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Autore: MegamindArianna    12/04/2012    3 recensioni
Ok... non è il massimo. Ma ci ho messo il cuore. Un'altra piccola modifica nella storia originale. Spero vi piaccia
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Missing Moments, Movieverse, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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“Pensi che io potrei mai stare con te?”.
Alzai lo sguardo, incerto di come dare le mie spiegazioni. Ma quando incontrai i suoi occhi, notai che nel profondo azzurro delle sue iridi c’era un accento di paura di qualcosa. Non di me. Non di cosa avrei fatto. Forse per qualcosa che avrei potuto dire? Allora, non pensai ad alcuna altra risposta. “No.”. Avevo molto altro da dire, ma lei se ne andò. La seguii con lo sguardo muovere il suo corpo sinuoso, infreddolito dalla pioggia. Alla fine mi voltai anche io. Mi avviai verso il mio covo malvagio, sperando di trovare Minion a lavorare sull’armatura da guerra, pronto a consolarmi. Ma di cosa mi doveva consolare? Di aver mentito al mio primo amore? Alla prima donna con cui ho aperto il mio cuore? No. Mi rigirai di nuovo. Roxanne si era tolta le scarpe. Come potevo raggiungerla senza farla scappare? Correre. Si, avrei corso. Non mi avrebbe sentito sotto la pioggia. E poi? Cosa avrei fatto? L’avrei presa in braccio contro la sua volontà? L’avrei sentita insultarmi ancora? Oppure avrei potuto inginocchiarmi avanti a lei? Si. Mi sarei prostrato avanti alla ragione. Levai il mantello e lo misi piegato intorno al braccio. Corsi. Roxanne ancora andava avanti. Non mi sentì. Lanciai il mio mantello accanto a me, le presi una mano e la strinsi il più che potevo. Era gelata e tremolante. “Lasciami!” gridò. Io continuai a tenerla stretta. “No Roxanne! Lasciami spiegare!”. Avvicinai la sua mano al mio viso. Lei, quasi inorridita, cercò di allontanarsi. “Cosa vuoi da me Megamind!? Smettila!”
“No Roxanne! Non ti lascio facilmente!”. Roxanne era stremata. Sembrava stanca. Tirava con meno forza. Alla fine, arresasi, si buttò a terra inginocchiandosi proprio come me. Mi guardò. Non disse nulla. Io respirai. “Roxanne io…” ma lei cadde tra le mie braccia, svenuta.
“Oh no Roxy! Cos’hai? Sveglia!”. Non rispondeva. La presi in braccio. Mi guardai intorno. In lontananza vidi l’insegna rossa di un motel lampeggiare. Raccolsi il mantello e lo misi alla bell’è meglio sul corpo di Roxanne. Cosa avevo fatto? L’avevo esposta al freddo troppo a lungo con quel vestito. Non avevo neanche pensato a darle il mio mantello per raggiungere la sua casa. Accelerai il passo. Mi dimenticai completamente dell’auto invisibile dietro di me. Tra le mie braccia, Roxanne aveva il respiro interrotto da qualche colpo di tosse. La pioggia non smetteva di cadere e il mantello era zuppo.
Dopo una diecina di minuti raggiunsi l’entrata. Il portiere si spaventò. Non avevo cattive intenzioni. “L’avete uccisa?”, mi chiese spaventato un uomo alla reception. “Stia zitto e mi dia una camera!” e lanciai due bigliettoni da cento bagnati sul tavolo. Lui mi diede la chiave. Raggiunsi la camera e la aprii in un baleno. Roxanne aveva un po’ ripreso i sensi. La appoggiai dolcemente sul letto. “Roxanne? Dai su? Ti ho portato al chiuso. Ora faccio accendere i riscaldamenti così starai meglio.”. Percorsi il corridoio in fretta e furia, chiesi all’uomo di poco prima di aprire l’acqua calda e accendere i termosifoni. –Come starà Roxanne?- pensai preoccupato mentre passavo davanti a tutte le camere. Entrai nella stanza. Roxanne aveva gli occhi spalancati. Quando mi guardò, trasalì ancora di più. Gridò. Io le tappai la bocca con una mano. “Roxanne! Tranquilla! Non voglio farti nulla! Voglio solo prendermi cura di te! Non stai bene!”. Lei smise di dimenarsi. “Mi gira la testa…” disse.
“Si lo so. Distenditi ora.”. Lei mi guardò impaurita. “Giuro che non ti faccio nulla di male” dissi con una mano sul cuore. Alla fine si appoggiò al cuscino duro. Si spostava in continuazione. Le tolsi quel “masso” da sotto la testa e lo cambia con una coperta ripiegata più volte. Andai ad aprire il rubinetto. Nel bagno non c’era neanche un asciugamano. Tolsi i guanti, strappai una manica della tuta e la passai sotto l’acqua calda. “Roxanne? Come va? Stai meglio?” chiesi tornando vicino al suo letto. Roxanne guardò il mio braccio blu. Io le appoggiai la stoffa calda sulla fronte.
“Si. Sto meglio, anche e preferivo stare a casa.” E volse lo sguardo dall’altra parte, ignorandomi.
“Anche io ne sono sicuro ma dovevo dirti una cosa importante…” dissi mentre le mettevo una coperta.
“Wow! Vuoi dirmi qualche altra bugia per… che so… ferirmi ancora di più… oppure per…”
“Nulla di tutto ciò!” dissi scontrosamente.
“Allora cosa vuoi dirmi?” e ritornò a guardarmi.
Vuoto totale. Non pensavo fosse disposta ad ascoltarmi. Mi ritrovai in silenzio con un brivido che, lentamente, mi saliva lungo la schiena. Gli occhi azzurri di Roxanne mi scrutavano da cima a fondo. Sentivo le mani sudare. Ero nervoso.
“Allora?” diceva lei con insistenza.
“Allora… bhe… io…” farfugliai
“Andiamo… parli tanto, dici di tutto e di più…e non riesci a mettere due parole in croce con me?”. Mi stava provocando. Respirai a fondo.
“Ok. Allora… dove comincio…ah si”. Mi sedei accanto a lei, le rimboccai bene le coperte e cominciai a parlare.
“Sai perché ogni volta che ti rapivo non ti facevo veramente del male?”
“Perché non facevi in tempo?” e rise, interrompendosi per tossire.
“No… perché sentivo che eri… speciale.” E abbassai lo sguardo.
“In che senso… speciale?”
“Beh…” mi sfregai il braccio nudo con la mano. “Inizialmente neanche io lo sapevo. Poi, per nascondermi da te e dalle tue reazioni alla mia vista, nel museo, mi trasformai in Bernard.”
Roxanne saltò. “Quello eri tu? Pensavo fosse ancora se stesso…” e fissò il vuoto
“Già. Sono convincente vero?” e sorrisi quel che potevo.
“Comunque: cominciai ad uscire con te. Prima lo facevo solo per me stesso, per provare il brivido di non sentire le urla della gente al mio passaggio. Poi si è trasformato in qualcosa di più forte. Infine, quando al parco mi hai preso per mano e ripensai tutti segreti che ci eravamo scambiati insieme, sentii il cuore scoppiare. Era una cosa nuova, dolce, che non avevo mai provato. Anche quando Minion, al covo, mi rinfacciò di essermi inn…” e mi fermai prima di farmi scappare quella parola. “Quando mi rinfacciò che io uscivo con te, non mi importò. Pensavo solo ad uscire con te.” Sospirai e mi alzai per andarmene dalla stanza. “Così mi ritrovai al ristorante, con te, alle nostre chiacchiere, finché non ti dei avvicinata per…” mi vergognavo di me stesso, di quel che avevo fatto, di come avevo mentito così spudoratamente a lei. Mi voltai a guardarla un’ultima volta. Sapevo che non avrebbe mai più parlato con me, neanche durante un rapimento. “E ora… addio Roxanne. Non ti darò più problemi. Promesso.”  abbassai le spalle.
Fuori dalla porta, guardai in alto. Una scaletta veniva giù, sopra ad un terrazzo. Mi arrampicai su di essa per poi ritrovarmi sul tetto. Abbracciai le mie ginocchia. Il braccio nudo si stava congelando ma nulla poteva essere messo a confronto con il freddo nel mio cuore. Presi il cellulare per leggere i messaggi. ‘Incontriamoci in libreria’. Uno dei più belli. Notai che il cielo non era più nuvoloso e si potevano benissimo vedere le stelle.
Ad un tratto il telefono suonò. Era arrivato un messaggino. RR. Roxanne Ritchi. ‘Vieni a riprenderti il mantello.’ Non volevo tornare giù per soffrire ancora di più. Le risposi ‘Mettilo fuori. Lo riprendo dopo.’ Passai quindici minuti a ripensare a ciò che avevo fatto, ai miei errori, alla mia vita.
Forse la mia vita era tutta un errore? Forse dovevo farmi valere di più quando ero piccolo per non fare questa fine? Sicuramente la risposta era affermativa. Se fossi esploso insieme al mio pianeta non avrei avuto tutti questi problemi. Ma forse era quello che il destino mi aveva riservato.
Mi alzai e finalmente deciso a riprendere il mantello, scesi la scala. Lo aveva lasciato attaccato alla maniglia. Ma appena allungai la mano per prenderlo, Roxanne aprì di scatto la porta. Sentii le guance infuocate e le gambe di gomma. “P-posso riavere il mantello?”, ma non mi ascoltò.
“Dimmi tutto. Non lasciarmi a metà.” Si avvicinò, il suo sguardo dritto al mio. Tremai.
“Ok. Ma entriamo. Fuori si gela e tu non stai bene.”, e mi lasciai la porta alle spalle. A quanto sembrava, Roxanne voleva torturarmi un altro po’.
“Allora? Cosa devo dirti di…” e mi spinse sul letto. Le molle fecero un rumore fastidiosissimo.
“Non mi hai detto tutto. Forza. Sputa il rospo.”, disse con decisione. Mi tirai il collo della tuta sperando di trovare altra aria. Stranamente ero passato dal più completo congelamento ad un caldo quasi infernale. Capii dove voleva arrivare. Ero in bilico tra il pianto e le urla.
“So cosa vuoi sapere. Sono innamorato di te! Questo vuoi sapere, giusto? Ora che ti ho detto la verità, mi insulterai ancora? E poi speri che io dica anche: quel bacio è stato bellissimo finché è durato!? Bene!” Ero arrabbiato. Mi capitava di avere dei vari cambiamenti di umore. Voleva che io soffrissi ancora, ma allo stesso tempo mi sentivo libero da un peso. Lei mi guardava sorpresa. “E poi? Ho lasciato altro? A si! Tutte le volte che ho inconsapevolmente aiutato la città, rimesso i quadri al loro posto, fatto riaprire le banche e ripulito i parchi, lo sai per chi l’ho fatto? Per te! Perché credevo di farti un bel regalo! Invece no! Anche per le mie buone azioni mi hai criticato!”. E mi alzai facendola indietreggiare. “Se devo stare qui a dire qualche altra cosa che mi fa star male preferisco uscire e andarmene grazie!” e la lasciai. Riaprii la porta e la sbattei. Respirai a fondo e velocemente per reprimere la rabbia, che svanì lasciando posto ad un’infernale tristezza. Fuori pioveva di nuovo.
-È possibile che anche il tempo si deva mettere di mezzo!?-pensai. Mi appoggiai alla ringhiera. Mi veniva da piangere. E piansi. Chiusi gli occhi e sentii uscire le lacrime che avevo trattenuto fino a quel momento. Una cascata di debolezza e solitudine uscì autonomamente. Davanti a Roxanne non lo avrei mai fatto, ma in quel momento ero solo. O meglio, pensavo di essere solo.
“Signore? Sta bene?”. Minion mi aveva toccato la spalla.
“Minion!” e lo abbracciai. “Scusa Minion per come ti ho trattato. Scusa di tutto! Avevi ragione! Ora torniamo a fare quello che ci riesce bene!” tirai su con il naso. “Torniamo ad essere cattivi!”
“Signore ma…” e mi prese per le spalle, costringendomi a guardarlo negli occhi. “Io accetto le sue scuse, ma non è questo ciò che vuole veramente in questo momento.” Lanciò uno sguardo alla porta. “Non è vero, Signore?”
Anche io sapevo che in quel momento avrei voluto varcare di nuovo quella porta lì vicino. La numero 113. Quella in cui stava Roxanne. “Hai ragione Minion… ma cosa posso fare” e indicai la stanza. Non avrei mai dimenticato quel numero, collegato a orribili esperienze.
“Solo lei lo sa. Può scegliere: andarsene e arrendersi, oppure affrontare la realtà e… confessare.”. Storsi il labbro inferiore. Andarsene forse era una buona idea. Una buona idea da vigliacchi. Minion mi risvegliò. “Sa signore, io ho la stanza qui accanto. Ascoltiamo quello che Miss. Ritchi sta dicendo. Da quando ha sbattuto la porta ha cominciato a piangere e parlare da sola…” e appoggiò la boccia alla parete. E lo feci anche io. Sentivo come dei mobili spostarsi e sedie cadere. Roxanne si stava sfogando sull’arredamento.
“Minion? Cosa dovrei confessare?” chiesi dopo.
“Io lo so… anche lei… ma il modo in cui lo deve dire lo sa solo…” ma lo fermai.
Sentii un lamento. “Perché l’ho fatto? Perché non l’ho fermato?” diceva Roxanne. “Wow. Ma che dico? Forse sono impazzita.” Un momento di silenzio. “Non è possibile. Io mi sono…” Altro silenzio. Un ansioso silenzio. “Ora vado a riprenderlo.” Sentii la maniglia girare. “No.” si fermò. “Lui mi ha mentito e non lo perdonerò mai. MAI!” e calciò qualcosa che, a terra, si frantumò. Forse una lampada.
Mi allontanai dal muro. “Basta, Minion. Non voglio sentire cose che già so. Dobbiamo prepararci per il combattimento con…” ma lui mi impedì di allontanarmi, tenendomi per il braccio. “Shh!”
Alzai lo sguardo al soffitto e mi riavvicinai.
Le molle del letto ripresero a fare quel rumore odioso e cigolante. Si era seduta. “Però…” disse incerta “Mi ha detto tutte quelle cose a cui io non…” I suoi passi divennero decisi. “Non posso farmi lasciare una persona del genere.” La maniglia girò con violenza e, di colpo, si aprì la porta proprio accanto a me. Avevo ancora l’orecchio attaccato alla parete. Le mie guance andarono di nuovo a fuoco. –Che figuraccia!- pensai.
I suoi occhi lucidi incontrarono i miei. Davvero mozzafiato. Io aprii la bocca ma non fiatai. Lei si avvicinò decisa, ma non sembrava volesse schiaffeggiarmi o imprecare contro di me. Si fermò. Il cuore batteva come il rullo di un tamburo. Non si fermava. Anche lei sembrava nervosa. Ma era un nervoso positivo. Tossì. Molto probabilmente aveva il mal di gola. Apriva e chiudeva le mani in modo frenetico
“Signore?” Minion mi risvegliò. “questo è il momento adatto. Scelga.”
Ripensai alle opzioni di Minion:
Andarsene e arrendersi, oppure affrontare la realtà e… confessare.”
Mi guardai intorno per evitare di incontrare il viso di Roxanne. Spostai gli occhi sul pavimento e parlai con Minion come se la ragazza non fosse presente. “Minion… le scelgo entrambe.” Poi incrociai lo sguardo di Roxanne. “Senti, non voglio stare ad importunarti ancora. Quindi me ne vado.” Le voltai le spalle con aspro dolore, ma aggiunsi “Per farti ricordare bene tutto quello che ti ho detto prima, ti faccio un riassunto.” Inspirai ed espirai. Non avevo mai detto a nessuno quella frase. A volte la sentivo nei film, ma non la consideravo importante. Nella realtà, però, è come donare una parte di se stessi “Ti amo.” E mi incamminai con quel pezzetto di cuore frantumato che ancora reggeva a battere in continuazione. Minion sorrise in modo strano e si mise avanti a me, come se stesse ridendo. I miei occhi non si erano ancora asciugati. Anzi, continuavano a lasciare; e lasciare. Mi ero del tutto liberato. Eppure ero più triste di prima.
Forse è quello che hanno provato i miei genitori quando mi hanno sparato via dal pianeta? Sì; ed è orribile Però sai che con quel sacrificio potrai far star bene la persona a cui vuoi bene. Quindi Roxanne, dopo averle rivelato ciò che provavo, sarebbe stata meglio senza di me.
I passi mi rimbombavano nel cuore e erano pesanti, trascinati.
Finché, con un peso che si abbatté alla mia schiena, non vidi una mia lacrima librarsi lontano dal mio viso. Delle mani rosee si aggrapparono ai miei fianchi. Un brivido mi salì lungo la schiena. Un dolce, dolcissimo brivido. Roxanne si era attaccata come una morsa e non voleva lasciarmi. Non capivo. Prima mi odia e poi mi abbraccia? Io feci il finto tonto. “Roxanne? Cosa c’è?” il mio cuore pian piano si ricomponeva, a battere vigoroso come prima. Stavo sudando.
Minion si voltò. Sul suo viso da pesciolino comparve un sorriso che gli arrivava fino alle pinne. Roxanne non disse nulla. Si limitò a versare qualche lacrima silenziosa. “Roxanne?” continuò a stare muta. “Roxanne? Mi sono accorto che stai piangendo.” E tossì. “Mi accorgo sempre quando sei triste. Mi sono sempre preoccupato per te. E tu non ci hai mai fatto caso, perché tu volevi essere coraggiosa, e nascondevi tutto. Ora non dirmi che non riesci neanche a parlare. Cos’hai?” Ero tentato di afferrarle le mani e vedere se era tutto vero, se non era u sogno.
“Vuoi il paragrafo completo o il riassunto?” mi disse con la voce interrotta dai singhiozzi.
“Scegli tu.”
“Ok. Ehmm…” e ci pensò su. “Mi sono resa conto che, nella vita, oltre alla mia famiglia, ho veramente voluto bene ad una sola persona. Una persona con cui mi sono confidata, aperta. E questo è Bernard. Però lui nascondeva qualcosa che era meglio che io non sapevo, perché mi avrebbe fatto cambiare idea. Quando questo è successo, ho perso del tutto la fiducia; e la ragione. Ho dato ascolto hai miei pregiudizi, alla mia testa. Dovevo ragionare con il cuore.” Si fermò per respirare. “ho ragionato, ragionato. Finché ora non sono arrivata ad una conclusione. Quello era Bernard. E’ vero. Ma al suo interno non era lui. Era un altro che aveva paura. Che dovevo capire meglio e accogliere.” Picchiò la testa contro la mia spina dorsale. “Quindi Megamind: ti chiedo scusa e spero che…” ma si fermò.
Avevo il cuore in gola. La testa che girava. Non mi aspettavo tutto quello. L’abbraccio, le lacrime, la confessione. Mi voltai meccanicamente, tenendola ancora stretta a me. “Cosa speri?” domandai sentendo il suo cuore battere freneticamente come il mio.
“Beh… spero che tu… non so…” e tamburellò con un dito sul mio fianco facendomi il solletico.
“Ora i ruoli si invertono, eh? Chi ora non spiccica una parola, cara reporter?” non la stavo prendendo in giro, ma ci scherzavo.
“A sì?” e cominciò a stuzzicarmi. Stavamo facendo una specie di lotta. Avevamo già dimenticato le nostre “disavventure” ed eravamo più spensierati.
Minion intanto era entrato nella sua stanza per lasciarci soli.
Quando Roxanne si fermò, stanca di combattere contro di me, mise le sue braccia intorno alle mie spalle. Le sorrisi e chiesi malizioso ad un orecchio “Cosa ne dici di fare un piccolo riassunto della sua storia, Miss Ritchi?”. La sentii vibrare tra le mie braccia. La portai ancora più vicina al mio corpo. Lei rise. “Prego girare a pagina 14.”. Io risi insieme a lei e la baciai. Un bacio più bello di quello del ristorante. Da sogno. Le sue labbra bagnavano le mie nel più dolce dei modi.
Poi, dopo qualche minuto, lei si staccò per tossire.
“Se mi ammalo è colpa tua!” le dissi come a sgridarla. “Ma sopporterei qualunque male pur di stare con te.” Roxanne arrossì e aprì la bocca per dire qualcosa. Venne interrotta però dallo scoppiettare della luce al neon del Motel. Una pioggia rossa ci passò davanti, fuori da una grande porta di vetro. Ero sbalordito. Potevo essere felice. Ero felice. E tutto grazie a lei, a Minion e ai miei genitori. Avevo compreso ciò che significava amore.
Roxanne alzò lo sguardo, mostrando gli occhi un po’ rossi ma belli da farti sentire tre metri sopra il cielo e sussurrò “Ti amo.”. E la abbracciai, guardando fuori le luci rosse che cadevano libere. 
  
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