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Autore: anonima K Fowl    14/04/2012    5 recensioni
L'inizio della fanfiction è esattamente identica a "Ore buie", una ff da me scritta, ma diciamo che questa avrà... un finale diverso.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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RISVEGLIO

 


Passai la mano sull’umido muro di pietra accanto a me e la feci scivolare sempre più in basso, avvertendo sotto le dita il freddo della parete.
Era da ore che mi trovavo accucciato in quella stessa posizione, le ginocchia strette al petto e il battito cardiaco accelerato.
Avevo le orecchie arrossate da quanto forte le avevo serrate nelle mie mani, anch’esse indolenzite, nel tentativo vano di non sentire. Di non sentire nulla.
Per la prima volta da quando mi ero chiuso nella cantina avevo alzato lo sguardo, un minimo di speranza accennata sul mio volto stanco: era da parecchi minuti che non sentivo urla e grida disumane provenire dalla camera di mia madre. Non aveva preso bene la notizia della scomparsa di mio padre.
Mio padre, Artemis senior.
Anche pensare a lui era una sofferenza.
Ricacciai indietro le lacrime e mi chiesi sconsolato come fosse possibile che ne avessi ancora da versare: quando finalmente le avrei terminate?
Chissà poi che ore erano.
Avrei potuto dare un’occhiata al mio orologio digitale, di certo sarei riuscito a vederne i numeri sullo schermo nonostante l’oscurità che regnava nell’angusta stanza, ma ero ormai così abituato alla mia scomoda posizione che anche solo alzare il braccio e scostare la manica dal polso mi sembrava un gesto inconsueto.
In quel momento ricominciarono gli strilli: serrai forte gli occhi, strinsi le orecchie nelle mani e le lacrime stavolta ricominciarono a sgorgare.
Quando sarebbe finita?
Quando, quando...?
 
Basta. Basta; era ora di smetterla. Non potevo più sopportarlo oltre. E lo avevo fatto fin troppo nelle ultime ore. Non ero un bambino piagnucoloso, ero un Fowl. I Fowl superano le avversità con le spalle dritte e lo sguardo alto, fiero.
E così avrei fatto io. Chiusi le mani a pugno tanto forte da far sbiancare le nocche.
Con una nuova determinazione mi alzai e puntai i piedi bene in terra. Con un passo deciso e pesante mi avvicinai alla porta. Sentii un brivido d’emozione quando la spalancai e la luce a cui non ero più abituato m’inondò.
Capii che era ora di farsi forza ed assumere il controllo della situazione. Dovevo trovare mio padre. Dovevo curare mia madre. Dovevo guadagnare in fretta e lo avrei fatto, proprio perché ero un Fowl e sapevo che ci sarei riuscito. Feci un ultimo respiro profondo, poi lasciai ogni indecisione, ogni timore, ogni dubbio e ogni incertezza dietro di me e uscii dalla stanza. Senza saperlo, quando uscii dalla cantina e chiusi la porta non abbandonai solo le preoccupazioni ma anche la mia infanzia. Il tempo di giocare era finito. Nei miei occhi era morta una luce di gioia e innocente spensieratezza che brillava da tempo senza che ne conoscessi l’esistenza: da quel momento i miei erano divenuti solo degli occhi gelidi, impassibili, duri e cinici qualunque.
In quel momento mi accorsi anche di quanto era infantile il mio abbigliamento. L’avrei cambiato, proprio come io ero cambiato.
Ero cambiato profondamente.
Ed era arrivato il mio momento di dimostrare che ero degno di portare il nome di Artemis Fowl II.
 
Sorrisi di un inquietante sorriso falso e distaccato da vampiro.
  
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