nel vuoto. Per questo, le tengo a distanza, onde non ricevere delusioni, ma questo mi impedisce di avere un contatto vero con le persone. Ho visto in voi un essere simile a me, per quanto la cosa sia strana e non sappia se davvero avete la mia cultura, oppure sia solo un’illusione che la mente mi ha lanciato. Se non vorrete accettare la mia proposta, sappiate che tornerò di nuovo qui, per invitarvi…fino a quando non mi direte di sì.-

Bella gli rivolse un sorriso felino.

-Potrebbe volerci del tempo.-lo avvisò.

Mr. Cullen fece spallucce. –Aspetterò. Del resto, non hanno scoperto quei palazzi antichi in un giorno e se Pompei ha passato secoli sottoterra, prima di vedere la luce, posso attendere pure io.- disse, con uno sguardo sicuro.

Miss Swan rimase sorpresa. Non le stava facendo alcuna pressione, né le imponeva nulla. Come durante quella visita, le si era rivolto in modo diretto e deciso, senza darle ordini. Le stava davvero lasciando il tempo di pensarci e di essere seriamente interessato a conoscerla come persona. –Avete uno strano modo di proporre le cose- disse, sorridendo- e mi trovo costretta ad accettare. Ho troppa pena per le vostre ammiratrici per permettervi di ripresentarvi a loro come un vecchietto privo di ogni attrattiva. Temo proprio che dovrò sacrificarmi.-

Gli occhi di Edward si illuminarono. –Anche la vostra maniera di accettare è inconsueta- gli fece notare.

Bella, per tutta risposta, rise. Erano strani entrambi, non aveva dubbio…e questo la fece pensare. Non aveva mai davvero preso in molta considerazione l’idea di un possibile marito. Sua madre, fin dall’inizio, aveva sempre dato segno di volersene occupare di persona…con risultati pessimi, a giudicare dalla scelta caduta su Jacob.

Da allora, aveva smesso di vedere nel matrimonio la fine del suo limbo sociale, decidendo di cercare da sola la propria realizzazione come persona. Se mai avesse voluto un compagno, desiderava che la rispettasse non solo fisicamente ma anche per quello che la sua mente era capace di pensare.

Edward era comparso allora.

Colto, simpatico e sensibile: pareva l’uomo perfetto.

Bella era convinta che fosse opportuno dargli una possibilità, soprattutto perché le sue parole non davano segno di un impegno ufficiale. Non le aveva chiesto altro che di accompagnarlo.

Sembrava tutto privo di rischi, anche se lo spettro delle conseguenze dovute al rifiuto di sposare Jacob continuava tuttora a minare le sue sicurezze. Non lo amava eppure non poteva negare a sé stessa che, accettando di aiutare l’amico a coronare il suo sogno d’amore, si era trovata ad essere considerata come un peso dalla propria famiglia. Aveva perso la stima di sua madre e temeva di dover rinunciare, qualora si fosse ripetuta la stessa vicenda, anche a quella paterna.

Aveva detto di sì, comunque.

Aveva accettato il rischio che quei sentimenti, germogliati pochi giorni fa, iniziassero a svilupparsi nel proprio cuore, convinta di avere la possibilità di tornare indietro.

Non sapeva se ne valeva la pena.

Non era un’indovina ma di una cosa era sicura.

Edward era una persona che meritava di essere conosciuta e lei non aveva alcuna intenzione di rinunciarvi.

Fortuna avrebbe deciso,  se farglielo vedere come un amico…oppure come qualcosa di diverso.

 

 

 

 

Valutazione della storia

 

Grammatica:14punti

 

Originalità:13punti

 

Caratterizzazione dei personaggi:8punti

 

Sviluppo della trama:14punti

 

Gradimento personale:13punti

   
 
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Twilight / Vai alla pagina dell'autore: controcorrente