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Autore: Migiri Born    08/04/2012    2 recensioni
Una orrenda maledizone tormenta il Sovrano Thyra, e solo la voce di uno straordinario Cantore potrà liberarlo.
Genere: Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Eccomi con una terza favoletta, spero vi piacerà! ^o^

Il Cantore Cotai e la Maledizione del Sovrano Thyra

Nelle più calde pianure al di là dello sconfinato Oceano di Giada, che in tempi antichi si spandeva profondo e lucente per miglia e miglia sulla Terra, si trovava il più maestoso regno umano esistente.

Tale territorio, rinomato in ogni dove per la fertilità dei suoi campi e per la generosità dei suoi abitanti, era governato però, dopo dodici generazioni di quiete, da un insolito re di nome Thyra, il quale, giunto alla maggiore età, si era trasformato in un terribile despota, scontroso e malfidente verso chiunque.

Ciò che ammansiva il carattere burbero del sovrano erano le feste dedicate agli dei, che si svolgevano di anno in anno presso la capitale.

Durante le celebrazioni, era tradizione che a mezzodì i più grandi cantori del regno si riunissero nel palazzo reale ed intonassero le più belle melodie in onore del re, affinché attraverso le sue orecchie, le note giungessero alle divinità celesti.

Era questo il momento che più allietava l’animo del tiranno.

Così, nel giorno prestabilito, venti aedi si presentarono al cospetto del sovrano e si apprestarono al canto; era risaputo che a coloro che non risiedevano nel palazzo non era concesso  guardare il re, e dunque tutti i cantori per l’occasione indossavano un velo nero che copriva per metà il loro viso.

Thyra d’altronde era ritenuto un degno successore della stirpe dei sovrani più vicini agli dei, coi suoi capelli color del latte e gli occhi chiari quanto l’acqua.

Egli sedeva altero sul suo bellissimo trono, più simile ad un letto, interamente ricoperto dei tessuti più pregiati, ed osservava le labbra dei cantori, che lentamente scandivano le melodie.

D’un tratto però, il sovrano avvertì un forte dolore al petto e premendosi il punto offeso, ordinò bruscamente agli aedi di fare silenzio.

Tutti i presenti si guardarono tra loro perplessi e sconvolti. Mai nessun re prima di quel momento aveva interrotto cerimonia tanto importante!

Camminando spedito fra i suoi sudditi, il sovrano s’accostò al primo dei cantori e gli ordinò

- Canta la melodia! Tu solo! –

Il pover’uomo, terrorizzato dall’ira del tiranno, cominciò, ma non appena Thyra ebbe udito due parole, lo zittì, passando ad un altro cantore, ripetendo lo stesso ordine fino a che non arrivò al tredicesimo aedo, che però non aprì bocca.

- Osi disobbedirmi?! – gridò il re, infuriato. Il giovane uomo prostratosi ai piedi del tiranno parlò sommessamente – Perdonatemi, mio signore, ma temo che il mio canto possa provocarvi un altro malore. –

- Ah! Dunque sei tu! La tua voce è accostabile al gracchiare delle cornacchie! Che possa essa marcire con te nelle segrete del palazzo! Portate via questo miserabile, e che terminino per sempre questi futili festeggiamenti!! Che mai più giungano alle mie orecchie canti tanto odiosi! – ordinò crudele il sovrano, ritirandosi nelle sue stanze.

Lo sventurato cantore venne rinchiuso nella cella più oscura, situata nelle cave scavate un tempo degli orchi che abitavano i vulcani.

La prima notte il giovane, tenendosi compagnia con flebili canti, soffrì il freddo, ma dopo poco, i ragni che vivevano negli anfratti della buia prigione, ammaliati dalla splendida voce dell’aedo, ebbero pietà di lui, fabbricandogli un immenso letto di tela, che lo salvò dal congelamento.

Lo stesso avvenne la seconda notte per le formiche, le quali, incantate dalle melodie del giovane, gli portarono viveri e acqua, trasportandoli briciola per briciola e goccia per goccia.

Col passare dei giorni, molti altri animali di piccole dimensioni vennero a far visita al cantore e fecero di quella grotta la loro casa.

Nel regno, frattanto, la mancanza dei ragni aveva fatto prolificare le zanzare ad altri insetti dannosi, soprattutto per i campi, che venivano gravemente danneggiati dalle cavallette.

A poco a poco, le lamentele dei contadini giunsero alle orecchie del re, che, venendo a sapere dalle guardie che gli insetti si erano radunati per chissà quale ragione nella cava dove era rinchiuso il cantore, prese provvedimenti, andando di persona nella cella scortato dai suoi servitori.

Appena fu entrato nella prigione, rimase più che sorpreso dall’immenso letto di tela, dalle grandi quantità di cibo, e soprattutto dal cantore, che sembrava a suo agio in mezzo a tanti animali anche pericolosi.

- Di certo sei amato dagli dei se le creature naturali ti proteggono. – suppose il sovrano.

Dopo il fatto, Thyra portò il cantore a palazzo e gli domandò chi fosse.

- Il mio nome è Cotai, signore. E sono un umile cantore. -  parlò il giovane, inginocchiatosi.

- Un cantore che soggioga gli animali con la sua voce non può definirsi “umile”, e ad esso non può essere negata la vista del proprio sovrano. Hai il permesso di guardarmi, Cotai. –

L’aedo esitando, parlò ancora – Ma un cantore che danneggia il proprio sovrano con le sue melodie, non può permettersi di sporcarne anche la purezza col suo sguardo. –

Thyra fece sedere il giovane accanto a sé – Ora ti svelerò il segreto più oscuro del tuo sovrano, ma dovrai promettere di non farne parola con nessuno. – disse.

Cotai acconsentì ed il tiranno cominciò a parlare.

- Quando ancora ero bambino, una vecchia mercantessa di vetro venne a palazzo, affermando che i suoi prodotti erano i migliori del regno. Il mio onorato padre volle comprare dalla vecchia una piccola scultura, ma malauguratamente la ruppi, riducendola in pezzi. La vecchia, adiratasi, si scoprì una potente strega, che lanciò su di me una maledizione, poiché uno dei suoi lavori più pregiati era andato distrutto. La fattura si rivelò per quello che era il giorno in cui diventai uomo. – il sovrano pronunciando queste ultime parole, si scoprì il petto, lasciando che il cantore vedesse l’orrendo frutto della maledizione.

Nel torace del sovrano vi era incastonato un oggetto in vetro dalle sembianze di un cuore, che aveva preso il posto dell’organo del re.

- Da quel giorno, temo che qualcosa possa mandare in pezzi questo mio cuore fittizio, e che possa perdere la vita. – continuò Thyra – La tua voce, durante i festeggiamenti, mi provocò una forte sensazione e ne fui spaventato, ma solo ora capisco che questo oggetto stava reagendo ad un bellissimo suono, e non era sul punto di rompersi. Per questo ti domando perdono. –

Cotai aveva ascoltato la storia del sovrano molto attentamente, ed avendo compassione per la sua triste condizione, decise di andare in cerca della vecchia strega.

Vagando in lungo ed in largo per il regno, il cantore trovò infine la dimora della megera all’interno di una foresta abitata solo da creature oscure.

- Sono qui per proporti uno scambio. – decretò il cantore, di fronte alla vecchia, intenta a lavorare uno stupendo calice cristallino.

- So che sei qui per il sovrano Thyra. Già molte volte i suoi emissari sono venuti a farmi visita con doni e ricchezze, in cambio della sua vita. Non porrò ascolto alle tue suppliche di salvarlo. Presto il suo cuore andrà in pezzi, come la mia meravigliosa scultura, che tanta fatica mi era costata. – stabilì la vecchia, rammaricandosi nuovamente per la sua opera perduta, che come le altre, aveva molto amato.

- Ti farò dono di qualcosa di unico, come le tue preziose sculture. – disse il cantore, ed intonò la più bella melodia che fosse mai stata pronunciata, infondendola nel calice lavorato dalla strega.

La stessa, pur essendosi meravigliata per il fatto, domandò quale vantaggio avrebbe potuto ottenerne, ed il cantore disse – Passando le dita sul bordo del calice, otterrai un suono in grado di ammaliare qualsiasi persona, qualsiasi bestia esistente, ma solo se lo farai a fin di bene funzionerà a dovere, e solo dopo aver liberato il mio re dalla maledizione. –

Dopo che l’aedo ebbe parlato, la megera, convincendosi delle parole del giovane, sciolse il sortilegio di Thyra, che lo stesso giorno nominò Cotai “Cantore di corte” e regnò con benevolenza per tutto il corso della sua vita.

Quanto alla strega, che aveva nome Boùmin, sperimentò il potere del calice sugli animali che minacciavano la sua casa, e allontanò per sempre i malintenzionati da sé. La strega inoltre fabbricò gli oggetti in vetro più maestosi dell’antichità, ed in ognuno di essi Cotai impresse la magia della sua voce. Tutti gli artigiani che vennero poi, seguirono le orme di Boùmin.

L’incantesimo del cantore ai nostri tempi s’è affievolito, ma persiste ancora quando abili suonatori del cristallo ricavano la voce di Cotai dai bicchieri.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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