“Sei sempre il solito, sai?”disse
Seifer sbuffando.
“Cosa?” chiesi perplesso.
“Hai sempre quel muso
depresso e fastidioso. Non ti si sopporta più!”
Non capivo cosa intendeva
dirmi.
Ma sorrideva dolcemente, come
se volesse dirmi che non voleva essere offensivo, ma solo giocare un po’.
“Si, Squall!E’ inutile che
fai l’indifferente, nessuno sopporta il tuo modo di fare così individualista e
scontroso.”
“Ma senti chi parla!”,
pensai, proprio lui che era così uguale a me.
Puliva il suo Gunblade con
estrema meticolosità, cercando di prestare cura ad ogni minimo intarsio.
Con la schiena appoggiata
contro il muro del poligono, salutava se la quantità di lucido che stava
spalmando fosse giusta o eccessiva.
Ogni tanto cercava il mio
sguardo per ricevere conferme da me, se ci stavo cascando in pieno o no.
E in effetti ci stavo
cascando davvero, ma non avevo nessuno stimolo per esprimergli i miei pensieri.
Come sempre.
“Hai un atteggiamento
tutt’altro che costruttivo, e non si riesce ma a intavolare un dialogo con te.”
Lo guardavo meravigliato, e
mi chiedevo come mai avesse deciso di affrontare un tale argomento proprio
adesso.
Forse perché eravamo i soli
che si stavano preparando all’esercitazione di poche ore dopo.
“A volte avrei proprio voglia
di ferirti.”
Con questa aveva superato il
segno!!
Mi alzai di scatto impugnando
il mio Gunblade con fermezza. Come si permetteva di dirmi una cosa così!
“Come diavolo ti..”
“Allora hai anche una voce
Squall!”mi zittì Seifer mettendosi a ridere.
C’era riuscito. Mi aveva
rigirato come uno scemo!
“Ovviamente ho una
voce…stupido..” abbassai il braccio e sospirai.
“Ed è pure una bella voce
profonda, non hai mai pensato di fare il cantante?”
Che sarcasmo di bassa lega
davvero.
“Tsk, ridi pure Seifer, ridi
pure, ma vedrai che oggi pomeriggio ti batto.”
“Come l’ultima volta?”
Mi aveva umiliato l’ultima
volta, anche Quistis aveva a fatica trattenuto le risate.
“Sai Squall, parlare con te è
divertente, si riesce sempre a farti arrabbiare!”
Lo guardai davvero infuriato,
stava cercando in ogni modo di farmi perdere le staffe, e ormai le avevo perse
da tempo.
“Scusami Seifer se non sono
una persona estroversa e brillante come te! Scusa se io le cose me le devo
sudare per ottenerle e non ho il talento naturale che hai tu!Ma non credo che
sia giusto che tu ti prenda gioco di me!”
Seifer alzò le spalle.
“Dai non prendertela così,
cercavo solo di attirare un po’ la tua attenzione. Tu sei sempre così chiuso su
te stesso e parli solo quando ti arrabbi. Quindi per parlarti…so usare solo
questo modo.”
Rimasi allibito.
Mi faceva arrabbiare per
poter parlare con me? Era davvero incredibile quello che le mie orecchie
stavano sentendo.
Probabilmente si accorse del
mio sguardo sconvolto, o forse semplicemente aveva preso coraggio, però lo vidi
determinato, mentre camminava, passo dopo passo , verso di me, con quello
sguardo così vibrante che mai potrò dimenticare.
Mi afferrò le braccia,
strette tra le sue mani virili e temprate dall’allenamento.
La presa sicura che
solitamente sfruttava per reggere il suo Gunblade, ora tratteneva me, immagine
di tutta la sua forza di volontà.
“Squall..” disse.
Una sola parola, il mio solo
nome.
Bastò per farmi capire.
Non ce la feci.
Scappai.
Strappai via da me le sue
mani, sbattendole lontano da me, dove non potessero più sfiorarmi, lo guardai
con astio, per un fugace secondo, e poi iniziai a correre.
Corsi fuori dal poligono e
lungo il corridoio.
Mi imprigionai nella mia
stanza, e solo quando la porta fu chiusa a chiave alle mie spalle mi presi il
diritto di respirare, e fu allora che sentii i suoi passi.
Mi impietrii ma lo sentii
fermarsi, tossire per schiarirsi la voce e dire, al di la della porta l’ultima
cosa che mi disse sinceramente
“Scusa Squall, ma non posso
farci niente…se ti amo”
Sono passati anni sai Rinoa?
E non so perché ho trovato il coraggio di raccontarti questo solo ora, che
siamo sposati e abbiamo avuto una bambina, e poi in questo modo, con questa
registrazione.
Forse perché ogni volta che
vedo gli occhi di nostra figlia mi accorgo dell’orrendo inganno che vi ho
costretto a subire inconsapevoli.
Forse perché mi rendo conto
che mi sono costretto a subirlo anche io.
Però ora devo trovare il
coraggio di dirlo.
Sono anni che mi impongo
autocontrollo, ma fammelo dire, questa scena non me la sono mai tolta dalla testa…e
perdonami se sembrava raccontato come un libro, o un film…ma così io stesso lo
ricordo, come qualcosa che ho vissuto ma che non mi appartiene.
Perdonami Rinoa ma mi sento
morire se penso a quanto tempo ho lottato per salvare la storia che stavamo vivendo,
la famiglia che stavamo costruendo.
Ma ora non posso più, sono
allo stremo.
Oggi parto e vado da Seifer.
Quella frase che mi ha detto
mi pulsa nel cuore da troppo.
Ho capito solo una cosa nella
mia vita, Rinoa. Che io amo Seifer, ma che non avrei mai voluto farti questo.
Spero che un giorno potrai
perdonarmi.
Rinoa spense il registratore,
premendo sul tasto stop.
Lasciò il dito indugiare
nella pressione per qualche istante, poi ritirò la mano tremante.
Guardò la mano, l’anello.
Solo quello le restava.
Bevve un sorso della sua
birra e si passò una mano tra i capelli.
Certo era proprio ora che la
smettesse di sentire quella cassetta.
Ormai erano anni che se ne
era andato e non sarebbe mai più apparso da quella porta.
Prese il nastro dal
macchinario, si alzò dalla poltrona e iniziò a muoversi verso il cestino in
cucina, ma non fece in tempo ad aprire la porta.
Al di là dell’anta di legno
c’era lei.
“Hyne?” seppe dire solamente
Rinoa tenendo in mano la cassetta e cercando di non vedere lo sguardo raggelato
di sua figlia.
Era identica a lui.
“Mamma io…” disse Hyne
guardando la madre. Cosa dire? Cosa fare?
Le due donne si strinsero in
un lungo abbraccio e si abbandonarono ad un pianto tutt’altro che liberatorio.
Poi Hyne andò a scuola,
mentre Rinoa, finalmente prese la sua decisione.
Sfilò delicatamente il nastro
dall’involucro in plastica, strappandolo verso la fine.
Bruciò molto lentamente, ma
portò via con se tutti i suoi fantasmi.
Adesso Rinoa poteva tornare a
vivere.