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Autore: fuu_chan    28/10/2006    4 recensioni
Ciao! Questa è una fanfic nuova nuova, l' ho scritta perchè una mia amica mi ha trasmesso la passione per lo yaoi e io l' ho applicata al mio videogioco preferito (grazie fratellone per avermene regalata una copia tutta mia!)... E' l' eterno triangolo Squall, Rinoa e Seifer rivisitato da un punto di vista particolare, anni dopo le vicende originali. Spero vi piaccia!
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Rinoa Heartilly, Seifer Almasy, Squall Leonheart
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Sei sempre il solito, sai?”disse Seifer sbuffando.

“Cosa?” chiesi perplesso.

“Hai sempre quel muso depresso e fastidioso. Non ti si sopporta più!”

Non capivo cosa intendeva dirmi.

Ma sorrideva dolcemente, come se volesse dirmi che non voleva essere offensivo, ma solo giocare un po’.

“Si, Squall!E’ inutile che fai l’indifferente, nessuno sopporta il tuo modo di fare così individualista e scontroso.”

“Ma senti chi parla!”, pensai, proprio lui che era così uguale a me.

Puliva il suo Gunblade con estrema meticolosità, cercando di prestare cura ad ogni minimo intarsio.

Con la schiena appoggiata contro il muro del poligono, salutava se la quantità di lucido che stava spalmando fosse giusta o eccessiva.

Ogni tanto cercava il mio sguardo per ricevere conferme da me, se ci stavo cascando in pieno o no.

E in effetti ci stavo cascando davvero, ma non avevo nessuno stimolo per esprimergli i miei pensieri. Come sempre.

“Hai un atteggiamento tutt’altro che costruttivo, e non si riesce ma a intavolare un dialogo con te.”

Lo guardavo meravigliato, e mi chiedevo come mai avesse deciso di affrontare un tale argomento proprio adesso.

Forse perché eravamo i soli che si stavano preparando all’esercitazione di poche ore dopo.

“A volte avrei proprio voglia di ferirti.”

Con questa aveva superato il segno!!

Mi alzai di scatto impugnando il mio Gunblade con fermezza. Come si permetteva di dirmi una cosa così!

“Come diavolo ti..”

“Allora hai anche una voce Squall!”mi zittì Seifer mettendosi a ridere.

C’era riuscito. Mi aveva rigirato come uno scemo!

“Ovviamente ho una voce…stupido..” abbassai il braccio e sospirai.

“Ed è pure una bella voce profonda, non hai mai pensato di fare il cantante?”

Che sarcasmo di bassa lega davvero.

“Tsk, ridi pure Seifer, ridi pure, ma vedrai che oggi pomeriggio ti batto.”

“Come l’ultima volta?”

Mi aveva umiliato l’ultima volta, anche Quistis aveva a fatica trattenuto le risate.

“Sai Squall, parlare con te è divertente, si riesce sempre a farti arrabbiare!”

Lo guardai davvero infuriato, stava cercando in ogni modo di farmi perdere le staffe, e ormai le avevo perse da tempo.

“Scusami Seifer se non sono una persona estroversa e brillante come te! Scusa se io le cose me le devo sudare per ottenerle e non ho il talento naturale che hai tu!Ma non credo che sia giusto che tu ti prenda gioco di me!”

Seifer alzò le spalle.

“Dai non prendertela così, cercavo solo di attirare un po’ la tua attenzione. Tu sei sempre così chiuso su te stesso e parli solo quando ti arrabbi. Quindi per parlarti…so usare solo questo modo.”

Rimasi allibito.

Mi faceva arrabbiare per poter parlare con me? Era davvero incredibile quello che le mie orecchie stavano sentendo.

Probabilmente si accorse del mio sguardo sconvolto, o forse semplicemente aveva preso coraggio, però lo vidi determinato, mentre camminava, passo dopo passo , verso di me, con quello sguardo così vibrante che mai potrò dimenticare.

Mi afferrò le braccia, strette tra le sue mani virili e temprate dall’allenamento.

La presa sicura che solitamente sfruttava per reggere il suo Gunblade, ora tratteneva me, immagine di tutta la sua forza di volontà.

“Squall..” disse.

Una sola parola, il mio solo nome.

Bastò per farmi capire.

Non ce la feci.

Scappai.

Strappai via da me le sue mani, sbattendole lontano da me, dove non potessero più sfiorarmi, lo guardai con astio, per un fugace secondo, e poi iniziai a correre.

Corsi fuori dal poligono e lungo il corridoio.

Mi imprigionai nella mia stanza, e solo quando la porta fu chiusa a chiave alle mie spalle mi presi il diritto di respirare, e fu allora che sentii i suoi passi.

Mi impietrii ma lo sentii fermarsi, tossire per schiarirsi la voce e dire, al di la della porta l’ultima cosa che mi disse sinceramente

“Scusa Squall, ma non posso farci niente…se ti amo”

Sono passati anni sai Rinoa? E non so perché ho trovato il coraggio di raccontarti questo solo ora, che siamo sposati e abbiamo avuto una bambina, e poi in questo modo, con questa registrazione.

Forse perché ogni volta che vedo gli occhi di nostra figlia mi accorgo dell’orrendo inganno che vi ho costretto a subire inconsapevoli.

Forse perché mi rendo conto che mi sono costretto a subirlo anche io.

Però ora devo trovare il coraggio di dirlo.

Sono anni che mi impongo autocontrollo, ma fammelo dire, questa scena non me la sono mai tolta dalla testa…e perdonami se sembrava raccontato come un libro, o un film…ma così io stesso lo ricordo, come qualcosa che ho vissuto ma che non mi appartiene.

Perdonami Rinoa ma mi sento morire se penso a quanto tempo ho lottato per salvare la storia che stavamo vivendo, la famiglia che stavamo costruendo.

Ma ora non posso più, sono allo stremo.

Oggi parto e vado da Seifer.

Quella frase che mi ha detto mi pulsa nel cuore da troppo.

Ho capito solo una cosa nella mia vita, Rinoa. Che io amo Seifer, ma che non avrei mai voluto farti questo.

Spero che un giorno potrai perdonarmi.

 

Rinoa spense il registratore, premendo sul tasto stop.

Lasciò il dito indugiare nella pressione per qualche istante, poi ritirò la mano tremante.

Guardò la mano, l’anello.

Solo quello le restava.

Bevve un sorso della sua birra e si passò una mano tra i capelli.

Certo era proprio ora che la smettesse di sentire quella cassetta.

Ormai erano anni che se ne era andato e non sarebbe mai più apparso da quella porta.

Prese il nastro dal macchinario, si alzò dalla poltrona e iniziò a muoversi verso il cestino in cucina, ma non fece in tempo ad aprire la porta.

Al di là dell’anta di legno c’era lei.

“Hyne?” seppe dire solamente Rinoa tenendo in mano la cassetta e cercando di non vedere lo sguardo raggelato di sua figlia.

Era identica a lui.

“Mamma io…” disse Hyne guardando la madre. Cosa dire? Cosa fare?

 

Le due donne si strinsero in un lungo abbraccio e si abbandonarono ad un pianto tutt’altro che liberatorio.

Poi Hyne andò a scuola, mentre Rinoa, finalmente prese la sua decisione.

Sfilò delicatamente il nastro dall’involucro in plastica, strappandolo verso la fine.

 

Bruciò molto lentamente, ma portò via con se tutti i suoi fantasmi.

Adesso Rinoa poteva tornare a vivere.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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