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Autore: chaska    09/04/2012    2 recensioni
Quando la guerra ebbe fine, esisteva un casale giù, vicino al fronte in occidente. Sebbene la guerra l’avesse reso sterile e senza vita, in quei giorni pareva tutto tranne che morto, poiché i soldati di istanza lì vicino ci passavano qualche notte prima di tornarsene a casa. E fra quelle mura decrepite e annerite dalla polvere da sparo, esisteva una regola mai scritta né detta. Semplicemente, e con il cuore in mano, ognuno scriveva una frase, fra una crepa e l’altra dell’intonaco.
Genere: Generale, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nord Italia/Feliciano Vargas
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Il fiore che sboccia nelle avversità

 

 

 

Quando la guerra ebbe fine, esisteva un casale giù, vicino al fronte in occidente.

Sebbene la  guerra l’avesse reso sterile e senza vita, in quei giorni pareva tutto tranne che morto, poiché i soldati di istanza lì vicino ci passavano qualche notte prima di tornarsene a casa.

E fra quelle mura decrepite e annerite dalla polvere da sparo, esisteva una regola mai scritta né detta. Semplicemente, e con il cuore in mano, ognuno scriveva una frase, fra una crepa e l’altra dell’intonaco.

Tedeschi, Francesi, Inglesi: tutti scarabocchiavano un messaggio, chi rivolgendosi a Dio, chi alla propria patria o a qualunque altra cosa che li aveva aiutati a non lasciarsi ammazzare in tutti quegli anni.

Venne anche il turno di un piccolo italiano, che fra un inno alla propria regina e una stretta imprecazione verso il proprio nemico, cercava lo spazio per le proprie parole.

Così, in punta di piedi, con gli stivali sudici di fango che macchiavano ancora di più il pavimento sporco, poggiò sul muro la punta del carboncino che teneva stretto in mano.

Per qualche minuto buono se ne stette immobile, con gli occhi spalancati verso chissà quale mondo, come se stesse vedendo in quel preciso istante qualcosa di remoto e bellissimo. Ci mancò poco che pianse, ma infine mosse la mano destra.

Lo fece delicatamente e lentamente, quasi stesse accarezzando la pelle dell’amata negata alla sua vista da fin troppo tempo. Era qualcosa di grezzo e ingenuo, ma che faceva quasi commuovere.

Ci mise un bel pezzo, il ragazzino, ma alla fine ritrasse il carboncino dalla parete crepata e, dopo qualche secondo speso ad osservare quella sua calligrafia stentata, abbandonò quella stanza sorridendo, con un buffo ciuffo che ballonzolava al ritmo dei suoi saltelli.

 

Si dice che la scritta dell’italiano sia stata l’ultima ad essere vergata sui muri di quel vecchio casale.

Accadde che nessuno volle scrivere altro sopra quell’ingenua e sacrosanta verità, e ancora oggi, in un angolo pieno di crepe, in una maniera quasi illeggibile, campeggia in quel casale quella frase scritta in un italiano stentato.

Viva l’amore.

 

 

 

 

Post-it

Ohibò, questa è una storia accaduta veramente, sarà per questo che è così dolce ai miei occhi?

Uhm, beh, con l’italiano mi rivolgo a Feliciano e il titolo è una citazione a metà del cartone Mulan. Null’altro da aggiungere, mi pare.

Stay tuned people! chaska~

   
 
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