“Dovreste
vedere le
rovine, cara figlia!”diceva
con entusiasmo suo padre, nelle lettere che riceveva ogni mese “Venite con me a Napoli. Sue ed io saremo
ben lieti di potervi ospitare, per tutto il tempo che
vorrete.”
Isabella
si guardava attorno, piena di meraviglia, tentando di trovare in
ciò che vedeva
una conferma dei racconti del genitore…e non poteva fare
altro che dargli
ragione.Napoli era una città bellissima, con un mare azzurro
ed un bagaglio di
storia che non avrebbe mai immaginato potesse esistere in un solo
luogo. Un
insieme di case disordinate, di vicoli confusi tra loro, in un
intrigante gioco
di luci ed ombre che si delineava in tutta la sua forza accanto ad
edifici
barocchi, chiese romaniche e palazzi rococò. Un labirinto
simile a quello di
Minosse, dove si annidavano meraviglie e cose insolite e uniche. Un
mondo
oscuro e solare al tempo stesso, ben diverso dalla fumosa
città bagnata dal
Tamigi.
A
quel pensiero, la ragazza scosse la testa.
Londra
non era certo il luogo che voleva ricordare, non almeno in quel momento.
Era
la città, immersa nella nebbia, dove aveva frequentato
Era
il posto dove aveva conosciuto Jacob, ottenendo solo scandalo e
vergogna.
Un
posto che aveva lasciato senza eccessivi rimpianti. Ora poteva davvero
rilassarsi e sperare di voltare pagina, insieme a Sir Swan e la signora
Sue
Clearwater, la donna con cui suo padre conviveva da tempo, dopo aver
divorziato
da sua madre, Lady Renée Lefevre, una dama spocchiosa ed
arrogante, i cui modi
l’avevano spesso e volentieri messa in imbarazzo.
Lunatica,
bizzosa e indisponente, era in grado di rendere la vita del prossimo un
autentico inferno, qualora il malcapitato non avesse chinato la testa
di fronte
ai suoi voleri. Bella l’aveva sopportata per mesi, durante le
vacanze estive, e
poteva dire che la sua genitrice aveva messo più volte alla
prova la sua
pazienza, in molte occasioni. Ora però, dopo la penosa
conclusione del suo
fidanzamento, le capacità oppressive della donna si erano
notevolmente
intensificate, creando non pochi disagi. Renée, dopo il
fatto, non perdeva
occasione per esprimerle il suo disappunto, sottolineando come la sua
presenza
fosse motivo di biasimo nei salotti della buona società.
Per
questo motivo, stanca di ricevere la sua disapprovazione e disappunto,
aveva
deciso di accettare l’invito di suo padre ed ora, passati i
primi giorni
dall’arrivo, non riusciva a pentirsi di una simile scelta.
La
villa in cui viveva Sir Swan era molto graziosa e confortevole, situata
nei
pressi del borgo marinaro di Amalfi. Sue, la nuova compagna del padre,
la
ospitava lì, insieme ai suoi due fratellastri: Leah, una
bambina di nove anni e
Seth, un vivace scricciolo di sette primavere. Aveva passato i primi
giorni in
loro compagnia, facendo alcuni schizzi della baia che vedeva poco
distante
dalla casa di suo padre.
Le
piaceva disegnare.
L’aiutava
a rilassarsi, come in quel momento.
La
nuova moglie di suo padre spesso la guardava divertita, come se quella
sua
attività fosse per lei qualcosa di bizzarro.-Avete uno tocco
felice nel
ritrarre ciò che vi circonda.- commentò un
giorno, mentre lei si trovava
immersa nella riproduzione di una pianta di limone.
Bella
sorrise.
-Alla
Bedford’s non c’erano molti passatempi. Questo era
uno dei pochi per cui non
avrei incontrato troppi pareri contrari.- rispose, tenendo la testa
bassa. Era
vero. A Londra, l’etichetta e le pressioni materne le avevano
impedito di fare
molte cose. Il disegno era forse tra le poche attività che
aveva avuto la
fortuna di continuare.
-Credo
che abbiate un notevole talento, Miss- fece Sue, rivolgendole
un’occhiata
affettuosa -in questi giorni avete fatto dei ritratti dei miei bambini
e posso
dire che è assai difficile raffigurare i miei piccini in
modo così…tranquillo e
sereno.-
Bella
rise. Leah e Seth erano dei bambini discoli ma le faceva piacere stare
in loro
compagnia. Sempre meglio che rimanere a Londra, insieme a sua madre ed
al suo
compagno. Dopo la rottura del suo fidanzamento con Jacob,
Renée le aveva
rivolto solo sguardi sprezzanti e rabbiosi, ritenendola colpevole della
fine di
quell’alleanza così redditizia. Era impossibile
non pensarci, anche ora che si
trovava a miglia di distanza dal suo sguardo.
-Vi
sono grata, Miss Sue- rispose, scacciando da sé uno dei
motivi del suo malumore-
ho sempre nutrito il desiderio di visitare l’Italia e non
posso che esservi
riconoscente per questa ospitalità.-
-Non
dovete assolutamente pensarlo- si schermì questa,
imbarazzata-Charlie è un uomo
notevole…se ne trovano pochi come lui. Avervi in casa
è per me un piacere. Ho
notato però che non siete uscita molto spesso, sebbene sia
passato del tempo.-
Isabella
si morse il labbro. C’erano molte bellezze in quel mondo,
così diverso dalla
grigia Londra.
Il
mare, scuro e cristallino al tempo stesso.
Il
profumo, dolce e pungente al tempo stesso, da dei frutti dorati che
crescevano
sugli alberi e che aveva scoperto chiamarsi limoni.
Accettare
l’offerta di suo padre era stata una delle scelte migliori
che avesse mai fatto,
non aveva dubbi in proposito.
–Volevo
dirvi che la prossima settimana mi recherò nella villa di
una mia cara amica.
Il suo nome è Sulpicia Volturi e mi ha invitato nella sua
residenza. Vuole
portarmi a vedere i risultati degli ultimi scavi della città
di Pompei. Credo
che sarebbe un’ottima occasione per te…per
esercitare la vostra abilità.-la
informò la padrona di casa, con i suoi modi decisi e gentili
al tempo stesso.
Sulpicia
Volturi era una ricca dama romana. Moglie dell’abile e
fascinoso Aro Volturi,
possedeva una cospicua dote, in denaro e possedimenti nello Stato
Pontificio,
nella campagna di Tivoli e nei pressi di Palestrina. Molto avvenente,
con una
chioma bionda e due occhi chiari e intelligenti, aveva dato inizio, fin
dagli
albori del suo matrimonio, ad un’intensa attività
di mecenate. Le malelingue
sostenevano che fosse per mettere a tacere le scappatelle del consorte,
ma la
ragazza inglese non sapeva quanto vi fosse di vero in quelle
parole…e, in tutta
sincerità, non le interessava nemmeno.
-Oh-
fece la nobile, venendole incontro- mia cara Sue, siete come sempre
incantevole! Come sta il caro Charlie?-
-Magnificamente-
rispose la signora Clearwater Swan –silenzioso come un sasso
e gentile come una
brezza di primavera!-
Le
due donne risero, mentre Bella scendeva, guardandosi attorno. Come le
aveva
detto la matrigna, erano giunte a Pompei. La ragazza si morse il
labbro,
sistemandosi meglio il cappellino che aveva indossato, per proteggersi
dal
sole. Aveva sentito parlare varie volte di quel luogo. Il merito era
soprattutto di suo padre, che la teneva informata tramite le lettere.
Sua
madre, infatti, non gradiva certi argomenti. Li considerava non
appropriati ad
una signorina per bene.
A
quel pensiero, sospirò.
Guardò
la signora Volturi, che fino a quel momento aveva conversato con Sue,
voltarsi
verso di lei. –Dunque voi siete la figlia del buon vecchio
Charlie?- fece,
sorridendole garbata.
-Si,
signora- rispose- mi chiamo Isabella Marie Swan. Piacere di conoscervi.-
-Siete
la benvenuta a Napoli. Spero che la permanenza in questa terra
benedetta vi sia
di giovamento. La mia amica Sue mi ha riferito che siete piuttosto
dotata nel
disegno.- disse Sulpicia, rigirandosi tra le mani
l’ombrellino, con fare
vezzoso.
-Non
sono poi così brava- si schermì la ragazza
–non ho avuto dei maestri che mi
abbiano insegnato adeguatamente.-
La
signora Volturi le sorrise di nuovo. –L’assenza di
nozioni accademiche non deve
essere considerata un difetto.- fece, indicandole con un cenno le mura
antiche
degli edifici, ancora per metà sommerse- Qui avete di fronte
a voi la storia,
Miss Isabella. Nessun precettore pedante, nessun bigotto maestro: solo
il
sapere di questo antico popolo da cui abbiamo l’onore di
discendere e che il
buon Dio ci ha dato l’occasione di conoscere.-
Isabella
si guardò attorno, leggermente spaesata. Era certa di star
seguendo la signora
Volturi…ed ora non vedeva più nessuno intorno a
lei.
Si
era fermata un momento, per fare degli schizzi. Aveva notato la statua
di un
putto, semicoperta dal tufo e dal muschio e, quasi senza rendersene
conto,
aveva estratto il carboncino, iniziando a disegnare.
Il
ritratto dal vivo le aveva però portato via non poco tempo
ed ora non sapeva dove
andare. La comitiva guidata dalla signora Volturi era sparita.
-E
adesso? Che cosa faccio?- fece, fissando il viso sorridente del
fanciullo di
pietra, come se questo potesse risponderle.
Si
trattava pur sempre di una città, per quanto abbandonata.
Senza
contare che aveva un po’di caldo. Non si era ancora abituata
al clima di Napoli
e doveva ammettere che a Londra il clima non era così mite,
nemmeno nei mesi
più estivi. Improvvisamente, si alzò il vento e
Bella, nel tentantivo di tenere
bassa la gonna, allentò la presa sulla custodia dei disegni.
Fu allora che una
folata, più forte delle altre, fece volare via alcuni fogli.
-NO!
I MIEI SCHIZZI!- esclamò. Il pensiero di essersi persa se ne
andò via e, in un
attimo, la preoccupazionde di recuperare ciò che aveva
creato, con tanto
impegno, le dette nuova energia, mettendole le ali ai piedi. Corse e
corse per
i vicoli, seguendo la scia di quelle pagine.
Lì
dentro c’erano i ritratti delle sue amiche di collegio, di
sua madre…e anche di
Jacob.
No,
non poteva perderli.
Superò
alcune piazzette ed edifici ancora imprigionati nella terra.
Camminò e camminò,
fino a quando il terreno sotto i suoi piedi finì, facendola
cadere.
-Ahi!-esclamò,
mentre il suo corpo era trascinato a terra dalla forza di
gravità.
Passò
qualche secondo, in un silenzio rotto solo dalle cicale degli ulivi che
crescevano vicino al sito. Istintivamente gettò
un’occhiata attorno. Presa
dalla fretta di recuperare i disegni, non aveva fatto caso a dove
metteva i
piedi.
Lo
guardò attentamente il piano freddo su cui si trovava ora,
notando con sorpresa
che si trattava di un disegno. Timidamente, accarezzò la
superfice. Era un
mosaico, che raffigurava una donna alla guida di un cocchio trainato da
delfini.
Isabella
lo osservava rapita, tracciandone i contorni con la mano, come se
avesse a
disposizione un qualcosa su cui ritrarlo. Non ne aveva mai visti di
simili.
-E’bellissimo
questo pezzo, non è vero?- fece improvvisamente una voce
bassa e maschile.
La
giovane donna si voltò, sussultando. Non si era accorta che
c’era qualcuno alle
sue spalle e, in cuor suo, sperò che non fosse qualche
malintenzionato. L’uomo
che le aveva parlato era un uomo alto e dal fisico atletico, con una
chioma
bronzea disordinata, un viso dai tratti decisi non perfettamente rasato
ed un
paio di occhi verde profondo.
Bella
lo guardò, imbambolata.
“Non
male, per essere un manigoldo” si ritrovò a
pensare. –Non ho denaro con me-
rispose, ben decisa a mettere le cose in chiaro.
Lo
sconosciuto inarcò un sopracciglio.
-Veramente-
fece, grattandosi la testa- non sono un ladro…e voi,
signorina, siete finita in
una zona che non è aperta ai visitatori.- Isabella si
guardò attorno e solo
allora, vide le transenne che cingevano quell’area. Non li
aveva minimamente
notati.
-Stavo
cercando i miei disegni- si giustificò - il vento li ha
trascinati in questa
direzione ed io non ho visto questa barriera…mi dispiace.-
Fece
per alzarsi, ben decisa ad andarsene, ma la caviglia sembrava pensarla
diversamente. Ne ebbe la conferma nel momento in cui tentò
di poggiarla a
terra.
-Accidenti!-borbottò,
accasciandosi di nuovo al suolo.
-Vi
fa male la caviglia?- domandò questi, vedendo il suo viso
contorcersi in una
smorfia di fastidio, dovuta alla distorsione. –La aiuto io,
se vuole.- fece e,
senza darle il tempo di rispondere, se la mise sulle spalle.
Isabella
era allibita.
Mai
nessuno si era preso simili libertà con lei.
–Non…non dovete
preoccuparvi!-esclamò, divincolandosi imbarazzata.
-Non
se ne parla!- esclamò questi, tenendola stretta.
Bella
rimase qualche secondo basita. Quell’uomo affascinante
l’aveva sollevata come
se fosse una bambola di pezza, mettendola in una posizione piuttosto
disdicevole. Senza contare che, in quel modo, poteva sentire
distintamente
quella schiena muscolosa su cui era appoggiata, insieme al profumo di
polvere
che quel corpo emanava.
-E
va bene- si arrese, frenando i brividi che quel contatto le procurava
–devo
raggiungere il gruppo della signora Volturi e, forse, il vostro aiuto
mi sarà
utile. Conoscete almeno la zona?-
L’uomo
rise divertito.
–Temo
proprio di sì- rispose- dal momento che mi occupo degli
scavi.-
-Siete
un archeologo?-domandò la donna.
L’altro
annuì. –Mi chiamo Edward Cullen, voi?-chiese.
-Isabella
Marie Swan- rispose, fissando quel collo mascolino.
-Signorina
Swan- fece questi, con fare quasi galante- vi va di fare un giro con me
per
questa città sepolta? Troveremo la signora Volturi, ve lo
prometto.-
La
giovane inglese rifletté un momento. Non conosceva nessuno
lì e non aveva
intenzione di aspettare che
Edward
rise, divertito.
-Avete
la mia parola- rispose, prima di iniziare il giro. Seguirono il
percorso del
vento, nella speranza di trovare anche quegli schizzi. Bella guardava i
vari
edifici. alcuni dei quali parzialmente riportati alla luce.
L’archeologo gli
spiegava quali fosse lo scopo delle diverse costruzioni.
-…Siamo
ancora agli inizi- andava dicendo, con un tono convinto –ma
questa scoperta sta
portando molti frutti alla branca che stiamo studiando.-
La
signorina Swan lo guardava affascinata. Mentre raccontava le vicende
della
ricerca e la storia di quelle rovine, aveva una strana luce negli
occhi, che lo
rendeva ancora più bello di quanto non fosse. Si chiese se
avrebbe mai guardato
una donna in quel modo e quel pensiero, stranamente, le
gettò addosso una
profonda inquietudine. No, non avrebbe mai guardato una persona del suo
sesso
così, in maniera tanto devota.
-Siete
piuttosto silenziosa miss Swan- disse, dopo un po’.
-Scusate-
rispose – ma il vostro racconto su questa città e
sul vostro lavoro mi hanno
colpito molto. E’bello incontrare una persona così
appassionata nello svolgere
qualcosa che ama fare.-
L’archeologo
si fermò un momento.
-E’sbagliato?-
domandò, come cadendo dalle nuvole.
Bella
rimase un momento perplessa. Perché gli stava dicendo in
quel modo? Che lo
avesse offeso? –Non penso- fece, scuotendo la testa.
Per
qualche tempo, nessuno dei due parlò e quel silenzio,
così improvviso, non le
piacque. –Se vi ho fatto qualche torto, vi prego di dirmelo,
Mister Cullen.-
fece alla fine, stanca del suo mutismo- Mi avete aiutato in un momento
di grave
difficoltà, senza nuocere alla mia persona. Al contrario,
sarei io a dovervi
chiedere scusa… se non altro, per aver interrotto il vostro
lavoro.-
Edward,
si voltò.
-Siete
piuttosto diretta. Forse le scuole inglesi hanno perso il loro tocco?-
domandò
ironico.
Isabella
guardò quelle iridi verdi e profonde. Una colorazione che le
trasmetteva in
quel momento una profonda serenità.
–Nei
collegi si insegna a non pensare. Non serve per trovare un marito.
Basta avere
una dote. Non lo sapete?-chiese, sul medesimo tono.
La
risata di Edward aumentò.
-Sono
lontano dall’Inghilterra da molto tempo- fece ghignando- e
comunque il vostro
modo è insolito. Non pensate che il vostro promesso possa
aversene a male se
sentisse simili parole sul matrimonio?-
Isabella
si fece improvvisamente seria e quella luce calda, che
l’archeologo aveva
intravisto in quelle iridi castane si dissolse in un attimo.
–Non è un
problema. Il mio fidanzato mi ha lasciato.-disse con fare incurante.
Edward
si bloccò, osservando incerto la giovane donna che portava
sulle spalle. Ne
scrutò i lineamenti gentili, incorniciati da alcuni ciuffi
marroni. Era così
preso dalla conversazione che non aveva fatto caso al suo aspetto. Era
piuttosto bella e non si capacitava del fatto che fosse stava
abbandonata. –Il
vostro fidanzato è stato uno sciocco.-fece alla fine,
tentando di uscire dalla
situazione imbarazzante che, senza volerlo, aveva provocato.
Isabella
sorrise comprensiva.
-Si
chiamava Jacob ed era mio amico d’infanzia. Ci siamo sempre
voluti bene ma si
trattava di un rapporto fraterno, nulla di più. Mia madre lo
aveva scelto per
me ma entrambi sapevamo che non era quello che desideravamo. Quando,
qualche
tempo fa, poco prima del fidanzamento ufficiale, mi ha confidato di
essere
innamorato della sua vicina di casa, mi ha chiesto scusa, dicendomi che
avrebbe
comunque tenuto fede ai progetti delle nostre famiglie. Io
però non ho
accettato.-fece seria.
-Non
volevate essere messa da parte?-chiese l’archeologo ma, di
nuovo, Bella scosse
il capo. Neppure per un istante, la giovane perse quella luce serena e
pacata.
-No.
Jacob ed io ci volevamo molto bene ma non potevo permettere che si
sacrificasse
a quel modo. Se ci fossimo sposati, come mia madre e i suoi genitori
volevano,
quello splendido rapporto di una vita si sarebbe rovinato. Lui non mi
amava
come una donna…ed io nemmeno. Come potevo anche solo pensare
di condividere lo
spazio con questa persona, sapendo ciò? Che cosa avrei detto
ai miei figli,
qualora li avessi avuti, una volta divenuti grandi? Che esempio
potevamo mai
essere? –fece convinta –E’stato meglio
così.-
-Ma
in questo modo- fece stupito l’altro- siete stata voi a
rimetterci.-
Isabella
lo guardò, non potendo fare a meno di sorridere.
Quell’uomo pareva molto
preoccupato per lei, sebbene non la conoscesse. Non aveva mai confidato
a
nessuno questo suo gesto, anche se non dubitava che suo padre avesse
intuito
qualcosa: Lord Swan non era mai stato tanto entusiasta di quel progetto
ma,
dopo il divorzio, aveva lasciato Londra e non aveva più
avuto molta voce in
capitolo sulla sua vita. Non si fidava molto delle decisioni di
Renée ma era
convinto che, una volta al collegio, la sua volubile consorte avrebbe
cambiato
idea. Inutile dire che si sbagliava.
Edward
era la prima persona a cui confidava un simile retroscena.
-Preferisco
perdere un marito-continuò- piuttosto che dire addio ad
un’amicizia così
sincera.-
L’archeologo
non commentò, troppo stupito dalla schiettezza di quella
dama inglese.
Percorsero
le viuzze, mentre l’aria portava con sé
l’odore del sale. Il mare non era molto
lontano, anche se gli edifici nascondevano tutto. Il Vesuvio, invece,
era
decisamente vicino, tanto da dare ad Isabella un’oscura, ma
tangibile,
inquietudine. Istintivamente si strinse alla schiena
dell’archeologo.
-Avete
freddo?-domandò l’uomo, fermandosi un momento.
Per
tutta risposta, Bella si appoggiò maggiormente. Sua madre
l’aveva sempre
considerata un po’bizzarra…e non era la sola. Non
era molto brava a versare
battute di circostanza nei salotti londinesi e non era nemmeno portata
chissà
quanto nel ballo. Aveva solo il disegno e quella sensibilità
così grande da
annullare, talvolta, la sua consueta timidezza. –Guardavo
quel vulcano…e
pensavo.-rispose.
-Avete
paura del Vesuvio?- domandò Edward, inarcando un
sopracciglio.
-Un
po’, ma non molto…e sapete perché?
Perché se anche Pompei venisse nuovamente
sommersa, ora, in questo momento, non sarei
sola…perché voi sareste con
me.-disse, fissandolo fiduciosa.
Edward
guardò la finta montagna.
Una
sagoma scura e apparentemente placida che sembrava incombere sulla
città
sepolta.
-Siete
una persona quanto mai bizzarra- commentò, riportando lo
sguardo sulla strada.
Bella
sospirò.
-Non
siete il solo a dirmi una cosa del genere.- fece, prima di avvicinarsi
a quelle
iridi che le ricordavano tanto gli smeraldi del collier di sua nonna
–credete
che sia un male?-
L’archeologo
rise. –Non saprei- rispose, facendo schizzare le iridi verso
il cielo estivo.
–Di certo- continuò, spostando la sua attenzione
nuovamente sulla strada –non
ci si annoia in vostra compagnia.-
La
lady inglese non rispose.
Puntò
gli occhi sugli edifici intorno a lei. Una massa di costruzioni
rigettate
parzialmente dalla terra, come se fossero state solo abbozzate dalla
mano di un
artista. –Mia madre mi ha sempre biasimato per questo. Isabella, non siete affatto portata per ballare!
Come potete pretendere
di conquistare un uomo? E questa vostra mania di scarabocchiare, poi!
Credete
di attrarre qualcuno in questa maniera?Non faceva altro che
dirmi in questo
modo…ma che ci posso fare? Io amo il disegno! Mi permette di
riportare alla
luce immagini da un foglio bianco…come fate voi con la
vostra archeologia…a lei
però non interessa nulla di tutto questo. Vuole solo farmi
sposare qualcuno,
così da potersi liberare di me e godere appieno del suo
nuovo matrimonio.-
fece, non senza fastidio.
Edward
la guardò nuovamente, soffermandosi su quel viso armonioso
incorniciato da una
chioma castana. Era piuttosto graziosa quella giovane. Diretta e
sincera in
modo quasi disarmante. Non ne aveva viste molte, di fanciulle in quel
modo.
Forse
sua cugina Alice, anche se doveva ammettere che quella lady non
possedeva la
medesima esuberanza, per sua fortuna.
-I
vostri genitori sono divorziati?- domandò stupito. Un simile
episodio poteva
rovinare la reputazione della famiglia e spesso i coniugi preferivano
separarsi
di fatto, senza annullare il matrimonio.
-
E’così- rispose Isabella, guardandolo triste.
L’archeologo
la fissò. Si chiese se avesse sofferto per una simile
circostanza, se avesse
mai provato risentimento per le conseguenze che una scelta
così radicale
avevano avuto sulla sua condizione.
Isabella
parve accorgersene.
-Provate
pena per me?- chiese –Se è così, non
avete motivo di affliggervi. Il matrimonio
dei miei genitori era stato deciso dai miei nonni per motivi di
interesse. Mio
padre e mia madre avevano caratteri assolutamente incompatibili.
Passavano i
giorni ad ignorarsi…se mai si sono voluti bene, questo
affetto è certamente
iniziato quando hanno deciso di troncare questa unione. Io sono
contenta che
loro abbiano deciso in questo modo. Non avrei sopportato di vivere in
una casa
tanto fredda.-
Erano
ormai giunti in un’immensa piazza, circondata da edifici
parzialmente
diroccati. Qua e là sorgevano pezzi di colonna, insieme a
costruzioni ancora
per metà sepolte. Sopra e intorno ad esse, invece, cresceva
l’erba.
Miss
Swan si guardò attorno, beandosi della brezza salmastra che
spirava lì. Edward
la aiutò a sedersi su una di quelle pietre e, pigramente si
stiracchiò. La dama
lo fissò un momento. Quel gesto, così rilassato,
lo faceva sembrare più alto di
quanto già fosse.
-Vi
sembro bello, signorina?- domandò ironico.
Isabella
tacque. Un silenzio che gonfiò l’ego dello
studioso. Era stato più diretto del
solito, convinto forse che, in questo modo, la giovane, imbarazzata,
avrebbe
smentito le sue parole. In fondo, c’era sempre un limite
oltre il quale una
donna non si sarebbe mai spinta. Non per pudore o decenza, ma per quel
fare
bigotto che lo aveva da sempre irritato, spingendolo a ridurre
qualsiasi
contatto con l’altro sesso a rapporti cordiali e per nulla
compromettenti.
Quella
damina inglese si era rivelata quanto meno originale, del tutto fuori
dai
canoni dell’ideale di donna che tanto andava di moda. Edward
non aveva
intenzione di corteggiarla, benché fosse una persona
piuttosto gradevole. Era
andato in Italia per seguire la sua passione per la storia, non per
sedurre
fanciulle…o almeno così tentava di convincersi.
Isabella
si spostò un ciuffo dietro i capelli poi, di nuovo,
fissò l’archeologo.
–Sì.
Oggettivamente parlando, voi, signore, siete un uomo molto attraente.
Non posso
negarlo, dal momento che la vostra domanda diretta esige una risposta
di
altrettanto livello.- disse sicura.
Edward
tacque, non senza imbarazzo. Sapeva di avere fascino ma era troppo
umile per
prestargli la dovuta attenzione. Non era ancora abituato ai
complimenti,
soprattutto così diretti… detti da una donna,
poi!
-Siete
molto schietta, a quanto vedo.- rispose, non appena si riprese dalla
sorpresa.
Bella,
lo guardò. Il viso di Mister Cullen era illuminato dalla
luce di quel sole
estivo, creando un intrigante effetto chiaroscuro ai suoi lineamenti
marcati. La
chioma, invece, in quella particolare inclinazione, emanava dei
riflessi
bronzei. Non ne aveva mai viste di simili.
-Dico
solo la verità-rispose- è sbagliato?-
Edward
distolse per un momento lo sguardo. Le iridi di Miss Swan sembravano
più scure
del solito, come se fossero gli occhi senza fondo della Bocca della
Verità, che
aveva visto a Roma prima di raggiungere Napoli. Si sentì
quasi travolto,
investito da quel marrone, come quando, da bambino fissava rapito il
vuoto
oltre la scogliera vicino alla propria casa.
Perché
gli occhi di Miss Swan erano l’abisso, lo stesso dove il suo
animo spesso e
volentieri si perdeva. Una direzione strana ma non per questo errata.
Ugualmente
si tirò indietro.
Quella
conversazione lo stava portando ad uscire fuori, più di
quanto si sarebbe
aspettato…e non sapeva se esserne
felice
oppure no.
-Non
lo so. Sono comunque certo che chi vi sposerà,
sarà un uomo fortunato. Siete
unica Miss Swan.-rispose.
Bella
scosse il capo. –Se tutti fossero meno ostili alla
sincerità, io non sarei
davvero così speciale come dite. E comunque, non credo che
mi sposerò.- rispose,
quasi schermendosi.
Edward
la guardò incuriosito.
-Per
quale ragione, se è lecito chiederlo?- domandò.
La
dama sbuffò. –Ho ventitre anni e, dopo lo scandalo
del mio amico Jacob, la mia
reputazione è certamente compromessa. Non ho ricevuto
proposte da allora, anche
se temo che mia madre ed il mio patrigno faranno il possibile per darmi
in
sposa a qualche vecchio vedovo…e non mi va. A questo punto
preferisco rimanere
zitella. Non voglio essere solo un trofeo da esposizione,
né, tantomeno, un
banale strumento per generare degli eredi. Mia madre dovrà
rassegnarsi.-
rispose, con un tono a metà strada tra il convinto e
l’esasperato.
Alzò
la testa al cielo.
-Io
non sono solo una bambolina da agghindare. Iddio mi ha dato un
cervello,
un’anima…possibile che non la veda nessuno?-fece,
fissando distratta quel blu.
Edward
si alzò.
-
L’anima non si vede.- rispose l’altro-
E’qualcosa d’intangibile ed etereo.
C’è
chi la vede come qualcosa di fittizio, chi invece come sinonimo della
Ragione.-
-E’vero
- concordò l’altra – eppure Mister
Cullen, come potete spiegarvi il fatto che
delle persone, secoli fa, abbiano costruito una simile
città? Può anche non
essere l’anima ma, di certo, quegli uomini che hanno ideato
tutto questo,
dovevano avere certamente qualcosa di speciale.-
L’altro
non ribatté.
Proprio
in quel momento, la campana della chiesetta poco distante
suonò. Edward scattò
in piedi, ricordandosi solo in quel momento delle sue mansioni.
–Perdonatemi,
Miss- fece- ma devo tornare al mio lavoro. Questa è la
piazza più importante di
Pompei. La comitiva che avete perso passerà di qui tra
mezz’ora. Succede sempre
così: quando il campanile dell’edifico religioso
rintocca, come avete sentito
qualche istante fa, i visitatori si fermano sempre qui. Grazie per la
piacevole
conversazione ma sono costretto ad andarmene.-
-Sono
io a dovervi essere grata. Senza di voi non sarei mai arrivata qui.-
rispose,
salutandolo a sua volta-
Edward
gli rivolse un sorriso storto poi, dandole le spalle si
allontanò.
Erano
passati alcuni giorni da quell’incontro e Bella, sebbene
fosse circondata da
cose strane e magnifiche, per nulla inglesi, non smetteva di pensare a
quell’archeologo. Come questi aveva detto, la comitiva era
passata dalla piazza
principale, nemmeno venti
minuti dopo
essere stata lasciata sola.
Sue
l’aveva sgridata non poco per essersi allontanata e,
d’accordo con suo padre,
l’aveva messa in punizione. Come se, con la storta che aveva
avuto, potesse
permettersi troppi movimenti.
In
quella reclusione forzata, intanto, la sua fantasia correva minacciosa.
Il viso
di Mr. Cullen, l’incontro
che aveva
avuto con questi le mettevano addosso una strana agitazione e non
riusciva a
smettere di pensarci.
Non
era mai stata brava con le sue emozioni e, di certo, il mondo in cui
aveva
vissuto, non favoriva questo genere di cose. Bella si era sempre
sentita quanto
mai fuori posto, nella rigida società londinese e, pur
adeguandosi, non era mai
stata propensa ad essere sincera con gli altri, quanto lo era con
sé stessa. Almeno
con la propria anima, non poteva non negare di essersi sentita viva, in
compagnia di quell’uomo.
Non
l’aveva mai messa a disagio, anzi. Era stato come aver a che
fare con quella
parte di anima che Zeus, secondo Platone, aveva scisso, allontanandola
dalla
sua metà…un pensiero che le gettò
addosso una certa tensione. Non sapeva se lo
amava. Era troppo presto per dirlo.
Non
credeva a quei romanzetti di appendice che tanto piacevano a sua cugina
Jessica.
Non
viveva nell’illusione di trovare un principe azzurro.
Le
bastava trovare qualcuno che la capisse… nulla di
più, nulla di meno.
A
quel pensiero, sbuffò, un po’demoralizzata.
Durante la visita di Pompei, aveva
smarrito la custodia dei suoi disegni e questo le dispiaceva non poco.
Dentro
quel contenitore, c’erano i suoi ricordi più
belli: sua nonna Marie, ormai
passata a miglior vita, le sue amiche Rosalie ed Angela, sua madre e
Jacob.
Avrebbe voluto tornare in quella città sepolta ma la storta
le aveva impedito
di muoversi, senza contare che era in castigo. Isabella si morse il
labbro,
abbattuta.
Quei
disegni avevano un grande valore affettivo per lei. Non averli
costituiva ai
suoi occhi una grande perdita. Quando era partita (o, per meglio dire,
fuggita)
da Londra, dopo l’ennesimo litigio con sua madre ed il suo
patrigno, aveva
prestato una grandissima attenzione a quei ritratti abbozzati. Sarebbe
stato
assai difficile rivedere i suoi amici, con la medesima frequenza di un
tempo, e
quegli schizzi costituivano un valido conforto, durante quella
lontananza.
Angela, Rosalie e lei si erano ripromesse di tenersi in contatto
eppure, le
loro immagini erano sempre state un grande sostegno emotivo,
soprattutto quando
aveva deciso di aiutare Jacob a coronare il suo sogno, sia pure a
prezzo della
propria reputazione.
Era
quindi comprensibile che fosse un po’triste in quei giorni.
Stava
scrivendo alla sua amica Angela della vicenda che le era capitata,
quando
qualcuno bussò alla sua porta.
-Avanti!-
esclamò, mettendo da parte la penna-Oh, siete voi, Signora
Clearwater.-
La
donna le si avvicinò.
-Bella-
disse, entrando- come va la caviglia?-
-Non
mi fa più molto male. Posso camminare senza troppi sforzi.
Grazie Sue, per
avermi impedito di peggiorare il mio infortunio.-rispose, sorridendole
debolmente. La moglie di suo padre annuì, poco convinta.
-Cara-
fece, avanzando nella camera- temo che dovrete interrompere la
scrittura della
vostra lettera. C’è una persona che vi attende in
salotto. Preparatevi. Pare
che abbia urgente bisogno di parlarvi.-
Miss
Swan guardò la signora Clearwater. Pareva stranamente
sorpresa e quasi
euforica, tanto che avrebbe voluto chiederle la ragione di una simile
disposizione d’animo.
-Avanti-
la esortò questa, impedendole di fare domande- muovetevi.-
Come
le aveva caldamente suggerito, indossò qualcosa che non
avesse l’aria di essere
casalingo. Nulla di troppo vistoso, né di eccessivamente
elegante. Scortata
dalla matrigna, entrò nella sala e ciò che vide
la stupì.
-Mr.
Cullen- mormorò, spalancando gli occhi.
Non
si aspettava d’incontrarlo di nuovo.
Indossava
un completo scuro, ben diverso dagli abiti polverosi con cui lo aveva
visto
allo scavo. Solo i capelli erano rimasti gli stessi. Indomabili ed
apparentemente morbidi. Era bellissimo: istintivamente
arrossì.
Edward
le venne incontro, sorridendole. Solo quei pezzi di smeraldo di cui
sembravano
essere fatte le iridi erano serie, concentrate sulla sua persona.
-Miss
Swan- rispose, prendendole garbato la mano, per condurla su una delle
poltroncine.
Bella
si accomodò.
-Non
mi aspettavo di vedervi. Come avete fatto a sapere dove abitavo?-
chiese,
sinceramente stupita.
Edward
le sorrise sghembo. Una smorfia da canaglia che lo rese, se possibile,
ancora
più bello di prima. – Il vostro cognome non
è molto comune da queste parti. Non
è stato difficile.- rispose, prima di farsi nuovamente serio
– Non vi ho più
visto agli scavi, sebbene le visite della signora Volturi non siano
diminuite
in questi giorni. Ho pensato che la vostra caviglia fosse
più grave del
previsto.-
Bella
ripensò a quell’incontro, non senza imbarazzo. Era
stata tutto il giorno sulle
spalle di quell’uomo, a stretto contatto con il suo corpo. Il
ricordo di quelle
sensazioni che, solo dopo qualche giorno, passata la frenesia
dell’avventura,
si erano affacciate alla sua mente, la faceva vergognare. I soli uomini
con cui
aveva avuto contatti così stretti erano stati suo padre e
Jacob.
A
quel paragone involontario, scosse il capo.
Non
era la stessa cosa.
Sulle
loro spalle, non pensava a quanto fossero belli i loro occhi.
A
quanto si sentisse tesa e rilassata al tempo stesso, tra le loro
braccia.
A
quanto il profumo della loro pelle fosse così forte da
incidersi nella propria
memoria, impedendole di scordarlo.
La
mente di Bella non riusciva a catalogare il proprio turbamento e
rivedere Mr.
Cullen non le permetteva affatto di chiarirsi le idee.
-Avete
fatto comunque molta strada- gli fece notare.
Edward
si appoggiò allo schienale della sedia su cui si trovava, in
una posa languida
ed accattivante.
–E’vero.-rispose
–ma avevo i miei buoni
motivi.-
Così
dicendo, estrasse da dietro la schiena, una cartella. Era leggermente
aperta ma
non fu questo ad attirare la sua attenzione.
Fu
altro.
Per
la precisione un disegno.
Bella
guardò quel ritratto a carboncino.
Raffigurava
una donna giovane e bellissima, i cui tratti, naturalmente alteri,
erano
piegati in un sorriso dolcissimo.
Il
cuore di Miss Swan batteva rapido, come le ali di un uccellino.
Non
avrebbe mai creduto possibile di poter rivedere il viso della sua amica
Rosalie. –I miei disegni- mormorò appena, sentendo
gli occhi farsi
improvvisamente lucidi per l’emozione. Le sue mani
afferrarono tremanti i
fogli, come se temesse di vederli sparire da un momento
all’altro.
-Ho
impiegato un po’a trovarli ma, per fortuna, il tempo, in
questi giorni, è stato
clemente.-disse, guardandola. La giovane donna stringeva a
sé quei ritratti
come se fossero fatti di carne e sangue, un’immagine che lo
intenerì.
-Inoltre,
devo dire che il vostro talento mi ha portato
fortuna.-continuò.
Bella
gli rivolse un’occhiata perplessa, non riuscendo a capire.
Edward,
allora, frugò nelle tasche, fino a quando tirò
fuori un sacchetto che mise in
mano alla giovane. Miss Swan lo aprì, non senza trattenere
un sussulto.
Si
trattava di una spilla di pregiata fattura in oro,
dall’aspetto molto antico.
La accarezzò piano con una mano, come se temesse di vederla
scomparire, da un
momento all’altro.
–Uno
dei vostri disegni- spiegò Mr. Cullen- è finito
in una zona degli scavi che non
avevamo ancora esplorato. Mentre cercavo il vostro schizzo, mi sono
imbattuto
in una costruzione. Era un’antica casa e, tra i reperti che
abbiamo ora
riportato alla luce, c’era questa spilla. Non so
perché… ma il suo disegno mi
ha ricordato voi.-
Isabella
lo guardò, non sapendo se stupirsi del dono o di
ciò che le sembrava, a tutti
gli effetti, un complimento.
-E’un
dono magnifico e vi sono profondamente grata per avermi restituito
quelli che
sono i miei ricordi più cari…tuttavia, non
capisco. Questa villa è molto
lontana da Pompei e non credo che siate venuto solo per restituirmi
ciò che ho
perso. Non ci conosciamo, in fondo.-disse, tentando di essere razionale.
Edward
trasse un profondo sospiro.
-In
realtà, c’è una cosa che vorrei
chiedervi.- disse, passandosi una mano tra i
capelli-La scoperta dell’edificio dove ho trovato questa
fibula ha riscosso
notevole successo, tanto da spingere la signora Volturi, che ci ha
sostenuto
con tanto impegno, ad allestire una festa nel suo
palazzo…ecco, mi piacerebbe
invitarvi, Miss Isabella.-
La
donna spalancò gli occhi.
Una
festa.
Insieme
a Mr. Cullen.
Era
più di quanto si fosse aspettata.
-Non
so ballare. -provò a dire. Lei non si era mai sentita nulla
di speciale, pur
essendo perfettamente consapevole di non avere un aspetto orribile. Il
fatto
poi di essere completamente scoordinata costituiva poi un ulteriore
rischio…per
il cavaliere, ovviamente.
-Non
importa. Non è detto che danzeremo.- rispose testardo.
Miss
Swan tacque.
-E’merito
vostro se ho fatto questa scoperta- continuò- e voglio
ringraziarvi, portandovi
con me a quel ricevimento. Ci saranno anche i miei genitori e vorrei
presentarveli. Ho parlato con loro di voi e vorrebbero conoscervi. Mia
cugina
Alice, poi, ci tiene a incontrare l’autrice di quegli
schizzi. E’rimasta molto
colpita dalla vostra bravura e vi garantisco che non mi darà
pace fino a quando
non vi vedrà alla festa.-
Bella
rifletté a lungo.
Era
molto tempo che non partecipava a quegli eventi mondani, soprattutto
dopo lo
scandalo. Suo padre e la matrigna avrebbero certamente approvato.
–Non
saprei.- mormorò, incerta.
-Signorina
Isabella- fece allora l’archeologo, prendendole la
mano-voglio essere franco
con voi, quasi quanto avete fatto quel giorno agli scavi. Siete una
persona
interessante e non posso negare che mi avete colpito con la vostra
personalità.
Non ho mai conosciuto qualcuno capace di catturare la mia mente in
questo modo
e, credetemi, non siete la prima donna che vedo. Vorrei però
rassicurarvi su
una cosa. Non ho alcuna intenzione di rendere questo invito carico di
significati nascosti. Per quanto mi sia piaciuto passare
quell’incontro, non
voglio assolutamente mettervi pressioni. Consideratelo un piacevole
incontro
tra amici, se così volete.-
Bella
guardò quella mano.
Grande.
Leggermente
abbronzata.
Calda.
Sicura.
Con
la coda dell’occhio, notò la signora Clearwater
che, da dietro la stanza,
faceva finta, senza troppo successo, di non sembrare curiosa
più di quanto in
realtà lo fosse. La signorina Swan inarcò il
sopracciglio, indecisa se dar
segno di averla scoperta, oppure far finta di nulla. Decise infine per
la
seconda possibilità: rispetto a sua madre, non era mai stata
invadente. Non era
il caso di metterla in imbarazzo.
L’offerta
di Mr. Cullen era comunque inattesa.
Si
prese un po’di tempo, studiando critica l’uomo di
fronte a lei. Le aveva
parlato con grande franchezza, più di quanto si aspettava.
Era inoltre
piuttosto bello e, a giudicare dall’aspetto, nemmeno sulla
trentina: una
differenza piuttosto accettabile, a suo giudizio.
-Non
credete-domandò, alla fine- che questo vostro tentativo sia
un po’rischioso?-
-Un
archeologo non va per tentativi- fu la pronta risposta di Edward
–se vi ho
fatto questo invito è perché, dopo attenti studi,
sono certo che voi accetterete.-
Bella
aggrottò la fronte.
-O
almeno spero- si corresse poi, vedendola così accigliata.
Calò
un profondo silenzio.
L’uomo
dondolava nervosamente, guardandola fisso, con occhi colmi di
aspettativa.
Bella
lo lasciò fare per un po’. In cuor suo, si
divertiva a tenere le persone un
po’sulle spine. Aveva imparato, con il tempo, che la perdita
della pazienza
faceva calare quel rigido rispetto dell’etichetta che tanto
detestava, mettendo
in luce il vero carattere di una persona. Allo stesso modo in cui un
archeologo, non dando troppo peso al tempo, con pazienza e cura,
riporta alla
luce un pezzo della storia del passato.
Quel
confronto la fece sorridere.
Edward
la vide avvicinarsi, con quell’espressione serena e
tranquilla che lo aveva
tanto affascinato a Pompei. Anche allo scavo, era rimasto colpito dalla
sua
bellezza discreta ma ora, in quel salottino, aveva
l’impressione che fosse
ancora più bella.
Forse
per via dell’abito che portava: un verde bosco che esaltava
il castano dei
capelli e il caldo cioccolato dei suoi occhi.
Miss
Swan si avvicinò al suo visitatore, notando, non senza
piacere, il sincero
interesse che traspariva dai suoi modi. Doveva tenere alla sua
presenza: non
abbastanza forse da lasciarle credere che vi fosse un sentimento ad
animare le
sue mosse ma sufficiente per spingerlo a raggiungere Amalfi.
-Siete
davvero convinto di volermi invitare?- mormorò- Potrei non
essere la compagnia
adatta.- Non lo era infatti e, dato che si era preso il disturbo di
venire da
lei, non trovava giusto non avvertirlo. Non aveva ancora superato i
continui
rimproveri materni sulla sua condotta: sapeva essere infatti troppo
arguta e
diretta per poter essere definita una gentildonna nel vero senso del
termine.
Se aveva ecceduto nella sincerità, ciò era
causato dal bisogno di non mettere
quell’uomo in imbarazzo.
Edward
le rivolse un sorriso strano, una smorfia storta, simile ad un ghigno.
Bella
non aveva mai visto un uomo fare una simile espressione. Nella buona
società
londinese, si trattava di un gesto provinciale che il bon ton evitava
con
estrema cura.
–Sapete
che cosa ha permesso di trovare Pompei?- domandò.
-
Mr.
Cullen si stiracchiò e per un momento, le sue braccia
dettero l’impressione di
toccare il soffitto della casa.
–Anche-
concesse- ma non è solo questo.-
Vedendola
sorpresa, proseguì. -Non basta una buona disposizione di
circostanze per
trovare un luogo simile. Occorre passione, dedizione e perseveranza.-
Bella
si mise a sedere. Le iridi verdi dello studioso parevano attraversate
da una
strana luce, che le gettò addosso brividi di aspettativa.
Erano simili a quando
parlava di quella città sepolta.
-La
passione- iniziò Edward –è il fuoco
che, dopo la ricerca, permette di non
perdere il contatto con ciò che si ama fare. Una mistione
perfetta tra il cuore
e la ragione: il primo sente qualcosa verso l’elemento che
suscita un
determinato stato d’animo; il secondo, invece, riconosce e
cataloga tale
reazione. E’la scintilla che spinge l’archeologo a
studiare una determinata
materia.-
La
dama non rispose. Aveva riconosciuto quella facoltà in
quell’uomo, mentre le
mostrava i vari edifici.
-La
dedizione, invece, viene dopo la passione. Se la prima è una
scintilla, non
potrete negare che essa può affievolirsi in ogni momento. Le
difficoltà
nell’archeologia sono tante. Non sempre le notizie che
abbiamo sono vere e
precise. Il rischio di fallire è sempre qualcosa di molto
concreto. Per questo,
non bisogna arrendersi né perdere fiducia verso
ciò che ci ha spinto ad
intraprendere la via agli inizi.- continuò.
Anche
questa volta, Miss Swan, ricordando il modo in cui si era preso cura di
lei, in
quel determinato momento di difficoltà, dopo essersi persa
ed infortunata, non
poté che dargli ragione.
-La
terza, invece- concluse, guardandola divertito- è la dote
più rara. La
perseveranza è simile alla dedizione ma si distingue da
questa per il fatto che
si tratta di una ricerca che nasce dalla convinzione che una
determinata cosa
esista, senza disporre di basi troppo concrete.- Isabella lo vide
avvicinarsi
nuovamente a lei e, quando la sua ombra la ricoprì, come se
fosse una coperta
scura, sentì una bizzarra sicurezza, come se questi fosse
lì per proteggerla.
-Cosa
vi dà la sicurezza che io accetterò il vostro
invito?- domandò.
Edward
la guardò, fissando, non senza soddisfazione, come quella
donna, dal punto in
cui si trovava, sembrasse piccola e fragile. –Voi avete
abbattuto le mie difese
quel giorno- rispose- non dovete pensare che io mi comporti con una
gentildonna
nel modo che ho usato con voi. Non sono solito discutere con una donna
delle
cose che mi appassionano, perché non vengono comprese e,
spesso, cadono nel
vuoto. Per questo, le tengo a distanza, onde non ricevere delusioni, ma
questo
mi impedisce di avere un contatto vero con le persone. Ho visto in voi
un
essere simile a me, per quanto la cosa sia strana e non sappia se
davvero avete
la mia cultura, oppure sia solo un’illusione che la mente mi
ha lanciato. Se
non vorrete accettare la mia proposta, sappiate che tornerò
di nuovo qui, per
invitarvi…fino a quando non mi direte di sì.-
Bella
gli rivolse un sorriso felino.
-Potrebbe
volerci del tempo.-lo avvisò.
Mr.
Cullen fece spallucce. –Aspetterò. Del resto, non
hanno scoperto quei palazzi
antichi in un giorno e se Pompei ha passato secoli sottoterra, prima di
vedere
la luce, posso attendere pure io.- disse, con uno sguardo sicuro.
Miss
Swan rimase sorpresa. Non le stava facendo alcuna pressione,
né le imponeva
nulla. Come durante quella visita, le si era rivolto in modo diretto e
deciso,
senza darle ordini. Le stava davvero lasciando il tempo di pensarci e
di essere
seriamente interessato a conoscerla come persona. –Avete uno
strano modo di
proporre le cose- disse, sorridendo- e mi trovo costretta ad accettare.
Ho
troppa pena per le vostre ammiratrici per permettervi di ripresentarvi
a loro
come un vecchietto privo di ogni attrattiva. Temo proprio che
dovrò
sacrificarmi.-
Gli
occhi di Edward si illuminarono. –Anche la vostra maniera di
accettare è
inconsueta- gli fece notare.
Bella,
per tutta risposta, rise. Erano strani entrambi, non aveva
dubbio…e questo la
fece pensare. Non aveva mai davvero preso in molta considerazione
l’idea di un
possibile marito. Sua madre, fin dall’inizio, aveva sempre
dato segno di
volersene occupare di persona…con risultati pessimi, a
giudicare dalla scelta
caduta su Jacob.
Da
allora, aveva smesso di vedere nel matrimonio la fine del suo limbo
sociale,
decidendo di cercare da sola la propria realizzazione come persona. Se
mai
avesse voluto un compagno, desiderava che la rispettasse non solo
fisicamente
ma anche per quello che la sua mente era capace di pensare.
Edward
era comparso allora.
Colto,
simpatico e sensibile: pareva l’uomo perfetto.
Bella
era convinta che fosse opportuno dargli una possibilità,
soprattutto perché le
sue parole non davano segno di un impegno ufficiale. Non le aveva
chiesto altro
che di accompagnarlo.
Sembrava
tutto privo di rischi, anche se lo spettro delle conseguenze dovute al
rifiuto
di sposare Jacob continuava tuttora a minare le sue sicurezze. Non lo
amava
eppure non poteva negare a sé stessa che, accettando di
aiutare l’amico a
coronare il suo sogno d’amore, si era trovata ad essere
considerata come un
peso dalla propria famiglia. Aveva perso la stima di sua madre e temeva
di
dover rinunciare, qualora si fosse ripetuta la stessa vicenda, anche a
quella
paterna.
Aveva
detto di sì, comunque.
Aveva
accettato il rischio che quei sentimenti, germogliati pochi giorni fa,
iniziassero a svilupparsi nel proprio cuore, convinta di avere la
possibilità
di tornare indietro.
Non
sapeva se ne valeva la pena.
Non
era un’indovina ma di una cosa era sicura.
Edward
era una persona che meritava di essere conosciuta e lei non aveva
alcuna
intenzione di rinunciarvi.
Fortuna
avrebbe deciso, se
farglielo vedere come
un amico…oppure come qualcosa di diverso.
Valutazione
della storia
Grammatica:14punti
Originalità:13punti
Caratterizzazione
dei personaggi:8punti
Sviluppo
della trama:14punti
Gradimento
personale:13punti