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Autore: Nightrun    09/04/2012    4 recensioni
Un eroe è un individuo dotato del coraggio di gettarsi alle spalle la propria vita pur di proteggere con tutto sé stesso gli altri. Fino a qualche giorno prima, Paperinik non avrebbe avuto alcun dubbio su questo punto: era il massimo delle sue aspirazioni. Tutto però ora sta cambiando... e l'eroe scoprirà suo malgrado che spesso, quando ci si trova sul ciglio di un burrone, basta una piccola spinta per far precipitare gli eventi. La profezia infausta lentamente prende vita e il papero mascherato si ritrova solo contro tutti, mentre osserva sé stesso cambiare forma e tramutarsi inevitabilmente nel cattivo...
Note: Ecco la conclusione dell'albo. Con questo, getto le basi per la prosecuzione di una storia che si allontani dalle vicende di PK2, ma che al contempo in qualche modo non deluda i fan di quella serie.
Non credo ci sia altro. Buona lettura;)
Genere: Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'PKNA - Shattered Dimensions'
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-Paperopoli, mattino-
 
-DRIIIIN!!!! CLICK!-
Sentendo il suono della sveglia, Paperino lentamente mosse la mano per spegnerla. Si sarebbe ricacciato volentieri sotto alle coperte, ma sapeva che a breve sarebbe dovuto andare a “lavorare” in redazione. Si stiracchiò ben bene, esordendo con un poderoso sbadiglio: “Yawn!”
La notte prima era stata ricca di sorprese. In verità non vedeva l’ora di andare a sentire che novità avesse Uno. E con tale spirito si cambiò d’abito, stropicciandosi gli occhi per ridestarsi ben bene.
Entrato nel piano segreto, si stiracchiò ancora una volta, prima di avanzare. Venne accolto subito dalla grande testa verde: “Ben svegliato, socio. Strano, quest’oggi mi sembri più scattante del solito.”
“Do quest’impressione? Beh, se devo esser sincero –si stiracchiò ancora, per poi continuare- un po’ è dovuto anche agli ultimi sviluppi della scorsa notte…”
“Ne sono lieto…” Un tavolino sbucò di colpo vicino al papero, su di esso una ciotola con diversi biscotti ed una tazza, il cui contenuto emetteva vapore: “Tisana calda? Visto che quest’oggi non hai problemi a rimanere sveglio, immagino non possa che farti bene evitare di bere il tuo solito caffè triplo…” disse l’intelligenza artificiale, ammiccando all’eroe.
“Mh, e sia!” concluse secco Paperino, prendendo a sorseggiare la tisana. Afferrò quindi qualche biscotto, cacciandoselo in bocca.
“Purtroppo devo darti una cattiva notizia: stamane ha chiamato tuo zio. Ti ho evitato di rispondere, così da non rovinarti la giornata. Domani vuole che tu vada al Deposito: dice che ha delle novità di cui parlarti…”
“Fantastico… Sicuramente vorrà che gli lucidi tutte le monete. Ah! –Munch-munch- A proposito di notizie… Glom!” disse con la bocca piena, per poi mandar tutto giù con un altro sorso di tisana: “Com’è andato l’interrogatorio di stanotte?”
“Oh…”
Un’altra testa verde comparì di fianco al papero, uscendo da un vano nascosto: “Molto, molto bene, Pikappa. Abbiamo tutte le informazioni di cui avevamo bisogno. Anche se…”
“Anche se?” ripeté a pappagallo.
Un paio di mani meccaniche si ripresero la tazza ormai vuota, per poi dare un paio di buffetti sul posteriore del papero: “Nulla d’importante, ne parliamo dopo. Ora, sbrigati! Stai facendo tardi.”
“Ehi, ehi! Con calma, Uno!” disse stizzito Paperino, ritrovandosi in poco tempo nell’ascensore. Le porte si chiusero all’istante, ed in quel momento un pensiero si fece strada in lui: “Mmm… C’è qualcosa che non mi torna. Il suo comportamento mi è sembrato decisamente strano… E’ come se avesse voluto nascondermi qualcos-“
Inutile dire che il fluire dei suoi pensieri venne interrotto dalla brusca accelerazione compiuta per portarlo al piano di Channel 00. Quando le porte si aprirono, ne uscì un papero decisamente più basso e tozzo di quanto non fosse in verità Paperino: “S-sì… Decisamente vuole nascondermi qualcosa…” Pochi secondi, prima che la situazione tornasse alla normalità ed il papero riprendesse la sua forma abituale. Si avvicinò quindi alla porta d’ingresso della redazione. Afferrò la maniglia  e la girò lentamente: “Molto bene, si cominc-“
-SBAM!-
La porta gli arrivò precisa sul becco, spostandolo di lato.
“Angus! Ehi, Angus! Aspetta! Dove stai andando?”
Paperino era ancora mezzo frastornato, e capirci qualcosa gli sembrò quindi ancor più arduo del solito. Quel che vide fu solamente Angus Fangus, il responsabile dell’”incidente”, allontanarsi in fretta e furia, seguito da Dan Woodstein. Il direttore pareva decisamente fuori di sé dalla rabbia.
Ripresosi dalla botta, si mosse di appena un passo: “Ma… che cos-“
-RISBAM!-
E nuovamente la porta si abbatté sul suo povero becco, stavolta tramortendo il Nostro a tal punto da farlo cadere a terra. Morrighan si chinò davanti a lui, costernato: “Accidenti! Scusami, Paperino. Ma che ci facevi vicino alla porta?”
“B-boh… Sinceramente non lo ricordo più.” Disse mentre una serie di stelline gli vorticavano tutte attorno.
Il giornalista lo aiutò a rialzarsi, per poi farlo poggiare al muro. Gli ci volle qualche minuto per riprendersi dalla doppia botta. Non appena la testa smise di girargli, disse: “Certo che stamane ne avete di energie, eh? Che è successo? Un nuovo scoop?”
“Puoi scommetterci! Angus… E’ da stamane che si comporta in modo strano. Non mi sembra di riconoscerlo.”
“Bah, a me pare sempre il solito… Almeno da quel che ho potuto vedere…” bisbigliò, massaggiandosi il becco.
“E invece ti dico che è strano! Ieri diceva che aveva uno scoop per le mani, roba grossa! Qualcosa che avrebbe finalmente fatto luce sul caso dei Beati. E, invece… Stamane è entrato, piuttosto alterato. Ha detto che si prenderà tutta la mattinata, e che tornerà solo per il tg della sera.”
Paperino inclinò la testa, perplesso: “Beh… E non credi sia dovuto proprio al grande scoop? Magari starà andando ad intervistare qualcuno.”
Il giornalista afferrò il papero per le spalle, spingendolo a guardare dentro la redazione: “Senza Camera 9? Sai bene che se lo porta dovunque…”
In effetti, il minuto papero, con al telecamera fedelmente incollata alla testa, se ne stava seduto su di una sedia, cogitabondo. Forse anche lui non riusciva a capacitarsi di quello strano evento.
“Glom! Effettivamente…” riuscì solo a dire Paperino, per poi continuare: “Comunque, non ci resta che aspettare stasera per saperlo, non credi? Eheh!”
 
-Qualche ora dopo, in un vicoletto silenzioso e oscuro…-
 
Il kiwi camminava già da un po’ di tempo. Gli ci era voluto un po’ per scollarsi di dosso il suo “inseguitore”, ma alla fine era riuscito a seminarlo. Portò lo sguardo al cielo, per poi calare la visiera del cappello fin davanti agli occhi. La luce del sole lo disturbava, lo accecava… Peggio: era come se quei lievi raggi gli rodessero la carne, quasi come fiamme ossidriche puntate su di lui. Il luogo dell’appuntamento era quello, se lo ricordava bene. O meglio, non era proprio “lui” a ricordarselo…
Una figura spuntò ad un certo punto dal fondo del vicolo. Angus si volse, portando lo sguardo su di lei con scarsa attenzione, come se non fosse sorpreso di vederla. Il suo volto non cambiò espressione, mantenendo uno sguardo come perso nel vuoto.
Non ebbe alcun sussulto, alcuna emozione nel ritrovarsi davanti a quel viso. Era proprio lei: la bella papera che, la notte prima, gli aveva promesso lo scoop del secolo. E lui quello scoop lo desiderava davvero… Accidenti, se lo desiderava!
La papera si avvicinò al reporter con fare guardingo, tendendogli poi la mano. Angus non batté ciglio, facendo allo stesso modo. Tuttavia, prima che le mani dei due potessero sfiorarsi, qualcosa uscì da sotto alle loro maniche. Erano viticci di sostanza scura, che si protesero in avanti fino a toccarsi e quindi miscelarsi assieme. I due rimasero così per qualche secondo, senza scambiare alcuna parola. Non appena i viticci si furono staccati, entrambi si allontanarono di qualche passo, per poi volgersi.
In quel momento, Angus ebbe un fremito: “N-no… Non voglio! La mia reputazione ne risentirà…”
Sentendo quelle parole, la papera si volse di scatto, ed i suoi occhi di ghiaccio fissarono con disprezzo la schiena del kiwi: “Tu ti atterrai al piano, senza fiatare! E sai perché lo farai? Perché vuoi diventare il miglior reporter di sempre… Se obbedirai, avrai per le mani dei grossi scoop, che ti porteranno al successo: il tuo sogno... Perché tu vuoi diventare il miglior reporter di sempre, vero Angus?”
Il kiwi tremolò all’inverosimile, come  se stesse morendo di freddo, quindi semplicemente si rilassò di colpo: “Io… Sì, voglio diventare il miglior reporter di sempre…”
Lei sorrise, perfida: “Bene.” Sibilò solamente, prima di volgersi e sparire, così com’era comparsa.
Angus rimase immobile per qualche secondo, per poi avviarsi a sua volta: sul volto si formò un leggero ghigno, mentre il cappello veniva tirato ancor più giù, lasciando scoperto appena il becco: “Sì… Il miglior reporter di sempre!”
 
-Ducklair Tower, piano segreto-
 
Il sole stava oramai tramontando, mentre su Paperopoli milioni di luci cominciavano ad accendersi.
“Yawn! Accidenti, che giornata noiosa…” bisbigliò Paperino, uscendo dall’ascensore e ritrovandosi quindi all’interno del covo.
“Ben tornato, socio. Adesso siediti!” gli disse subito Uno, facendo comparire alle spalle del papero una poltroncina che, poco gentilmente, lo costrinse a sedersi.
“Ugh! Dì, Uno… Che cos’è tutta questa fretta?”
Lo schermo gigante si accese, mentre l’espressione dell’intelligenza artificiale mutava, divenendo seria: “Il servizio di Angus. L’ho registrato per potertelo mostrare. Accidenti, Pikappa! Quando verrà mandato in onda, per il nostro “caro” reporter saranno guai seri.”
Lo sguardo del papero si fece dubbioso, quindi si preparò ad assistere a ciò che aveva tanto turbato Uno.
Il servizio partì: in primo piano, Angus Fangus in persona, leggendo da un foglio, diceva...
«Buonasera, cari telespettatori. Il vostro assistito stasera non vi ruberà parecchio tempo. Io… Questa sera mi trovo qui per farvi le mie più sentite scuse: la mia coscienza di prode reporter mi impone infatti di mettervi al corrente di un mio grave errore… »
“Uh? Angus che ammette di aver sbagliato? Accidenti! Hai proprio ragione ad essere agitato!”
“Ssssh!”lo ammonì subito il supercomputer.
«La verità è che il servizio mandato in onda nella giornata di ieri, sul presunto avvistamento di una sostanza scura che sarebbe la causa della comparsa dei Beati… era tutta una frottola!»
“Eeeeh???”
«Ebbene sì! Io, Angus Fangus, ho personalmente montato il servizio, inscenando così il finto scoop… Ed ora me ne pento. Quindi, dal profondo del cuore chiedo scusa a tutti voi, miei amatissimi… e vi prometto che, fino a che non otterrà uno scoop AUTENTICO, il qui presente non si mostrerà più ai vostri occhi.»
“Cooosa???”
«Da domani, a parlare sarà perciò il reporter Mike Morrighan, a cui affido la gestione del mio spazio all’interno di Channel 00. E con questo vi saluto, promettendovi il prima possibile qualcosa di meglio che un’accozzaglia di vili invenzioni… A voi studio.»
“…”
Paperino era più che allibito. Rimase in silenzio davanti allo schermo oramai fattosi nero, mentre persino Uno taceva, non sapendo cosa aggiungere.
Poi, l’eroe parlò: “N-non ci credo… Angus che si dimette… E, cosa ben peggiore, che svela di essere un cattivo giornalista…” Rimase in silenzio, quindi di colpo scattò giù dalla sedia, prendendo a correre.
“Dove credi di andare?” chiese Uno, seguendolo con lo sguardo nella sua folle corsa.
“Mi sembra ovvio! Quel nastro va assolutamente fatto sparire, prima che sia troppo tardi!”
Le porte dell’ascensore si serrarono con violenza, prima che il papero potesse entrarvi.
“Che accidenti fai, Uno?”
“Cerca di ragionare, Paperino! Quel filmato è già in sala di montaggio! Oltretutto, a quanto ho potuto vedere dalle telecamere di sorveglianza, nessuno sembra essere a conoscenza del suo contenuto. Se ora tu andassi lì e lo rubassi, che scusa t’inventeresti per spiegare l’accaduto?”
“Semplice: che ho visto il filmato prima del tempo e che-“
“Visto prima del tempo? E come la metteresti con Angus? Non puoi, socio. Ufficialmente, né tu né Paperinik avete visto niente! O vuoi rischiare di insospettire tutta la redazione, Angus compreso?”
Il papero sospirò, chinando il capo: “Va bene, ma… Facendo così, lui…”
“E’ stata una sua decisione… Eppoi, dovresti sapere che quel kiwi cade sempre in piedi, come i gatti. Sono sicuro che avrà qualcosa in mente…”
Alla fine, Paperino si arrese all’evidenza, voltandosi: “Se lo dici tu… Beh, sarà il caso di muoversi! Il sole sta calando, è l’ora di Paperinik!”
“Questo è parlare da eroe!”
Vicino al papero si aprì un pratico scomparto, contenente il suo costume da supereroe. Lo indossò con la solita fretta di sempre, vestendosi così in poco tempo. Il mantello ondeggiò appena, mentre Paperino indossava la maschera, prendendo così le vesti del suo alter-ego.
“A proposito, Uno! Quest’oggi mi avevi detto di aver ottenuto delle informazioni interessanti dall’Evroniano…” Si girò verso l’ascensore: “Credo sia il caso che anche io vada a farci due chiacchiere...”
La testa verde mostrò un’espressione un po’ preoccupata: “Ehm… Ma a che pro, socio? Posso farti il riassunto dell’interrogatorio. Non serve che tu scenda a-“
“E’ da stamane che sei strano, Uno…” sbottò il papero, fissando la grossa testa con fare cogitabondo. Testa il cui colorito lentamente virò dal verde brillante ad un lieve rosso\arancio…
“Ah-ha! Lo sapevo! Mi stai nascondendo qualcosa, dico bene? E non diventare rosso, che poi sembri Due!” Il mantello ondeggiò di nuovo: Paperinik si stava voltando, diretto verso l’ascensore.
“E va bene, socio… Però…”
Il papero entrò all’interno dello stesso, che lentamente prese a scendere verso i piani inferiori: “…prometti di non arrabbiarti…”
Giunto al piano sotterraneo, Pikappa attraversò lentamente le porte scorrevoli, ritrovandosi poi, in pochi passi, nella stanza in cui Zheron era stato rinchiuso il giorno prima.
Subito qualcosa sembrò non quadrargli: le manette e le cinghie a cui l’alieno era legato risultavano aperte, e dell’Evroniano non sembrava esserci traccia…
L’eroe avanzò per la stanza, in cui il buio regnava sovrano, guardandosi attentamente attorno. Unica luce, quella che filtrava attraverso la porta, semiaperta. Ad un certo punto, un’ombra minacciosa si palesò alle sue spalle. Lui si voltò di scatto, flettendo il braccio destro in avanti: “Scudo!!!” E subito il comando densomorfico plasmò l’Extransformer attorno al suo braccio.
Proprio in quel momento, la voce di Uno tuonò, mentre si accendevano le luci della stanza: “Fermo, Pikappa!!!”
Davanti all’eroe, l’Evroniano prigioniero teneva le braccia a coprire il volto, mentre il suo corpo era leggermente inclinato di lato, per farsi più piccolo possibile. Negli occhi, uno sguardo di puro terrore, mentre lentamente procedeva all’indietro, fino a sfiorare il muro con la schiena.
“Non è possibile…” bisbigliò il papero mascherato, mentre una smorfia rabbiosa gli si stampava in volto.
“Socio, te l’avrei detto… Ti spiego: dal suo racconto ho compreso che non è una seria minaccia per Paperopoli… Se solo tu sapessi-“
“Sapere cosa? Che c’è?! Non ti fidi di me, forse?” sbottò di colpo il papero, rivolto all’intelligenza artificiale.
“M-ma no… E’ solo che supponevo l’avresti presa male, quindi…”
“Supponevi? Tu “supponi”? Credevo che per te ogni risposta fosse quasi una certezza! E’ un nostro nemico, Uno! E tu lo lasci libero di scorrazzare per la stanza, come se fosse in vacanza-premio?”
“Se solo tu mi permettessi di spiegarti…“
“Sgrunt! Non ho tempo per le spiegazioni. Me lo dirai quando tornerò dalla ronda.” concluse secco il Paperinik, per poi andare a lasciare la stanza.
“Come vuoi. Certo che la questione di Angus ti ha proprio toccato nel profondo, eh?”
Prima di uscire, volse un’ultima volta lo sguardo verso l’Evroniano: uno sguardo di puro odio.
Sospirò, dicendo solamente: “Tieni d’occhio “Mister Coniglietto”…”
Il computer annuì, anche se non era molto convinto: il che era tutto un dire. Zheron, dalla sua, tremolò di paura, chiudendosi ancor di più a riccio.
Entrato nell’ascensore, il papero scese al piano dell’Hangar segreto, entrando nella Pi-kar e mettendola in moto. Tuttavia, prima di lasciare la torre, ci ripensò: il giorno dopo avrebbe dovuto far visita allo zio, quindi doveva per forza prendere la 313. Poggiato l’Extransformer sul sedile, scese dalla macchina, per poi dirigersi verso l’uscita. Rimasto solo nella stanza assieme ad Uno, l’alieno esclamò, con un bisbiglio: “H-ho fatto qualcosa di male?”
“No… Tranquillo: all’apparenza Paperinik può sembrare scorbutico, ma…”
Lì fuori, stando bene attento a non essere notato, l’eroe salì sulla 313, commutandola nella 313-X. Abbandonò quindi la Ducklair Tower, sgasando a tutta manetta.
“…in realtà ha un gran cuore.”
 
-Strade di Paperopoli, mezz’ora dopo-
 
La rabbia lentamente smise di avvelenargli il sangue, mentre il volto riprendeva un’espressione un po’ più serena. Sospirò, scuotendo appena il capo: “Accidenti, forse ho esagerato un po’… Ma che mi prende? Di recente, quasi non mi riconosco più. Ok, me l’hanno detto spesso che sono un tipo collerico, però… Prendermela a quel modo con Uno...”
La notizia di Angus l’aveva sconvolto più di quanto credesse: non era facile metabolizzare il fatto che il reporter si fosse “messo a nudo” in quella maniera, rischiando tra le altre cose di mettere a repentaglio la sua carriera… Non voleva ammetterlo, ma si era quasi affezionato a quel kiwi che tanto lo criticava in tv. La faccenda di Zheron era stata in qualche modo il colpo di grazia. Ma Uno non centrava nulla! Com’era stato davvero meschino a riversare sul suo amico virtuale tutte quelle parole ricolme d’odio…
“Devo chiedergli scusa. E lo farò adesso!” disse risoluto, sterzando col suo macinino, e riprendendo dunque la via del ritorno.
Sarebbe andato lì e avrebbe messo da parte l’orgoglio: avrebbe attraversato la porta dell’ascensore, raggiunto la grande testa verde e chiesto umilmente perdono per tutto ciò che gli era uscito dal becco. Questa era la sua idea… E al diavolo la ronda!
In breve tempo, si ritrovò di nuovo alla Ducklair Tower. Ma sembrava esserci sentore di guai, nell’aria…
“Tu sei completamente matto, Angus! Potrei licenziarti per questo, lo sai vero?”
“Uh? Che succede?” disse il papero, guardando davanti a sé. Parcheggiata in fretta e furia la macchina, si diresse verso l’origine del battibecco: fu così che si ritrovò ad osservare un litigio tra Angus ed il direttore del canale. I due discutevano animatamente in strada, davanti agli occhi di passanti increduli. Anzi, a dirla tutta, era solamente il direttore a parlare: il kiwi se ne stava lì in silenzio, senza nemmeno mostrare un’espressione adirata.
“Buonasera. C’è qualche problema?” Esclamò, il più energicamente possibile. Ovviamente sapeva bene il motivo di quel litigio, ma doveva recitare la parte del difensore della giustizia.
Non appena sentì la sua voce, Angus parve quasi rianimarsi. Osservò con occhi sgranati l’eroe mascherato, bisbigliando solamente: “Paperinik…” Quindi, gli si lanciò letteralmente addosso. Davanti a quella reazione inaspettata, Pikappa cadde a terra, mentre Angus gli teneva il colletto del costume: “Ehi! Levati!!!” Mentre ciò avveniva, piccoli viticci di sostanza nera presero ad uscire dalle maniche del soprabito del reporter, riversandosi sul costume di Paperinik e, da lì, fin dentro al colletto.
“E togliti! Mi sgualcisci il costume!” Con un violento calcione, il papero mascherato si tolse il kiwi di dosso, facendolo cadere sulla schiena.
Intanto, in lontananza, una figura femminile fin troppo conosciuta sembrò osservare la scena con estremo interesse, per poi scomparire dalla circolazione.
“Basta, Angus! Sei sospeso! Capito bene? Magari una mesata di ferie non retribuite ti schiarirà le idee!”  sbottò il direttore, tornandosene nella torre. L’ex-reporter si rialzò in piedi, raccogliendo il cappello e rimettendoselo in testa, con la visiera ancora una volta ben abbassata: “Sospeso, dici? Igh! Igh! Lo vedremo…” Si avviò perciò verso un vicolo, sparendo anche lui alla vista.
“Angus…” Disse solamente l’eroe, che incredulo aveva assistito a tutta la scena. Lentamente si rialzò, muovendosi verso la 313-X e balzandovi dentro: “Ma che gli è preso ad Angus? Decisamente, ha qualcosa che non va.”
“A casa…” bisbigliò ad un certo punto una voce.
“Eh? Ma chi…” disse l’eroe, prendendo a guardarsi attorno. Nessuno, a parte un paio di passanti ignari. Si guardò ancora attorno con attenzione: “Per un attimo, mi è sembrato che… Bah! Sarà la stanchezza… Ora vado a chiedere scusa ad Uno e…”
“A casa!” Di nuovo quella voce. Stavolta, più acuta: decisamente più profonda di prima. Il papero inclinò la testa, perplesso, quindi sbadigliò: “Bah… Yawn! Credo che potrò anche scusarmi domani, visto l’orario… Ho un sonno pazzesco…”
Entrò dunque in un vicolo, prendendo a cambiarsi d’abito.
 
-Poco dopo-
 
Ripreso l’aspetto di Paperino, il Nostro era quindi salito sulla sua amata 313, per poi dirigersi verso casa. I nipoti, per fortuna, non c’erano. Poteva dunque godersi finalmente il meritato riposo, dopo quell’ennesima giornata ricca d’eventi. Era stanco… Stanchissimo! Pensò di poter dormire per una decade. Si tuffò sul letto, senza nemmeno svestirsi, e quindi cercò di prendere sonno.
“Ah, già…” Mugugnò sollevando appena la testa ed afferrando la sveglia. Prese a caricarla, impostando l’orario.
“Domani devo farmi trovare dallo zione piuttosto presto… Sigh. Mai un attimo di riposo… Cosa vorrà mai propinarmi? Sicuramente, del lavoro malpagato… E tutto perché ho con lui una lista chilometrica di debiti!” Poggiò la sveglia sul comodino, di fianco al letto: “A che gli servirà, poi, accumulare tutti quei soldi? Non me lo sono mai spiegato…” Socchiuse gli occhi: “Mio zio... Certe volte... Avrei il desiderio che… Zzz… qualcuno gli togliesse… Zzz… la sua fortuna…”
E Paperino cadde in un sonno profondo, talmente profondo che nemmeno si accorse di trovarsi già nel mondo dei sogni. Ma si poteva poi parlare di mondo dei sogni, di fronte a ciò che gli si stava palesando? Era piuttosto un incubo!
 
Si ritrovò a correre, senza una meta precisa, per le strade oramai ben conosciute della sua Paperopoli. Il cielo era di un arancio brillante, assolutamente innaturale: era come se qualcuno lo avesse colorato con i pennarelli. E intanto Paperino correva, e correva ancora! La fronte madida di sudore, i battiti del cuore a mille, il respiro accelerato. Da quanto stava correndo? E, soprattutto, chi era che lo inseguiva? Azzardò una rapida occhiata alle sue spalle, veloce quanto circospetta… E fu allora che la vide! Un’ombra nera, dai tratti appena abbozzati, lo stava inseguendo. Chi era? Cosa voleva da lui? Non lo sapeva, sentiva solamente che avrebbe dovuto sfuggirle ad ogni costo.
“Anf-anf!”Ansimando ancora, Paperino impose alle sue zampe di mantenere il passo, di non fermare la loro corsa per niente al mondo. Guardò dietro di sé, per poi prendere una strada secondaria… Questa lo condusse in una piazza: una gigantesca piazza, composta da sampietrini, che copriva un’area piuttosto cospicua di Paperopoli. Una piazza che proprio non ricordava… Che non doveva esserci! Volse di nuovo lo sguardo alle sue spalle: nessuno. Sentendosi un poco al sicuro, rallentò l’andatura, ansimando vistosamente e fermandosi per riprender fiato. Le mani premevano sulle ginocchia, leggermente flesse, mentre la testa era rivolta in basso. Il becco spalancato per inspirare più aria possibile. Diverse gocce cadevano dalla fronte bagnata, riversandosi a terra.
-TAP!-
Un rumore! Sussultò, sollevando il capo. Davanti a lui, a circa dieci metri di distanza, l’ombra scura di poco prima si stagliava imperiosa. Non gli dava proprio tregua! La distanza, tuttavia, gli permise di dare un’occhiata al suo inseguitore. Ora che lo osservava meglio, il papero poté scorgerne i lineamenti… “P-Paperinik?!” bisbigliò… No, non era Paperinik… Era…
“FANTOMIUS!”Gridò con forza, stupendosi lui stesso di avere ancora tanto fiato in corpo.
L’ombra non rispose, limitandosi a portare le braccia incrociate al petto, in segno di baldanza. Il mantello ondeggiava, come se ci fosse del vento: eppure, vento non ce n’era…
La sagoma scura e indefinita avanzò quindi con passo lento verso di lui: “S-sta indietro…” disse Paperino, portando un braccio a proteggere il volto, mentre arretrava di qualche metro.
Inutile dire che quell’essere non gli diede assolutamente retta, prendendo anzi a ghignargli contro, beffardo: “No… Noooo!!!” L’istinto di nuovo prese il sopravvento, e Paperino riprese a fuggire. La città, tuttavia, andò ad allontanarsi allo stesso ritmo con cui lui correva, impedendogli così di raggiungerla. In che razza di realtà assurda era finito?
Prese a guardarsi attorno, sperando che ci fosse qualcuno: niente di niente, tutte le strade erano deserte. L’ombra, intanto, si faceva più vicina: particolare davvero inquietante, era che quell’essere riuscisse a stare sempre alla medesima distanza… Non importava quanta foga mettesse l’eroe nella corsa: quando si voltava, vedeva sempre quegli occhi bianchi su di lui!
Iniziò a chiedere aiuto, disperato: “Aiuto! Qualcuno mi aiuti!!! Aiuto! Per favore, aiutatemi!!!”
Il sole, che fino a poco prima sembrava una circonferenza piatta nel cielo, assunse una forma sferica, colorandosi di verde. La gigantesca testa del supercomputer comparve al centro di esso, osservando Paperino con fare ironico. Lui sollevò lo sguardo al cielo, continuando a correre più veloce che poteva: “Aiutami! Ti prego, Uno…” Ma dalla grossa testa non giunse alcun suono, alcuna parola… Essa aggrottò la fronte, per poi girarsi su sé stessa, mentre una massa viola si formava al suo fianco. La massa, inutile dirlo, prese la forma di una gigantesca testa evroniana da Pikappa fin troppo conosciuta. Uno si volse verso di essa e, dal suo modo di fare, Paperino intuì che entrambi si stavano prendendo gioco di lui. Disperato, si volse di nuovo in avanti, cercando altro aiuto. Ma nessuno accorse alle sue grida. Nessuno sembrava esserci per strada, a parte l’ombra che, con tenacia, ancora gli stava alle costole. “N-no… Non è possibile. Dove sono tutti? Dove sono tutti quanti? Non c’è nessuno oltre a me, in città… Sono solo! Solo! Solo…” Gridò, mentre la voce si riduceva ad un bisbiglio e l’andatura si faceva più lenta, fino ad arrestarsi del tutto: “Solo...”  Il papero reclinò la testa in avanti, con gli occhi chiusi: un’espressione rassegnata gli si dipinse in volto, mentre s’inginocchiava a terra. Che strano… Non aveva più il fiatone, né il suo volto era coperto di sudore. Sentì solo una gran frustrazione dentro: un grande vuoto… In quel momento, diverse figure scure presero a plasmarsi tutte attorno a lui, formando una circonferenza. Esse presero poi forma e colori, mostrandosi come personaggi del passato di Pikappa. Da sinistra a destra comparvero: Lyla, il Razziatore, Uno, Everett Ducklair, un Evroniano, Xadhoom, Odin Eidolon, Urk, Mary Ann Flagstarr, Angus… Persino Gorthan!
“Nessuno vuole aiutarmi… Eppure io vi ho aiutati, quando ne avevate bisogno. Perché? Perché mi fate questo?”
Tutti, in silenzio, rimasero attorno a Paperino.
Davanti a lui, la circonferenza si aprì appena, per permettere all’inseguitore di passare. Esso si fermò proprio di fronte al papero, tendendogli la mano. Fu allora che, sollevando il capo, Pikappa poté vedere sé stesso, nei panni di Paperinik... Il primo Paperinik, il Diabolico Vendicatore! Non il paladino della giustizia che era diventato, ma il paladino originale: quello di sé stesso! L’istinto gli diceva di fuggire ancora, di stargli lontano. Ma come poteva? Era solo… Tutti l’avevano abbandonato, eccetto... Sospirò, alzandosi in piedi e sfiorando con le dita la mano dell’altro sé stesso. In quello stesso istante, il finto Paperinik sorrise malignamente, mentre virava di nuovo al nero. Si disciolse in una sorta di liquame scuro, che lesto saettò addosso al papero, avvolgendolo totalmente. Solo una parte dell’occhio di Paperino rimase attonita a guardare le figure attorno a lui ridere di gusto, mentre le sue grida venivano soffocate da quel liquido melmoso…
 
“Aaaaaaaaaaaaahhhhh!!!” Paperino si rizzò sulla schiena con tanta foga che, per poco, non cadde dal letto. Era un bagno di sudore. Gli occhi, sgranati, presero a guardarsi attorno: quella era la sua stanza, la sua amata stanza…
Dunque, tutto quel che gli era successo s’era rivelato essere… “… solo un sogno…” bisbigliò, tenendosi la fronte con una mano, mentre scendeva dal letto. Qualcosa scricchiolò sotto al suo piede: sollevando la zampa, poté vedere la sveglia infranta sul pavimento.
Un immenso timore gli attanagliò le viscere: “Oh, no!!!” Schizzò rapidamente giù dal letto, dirigendosi in salotto, dove c’era l’orologio attaccato al muro. Scrutò l’ora e sussultò: “Accidenti! E’ tardissimo!!! Lo zio mi spennerà!”
Mentre i toast si doravano, il papero rapidamente filò in bagno, dandosi una sistemata il più velocemente possibile. Quindi, come fosse un centometrista, prese al volo i toast che uscivano fuori dalla macchinetta, fiondandosi in macchina ed accendendo il motore della sua 313. Era partita al primo colpo! Che fortuna! Trangugiò i toast in fretta e furia, sistemandosi poi il berretto per coprire al meglio gli occhi: quel giorno il sole gli dava piuttosto fastidio… “Sarà che mi sono svegliato da pochi minuti…” Pensò, premendo sull’acceleratore e schizzando via il più velocemente possibile.
 
-Deposito di Paperon de’ Paperoni-
 
Quando Paperino giunse a pochi metri dal gigantesco Deposito, che conteneva la pressoché infinita ricchezza del suo facoltoso zio, fu piuttosto sorpreso nel vedere diverse pattuglie di polizia appostate attorno alla fatiscente abitazione: “Uh? Strano…”
Parcheggiata la macchina alla bene e meglio, il papero si avviò verso l’entrata, venendo tuttavia fermato sin da subito da uno dei poliziotti: “Altolà! E’ vietato l’accesso.”
Lui si grattò dietro la testa, capendoci sempre meno: “Ehm… Sono il nipote di de’ Paperoni. E’ successo qualcosa allo zio?”
Il poliziotto storse appena il naso, ma poi parlò: “Mmm… Stanotte c’è stato un furto. Qualcuno, non si sa come, è riuscito ad entrare eludendo tutti i sistemi di guardia, eppoi si è portato via solo una monetina di infimo valore. Tsé! Ladri dilettanti!”
“Glom! M-monetina d’infimo valore? Non sarà…” Il papero scattò rapido, passando di fianco al poliziotto ed entrando all’interno del Deposito.
“Ehi, torna qua!” gli gridò l’agente, ma lui non diede ascolto a quell’ordine.
Sembra incredibile, ma ci mise 20 secondi netti a raggiungere lo stanzone del facoltoso zio, e la scena che gli si presentò davanti certamente non fu delle migliori! Il vecchio papero se ne stava seduto sulla sua poltrona: il cranio reclinato in avanti, mentre gli occhi, spenti, fissavano le sue stanche zampe. Già, stanche di girare in tondo, per la collera… Tutto ciò che ora sentiva dentro era un gran vuoto, contornato da una tristezza indescrivibile.
Gli occhi di Paperino saettarono per la stanza, ed alla fine la videro: la scintillante teca in cristallo, in genere poggiata su un comodo basamento in legno, si ritrovava infranta sul pavimento. L’oggetto che racchiudeva era sparito, senza lasciare alcuna traccia. Unico indizio della sua presenza era il morbido cuscino, anche lui riverso a terra. Strabuzzò gli occhi: non poteva crederci, impossibile… La Numero Uno era sparita!
Gli occhi tornarono sullo zione, che nel mentre neanche s’era accorto della sua presenza.
Il papero deglutì, pensando a qualcosa d’intelligente da dire: “Ehm… B-buongiorno, zio. I poliziotti mi hanno raccontato che…”
“Che cosa vuoi, nipote?” Gli arrivò di rimando. Fu più un bisbiglio che una vera e propria voce, seguita poi da un sospiro. Non voleva parlarne.
Dalla sua, Paperino non sapeva cosa dire: chi mai avrebbe potuto fare questo a suo zio? Ok, di possibili candidati certamente non ne mancavano! Nella sua mente, qualche volto prese forma…
Si avvicinò al ricco papero, per poi allungare la mano verso di lui: “Tutto si risolverà, vedrai. Dobbiamo solo-“
Prima che potesse sfiorarlo, la mano del vecchio papero schiaffeggiò la sua, allontanandola. Lo sguardo, da frustrato, si aggrottò in un’espressione collerica: “Dobbiamo? Tu non sei mai riuscito a combinare nulla di buono, nella vita! Pensi davvero di riuscire a venire a capo di una faccenda come questa?”
“Volevo solo farti sentire meglio…”
“Starò meglio quando riavrò tra le mani il mio prezioso cimelio! Ed ora, sparisci!”
“Ma… Mi avevi convocato tu!”
“Ho detto: sparisci!!!” sbraitò lo zio, spintonando fuori il nipote. Se non altro, gli era ritornata un po’ d’energia vitale.
Paperino scese le scale, incollerito per il comportamento dello zione: “Sgrunt! Bel ringraziamento… Stavo solo cercando di farlo sentire meglio. Vorrei proprio non la trovasse più, quella dannata moneta! Anzi, se l’avessi tra le mani, io…”
“La distruggeresti?” di nuovo quella voce… Così acuta, nella sua testa.
“Io… Sì! Cioè, no… In ogni caso, vedrò di dargli una mano come Paperinik.” Ripeté con voce normale il papero, avviandosi poi verso la macchina e stupendosi un poco di parlare da solo: o forse no?
Il sole batteva ancor più forte sulla sua testa. Gli parve quasi che cominciasse a scottare. Si cacciò il cappello sin davanti agli occhi, per poi accendere il motore: “Dovrei andare alla Ducklair Tower, tuttavia…” Sbadigliò: “Massì, ci andrò stasera… Yawn! Ora ho proprio voglia di dormire. Quel brutto incubo non m’ha fatto riposare per nulla…” La macchina partì, lasciando così il Deposito.
 
-Ducklair Tower, qualche ora dopo-
 
Nella stanza sotterranea, Zheron se ne stava in un angolo, fissando il vuoto. Non gli interessava della discussione della notte prima, però da una parte, in fondo in fondo, gli dispiaceva per quella strana testa verde che aveva ascoltato pazientemente tutti i suoi discorsi, il giorno precedente. Avrebbe voluto dire qualcosa, ma sinceramente non gli veniva in mente nulla. Era abituato ad obbedire ciecamente, non a dare consigli.
Intanto, ai piani alti, il supercomputer non diceva una parola. L’immagine olografica era spenta: dopotutto non c’era nessuno ad osservarla, in quel frangente. Da quando Pikappa se n’era andato, la notte precedente, Uno non aveva fatto altro che continuare ad osservare le varie telecamere disseminate per tutta la città. Gli parve oltremodo strano che non fosse ritornato dalla ronda.
Ma certo! Quel giorno doveva andare da suo zio! Ecco perché non era tornato. Probabilmente, lo avrebbe rivisto in giornata… E allora gli avrebbe spiegato i motivi che lo avevano spinto a fare ciò che aveva fatto.
E non era tutto! C’erano anche dei guai. La notte scorsa qualcuno aveva svaligiato la Banca di Paperopoli. Dai filmati che Uno poté filtrare, si vedeva con chiarezza l’interno messo a soqquadro e le monete sparse un po’ ovunque. Chi poteva esser stato? Dalla registrazione delle telecamere di sicurezza, Uno poté vedere solamente un’ombra indefinita… Decisamente poco, per trarre una conclusione.
I suoi pensieri vennero bruscamente interrotti da ciò che avvenne di lì a poco: una cosa assolutamente inaspettata. La testa verde ricomparve nell’ampolla, mostrando uno sguardo assai perplesso: “Non ci posso credere!” disse mentre gli arrivavano le immagini da una delle telecamere della torre.
All’entrata, una persona piuttosto conosciuta aveva fatto la sua comparsa. Non era poi visibile quasi nulla di lui, a parte il becco. Il resto era coperto da una tunica piuttosto spartana, mentre in spalla portava una piccola sacca. Il papero col saio si infilò con discrezione in uno degli ascensori, chinando quindi il cappuccio non appena le porte si richiusero. Sorrise, mentre l’ascensore da sé lo conduceva fino al piano segreto. Non appena le porte si aprirono e lui poté superare la soglia d’entrata, venne immediatamente accolto dalla voce dell’intelligenza artificiale: “Padron Ducklair! Come sono felice di vederla.”
Lui sorrise, mantenendo tuttavia un certo decoro: “Lo stesso vale per me, amico mio…”
Si mosse un poco per la stanza, portando poi le braccia dietro la schiena: “Peccato solo che io non sia qui per un motivo di svago. Tagliamo corto: dov’è Paperinik?”
“Oggi aveva appuntamento con suo zio. Sa, quello che ha acquistato la torre.”
“Ah, già. Eheh! Non noti dell’ironia, in ciò? Se solo sapesse cosa questo posto nasconde…” Lo sguardo divenne sarcastico, mentre gli occhi si posavano sulle varie lucine presenti su uno dei pannelli davanti allo schermo gigante: “Ma non divaghiamo. E’ molto importante che Paperinik torni qua. Non c’è più alcun secondo da perdere…”
La testa verde tornò di colpo seria: “C’è qualche problema? Non sarà di nuovo Due…”
Il papero scosse la testa: “No… Nessuna minaccia esterna. Stavolta a provocare disastri sarà qualcuno di cui non sospetteremmo mai.” Chinò il capo, mentre Uno lentamente decifrava le parole del suo inventore.
“Aspetti… Non mi vorrà dire che-“
“Esatto, Uno. Ed ora fa silenzio, per favore. Abbiamo poco tempo e quindi è meglio spenderlo bene. Sappi solo che il nostro amico potrebbe non avere più il controllo di sé. Dobbiamo trovarlo e fermarlo prima che sia tardi!”
“Troppo tardi per cosa?”
Il viso dell’ ex-scienziato si fece scuro: “Ho paura che una presenza malvagia stia in questo momento vivendo all’interno di Paperinik…”
L’intelligenza artificiale non batté ciglio, rimanendo quasi impassibile.
Il papero inclinò dunque la testa, osservando Uno:“Ti vedo perplesso, amico mio. So che dubiti delle mie parole, ma ti assicuro che è tutto vero…“
Una testa verde, leggermente più piccola, comparve di fianco al monaco: “Non ho mai dubitato delle sue parole, padrone. Quel che mi chiedo è: perché proprio Paperinik?”
Everett aggrottò la fronte, sospirando: “Non posso fornirti i dettagli, ma ha scelto lui. Purtroppo non so molto nemmeno io. So solo che è un essere infernale! Gli antichi lo chiamavano l’“Oscurità del cuore”…” Continuò, riprendendo a raccontare.
Ancora una volta Uno rimase attonito: quel discorso, così ricco di misticismo, non si addiceva decisamente alla figura del suo creatore, papero così intelligente e razionale. Non che stesse mettendo in dubbio il senno del monaco, però finora aveva sentito solo tante parole e nulla di concreto.
“Ancora quell’espressione! Eheh! Tranquillo, non sono pazzo. In ogni caso, quest’essere… Quest’”Entità”, si nutre del male presente dentro ad ogni essere vivente: ho detto “male”, ma sarebbe più corretto dire “emozioni”… Se le informazioni che ho raccolto sono esatte, questa creatura sarebbe capace di amplificare le emozioni negative che naturalmente albergano in ognuna di noi… “esistenze biologiche”, come ti piace definirci. E dopo che le ha amplificate… si nutre di tutto ciò che ne scaturisce…”
“Ne parlate come se fosse reale.”
“Lo è, amico mio… Lo è!” Disse il papero, prendendo a camminare lentamente con le braccia dietro alla schiena: “Ed è forte… Sempre più forte. Semplice spiegarti il perché sia proprio qui: Paperopoli è stata teatro di diversi eventi incresciosi… Tutto quel male l’ha attirata come un ape è attratta dal dolce profumo di un fiore di campo.”
Ancora una volta, la testa verde rimase impassibile, per poi esordire con un: “Se è come dite voi… Credo che questo spieghi tutto.”
“Spieghi tutto?”
 
-Redazione di 00 Channel, qualche minuto prima del tramonto-
 
La porta della redazione si aprì lentamente, troppo lentamente per essere aperta da qualcuno che andava di fretta. Il che, per chi lavorava lì, sembrava quasi una novità. Ma tutti, nessuno escluso, sgranarono ancor di più gli occhi quando videro chi era ad essere entrato. Persino il direttore, volgendosi verso il nuovo arrivato, non poté nascondere il suo stupore: “Angus!!!” disse con voce piuttosto scossa.
Il kiwi, vestito ancora col suo solito impermeabile, entrò nella stanza, incurante degli sguardi. Si diresse così rapidamente proprio verso chi, la notte precedente, lo aveva sospeso.
“Cosa ci fai, qua? Se non sbaglio, ti avevo detto di non farti più vedere. Cosa vuoi?”
Lui non rispose, limitandosi a poggiare una videocassetta sulla sua ex-scrivania.
“Quella cos’è?”
Ghignando, Angus rispose: “Quella? Oh, è solo il servizio che lanceremo stasera.”
Si mise così bello comodo sulla poltroncina, attendendo il dire del direttore con negli occhi un’aria annoiata.
“Tu sei pazzo, Angus! E se non te ne vai, ora chiamo la polizia.” Fece l’altro.
“Prima di farti il fegato grosso, da un’occhiata alla cassetta. Avevo promesso uno scoop in grande stile, no? Beh, eccoti accontentato! Igh! Igh!”
Tutti, nella redazione, posarono gli occhi sulla videocassetta, mentre il direttore lentamente si avvicinava ad essa…
 
-Qualche piano più in alto…-
 
“Sì! E’ senz’altro opera dell’Entità…” disse il papero, dopo aver ascoltato il racconto di Uno sulla faccenda dei Beati.
“Ma… Ha detto che amplifica il male. Quelle persone sono buone!”
“Ho detto che lo amplifica per poi nutrirsene. Quelle persone non sono buone di natura. E’ solo che l’Entità, assorbendo continuamente tutto l’odio e la rabbia che provano, li lascia incapaci di provare alcuna emozione negativa. –aggrottò di nuovo la fronte- Inoltre, si sta nascondendo. Per ora gli fa recitare la parte dei “bravi bambini”, ma al momento giusto…”
“…”
Si fermò, mettendosi poi seduto a terra ed assumendo una posizione decisamente comoda: “So che in te ci sono ancora tante domande, tanti quesiti senza risposta. Ma ora devi fidarti di me. Dobbiamo trovare Paperinik, prima che sia troppo tardi.”
“Ma lei come fa ad esser certo che-“
“Ti fidi di me, Uno?”
“M-ma certo, padron Ducklair...”
“Bene, e allora non chiedere altro. Dobbiamo trovare Paperinik prima che sia troppo tardi. Il problema… –disse passandosi la mano sotto al becco- … è come! Non credo di poter inventare un radar che rintracci il male… Almeno, non subito.”
La testa verde schioccò un occhiolino al suo creatore: “Non servirà! Le ricordo che posso visionare un po’ tutte le telecamere della città: prima o poi, Pikappa salterà fuori!”
 
-Da un’altra parte…-
 
“Anf! Anf!” Paperino correva. Correva come se non avesse altra scelta. Un altro sogno? Probabile. Il luogo era identico a quello della notte precedente. La stessa identica piazza di Paperopoli: una piazza sconosciuta, inesistente, gigantesca… infinita. Si arrestò non appena comprese che cercare di attraversarla era impossibile. Fu allora che, puntandosi ancora sulle gambe per riprender fiato, scorse davanti a sé il losco figuro: quell’ombra minacciosa e nera…
Il sosia si trovava proprio davanti a lui. Che cosa voleva? Perché continuava a tormentargli il sonno?
Mentre il papero si domandava ciò, l’oscura presenza gli tese la mano, bisbigliando: “Unisciti a me.”
“Cosa?N-no…”
“Io ti mostrerò la via. Unisciti a me.”
“E’ solo un sogno! N-niente di questo è reale…”
“Ah, no?”
Di colpo, la città che faceva da sfondo all’immensa piazza sembrò disgregarsi in mille pezzi. Un desolato deserto di macerie comparve al suo posto.
“Ricordi? Paperopoli nemmeno esisterebbe più, se non fosse per te…” (*Come ricorda chi ha letto PKNA#03: “Il giorno del sole freddo”)
L’ombra gli comparve di fianco: “Tu hai salvato la tua città, ma che ne pensano i cittadini, di te? Ti hanno davvero a cuore?”
Paperino si passò le mani sul viso, osservando quel gigantesco deserto attraverso le fessure delle dita: “Che cosa vuoi da me?”
“Io? Solo aiutarti a capire. Sei un eroe: meriti di proteggerli, Paperino…” Lentamente, tutto il paesaggio attorno al papero si dissolse: “…ma loro meritano te?” In quello stesso momento, tutto si fece nero ed il papero prese a cadere verso il basso.
 
“Aaaaaaaaaahhh!!!!” cacciò un urlo talmente forte che, se i nipoti fossero stati in casa, l’avrebbero sentito anche con lo stereo a tutto volume. Ancora una volta, Paperino era un bagno di sudore. Gli occhi, vitrei, fissavano l’ambiente circostante, come a constatare di trovarsi veramente nella realtà, e non in un ennesimo incubo. Si passò di nuovo la mano sul viso: “Che mi succede?”
 
-Poco dopo-
 
Prese le vesti di Paperinik, l’eroe uscì di casa. La notte regnava oramai sovrana, e dunque era per lui il momento di entrare in scena. Balzò sulla sua 313-X, accendendola e sgasando poi diretto verso la città.
“Sarà bene che mi occupi della mia ronda notturna…” bisbigliò tra sé e sé. Dopo sarebbe andato alla Ducklair Tower, questo era sicuro. Doveva scovare il ladro di monete, per suo zio. Prima, però, avrebbe chiesto scusa a Uno, gli fosse piombato sulla testa un-
-STUMP!-
“Eh? Uno scarpone?” disse osservando ciò che lo aveva colpito: “Ma cosa…”
Non fece neanche in tempo a guardarsi attorno, che subito venne investito da altra roba. Fu costretto a frenare, per evitare di finire fuori strada. Quindi, ripreso il controllo, si guardò attorno: “Ok, chiunque mi abbia giocato questo brutto tiro, io…”
Strabuzzò gli occhi: attorno a lui, un manipolo di gente sembrava in qualche modo imbufalita. E, da quel che poté capire dalle loro grida, ce l’avevano proprio col “vecchio mantello”.
“Va via! Non ti vogliamo!” gli gridavano alcuni. “Ladro! Spero che la polizia faccia il suo dovere e ti arresti!” continuavano altri.
“Io… Non ci capisco più niente.” Riaccesi i motori, Paperinik cercò di allontanarsi il più possibile dalla zona, così da evitare guai. Pochi minuti, prima che il papero riuscisse ad abbandonare la periferia, diretto verso il centro.
Cosa volevano quelle persone da lui? Perché tutto quell’odio? Per quale motivo gli davano del ladro?
“Non ci capisco più niente…”
«E mandiamo ora in onda la replica del servizio shock del nostro inviato preferito…»
“Eh?”
Pikappa premette con violenza sul freno dell’auto, inchiodando di brutto e lasciando sull’asfalto delle corpose striature nere. Gli occhi puntarono lo schermo gigante appeso ad uno dei tanti palazzi che aveva attorno. Su di esso, di colpo, comparve l’immagine di un kiwi.
“ANGUS!” disse l’eroe, non riuscendo a capacitarsi della cosa.
«Buonasera, miei cari telespettatori. Non mi dilungherò in alcun discorso frivolo. Sono tornato, e sono qui per portarvi dei fatti! Vi avevo promesso uno scoop, e dunque eccomi qui! Come sapete, ieri la Banca di Paperopoli è stata assaltata. Ebbene, il Vostro si trovava lì ed ha ripreso tutta la scena con la sua telecamera. Ma non è questo lo scoop… Lo scoop è che il ladro della banca altri non è se non il nostro fantomatico “giustiziere mascherato”! Paperinik: se sei in ascolto, ti consiglio di venirti a costituire quanto prima…»
“Che cosa???” riuscì solamente a dire il papero, prima di vedere spiattellata sullo schermo la ripresa di Angus.
L’immagine era piuttosto caotica, tuttavia la qualità del video permise di vedere bene un’ombra scura aggirarsi per la banca con un paio di sacchi di monete sulle spalle. La forma del ladro, ahimé, ricordava proprio quella di Pikappa: mantello, cappellino… addirittura stivaletti a molla! Certo, non si vedeva chiaramente, ma le prove sembravano essere schiaccianti.
«Ci sono riuscito, miei cari! Vi ho dimostrato quel che ho sempre affermato nei miei servizi: Paperinik non è un eroe… E’ solo un’ennesima minaccia per la nostra tranquilla città!»
Lo sguardo di Paperinik, all’inizio piuttosto scioccato, mutò divenendo prima serio eppoi rabbioso.
“Io non sono un ladro! Angus… Ma come avrà fatto?” “Probabilmente avrà modificato il video per farti apparire colpevole…” gli ripeté la voce nella testa. Strano, oramai nemmeno gli sembrava più una cosa tanto assurda. Anzi, in un certo senso, sentiva di potersi fidare: aveva ragione, ora tutta la città lo odiava!
Le sirene della polizia lo risvegliarono da quel rapido quanto profondo moto riflessivo. Inutile dire che i poliziotti stavano venendo per lui, come si notava dalla folla che oramai si stava radunando per gustarsi la scena: ognuno lanciava accuse ed insulti verso il Nostro. Tutti, nessuno escluso, avevano creduto al servizio di Angus. Ma come dargli torto? Questa volta il kiwi s’era davvero superato. Inspirò profondamente, per poi accendere ancora una volta i motori e partire con la macchina: stavolta, però, pensò bene di staccarsi da terra ed allontanarsi in volo.
“Devo raggiungere la Ducklair Tower! Sono sicuro che Angus sia ancora lì a godersi il suo successo. Prima di tutto, però, andrò da Uno. Sicuramente saprà aiutarmi…”“Ne dubito, ora è amico di quell’Evroniano….” “E allora? Uno non mi tradirebbe mai…”
Bisbigliò ancora, mentre con la macchina sgasava verso la Ducklair Tower.
 
-Qualche minuto dopo-
 
Giunto di fronte alla torre, il papero parcheggiò la macchina e scese da essa, dirigendosi proprio verso l’entrata.
Non fece in tempo: proprio nel momento in cui si trovava a varcare la soglia, sentì un forte scossone, seguito da una voce tonante che gli ordinava di fermarsi: “Fermo, Paperinik!”
Il papero mascherato si volse, e fu allora che notò la Pi-kar, che lo illuminava coi suoi fari lucenti.
“Aaarrgh…” Disse coprendosi gli occhi: quella luce gli stava dando non poco fastidio. Strano, di solito non aveva problemi... In ogni caso, vide una sagoma scendere da essa, per poi avvicinarsi a lui. Assottigliò lo sguardo, così da poter vedere meglio chi aveva di fronte. Sussultò: “D-Ducklair?”
Il monaco si trovava proprio davanti a lui, brandendo l’Extransformer: “Fermo dove sei, Paperinik! Non muoverti!”
“Eh? Ma che dici?” Disse in risposta l’eroe, non capendoci più nulla.
“Continua a tenere accesi i fari, Uno!” “Ok…”
Uno? Perché gli stavano facendo questo? “C-che cosa volete da me?” Esclamò, coprendosi gli occhi con le mani: “Vogliono farti del male. Io te l’avevo detto…” “N-no… Non ti credo.”
Everett sollevò lo scudo, puntandolo sul papero mascherato. Una luce gialla parve illuminarsi: stava per usare il Paralizzatore bradionico!
“Aspetta! Perché vuoi-“ Il colpo partì, e Paperinik balzò in tempo in tempo per evitare d’esser paralizzato dal raggio. Rimessi i piedi a terra, sul suo viso si dipinse un’espressione sconvolta: “Perché mi fate questo?” “Non è evidente? Hanno creduto ad Angus! Pensano che sia davvero tu il ladro. Ed ora scappiamo!”
“Everett… Uno… Non mi credete?” L’eroe avrebbe voluto dire altro, cercare spiegazioni direttamente dai suoi due oramai ex-alleati. Tuttavia, tutto ciò che ottenne fu un ennesimo raggio sparato dall’arma che in passato aveva brandito così tante volte… L’evitò ancora, cercando di allontanarsi… Ma quelle luci erano davvero una grana! Sentiva come se stesse prendendo fuoco: “Argh…” S’inginocchiò, provato da quei fasci luminosi, e chiuse gli occhi…
 
Nella sua mente, il papero si ritrovò all’interno della piazza infinita. Davanti a lui, ancora quell’ombra dai tratti caratteristici. Lei sollevò la mano nella sua direzione, dicendo: “Unisciti a me...” Paperino, per l’ennesima volta, tentennò. Era proprio come nel suo sogno. Avrebbe fatto bene a fidarsi? Beh, tanto valeva provare... Non c’erano alternative! Tese la mano, e l’ombra ghignò ancora…
 
Quel che Ducklair ed Uno riuscirono a vedere fu una sorta di liquame scuro venir fuori da sotto il costume dell’eroe.
“Oh, no!” Esclamò Everett, strabuzzando gli occhi. L’ombra proiettata dai fari della Pi-kar sul muro della torre mostrava un papero piuttosto su di giri, col becco ben aperto in una risata insana, mentre, da diversi punti del corpo, grossi grumi tentacolari ondeggiavano, pieni di vita. Ci volle solo qualche secondo, prima che Paperinik balzasse letteralmente fuori da tutta quella luce con estrema agilità e si mostrasse alla luce dei lampioni. Il suo costume era completamente nero, esclusa la cintura, rimasta del solito colorito. In testa presentava un cappellino da marinaio del medesimo colore. La maschera era rimasta identica, eccezion fatta per le pupille, completamente bianche. In volto, un sorriso piuttosto marcato, mentre fissando per l’ultima volta i suoi inseguitori, si dava alla fuga in direzione dei palazzi vicini. Incredibile l’agilità con cui riusciva a muoversi.
“Aspetta, Paperinik!” Gli gridò il monaco, saltando di nuovo a bordo della macchina. La Pi-kar inseguiva l’eroe costantemente, ma lui aveva già architettato la sua fuga: lanciatosi in un vicolo buio, aprì senza problemi un tombino e si lanciò letteralmente al suo interno. Everett sorvolò la zona pochi secondi dopo, sospirando: “L’abbiamo perso…” Quindi, prese a perlustrare la zona.
 
-Qualche minuto dopo-
 
In un vicolo non molto distante dal centro, un tombino si alzò lentamente. Un paio di occhi bianchi spuntarono da esso, guardandosi attorno con circospezione. Ne uscì quindi Pikappa, che senza dire una parola richiuse poi l’accesso alle fogne, guardandosi ancora attorno. Sicuro di esser solo, e soprattutto di non poter essere scorto da alcuna telecamera, il papero in nero bisbigliò: “Bleah... Le fogne fanno più schifo di come le ricordassi...”(*PKNA#32: “Underground”).
Il liquame era venuto allo scoperto: nessuna vocina nella testa, nessun dubbio… Sentiva solo una costante adrenalina scorrergli in corpo, un’euforia incontrollabile.
Abbassò lo sguardo, fissandosi le palme delle mani: “E’ incredibile...”
“…Già! Una bella sensazione, eh?…” Un’ennesima voce! Stavolta non proveniva dalla sua mente... Si guardò attorno: che l’avessero già rintracciato?
Pochi attimi, prima che una sagoma scura si mostrasse agli occhi del papero.
Era assai snella e slanciata, oltre che piuttosto pittoresca: dai lineamenti l’eroe poté intuire che si trattava di una donna, ma tutto il corpo era ben celato da un costume nero e lucido. Unica eccezione: il becco, rimasto totalmente scoperto. La testa era ricolma di lunghi capelli corvini, all’apparenza decisamente non pettinati. Sopra di essa divampava inoltre una fiamma di colore scurissimo: fiamma che sembrava ardere eppure non consumare minimamente quella chioma nera, che anzi ondeggiava allo stesso ritmo delle fiamme.
Le sue pupille bianche erano puntate su quelle dell’eroe.
Ancora una volta, Paperinik rimase sul chi vive. Fece un passo indietro, come se fosse incerto.
La figura, dopo essersi avvicinata un altro poco, si fermò, portando una mano all’altezza del fianco: “…Salve, giustiziere mascherato…A quanto sembra, hai tutta la città contro…” Tagliò corto la sagoma. Il timbro di voce era sibilante, assai cupo.
Il papero si rilassò un poco, azzardando a dire: “Diciamo che ci sono stati tempi migliori, per questo supereroe…-convenì, rivolgendo i palmi al cielo ed inarcando le spalle-Ad ogni modo, che cosa vuoi? Ti serve una mano per spegnere quel piccolo incendio che ti ritrovi in testa?”Nuovamente, strinse i pugni: anche se con quel costume non si sentiva in pericolo, l’esperienza gli aveva insegnato che era bene non abbassare mai la guardia…
 
-Un po’ prima, alla Ducklair Tower-
 
“Mi credi adesso, Uno?” disse Ducklair, con voce lievemente alterata. Paperinik gli era sfuggito! Ed ora che sapeva di esser braccato sarebbe stato ancor più difficile catturarlo.
L’intelligenza artificiale ci mise un po’ a rispondere: stava valutando.
“Lei aveva ragione, padron Ducklair… Ora mi ha totalmente convinto.”
Il monaco portò le mani dietro alla schiena, prendendo a girare in tondo: “Per nostra fortuna, la metamorfosi di Paperinik è appena iniziata. Forse siamo ancora in tempo per farlo tornare quello di un tempo, ma abbiamo bisogno di un piano…” Si passò le dita sulle meningi, cercando di spremere fuori un’idea convincente.
“Conosce un modo per separare Pikappa dall’Entità?” domandò ad un certo punto Uno.
“Certo che sì! Ed è proprio questo il problema: l’unico modo è asportare la fonte del suo potere, così da indebolire quell’essere e costringerlo a staccarsi. Ci servirebbe un’arma capace di assorbire il male… Ma non disponiamo di niente di tutto ciò, al momento. E, sinceramente, inventarla credo mi costerebbe parecchie notti insonni: e già di tempo ne abbiamo fin troppo poco…”
Calò il silenzio, all’interno della stanza. Anche se avessero catturato il papero mascherato, non avrebbero in ogni caso potuto aiutarlo. Uno si dannò: se lo avesse saputo, non avrebbe permesso a Paperinik di lasciare la torre senza nemmeno il suo Extransformer. Ed ora, invece, eccolo lì: da solo, in balia di un essere malvagio che in ogni momento amplificava la sua rabbia e le sue paure…
Un attimo! Rabbia? Paure?... Emozioni!
Una lampadina gigante si accese sopra alla testa digitale: “Eureka!!!” esclamò, pieno di foga.
Ducklair non poté far altro che rimanere sorpreso dall’esclamazione dell’intelligenza artificiale.
“Uno, che ti prende? Ti è venuto in mente qualcosa?”
“Solo un momento, padrone. Voglio dare un’occhiata dettagliata alle mie subroutines. Credo di avere qualcosa di utile che faccia al caso nostro.” Quindi, la testa scomparve nella sfera, lasciando Ducklair interdetto.
Ai piani sotterranei, nella stanza in cui Zheron si riposava, si accese una luce. L’alieno, seppure al buio, poté scorgere con chiarezza il palesarsi di una sfera. La sfera s’illuminò quindi di un leggero alone verdastro, così da esser scorta meglio. L’Evroniano si avvicinò lentamente ad essa, incuriosito dalla luce.
“ZHERON!!!” gridò Uno, comparso di colpo all’interno del globo fosforescente.
“Waaaaaaaahhhh!!!” fu l’urlo che ottenne in risposta. L’alieno ricadde pesantemente all’indietro, rialzandosi poi sulle mani e tremolando come una foglia.
“Oh, scusami… Ascolta: abbiamo poco tempo, quindi presta attenzione a ciò che ti dirò.”
Lo sguardo di Zheron mutò dalla paura alla perplessità: che cosa voleva Uno da lui?
 
-Intanto…-
 
La figura ghignò malignamente, mentre entrambe le braccia venivano leggermente piegate ed i pugni serrati: “…Rinfodera gli artigli… Sei al cospetto di Profunda… Sono qui per proporti di unire le forze…”
Lui strinse i pugni a sua volta, rimanendo circospetto: “Profunda?! Davvero? Mi ispiravi “Margherita”. E comunque: unire le forze… contro chi? Non mi sembra di vedere nemici, in giro.”
La donna sorrise ancora: “…Ne sei sicuro? Guardati! Costretto a scappare dalla stessa gente che fino a ieri difendevi con tutto il tuo coraggio!…”
L’eroe chinò lo sguardo a terra, rimanendo in silenzio, per poi rispondere con convinzione: “Non è la prima volta che mi capita! Acciufferò il ladro e riporterò tutto alla normalità!”
Lei batté un piede a terra, come se fosse nervosa: il papero era più duro del previsto. Ma anche lui, alla fine, avrebbe ceduto: infondo s’era già fuso, no? Oramai il male avrebbe macchiato il suo cuore puro. Era solo questione di tempo…
In ogni caso, riprese un contegno. Sollevò un braccio nella sua direzione : “…Voglio aiutarti a scovarlo…Avvicinati!… Ti mostrerò ogni cosa… Devi solamente… sfiorarmi la mano…”
Pikappa rimase interdetto. Qualcuno nella sua mente non smetteva di gridargli di fare come Profunda diceva… Anzi! Era una cosa istintiva: si sentiva attratto da quel palmo, doveva assolutamente toccarlo! “I-io…” bisbigliò, avvicinando la mano a quella della donna. Alcuni viticci presero ad allungarsi dal suo costume, diretti verso l’altra figura. Pochi secondi, prima che si sfiorassero…
“NO!” Il papero ritrasse la mano di colpo, impedendo così ai due costumi di venire a contatto: aveva ripreso il controllo.
“…No?…” Ringhiò Profunda, perdendo la pazienza.
La voce nella testa di Paperino gridava talmente forte che all’eroe venne un emicrania: “Ho detto di no! Non mi serve il tuo aiuto. Non mi serve l’aiuto di nessuno! Capito? Nessuno!”
“…Fa come ti ordino! Oppure…”
“Oppure? Accenderai un fuoco in testa anche a me?” disse lui, con gran sarcasmo, per poi concludere: “Ti saluto. Ho ben altro da fare… Ah, un’ultima cosa.”
Volse la testa verso di lei, ammiccandole: “Spegni i bollenti spiriti e cambiati di costume. Il nero non ti dona…”
La donna non rispose, limitandosi a stringere ancor più forte i pugni e fissare l’eroe con astio. Paperinik tuttavia non le diede modo di replicare: girandosi di nuovo di spalle, si avviò per la sua strada. Il lungo mantello, ora di un nero lucido, ondeggiava ad ogni suo passo, mentre il papero mascherato scompariva così alla vista di Profunda, che rimase quindi da sola.
I pugni vennero sollevati, mentre la donna poteva finalmente sfogare la sua rabbia repressa: “…Grrraaaaahh!!!...”
-SBRANG!-
Batté a terra il piede con tanta violenza che, in quel punto, l’asfalto si sgretolò. Mantenendo sempre sul becco un’espressione più che furiosa, portò lo sguardo ad una figura che sin dall’inizio aveva osservato la scena, in disparte:
“…Occupati di lui! Portalo a odiarti dal profondo… E quando avrai assorbito tutto il male che gli albergherà dentro… Fa in modo che di Paperinik resti solamente il ricordo…”
L’ombra nascosta e indefinita annuì, mentre sul suo volto era ben visibile un ghigno compiaciuto. Si ritirò quindi in disparte, scomparendo nel vicolo. Quanto a Profunda, anche lei abbandonò il luogo, lasciando come unico indizio della sua presenza quella piccola conca nel manto stradale…
 
-Ducklair Tower, sotterranei-
 
Uno aveva spiegato ben bene la faccenda all’Evroniano, cercando di non entrare troppo nel dettaglio, ma limitandosi a raccontare il motivo per cui lo aveva contattato.
“Mi serve il tuo aiuto per salvare Pikappa.” Concluse quindi, secco.
“No!” gli arrivò subito in risposta.
“Ascoltami…” Un vano si aprì: all’interno di esso, la pistola sequestrata all’alieno.
“Non ti sto chiedendo di combattere. Mi serve solamente la tua pistola… E’ vero, l’Evrongun funziona solo se azionata da te, questo lo abbiamo imparato bene, io e Paperinik… Tuttavia, sono sicuro che esista un codice o qualcosa in grado di sbloccarla. Ti prego, ho assoluto bisogno di quell’arma per salvare il mio compagno!”
L’Evroniano incrociò le braccia al petto, voltando il becco da un’altra parte: “No! Perché dovrei aiutare un mio nemico? Oltretutto, proprio Paperinik: niente da fare!”
La sfera si avvicinò un poco al papero spaziale: “Per favore, Zheron...”
L’altro allargò di nuovo le braccia, prendendo a sbraitare: “Bella pretesa! Mi avete catturato, sequestrato e interrogato, ed ora sono persino rinchiuso! Speri che ti dica come disattivare il comando di riconoscimento? Non aiuterò Paperinik! Ed anche se me lo chiedi tu, non cambierò idea…”
L’intelligenza artificiale rimase in silenzio per un po’, quindi bisbigliò: “Va bene…”
La sfera si mosse un poco in avanti, dicendo:  “Mettiamola così: tu sblocchi l’arma, ed io ti lascio andare via…”
L’Evroniano non rispose, volgendo ancora il becco dall’altra parte.
La testa verde parlò ancora: “Oppure potrei sigillare questa stanza e lasciarti qui dentro per molto, molto tempo. A quanto mi è sembrato di capire, siete una specie assai longeva…” Un’aura di un verde decisamente più lugubre avvolse la testa digitale, mentre diceva le ultime parole: “Allora? Aiuti Pikappa o passi i prossimi secoli a giocare a dama con me?”
Zheron portò istintivamente una mano al becco, tremolando come una foglia. Gli occhi azzurri saettarono alla pistola, e quindi di nuovo ad Uno, per poi concentrarsi sul pavimento scuro. Che fare? Non aveva molte alternative. Alla fine, optò per la soluzione più semplice…
-C-Tlak-!
Un sorriso si stampò sul becco del papero digitale, mentre l’Evroniano avvicinò la pistola alla testa, bisbigliando qualcosa nella sua lingua. All’apparenza, non parve esser successo nulla.
Una mano robotica prese quindi l’arma, togliendola gentilmente dalle mani di Zheron.
“Ti ringrazio… Vedo che sei un tipo ragionevole.”
Le porte della stanza si aprirono, mentre diverse luci illuminarono il corridoio sotterraneo che si trovava proprio fuori della stanza: “Eh?” Zheron sussultò, vedendo quell’antro buio mostrarsi lì vicino.
“Un patto è un patto. Puoi andare, sei libero.” Le mani robotiche si avvicinarono a lui, depositandogli in mano la maschera da coniglio.
“…”
“Questo condotto è molto lungo. Se, però, procederai sempre in linea retta, sboccherai direttamente in periferia.”
Lui non rispose, avviandosi quindi verso la tanto agognata libertà. Si volse un’ultima volta, sull’uscio, prima di sparire alla vista. Il corridoio era rettilineo, e lo avrebbe portato ad una botola aperta, collegata con le fogne.
Rimessa la pistola nel vano, Uno la spedì velocemente ai piani superiori, spegnendo la sfera.
Ducklair, intanto, era ancora profondamente immerso nei suoi pensieri. Aprì un occhio, vedendo che la testa digitale era tornata all’interno del suo globo: “Allora, Uno? Che notizie mi porti?”
Lui mostrò un gran sorriso, mentre il vano si apriva, mostrando l’Evrongun: “Ottime! Quella che vede è l’Evrongun, un’arma dei nostri vecchi nemici alieni. Assorbe le emozioni, e se come dice lei quella creatura si nutre del male, allora forse con questa riusciremo a prosciugarla…”
Il monaco afferrò l’arma, leggermente perplesso. Non ne aveva mai vista una, ma se davvero riusciva a fare ciò che Uno diceva… Un sorriso gli si dipinse sul volto.
 
-Strade di Paperopoli-
 
Paperinik era oramai in fuga da un bel po’. Continuava a guardarsi attorno, ma di Everett o della Pi-kar non c’era traccia: “Devo ritrovare la calma…” Difficile, estremamente difficile, soprattutto considerando che continuava a pensare incessantemente a ciò che era successo all’entrata della Ducklair Tower.
“Everett… Persino Uno! Ok, il monaco non mi ha mai pienamente convinto, però… Il ladro! Devo ritrovare il ladro e costringerlo ad arrendersi. Sì, eppoi lo smaschererò, dimostrando di essere ancora il paladino della giustizia…”
Si guardò i palmi delle mani: “E se fossi davvero io, il ladro? Forse mi stanno dando la caccia per una giusta ragione…”Si volse di scatto, sbraitando: “No, si sbagliano! E gli mostrerò il volto del vero ladro, o non mi chiamo più Paperino!”
Paperino? Non Paperinik?! Quel che aveva detto lo lasciò ancor più perplesso: voleva il ladro per riportare l’ordine nella sua città… o solamente per dimostrare qualcosa a sé stesso?
Si passò una mano sul viso, smettendo d’interrogarsi. Ora doveva agire! Ma… Da dove iniziare?
“Di certo il ladro non mi capiterà magicamente sotto agli oc-“
“Buonasera, Paperinik.”
Sgranò gli occhi di fronte alla figura che lo osservava, a pochi metri di distanza: “Angus!”
Possibile che non si fosse accorto di lui?
Il kiwi avanzò con tranquillità, come se si fosse trovato davanti ad un vecchio amico: ed Angus di amici ne aveva veramente pochi…
“Allora… A quanto pare sei diventato un ladro, eh? Ti dirò, lo smascherarti non mi ha portato quella soddisfazione che credevo.”
“Non sono un ladro! E tu lo sai molto bene. Quel filmato era sicuramente un falso. – strinse i pugni, avanzando di un passo – Per colpa tua, ho tutta la città contro! …e non solo quella.”
Inspirò profondamente: ciò che stava per dire l’avrebbe urtato normalmente, figurarsi in quella situazione!
“Angus, il furto è reale. Dimmi chi è il ladro. Tu eri lì, sei un testimone. E sappiamo entrambi che-”
“Il ladro sei tu, Paperinik. Non hai visto il servizio? Igh! Igh!” Gli rispose subito il kiwi.
Calma… Mantenere la calma. Cosa gli aveva insegnato Everett, tempo fa? Meditare, fare respiri profond- Al diavolo!
Con uno scatto fulmineo, l’eroe in nero acchiappò Angus per il bavero, sollevandolo un po’ da terra: “Ascoltami bene: tu mi hai messo in questo guaio, e tu me ne tirerai fuori! Ultima chance: tu eri là. Che cos’hai visto?”
Il kiwi continuò a sogghignare, come se nulla fosse: “Che c’è? Hai dormito male, stanotte? Eppoi, anche volendo, non posso negare la realtà…”
Lo sguardo del reporter si assottigliò, mentre pronunciava queste parole: “La realtà è che tu sei un delinquente, buffone col mantello. E finalmente ti ho smascherato di fronte a tutta Paperopoli…”
C’era quasi! Paperinik era davvero fuori di sé. Presto avrebbe potuto assorbire tutto quell’odio. Diversi viticci iniziarono a uscirgli da sotto l’impermeabile. E non era tutto: anche se l’eroe non poteva certo accorgersene, anche dal suo “costume” presero a uscire dei viticci, diretti a loro volta verso quelli del kiwi. Angus c’era quasi… Eseguito quell’ordine, avrebbe poi potuto realizzare il suo più grande sogno: vedere il volto sotto alla maschera del papero. Sì, ancora pochi secondi…
“Trovato! Per fortuna, durante il tragitto è passato davanti a parecchie telecamere!” sbottò ad un certo punto una voce chiaramente elettronica: Paperinik fece in tempo a volgere lo sguardo, prima che un fascio di luce particolarmente intenso lo investisse.
“Yyyaaargh!!!” “Yyyaaargh!!!”fecero all’unisono il papero mascherato ed Angus, entrambi coprendosi gli occhi con le mani.
La luce era troppo potente! Troppo, perché i due potessero notare Everett scendere con un balzo dalla Pi-kar ed avvicinarsi a loro.
Senza troppe remore, il monaco sparò con l’Evrongun: un colpo assai preciso, che si diresse rapido come una saetta verso le due figure. Peccato che entrambe fossero abbastanza leste da evitarlo.
“Everett… Uno… Spegnete quella luce e parliamone! N-non sono io il ladro, ve l’assicuro!!!”
Disse Pikappa, mentre con una mano teneva coperti gli occhi.
“Lo sappiamo.” Gli giunse seccamente in risposta, mentre il papero mascherato poteva distintamente vedere la figura del monaco prepararsi nuovamente a fare fuoco.
“Eh?”
Un ennesimo colpo partì dalla pistola: questa volta, però, esso si diresse solamente verso il kiwi, con gran sorpresa di Paperinik.
Angus evitò ancora una volta, con un’agilità che certamente non sembrava appartenergli. I fari della Pi-kar si spostarono sul reporter, dando finalmente sollievo agli occhi dell’eroe.
E mentre Ducklair, imperterrito, continuava a sparare verso Angus, una voce giunse alle orecchie di Paperinik, direttamente dall’abitacolo della macchina: “Ciao, socio. Chi non muore si rivede, eh?”
Era basito: “Perché? Perché ve la state prendendo con Angus, dopo che mi avete dato la caccia per tutta la città?”
Si avvicinò all’abitacolo, scrutando sul display la testa verde del suo alleato: “Potrei dirti che è solamente perché ci fidiamo di te, tuttavia… A fare la differenza, è stato il filmato della banca…”
Nella memoria virtuale del supercomputer era ben memorizzato ogni frame di quel maledetto servizio che era costato la reputazione a Paperinik. E dunque, con pazienza, Uno prese a raccontare. Raccontò di come avesse studiato a fondo quella ripresa, e si fosse poi accorto che, ad un più attento esame, la fisionomia del ladro era, per certi versi, differente da quella dell’eroe. Non solo! Era una fisionomia fin troppo conosciuta da Uno: il ladro era decisamente in sovrappeso, nonostante la tenuta nera mascherasse bene la pancia.
“Sai, detto da me fa un po’ strano, ma…Raccolti i dati, mi è bastato fare due più due!”
“Aspetta! Mi stai dicendo che…”
Paperinik si voltò, nello stesso momento in cui dal supercomputer gli giungeva la conferma che tanto aspettava: “Sì, Pikappa. Il ladro è Angus!”
“Angus? Ma… Come?”
“Nello stesso modo in cui tu ci sei sfuggito, socio. Non capisci? Anche lui ha addosso un altro affare simile a quello che sta cercando di controllare te!”
Ok, questa non era facile da metabolizzare: “Controllare… me?”
Finalmente, dopo diversi tentativi, Everett riuscì infine a colpire Angus col Paralizzatore Bradionico dell’Extransformer. Il kiwi era fermo a mezz’aria, con in faccia un’espressione decisamente stupita.
Il monaco sorrise, sollevando a questo punto l’Evrongun…
-BZZZZZAP!!!-
Un colpo preciso, diretto proprio al costato di Angus. Sembrò non accadere nulla, per qualche secondo, poi…
“Yyaargh!!!” Da sotto all’impermeabile iniziarono ad uscire diversi viticci neri… Fino a che, dal colletto, un piccolo grumo di sostanza nerastra scivolò a terra, per poi avviarsi verso una direzione a caso. Pochi, pochissimi passi, prima che quella sostanza, da cui costantemente si dipartivano viticci vari, si liquefacesse, fino a scomparire.
Per quanto riguarda Angus, invece, terminato l’effetto del raggio paralizzante si ritrovò riverso a terra, svenuto.
Paperinik osservò la scena, visibilmente colpito da quel che era successo.
Il monaco si avvicinò al kiwi, mettendogli una mano all’altezza del collo, per poi alzarsi ed allontanarsi da lui: “E’ solo svenuto…” bisbigliò.
“Oook… Mi dovete delle spiegazioni, direi.” Fece il Nostro, avviandosi verso Everett. La risposta del papero in tunica non fu tuttavia quella aspettata: sollevò l’Evrongun, puntandola dritta su Pikappa.
“C-cosa?” Arretrò di un passo, prendendo a guardarsi attorno.
“Sta calmo, Paperinik…” Il tono del monaco era piuttosto rilassato. Voleva solo tenerlo sotto tiro?
“Ascolta: Angus era stato già soggiogato, perciò ho dovuto bloccarlo, ma tu mantieni ancora il controllo. Lo so per certo, o ci avresti già attaccati. Quindi, ora devi scacciare l’Entità da te!”
Ci capiva sempre meno: “Scacciare cosa? Ti riferisci a questo costume? Ma… E’ solamente un vestito.”
“No! E’ lui che te lo vuol far credere. Non ti accorgi che ti sta condizionando, anche se solo in parte? Ti ha fatto fuggire da noi, invece di affrontarci, perché sapeva bene di non avere alcuna speranza!”
Di colpo, una fitta alle tempie: “Aaah… M-mi fa male la testa!” Disse Paperinik, accasciandosi al suolo in ginocchio.
“E’ l’Entità! Sa di non avere speranze! Sta provando a prendere il controllo con la forza! –gridò il monaco, correndo verso l’eroe e tenendo il dito ben premuto sul grilletto- Non permetterglielo! Sei più forte di lui!”
“U-una parola… Mi ci vorrebbe un analgesico.”
“Concentrati!”
Fece un profondo respiro, chiudendo gli occhi, quindi prese a sbraitare: “Esci! Esci fuori!”
Tirò il costume con forza, e diversi viticci presero a muoversi attorno a lui. La testa sembrò scoppiargli: diverse scene di distruzione gli apparvero davanti agli occhi, assieme allo stesso gruppetto di personaggi del passato…
“N-non ci riesco…”
“Puoi farcela, socio!” Intervenne anche Uno, avvicinando la Pi-kar al papero.
Sì, poteva farcela… La resistenza della creatura andava diminuendo. Le visioni ed il dolore alle tempie erano qualcosa di assurdo, tuttavia sentiva di potercela fare. Poteva, perché lì c’era qualcuno a rincuorarlo e a dargli coraggio. Non era solo! Quella era una prova che il costume aveva mentito. E non era neanche un ladro! No, lo aveva sempre ingannato!
Non voleva più quell’essere dentro di sé, voleva fermamente mandarlo… “VIAAAAAAAAAAA!!!!” Gridò con tutto il fiato che aveva in corpo. L’Entità emise una sorta di gridolino soffocato, prima di liquefarsi e lasciare l’eroe a terra, logorato dallo sforzo.
Il grumo nero strisciò per un po’, per poi liquefarsi completamente in una macchina nera, immobile.
In quello stesso momento, Paperinik poté udire distintamente il rumore di qualcosa cadergli da dosso e rimbalzare sul terreno.
-Tling!-
Aprì di nuovo gli occhi, mettendo a fuoco quel piccolo oggetto che ora si trovava a pochi centimetri dal suo becco. Batté le palpebre più volte, prima che l’immagine prendesse forma.
“Ma è…” Bisbigliò, quando oramai i lineamenti dell’oggetto erano ben definiti.
Sollevò il busto di scatto, raccogliendo quel che gli era caduto ed osservandolo con attenzione: “La Numero Uno!!!”
Incredibile! Allora, l’aveva rubata lui! Strinse la monetina nel pugno, chinando la testa in avanti.
Una mano gli diede una pacca sulla spalla, rincuorandolo: “Qualunque cosa sia quell’oggetto, tieni presente che non eri assolutamente in te… Quindi, non fartene una colpa.”
Il papero sollevò lo sguardo, sorridendo a Ducklair. Un sorriso che, tuttavia, mutò presto, divenendo una smorfia di puro terrore. Pochi, pochissimi attimi… Giusto il tempo di dire: “Everett, attento!” Prima che il monaco, volgendosi, vedesse il suo piede ed una buona parte del saio completamente colorati di nero. Chinò d’istinto l’Evrongun verso il basso, pronto a sparare. Non ne ebbe il tempo: in quel momento, si ritrovò risucchiato in una sorta d’incubo ad occhi aperti.
 
Si trovava nella Ducklair Tower, in una delle innumerevoli stanze sotterranee. Essa era ricolma di macchinari e computer vari e, al centro, vi era una sorta di grosso contenitore.
Sapeva bene cos’era, non c’era certo bisogno di qualcuno che glielo spiegasse. Ma non era solo, lì. Una sagoma, nera come la pece, si trovava proprio di fianco a lui. Quest’ombra prese a muoversi con noncuranza per la stanza, fermandosi quindi davanti alla grossa capsula, nel mezzo.
“F-Fermati!” Intimò il papero che, per quanto si sforzasse, non riusciva a muoversi.
A quel punto, la sagoma si voltò, rivelando le sue fattezze: era lui stesso, vestito di tutto punto!
Il tempo di riprendersi dallo shock, prima che quel suo sosia parlasse: “Siamo nel tuo peggior incubo… Oh, com’è ricca d’angoscia, la tua mente…”
La mano si portò su una sorta di dispositivo. Con orrore, il monaco sgranò ben bene gli occhi, di fronte a quello spettacolo: “F-fermo, non farlo! Lei… Lei non può assolutamente uscire!”
Fu un’azione decisa: l’ombra scura attivò in qualche modo la capsula, che lentamente s’aprì, liberando un gran fumo.
“Suvvia… Vediamo chi c’è nella capsula criogenica…”
“Nooooooooooo!!!!”  Gridò Everett, con tutto il fiato che aveva in corpo, mentre vedeva i lineamenti di qualcuno formarsi all’interno dell’apertura di quel contenitore.
 
All’esterno, era passato meno di un secondo. Paperinik aveva visto il papero lasciar cadere la pistola a terra, prima di tenersi la testa e mettersi a gridare come preso da atroci sofferenze.
“Padron Ducklair!” Uscì dagli altoparlanti della Pi-kar.
I fari della macchina si accesero, illuminando a giorno l’ambiente circostante. Questo non fece che intensificare le grida del monaco, anche se in qualche modo l’avanzata della sostanza nera sembrò rallentarsi.
“La pistola, Pikappa! Presto!!!”
L’eroe non se lo fece di certo ripetere! Anche se ancora stordito, con un poderoso balzo afferrò l’arma evroniana, rotolando su sé stesso e puntandola sul papero.
-BZZZZZAP!!!-
Il lampo di luce blu investì in pieno Ducklair, mentre il liquame nero si staccava finalmente da lui e si dissolveva al suolo.
“Everett!” “Padron Ducklair!”
Il papero mascherato e la Pi-kar si avvicinarono al monaco, per constatarne le condizioni. Lui si tenne una mano sul viso, mentre cercava di rialzarsi: “E’ colpa mia… Sono stato imprudente a voltargli le spalle in quel modo…”
Pikappa lo aiutò a mettersi in piedi, mentre un lieve quanto caldo raggio di sole prese ad illuminare entrambi: era l’alba, la notte era finita.
Quel sole nascente ricaricò il papero mascherato, che dunque ebbe di nuovo parecchio fiato in corpo: “Mi dovete un sacco di spiegazioni, voi due… A cominciare da quest’Evrongun! …Bla bla bla… E’ stata una notte da incubo, sapete? …Bla bla bla…” Prese a ciarlare Paperinik.
-Tu-Tu-Tu-Tu-
“Senza contare che mi avete fatto sudar freddo! …Bla bla bla…Tutti quegli inseguimenti, pensavo mi aveste tradito!”
-Tu-Tu-Tu-Tu-
“Ehm… Socio?!”
“Voglio dire: mettetevi nei miei panni! Sono rimasto sconvolto, quando vi ho visto darmi la caccia a quel modo…”
-Tu-Tu-Tu-Tu-
“Paperinik!!!” Gridò Uno, dalla Pi-kar.
“Che cosa c’è, ancora?”
Everett, ripresosi, sollevò la vista, strabuzzando gli occhi: “L’Evrongun!!! Gettala via!”
“Eh?” Chinato lo sguardo, sudò freddo: sulla pistola s’era accesa una spia rossa! Ecco cos’era quel ticchettio insistente!
Fece appena in tempo a lanciarla, prima di vedere l’arma evroniana esplodere in mille pezzi e liberare, sopra ai cieli, una minuscola nube nera, che svanì poco dopo.
“Ok… Ora è veramente finita!”
Oramai il sole era spuntato, illuminando coi suoi raggi tutta Paperopoli.
 
-Casa di Angus, prime ore del pomeriggio-
 
“Zzz… R-ronf… Zzz…”
-Driin!-
“Snort!... Zzz…”
-Driin!-
Una mano si abbatté sul telefono di fianco al letto, prendendo la cornetta: “Mmmh… Si può sapere chi è? Un povero reporter non può neanche riposare in pace?” disse Angus, con voce assonnata.
“Angus! Qua in redazione è il putiferio. Si può sapere dove ti eri cacciato?” dall’altro capo del telefono, il direttore di Channel 00
“Eh? Ma che ore sono?” si guardò attorno, cercando l’orologio.
“Ascolta: il tuo scoop su Paperinik s’è dimostrato essere infondato!”
“Eh… EH? SCOOP SU PAPERINIK?” Scattò giù dal letto, avido di altre informazioni.
“Dico, sei rincitrullito? Quel video che ci hai dato ieri: quello dove si vedeva Paperinik derubare la Banca.”
“Derubare… la Banca?” Non aveva il minimo ricordo di quel che era successo. E infatti non ci stava capendo nulla.
“Sgrunt! Cooomunque: a quanto pare, non era Paperinik il ladro. Fuori dalla Banca è stato trovato tutto il bottino ed un costume nero. Vuoi ridere? Beh, c’era anche un bigliettino con su scritto: “Distinti saluti da Pikappa.” Ovviamente, questo lo non scagiona affatto dalle accuse, però c’è già chi in città è pronto a sostenere che il tuo servizio fosse stato manomesso. In sostanza, Angus, ci toccherà fare una rettifica…”
“Ehi, ma… Un attimo! Continuo a non capire! Quale serviz- Pronto?! Pronto?!”
E mentre il kiwi era ancora confuso, in un angolo della stanza erano ben visibili alcune monete. Probabilmente, residuo del bottino che Angus s’era portato a casa, dopo aver svaligiato la Banca, e che erano sfuggite all’occhio attento di un certo eroe mascherato…
 
-Ducklair Tower, stesso momento-
 
Paperino aveva ricevuto alcune spiegazioni in merito, ma Everett s’era dimostrato riservato anche con lui, non entrando troppo nei dettagli. Se n’era quindi andato, dicendo di dover partire di corsa. Prima di andarsene, aveva fatto in ogni caso una solenne promessa: “Cercherò di raccogliere dell’altro materiale sull’Entità. Abbiate fede!”
Parecchi punti erano rimasti dunque oscuri, come chi fosse la misteriosa figura che rispondeva al nome di Profunda.
Rimasti da soli, Uno e l’eroe non si scambiarono neanche una parola per diversi minuti, poi…
“Scusa.”
“Eh?” Paperino sollevò lo sguardo, fissando la sfera verde sopra di sé.
“E’ colpa mia, se ci pensi. Se non ti avessi fatto alterare per la questione di Zheron, tu non saresti uscito con la 313-X, facendo di testa tua, e tutto questo non sarebbe mai successo.”
Il papero sorrise: “No, non serve. Avrei dovuto lasciarti il tempo di spiegare, invece di comportarmi in quella maniera…”
L’espressione del supercomputer cambiò: “Beh, su questo non ci piove! Infatti, mi sto scusando per non aver considerato il fatto che sei un inguaribile testone!”
 “Sgrunt! Piano, con gli insulti!”
I due si scambiarono un’occhiataccia, per poi ritornare sereni.
Dopo tutto quel che aveva passato, Paperino era fin troppo contento di riavere Uno dalla sua parte: “Dai, socio. Raccontami com’è andata la storia…” disse quindi, mostrando un lieve sorriso.
Vedendolo rasserenato, Uno prese a narrare: “Zheron mi ha raccontato che…”
 
“Da quando siamo giunti qua sulla Terra, abbiamo capito che voi siete una grandissima fonte di energia emozionale. Le nostre Evrongun non riuscivano mai a prosciugarvi completamente al primo colpo, come avveniva con altri alieni… Quando sparai diretto verso il fattore, la mia Evrongun era settata sul massimo volume di assorbimento emozionale possibile… Eppure, tutto ciò che ottenni fu di tramutare quell’uomo in un semi-coolflame. Mentre ancora osservavo la mia pistola, incredulo, accadde un’altra cosa incredibile…”
Uno inclinò appena la sua grossa testa, attendendo di sentire il seguito:“Cioè?”
Il semi-coolflame si diresse verso una mucca, che si trovava oltre un recinto. Fermatosi davanti a lei, rimase immobile ad osservarla. Essa, ad un certo punto, muggì forte. L’espressione del fattore mutò da assonnata a sorpresa, e quindi cacciò un urlo con tutto il fiato che aveva in corpo.
“Stentai a crederci! Il verso di quel buffo animale aveva guarito il fattore. Osservai la mia pistola, pensando che fosse mal funzionante, quindi sparai di nuovo verso di lui. E la scena, ahimè, si ripeté…”
Di nuovo, il fattore si mosse verso la mucca, fermandosi davanti a lei. E l’animale ancora una volta muggì forte, facendolo riprendere.
“Non sono mai stato molto bravo coi ragionamenti… Ma capii che la cura per quello stato di semi- coolflamizzazione consisteva in un forte spavento. Dopo aver preso le mie cose, lasciai la campagna per dirigermi verso il centro abitato più vicino. Da lì, scesi nelle fogne. Non so perché, ma quel luogo buio mi faceva sentire al sicuro. Trovai tra i liquami una vecchia maschera spaventosa…”
“Quella del coniglio sorridente?”
“Sì… Suscita emozioni piuttosto forti. In ogni caso, mi armai di pazienza e presi a nutrirmi delle emozioni dei passanti, per poi riportarli alla normalità urlandogli in faccia con quella maschera.”
“Ingegnoso… Ma perché non li hai prosciugati completamente? Sono sicuro che con un esercito di Coolflames ti sarebbe stato più facile dominare la città…”
“Ma io non voglio dominare la città!”
“Eh?”
“Sono arrivato qua sulla Terra per puro caso… Non ho nessun superiore a darmi ordini, quindi per quanto mi riguarda mi basta non esser costretto a regredire a Spora. Per questo risvegliavo sempre le mie “vittime”: non volevo dare nell’occhio, per evitare che Paperinik mi venisse a cercare. Per lo stesso motivo ho continuato a “cacciare” solo in periferia: lì non succede quasi mai niente… Mi sentivo al sicuro.”
 
“E questo è quanto, Pikappa!” Concluse Uno, al termine del flashback.
“Mmm… Quindi non era qua sulla Terra per conquistarla, o altro… Desiderava solo… poter vivere in serenità.”
“Esatto. Vedo che hai capito il succo. E non è tutto: mi ha anche dato l’ubicazione esatta del suo “covo”, nelle fogne. A quanto pare, lì tiene un Disco individuale, qualche pezzo di ricambio, ed i Vasi di contenimento per le emozioni. Praticamente, ha scoperto tutte le sue carte: ho controllato, ed in effetti nel luogo segnato potrebbe esserci davvero del materiale evroniano. Il resto del dialogo te lo evito, però ti assicuro che non ha alcuna intenzione ostile. Ovviamente non per questo lo lasceremo girare per le vie di Paperopoli, come ha fatto negli ultimi tempi…”
Il papero mascherato reclinò la testa in avanti: “Sono stato uno stupido… Uno, ti chiedo scusa. Davanti ad un racconto del genere, anche io avrei allentato un bel po’ la presa…”
“Non preoccuparti, Pikappa! Come ti ripeto, la colpa è mia che non ho considerato la tua cocciutaggine.” disse con voce squillante, ammiccandogli.
E due!
“E basta con gli insulti!” starnazzò il papero, agitando i pugni.
Ancora un’occhiata, prima che entrambi scoppiassero a ridere.
L’eroe, quindi, continuò: “Beh, lasciamoci alle spalle l’accaduto. Tanto oramai Zheron, come mi hai detto, è di nuovo a piede libero…”
“Già, ma è la macchia meno scura: non c’è stato un solo evento positivo, in questa faccenda!”
“Sbagliato, Uno. In realtà, un evento lieto c’è stato eccome! Eheh!”
 
-Infatti, al Deposito de’ Paperoni, quella stessa mattina-
 
Paperino aprì la grossa porta, che l’avrebbe condotto nello studio dello zio, con una certa ansia. Era stato lui a rubare la Numero Uno e, seppure inconsapevolmente, si sentiva comunque colpevole.
Non appena dentro, notò il vecchio papero intento a fare dei conti. Lo studio aveva ripreso un po’ d’ordine, anche se l’aria che si respirava non era certo delle migliori. Lo zione nemmeno si accorse che il nipote era entrato: gli occhi erano ben incollati sulla carta, mentre con la penna scribacchiava un foglio.
“Ah-ehm… Toc-toc! Ciao, zio.”
“Che cosa vuoi? Sono molto occupato a cercare di risollevare le sorti delle mie aziende, non vedi?”
Paperino rimase in silenzio. Certo, avrebbe potuto fare dell’ironia, dire qualche altra battuta allo zio, prima di “sganciare la bomba”, tuttavia, non vedeva proprio l’ora di porre fine a quella vicenda. E dunque si avvicinò spedito alla scrivania dell’anziano papero, lanciando su di essa la Numero Uno. La monetina tintinnò per un po’, fermandosi esattamente sui fogli di Paperone.
Lui, sulle prime, stentò a riconoscerla. Osservò quella piccola moneta come se non sapesse cosa fosse. Poi, gli occhi si illuminarono di una luce intensa, mentre il becco si apriva in un copioso grido di gioia: “La Numero Uno! La mia adorata! Oh, gioia. Oh, giubilo!”
Paperino, nel mentre, si guardò con attenzione le dita delle mani, con fare distaccato: “Eheh!”
Terminato lo sfogo di gioia, lo zione volse gli occhi verso il nipote: “Dove l’hai trovata?”
“Me l’ha data il mio amico Paperinik. Sai, in realtà voleva portartela lui, ma ho insistito per consegnartela di persona…”
Le braccia di Paperone andarono a cingere il collo di Paperino, in un abbraccio assai affettuoso: “Oh,  ti ringrazio!”
“Eheh! Piano, piano… che mi sgualcisci la blusa.”
Si volse dunque sui suoi passi, facendo per andarsene: “Beh, zio. Direi che ora hai il tuo bel da fare, quindi… Tolgo il disturbo.”
“Aspetta, Paperino!” Gli disse il papero, mentre con cura rimetteva la preziosa moneta sul suo morbido cuscino e richiudeva la teca in vetro: “Non mi chiedi nulla, come ricompensa?”
Rimase perplesso, sentendo quelle parole: suo zio voleva forse… dargli qualcosa in cambio?
Decise di rifiutare: dopotutto, sapeva bene di esser stato lui a rubarla! Come avrebbe potuto chiedere una ricompensa?
“No, grazie. Sto bene così.”
Sentendo quelle parole, decisamente inusuali per il nipote, l’anziano papero sollevò un pugno, facendolo roteare: “Che cosa? Disgustosa ostentazione di plutocratica sicumera!”
“Ehi, che fai? Ora mi rubi persino le battute? Eheh!”
Si volse ancora, avviandosi verso l’uscita. Qualcosa tuttavia lo tenne: una stretta al braccio.
“No, aspetta.”
“Ti ho detto che non voglio nulla, zio.”
“Lo so. Però, ecco… Volevo chiederti scusa per il modo in cui ti ho trattato, l’altro giorno.”
Ah, gli era passato persino di mente, perciò… “Scuse accettate, zio. Però, ora toglimi una curiosità: per quale motivo mi avevi chiamato? Non per lucidare le monete, spero.”
De’ Paperoni tornò serio, avviandosi verso la sua scrivania: “E’ presto detto, Paperino.”
Sedutosi sulla sua sedia, fece un profondo respiro, incrociando le mani: “Mi hai stupito. Ecco: questo è il motivo per cui ti avevo chiamato.”
“Eh? Spiegati meglio, zio.” Disse il papero, avvicinandosi alla scrivania e sedendosi su una sedia.
“Vedi, nipote… Da quando ti conosco, non hai mai combinato nulla di serio, in vita tua. Ogni lavoro che ti affidavo lo svolgevi con poca voglia, e solo per un breve periodo… E così i tuoi debiti non facevano che accumularsi, sempre di più…”
Paperino tacque, continuando a sentire quelle parole.
“Mi sono accorto che, invece, l’impiego alla Ducklair Tower ti ha fatto bene. Ti ho pagato una miseria per rimanere lì, eppure… Hai fatto bene il tuo lavoro, accettando di andare a vivere all’interno della torre ed occupandoti persino degli ospiti, quando ha iniziato a popolarsi… Ma ciò che mi ha sorpreso di più è stato il fatto che, quando ti ho licenziato, invece di tornartene a poltrire a casa, hai pensato bene di trovare un altro impiego, come fattorino. Un lavoro a breve termine, mal pagato e sicuramente duro. Eppure, ti ci sei messo d’impegno, alzandoti presto e lavorando assiduamente…”
“Eh, se lo zio sapesse il vero motivo che sta dietro a tutto questo…” Pensò il papero, facendo roteare le palle degli occhi. Quindi, disse: “Già, però l’incarico sta per finire. Temo che dovrò trovarmi un altro lavoro…”
“E’ questo il punto, nipote. Non devi farlo.”
“Eh?” Non poteva credere alle sue orecchie.
“Non hai bisogno di trovare un nuovo lavoro. Puoi continuare a fare il fattorino nella mia torre. Ho parlato con quelli di Channel 00 e li ho convinti a… prolungare il tuo contratto a tempo indeterminato.”
Questa si che era una notizia che lo lasciò di sasso!
“Zio… Hai fatto tutto questo… per me?”
Il vecchio papero sorrise: “Certo, perché ho visto l’impegno che ci hai messo, ed ho deciso di premiarti.”
Il papero si alzò dalla sedia, girando attorno alla scrivania ed abbracciando l’anziano zio: tutto l’astio provato nei suoi confronti si dissolse in quel momento. Paperone non lo sapeva, ma aveva risolto un gran bel guaio a Paperinik!
E mentre il nipote abbracciava teneramente lo zio, nella mente del vecchio papero sorse spontaneo un pensiero: “Mmm… E’ così felice. A questo punto, è meglio escludere la parte in cui gli comunico che tratterrò il 40% dalla sua paga come risarcimento per i debiti maturati nel corso degli anni…”
 
-Fine-
  
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