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Autore: Aniel_    08/04/2012    6 recensioni
Dean fa visita a Castiel nell'ospedale psichiatrico dopo tre settimane da quando lo ha visto l'ultima volta.
[Spoiler per chi non ha visto la settima stagione. Ambientato dopo la 7x17]
Genere: Angst, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Settima stagione
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Titolo: Non lo lascerai andare, non di nuovo.
Autore: LunaStortaBlack
Fandom: Supernatural
Personaggi: Dean/Castiel, accenni Lucifero
Rating: PG
Disclaimer: i personaggi non mi appartengono. L'autrice scrive senza alcuno scopo di lucro.
Note: le angst mi fanno felice, lo so, sono strana! Prima che iniziate a leggere, vi informo che le parti in corsivo sono i pensieri di Castiel. Ci vediamo alla fine. Buona lettura.


Non lo lascerai andare, non di nuovo.



Sono passate tre settimane dall'ultima volta che lo hai visto. Ora sei di nuovo in città e hai deciso di tornare. Una parte di te ti dice che lo stai facendo per cortesia, ma l'altra sa bene che non è così.
Ti avvii lungo quel corridoio ovattato e ti guardi intorno: alla tua destra una donna sulla quarantina osserva la parete davanti a sé e annuisce.
Hai paura.
Hai paura perché non vuoi vedere anche lui in quelle condizioni, quella possibilità di spaventa a morte.
Avevi pensato di portare Sam con te ma poi hai cambiato idea: hai visto il suo sguardo mutare quando siete passati davanti all'edificio. Sai bene che l'equilibrio di Sam è ancora precario, instabile, e l'idea di portarlo con te ti spaventa forse di più di qualsiasi altra cosa. Sai bene che tuo fratello potrebbe reagire in un modo che non comprendi, sai bene che oltrepassare quella porta significherebbe per lui rivivere ricordi dolorosi e insopportabili.
Sai anche che potrebbe aver paura anche solo dell'idea che un Satana immaginario si aggiri dentro quelle mura. Così hai lasciato perdere e forse è la cosa migliore perché il tuo cuore ti dice che è lì che devi stare, e per di più che devi farlo da solo.
Arrivi dinnanzi a quella porta e sbirci dalla fessura rettangolare: non riesci a vederlo, forse è in un angolo o forse è disteso nel letto. Ti fai forza e fai scattare la porta e scivoli dentro la stanza, lentamente, chiudendo la porta dietro di te.
Adesso lo vedi, con quei vestiti candidi che proprio non gli si addicono, quei capelli costantemente scompigliati, quella solita postura leggermente curvata. Castiel non si è accorto del tuo arrivo, è appoggiato ad una parete e osserva qualcosa oltre la finestra. E' assente.

«Cas?» lo chiami, nel tentativo di attirare la sua attenzione.
Ma l'angelo tace e qualcosa dentro di te si contrae dolorosamente. Non sei sicuro di farcela, non sei sicuro di sopportarlo. Una parte di te vuole che tu te ne vada, ma non sarebbe giusto.
«Cas?» domandi nuovamente e un sorriso affiora sulle tue labbra tese, e non è un sorriso felice, è solo una smorfia dolorosa che non sei in grado di camuffare.

Ti avvicini a lui, finché non lo affianchi alla sua destra e riesci a scorgere il suo profilo: è sempre lo stesso, la stessa pelle delicata e chiara, le stesse labbra carnose e screpolate, gli stessi occhi blu come l'oceano, ma spenti.
Tu non hai mai visto quegli occhi spenti, mai, e ti piange il cuore perché anche se sai che quello è stato l'unico modo per salvare tuo fratello non riesci a sopportare la vista del tuo angelo con lo sguardo vacuo.

«Castiel?» lo richiami e lui si volta verso di te, lentamente, mantenendo il medesimo sguardo vacuo e spento.
«Dean?» ti chiede a sua volta e il tuo cuore salta un battito ascoltando il tuo nome uscire da quelle labbra così familiari.
«Come...come stai?» non riesci a domandare altro perché il groppo in gola che ti si è formato è insopportabile.

Lui ti sorride e si dirige verso il letto. Lo vedi sedersi proprio sul bordo, come se il letto fosse occupato da qualcosa o meglio, da qualcuno. Scivoli accanto a lui e ti siedi al suo fianco, in attesa.

«Non sto bene, Dean. Non so nemmeno se sei reale» risponde, accennando un sorriso triste che ti manda in agonia.
«Sono io, Cas. Sono davvero io.» cerchi di tranquillizzarlo ma lui scuote la testa, rassegnato.
«Lo diceva anche quell'altro, e quell'altro ancora. Ma alla fine non eri mai tu»
«Ti giuro che sono io. Sono in città con Sam e...» ti interrompi, non riesci più a continuare.

Castiel volta il proprio sguardo verso il letto vuoto e la sua espressione cambia impercettibilmente. Sai bene cosa sta vedendo, sai anche che Satana starà facendo di tutto per ferirlo e non hai idea di come aiutarlo.

«Grazie per essere venuto» ti dice, avvolgendoti con uno sguardo caldo che sa di casa, di serenità.
«Non volevo lasciarti da solo» rispondi, portandoti una mano sul viso per scacciare la tua voglia di andare via. Fai una piccola pausa prima di continuare «mi ha chiamato Meg, due giorni fa.»
«Lo immaginavo. Lei viene spesso qui»
«Lei ti ha...»

Toccato? Fatto del male? Detto qualcosa? Non sai come concludere la tua domanda. La verità è che sapere quella puttana accanto a lui ti innervosisce, ti dilania dentro.
Sei tu quello che dovrebbe stare accanto a lui, giorno dopo giorno, e non un demone da quattro soldi.

«Non mi ha fatto nulla» risponde Cas, avvertendo le tue preoccupazioni «passa tutte le sere ma non entra mai. Le ho chiesto io di non entrare più dopo l'ultima volta.»
«Quale ultima volta? Cosa ti ha fatto?» sbraiti e senti la rabbia iniziare a montare.
«Niente Dean. E' solo che...era affascinata.» dice, con voce roca e vagamente divertita.
«Affascinata da cosa?»
«Da me. Dal fatto che vedo...»

Dovevi aspettartelo.
Quella pazza figlia di puttana non poteva non trovare attraente un angelo caduto con allucinazioni in 3D di Satana suo padre.
Questo non lo avevi valutato. Ora vuoi solo farla a pezzi e speri per lei che non si faccia vedere in giro durante la tua visita.
I tuoi pensieri vengono scacciati via dal vento che si fa largo oltre gli spifferi della finestra semiaperta e ti concentri nuovamente sul tuo angelo.

«I dottori mi hanno dato delle pillole da prendere. Dicono che se non dormo e non mangio morirò» ti informa con noncuranza.
«Loro non sanno che non ne hai bisogno»
«Già. Io le butto sempre, lì» asserisce, indicando la finestra aperta.

Ti ricorda vagamente un bambino che fa i capricci e ti viene da sorridere. Vorresti stringerlo, proteggerlo come lui ha già fatto con te e sapere che non puoi ti fa mancare il fiato.

«Sistemeremo tutto. Te lo prometto. Troveremo una soluzione, noi troviamo sempre una soluzione» gli dici, cercando di convincere più te stesso che lui. Perché ne hai bisogno.
Hai bisogno di credere che ci sia un appiglio, una strada, una soluzione.
Hai bisogno che lui torni in sé.
Hai bisogno di lui, della sua presenza, perché hai perso troppo e non puoi perdere anche lui, non di nuovo.
Agganci i tuoi occhi ai suoi, in una muta promessa, ma lo sguardo dell'angelo cambia, si contrae in maniera quasi dolorosa e lo vedi indietreggiare sconvolto, finché non riesci ad udire il suo corpo cozzare contro la parete.

«Cas...che cosa...?» provi a chiedere, ma lui si è lasciato cadere a terra, con la testa tra le mani e non riesce più a sentirti.

Non vuoi che succeda, non ancora. Lo ha già fatto quel gioco maledetto e la prima volta ti sei sentito quasi morire.
Non sai se quello è il vero Dean o solo una pallida imitazione creata apposta per te, per la tua tortura.
Sei crollato a terra e senti gli occhi appannarsi mentre il corpo di Dean prende fuoco: la sua pelle diventa scarlatta, ustionata dalle fiamme che la lambiscono. Lame e uncini incidono la sua carne eppure lui non urla.
Dovrebbe urlare.
Ma ti dici che Dean è forte, anche se non capisci come riesca a sopportare quelle atrocità.
Dai suoi occhi sgorga sangue come un fiume in piena e tu scuoti la testa, cercando di scacciare quella visione.
La risata di tuo fratello riecheggia nella stanza e ti da' la nausea. Adesso sta canticchiando qualcosa che ti mette i brividi. Ti avvicini al letto in cui è comodamente sdraiato, a tentoni, gattonando come un moccioso.
«Ti prego, ti prego smettila» lo implori con voce rotta dal pianto, mentre le lacrime scorrono lente.
«Di fare cosa fratello?» ti chiede sornione, facendo spallucce, «io non sto facendo niente.»
«Smettila, non farlo, ti prego. Ti prego, smettila» continui, strattonandolo, perdendoti in quello sguardo che ti brucia dall'interno, che fa a pezzi la tua essenza.
«Preghi il diavolo, Castiel? Non credi che papà possa prendersela?» ti schernisce, riprendendo a ridere.
Tu non riesci a respirare: Dean sta bruciando sotto i tuoi occhi, sta soffrendo, anche se non urla, anche se non dice nulla. Non sai cosa fare.
Le lacrime di bruciano il volto come se fossero acide, corrosive, e tu vorresti andartene, vorresti prendere Dean e portarlo lontano da lui.
Ma non puoi.
Continui a disperarti, scuotendo la testa a destra e a sinistra, piangi come mai prima di adesso e continui a pregare tuo fratello di lasciarlo in pace, di prendersela con te e non con lui.
Non vuoi che Dean soffra in quel modo, non riesci a sopportarlo.
L'odore pungente di carne bruciata ti invade le narici e hai voglia di vomitare; il sangue ti circonda e inizia a macchiarti le vesti candide che adesso sono irrimediabilmente diventate scarlatte.
Delle catene ti piantano in un angolo e ti fanno male: sono roventi e senti la pelle sciogliersi al loro contatto.
«Rilassati fratello. Goditi lo spettacolo» sogghigna Satana, incrociando le braccia e scivolando più comodo nel materasso soffice.


Non sai cosa stia accadendo: stai urlando ormai da qualche minuto e senti la gola pizzicare.
Hai provato ad avvicinarti all'uomo accovacciato su se stesso in un angolo ma non ci sei riuscito.
Sei rimasto a fissarlo mentre nella tua testa risuonano le sue grida spaventate, il suo implorare di non farti alcun male.
Non osi immaginare cosa il tuo angelo stia osservando ma vorresti solo dirgli che stai bene, che è un'allucinazione, che nessuno vuole ferirti.
Ti ritrovi in ginocchio davanti a lui poco dopo e Castiel ti osserva con un dolore impresso in quei pozzi blu che ti fa mancare il fiato nei polmoni. Avvicini le tue mani cautamente alla sue spalle ma lui si discosta e non sai come comportarti.
Vorresti piangere perché osservare il tuo angelo scuotere in capo in preda ai singhiozzi è qualcosa che mai avresti pensato di vedere. Adesso sembra così fragile e tu vorresti abbracciarlo, vorresti proteggerlo da tutto quel male che non gli appartiene ma che si è insediato dentro di lui come un virus, un parassita.
Gli prendi il viso tra le mani e gli sussurri «sono qui, sto bene. Cas, guardami, sto bene» ma lui continua a piangere e ti sembra quasi di sentire la risata di Satana tra i meandri della sua mente.
Lo avvicini a te, titubante, perché non sai se è la scelta giusta e poggi le tue labbra sulle sue in un tocco leggero, delicato, quasi impercettibile. Continui a trattenerlo per le spalle e senti il suo corpo rilassarsi sotto il tuo tocco. In qualche modo, sta funzionando.

Tutto svanisce e ti chiedi se sia l'ennesimo trucco. Senti le labbra calde e morbide del tuo cacciatore lambire le tue e in un attimo tutto svanisce: lui è di nuovo in sé, Lucifero è sparito, le tue vesti sono nuovamente candide e la tua pelle chiara. Non riesci a smettere di piangere perché adesso sai che quello è il vero Dean e che ti sta stringendo forte per non farti cadere, per non farti sprofondare nella tua follia.
Affondi con il viso nel suo collo che profuma di dopobarba e vedi qualche lacrima delle tue scivolare lungo la clavicola del cacciatore, perdendosi nel tessuto della maglietta.
Finalmente puoi ricominciare a respirare e anche se sai che non è finita, anche se sai che il diavolo tornerà a torturarti non puoi fare a meno di bearti di quella sensazione.
E' il tuo paradiso e Lucifero non può portartelo via.


Lo stai stringendo a te come se si trattasse di una scultura di cristallo, non vuoi che si infranga.
Senti il respiro del tuo angelo tornare ad essere regolare, così come il battito del tuo cuore.
Una lacrima fuggiasca abbandona i tuoi occhi e cade tra i capelli neri di Castiel: non lo lascerai andare, non di nuovo.
Lo farai uscire fuori di lì e lo terrai sempre vicino a te, perché insieme riuscirete a respirare ancora, tu ne sei sicuro.
Passano minuti, ore o forse anni e tu sei ancora lì, a stringerlo tra le tue braccia, sempre con la medesima intensità.
«Non lasciarmi solo» mormora sul tuo collo e tu rendi la tua presa più salda.
«Non lo farò» rispondi, e sai che non è una bugia.
Non mentiresti mai su questo.



*°*°*°*°*°*°*°*°*°







Spazio dell'autrice: ero in vena di tristezza, ma mi sono rilassata molto a scriverla. Ne approfitto per fare a tutti voi gli auguri di buona Pasqua.
Per chi volesse, questo è il mio account Twitter!
Grazie a tutti per aver letto o recensito.
Baci,
E.
   
 
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