Eccomi
con una terza
favoletta, spero vi piacerà! ^o^
Il
Cantore Cotai e
la Maledizione del Sovrano Thyra
Nelle
più calde pianure
al di là dello sconfinato Oceano di Giada, che in tempi
antichi si spandeva
profondo e lucente per miglia e miglia sulla Terra, si trovava il
più maestoso
regno umano esistente.
Tale
territorio,
rinomato in ogni dove per la fertilità dei suoi campi e per
la generosità dei
suoi abitanti, era governato però, dopo dodici generazioni
di quiete, da un
insolito re di nome Thyra, il quale, giunto alla maggiore
età, si era
trasformato in un terribile despota, scontroso e malfidente verso
chiunque.
Ciò
che ammansiva il
carattere burbero del sovrano erano le feste dedicate agli dei, che si
svolgevano di anno in anno presso la capitale.
Durante
le celebrazioni,
era tradizione che a mezzodì i più grandi cantori
del regno si riunissero nel
palazzo reale ed intonassero le più belle melodie in onore
del re, affinché
attraverso le sue orecchie, le note giungessero alle
divinità celesti.
Era
questo il momento
che più allietava l’animo del tiranno.
Così,
nel giorno
prestabilito, venti aedi si presentarono al cospetto del sovrano e si
apprestarono al canto; era risaputo che a coloro che non risiedevano
nel
palazzo non era concesso guardare
il re,
e dunque tutti i cantori per l’occasione indossavano un velo
nero che copriva
per metà il loro viso.
Thyra
d’altronde era
ritenuto un degno successore della stirpe dei sovrani più
vicini agli dei, coi
suoi capelli color del latte e gli occhi chiari quanto
l’acqua.
Egli
sedeva altero sul
suo bellissimo trono, più simile ad un letto, interamente
ricoperto dei tessuti
più pregiati, ed osservava le labbra dei cantori, che
lentamente scandivano le
melodie.
D’un
tratto però, il
sovrano avvertì un forte dolore al petto e premendosi il
punto offeso, ordinò
bruscamente agli aedi di fare silenzio.
Tutti
i presenti si guardarono
tra loro perplessi e sconvolti. Mai nessun re prima di quel momento
aveva
interrotto cerimonia tanto importante!
Camminando
spedito fra i
suoi sudditi, il sovrano s’accostò al primo dei
cantori e gli ordinò
-
Canta la melodia! Tu
solo! –
Il
pover’uomo,
terrorizzato dall’ira del tiranno, cominciò, ma
non appena Thyra ebbe udito due
parole, lo zittì, passando ad un altro cantore, ripetendo lo
stesso ordine fino
a che non arrivò al tredicesimo aedo, che però
non aprì bocca.
-
Osi disobbedirmi?! –
gridò il re, infuriato. Il giovane uomo prostratosi ai piedi
del tiranno parlò
sommessamente – Perdonatemi, mio signore, ma temo che il mio
canto possa
provocarvi un altro malore. –
-
Ah! Dunque sei tu! La
tua voce è accostabile al gracchiare delle cornacchie! Che
possa essa marcire
con te nelle segrete del palazzo! Portate via questo miserabile, e che
terminino per sempre questi futili festeggiamenti!! Che mai
più giungano alle
mie orecchie canti tanto odiosi! – ordinò crudele
il sovrano, ritirandosi nelle
sue stanze.
Lo
sventurato cantore
venne rinchiuso nella cella più oscura, situata nelle cave
scavate un tempo
degli orchi che abitavano i vulcani.
La
prima notte il
giovane, tenendosi compagnia con flebili canti, soffrì il
freddo, ma dopo poco,
i ragni che vivevano negli anfratti della buia prigione, ammaliati
dalla
splendida voce dell’aedo, ebbero pietà di lui,
fabbricandogli un immenso letto
di tela, che lo salvò dal congelamento.
Lo
stesso avvenne la
seconda notte per le formiche, le quali, incantate dalle melodie del
giovane,
gli portarono viveri e acqua, trasportandoli briciola per briciola e
goccia per
goccia.
Col
passare dei giorni,
molti altri animali di piccole dimensioni vennero a far visita al
cantore e
fecero di quella grotta la loro casa.
Nel
regno, frattanto, la
mancanza dei ragni aveva fatto prolificare le zanzare ad altri insetti
dannosi,
soprattutto per i campi, che venivano gravemente danneggiati dalle
cavallette.
A
poco a poco, le
lamentele dei contadini giunsero alle orecchie del re, che, venendo a
sapere
dalle guardie che gli insetti si erano radunati per chissà
quale ragione nella
cava dove era rinchiuso il cantore, prese provvedimenti, andando di
persona
nella cella scortato dai suoi servitori.
Appena
fu entrato nella
prigione, rimase più che sorpreso dall’immenso
letto di tela, dalle grandi
quantità di cibo, e soprattutto dal cantore, che sembrava a
suo agio in mezzo a
tanti animali anche pericolosi.
-
Di certo sei amato
dagli dei se le creature naturali ti proteggono. – suppose il
sovrano.
Dopo
il fatto, Thyra
portò il cantore a palazzo e gli domandò chi
fosse.
-
Il mio nome è Cotai,
signore. E sono un umile cantore. -
parlò il giovane, inginocchiatosi.
-
Un cantore che
soggioga gli animali con la sua voce non può definirsi
“umile”, e ad esso non
può essere negata la vista del proprio sovrano. Hai il
permesso di guardarmi,
Cotai. –
L’aedo
esitando, parlò
ancora – Ma un cantore che danneggia il proprio sovrano con
le sue melodie, non
può permettersi di sporcarne anche la purezza col suo
sguardo. –
Thyra
fece sedere il
giovane accanto a sé – Ora ti svelerò
il segreto più oscuro del tuo sovrano, ma
dovrai promettere di non farne parola con nessuno. – disse.
Cotai
acconsentì ed il
tiranno cominciò a parlare.
-
Quando ancora ero
bambino, una vecchia mercantessa di vetro venne a palazzo, affermando
che i
suoi prodotti erano i migliori del regno. Il mio onorato padre volle
comprare
dalla vecchia una piccola scultura, ma malauguratamente la ruppi,
riducendola
in pezzi. La vecchia, adiratasi, si scoprì una potente
strega, che lanciò su di
me una maledizione, poiché uno dei suoi lavori
più pregiati era andato
distrutto. La fattura si rivelò per quello che era il giorno
in cui diventai
uomo. – il sovrano pronunciando queste ultime parole, si
scoprì il petto,
lasciando che il cantore vedesse l’orrendo frutto della
maledizione.
Nel
torace del sovrano
vi era incastonato un oggetto in vetro dalle sembianze di un cuore, che
aveva
preso il posto dell’organo del re.
-
Da quel giorno, temo
che qualcosa possa mandare in pezzi questo mio cuore fittizio, e che
possa
perdere la vita. – continuò Thyra – La
tua voce, durante i festeggiamenti, mi
provocò una forte sensazione e ne fui spaventato, ma solo
ora capisco che
questo oggetto stava reagendo ad un bellissimo suono, e non era sul
punto di
rompersi. Per questo ti domando perdono. –
Cotai
aveva ascoltato la
storia del sovrano molto attentamente, ed avendo compassione per la sua
triste
condizione, decise di andare in cerca della vecchia strega.
Vagando
in lungo ed in
largo per il regno, il cantore trovò infine la dimora della
megera all’interno
di una foresta abitata solo da creature oscure.
-
Sono qui per proporti
uno scambio. – decretò il cantore, di fronte alla
vecchia, intenta a lavorare
uno stupendo calice cristallino.
-
So che sei qui per il
sovrano Thyra. Già molte volte i suoi emissari sono venuti a
farmi visita con
doni e ricchezze, in cambio della sua vita. Non porrò
ascolto alle tue
suppliche di salvarlo. Presto il suo cuore andrà in pezzi,
come la mia
meravigliosa scultura, che tanta fatica mi era costata. –
stabilì la vecchia,
rammaricandosi nuovamente per la sua opera perduta, che come le altre,
aveva
molto amato.
-
Ti farò dono di
qualcosa di unico, come le tue preziose sculture. – disse il
cantore, ed intonò
la più bella melodia che fosse mai stata pronunciata,
infondendola nel calice
lavorato dalla strega.
La
stessa, pur essendosi
meravigliata per il fatto, domandò quale vantaggio avrebbe
potuto ottenerne, ed
il cantore disse – Passando le dita sul bordo del calice,
otterrai un suono in
grado di ammaliare qualsiasi persona, qualsiasi bestia esistente, ma
solo se lo
farai a fin di bene funzionerà a dovere, e solo dopo aver
liberato il mio re
dalla maledizione. –
Dopo
che l’aedo ebbe
parlato, la megera, convincendosi delle parole del giovane, sciolse il
sortilegio di Thyra, che lo stesso giorno nominò Cotai
“Cantore di corte” e
regnò con benevolenza per tutto il corso della sua vita.
Quanto
alla strega, che
aveva nome Boùmin, sperimentò il potere del
calice sugli animali che
minacciavano la sua casa, e allontanò per sempre i
malintenzionati da sé. La strega
inoltre fabbricò gli oggetti in vetro più
maestosi dell’antichità, ed in ognuno
di essi Cotai impresse la magia della sua voce. Tutti gli artigiani che
vennero
poi, seguirono le orme di Boùmin.
L’incantesimo
del
cantore ai nostri tempi s’è affievolito, ma
persiste ancora quando abili
suonatori del cristallo ricavano la voce di Cotai dai bicchieri.