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Autore: thembra    18/04/2012    5 recensioni
Gli occhi di lui non l’avevano più guardata come in precedenza, sembravano scivolare oltre la sua persona senza vedere che anche senza mutazione era rimasta la stessa identica ragazzina di sempre, sembravano vedere un’estranea distante e fuori posto in un quadro di personalità ben definite e collocate all’interno della cornice.
Genere: Sentimentale, Slice of life, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Anna Raven/Rogue, Logan/Wolverine
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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THUMP
 
Il potente colpo sferrato dal suo pugno venne totalmente assorbito dalla sacca da box che penzolava dalla parete.
Era la quarta volta che Barbara le tirava il bidone. La. Quarta. Volta.
 
“E che cazzo!!!”
 
Se non aveva più voglia di allenarsi con lei bastava che glielo dicesse, mica l’aveva costretta diamine!!!
 
Già non erano molte le serate libere che aveva, se poi le sprecava per aspettare chi non veniva era ovvio che si incazzava.
Offesa diede un ultimo colpo alla sacca dirigendosi poi verso l’angolo del ring dove stava la sua sacca prendendo un asciugamano e una bottiglietta d’acqua. Vide lampeggiare di sfuggita lo schermo del cellulare seminascosto dal suo cambio d’abito e senza nemmeno vedere chi fosse a chiamarla rispose.
 
“Sono Marie, chi parla?”
“Heylà baby!”
“Barbara?”
“Già.”
 
Le venne istintivo chiederle da chi diavolo avesse avuto il suo numero ma la cosa più importante era un’altra.
 
“È la quarta volta!” la voce le uscì come un capriccio di bimba.
“Si lo so scusami, ma sono stata trattenuta…”
“Sono le 11 e mezza di sera Barbara chi è che ti trat- oh…”
“Oh cosa?”
“Forse ho capito…beh fa niente, salutami Dick e passate una buona serata…”
“Come sai che sono con lui?”
“Eh ehh, ho qualche annetto più di te, ma la prossima volta avvertimi così non ti aspet-”
“Hey hey ehy…ma cosa hai capito!!?”
 
Marie rise, poteva sentire benissimo dal suo tono di voce che la piccola Gordon era imbarazzata.
 
“Ci vediamo Babs!!”
 
Riattaccò troncando le sue parole a metà.
Heh, che bello era essere innamorati.
 
Con un nuovo sorriso sulle labbra raccattò le sue cose dirigendosi alle docce; una volta rinfrescata sarebbe uscita a farsi un giretto, non aveva orari né quella sera né la successiva, le dispiaceva non poter passare la serata con Barbara ma a quanto aveva intuito la bella rossa aveva cose più interessanti da fare, la loro abituale pizza del post allenamento avrebbe dovuto aspettare.
 
Una volta fuori, borsa in spalla si diresse verso il centro dove c’erano un paio di bar interessanti, tranquilli e frequentati da gente a posto dal momento che la centrale di polizia era a solo due isolati.
 
Ormai erano passati quasi due mesi e doveva ammettere che a parte l’alto tasso di criminalità quella città non le dispiaceva per niente.
Una come lei, che si sapeva muovere e difendere in caso di necessità non aveva proprio nulla da temere da quei tetri e umidi vicoli, men che meno dalle mini gang di punk che gironzolavano per i sobborghi compiendo atti vandalici anzi, quelli erano i suoi preferiti, si divertiva un sacco a riempirli di calci semmai si ribellavano al suo ordine di ripulire la facciata appena imbrattata da spray o vernici.
Aveva anche rischiato un paio di volte, questo non lo poteva negare ma grazie al suo potere sul magnetismo se l’era sempre cavata.
La prima volta stava con Barbara ed erano state aggredite da un paio di scippatori, subito opo che erano uscite dalla palestra di Gotham dopo una bellissima ed intensa sessione di allenamento; la sua nuova amica aveva dimostrato d’esser la degna figlia di suo padre mettendone uno ko immediatamente mentre lei, per nulla spaventata dalla pistola che questo le aveva puntato contro era ricorsa ad un piccolo campo magnetico per bloccare il tamburo dell’arma.
Un suo misero trucchetto che tuttavia funzionava sempre senza destare alcun sospetto.
 
La seconda volta invece era in compagnia di Bruce e stavano rientrando da un galà di beneficenza quando questi era caduto vittima di un attacco plurimo da parte di un gruppetto di schizzati strafatti di droga e alcool.
Dimostrando d’essere  l’esperta guardia del corpo per il quale era stata assunta, li aveva stesi tutti tranne uno, probabilmente il capo, che le si era avventato contro deciso a pugnalarla allo stomaco.
 
In quel momento lei aveva in mano un cofanetto che conteneva una targa donata dal sindaco a Bruce come ringraziamento per la donazione, ennesima in poche settimane, che stavolta aveva benedetto l’opera dei volontari del canile municipale.
Presa un po’ in contropiede aveva alzato le mani portando il cofanetto all’altezza del suo addome per parare il colpo mentre con un colpo netto di potere era riuscita proprio all’ultimo a spezzare la lama del coltello da cucina che il delinquente le aveva scagliato contro.
La polizia era intervenuta subito arrestando i teppistelli mentre a lei non era rimasto che restituire a Bruce una piuttosto ammaccata scatoletta di velluto.
Quell’episodio era accaduto più o meno alla fine della seconda settimana da che era arrivata e fino a quel giorno era stato l’unico e isolato “attentato” alla vita del ricco rampollo.
Le indagini portate avanti direttamente dal commissario erano finite in poche ore e avevano classificato l’accaduto come un caso isolato.
Era successa anche un’altra cosa interessante però quella sera; la giornalista incaricata del servizio sul galà e immediatamente uscita dalla sala del banchetto per intervistare sia lei che Bruce se n’era uscita con una frase interessante.
 
“Sembra che fra Batman e la sua nuova guardia del corpo lei si possa definire in una vera e propria botte di ferro eh signorino Wayne?”
 
L’imbarazzata risposta di lui non l’aveva nemmeno sentita perché la sua attenzione era stata totalmente catturata da quello strano nome.
Batman? E cosa diavolo era?
Curiosa lo aveva chiesto all’assistente di Gordon, un certo Bullock, tipo piuttosto trasandato e burbero che per nulla incarnava il cliché del perfetto investigatore ma, considerata la città in cui si trovavano…
Comunque, le aveva risposto con una risata di scherno, deridendola per la sua ignoranza spiegandole in seguito che questo Batman non era una cosa, ma un qualcuno.
Qualcuno che, sue testuali parole, si divertiva a svolazzare da un tetto all’altro della città e mandare in prigione la peggior feccia della città.
 
“Un poliziotto quindi?” aveva chiesto lei affascinata.
“No un pagliaccio!” le aveva risposto secco lui “Un pagliaccio vestito di nero che si è autoproclamato protettore della città, ma,” aveva poi continuato dopo aver aspirato un paio di boccate dalla sigaretta che le aveva appena scroccato “… dal momento che mi ha salvato le chiappe in un paio di occasioni devo dire che in fondo in fondo non è poi così male…anche se pagliaccio rimane!” lei aveva riso salutandolo con una pacca sulla spalla tornando da Bruce che nel frattempo era entrato in macchina.
Aveva provato a chiedere a lui ma le sue risposte erano state vaghe, stesso risultato aveva ottenuto da Alfred, che alla guida della Roll Royce  l’aveva liquidata dicendole che doveva concentrarsi sulla guida per non parlare delle battute idiote che Dick le aveva rifilato una volta arrivati a casa.
Aveva sperato in una delucidazione da parte di Barbara che qualcosina in più le aveva saputo dire ma, non avendolo mai incontrato, le sue informazioni erano basate sui fatti riportati dai giornali che come era ben noto tendevano sempre a gonfiare tutto facendo sembrare anche la sciocchezza più banale una cosa eclatante.
 
“Beh, ‘sto tipo che svolazza da un tetto all’altro comunque non me lo voglio proprio perdere…”
 
 
Per le successive tre settimane s’era divertita a sgattaiolare fuori da villa Wayne durante le ore notturne per cercare di riuscire ad incontrarlo.
Una volta avendo udito trillare la sirena del Gotham’s museum of contemporary art vi si era diretta a tutta birra sgommando sulla sua potente moto ma evidentemente era arrivata troppo presto, i maldestri ladri, ben visibili da oltre le vetrate della hall erano ancora in azione così, vedendo che non arrivava nessuno aveva forzato la serratura della porta d’entrata, li aveva raggiunti e usando i cordini di ferro che reggevano il coperchio della teche in vetro tranciati e buttati a terra dai ladri, li aveva usati per legarli ben stretti ad un pilone portante in acciaio che spuntava dal terreno fondendoli bene sul retro in modo che fosse stato loro impossibile fuggire.
Li aveva abbandonati ridendo che loro la stavano sommergendo d’insulti e minacce per salire sul tetto di un piccolo negozio di vestiti e fare un breve appostamento; magari questo Batman sarebbe arrivato. Quasi un’ora più tardi, assonnata ed infreddolita aveva abbandonato il suo proposito d’agguato ed era filata a casa.
Il giornale del giorno dopo aveva riportato la notizia dell’ennesima buona azione dell’eroe  mascherato e lei aveva riso mentre in sala da pranzo stava facendo colazione assieme a Bruce e Dick che sembravano piuttosto perplessi dal suo comportamento.
 
Ci aveva provato un altro paio di volte, finchè una notte, svegliatasi d’improvviso da un incubo di Erik, mentre fissava terrorizzata il buio soffitto della sua stanza con la coda dell’occhio aveva notato uno strano barlume straziare il cielo in diagonale.
Dirigendosi alla finestra aveva scoperto di cosa si trattava.
Un’enorme segnale a forma di pipistrello illuminava l’oscurità della notte e da quel poco che aveva imparato della planimetria della città, proveniva più o meno dai pressi della centrale.
 
In un batter d’occhio fu pronta e dopo aver spalancato le finestre si lasciò andare nel vuoto.
La moto era in garage, avrebbe fatto troppo casino nel prenderla e perso molto tempo, volare sarebbe stata la cosa più semplice e veloce.
La sua curiosità fu ripagata quando, mentre stava sorvolando la tangenziale, dalla galleria che sbucava dal piccolo monte ad est di Gotham, una rombante auto nera e blu uscì dal tunnel bruciando km a nastro.
Poco dietro c’era una moto fucsia.
Per la sorpresa e la contentezza il cuore le si gonfiò in petto, capì immediatamente di chi si trattava.
Woah, che siluri.
Era certa che nemmeno le ultra sofisticate moto di Scott avrebbero saputo reggere il confronto.
Ridendo aumentò la propria velocità temendo di poterli perdere e li raggiunse appena i tempo che loro stavano risalendo a velocità sovrumana l’intera altezza del palazzo da cui proveniva la luce, il commissariato appunto.
Avvertendo sottile e rigida polarità capì che quel numero riusciva loro possibile grazie a dei resistentissimi cordini d’acciaio che sparati da un apposito meccanismo permetteva loro sia di arrampicarsi che, come avrebbe scoperto poi, di “svolazzare” da un tetto all’altro tanto per citare il buon Bullock.
 
 
Ridendosela entrò nel bar che c’era in strada, aperto nonostante l’ora tarda grazie al fatto che essendo attaccato alla centrale di polizia per chiunque sarebbe stato un suicidio tentare di rapinarlo.
Al bancone c’era una ressa e seduti ad un tavolino un po’ in disparte sedevano due poliziotti. Li aveva già visti quando era stata presentata ufficialmente da Gordon il giorno dopo al suo arrivo.
Si avvicinò loro chiedendo informazioni sull’uomo pipistrello, uno di loro guardandola come se le fosse spuntata d’improvviso un’altra testa le diede pure dell’ignorante.
 
“Non sai chi sia Batman?!? Ah, si vede proprio che sei una straniera…”
“Tu che mi sai dire?” ignorando l’arrogante uomo di legge si concentrò sul suo collega, un uomo piuttosto massiccio con una bella luce negli occhi.
“Beh, ci aiuta, ci salva…c’è tanta di quella porcheria in questa città che da sola la polizia non sarebbe mai in grado di fronteggiarla tutta, se poi pensiamo che i primi ad essere feccia sono alcuni di noi beh, il quadro ti è chiaro no?”
“Credo di si…” lanciò un’occhiata al simpaticone di prima che guardando alla propria destra deglutì.
“L’unico di cui ci si può fidare è Gordon, anche Bullock non è male ma qualche bustarella se la piglia pure lui, niente di che per carità, robe che riguardano permessi speciali per il parcheggio o soffiate su retate di poco conto ma l’unico pulito alla fine rimane il commissario…”
“Non dev’essere facile per lui immagino…voglio dire, avere la fogna in casa e dover ripulire anche quella giù in strada...”
“Hai capito perfettamente! Quindi in conclusione credo che sia un bene che per noi ci siano Batman e i suoi…”
“I suoi?”
“Ma si, ogni tanto è spalleggiato da due colleghi, Robin e Batgirl mi pare si chiamino ma non è niente di ufficiale, non sono mai stati fotografati assieme al cavaliere nero e può darsi che siano leggenda inventata dalla stampa per dare più credibilità all’operato del pipistrello.”
“E tu che ne pensi?”
“Beh secondo me esistono, come farebbe altrimenti un uomo solo a vedersela contro tutti gli sgherri del Joker, o di Pinguino o…”
“Mamma mia che nomi…una città molto vivace non c’è che dire…”
“Infatti, ti consiglio quindi di tenere gli occhi bene aperti ragazza mia! Non è un posto sicuro questo nemmeno per persone come te se sole, va a casa finchè il commissariato è ancora aperto, fra pochi minuti chiude e allora la feccia si riverserà per le strade…”
“Tu dici?”
“Faccio questo lavoro da più di vent’anni piccola, so come vanno le cose a Gotham…”
“Quindi secondo te se giro per strada ho qualche possibilità di incontrare questo famoso vigilante mascherato?” tralasciò di proposito il fatto che questi, in quel preciso istante si trovava sul tetto del commissariato, ci fosse stato il coglione da solo non avrebbe esitato a ricambiargli il complimento, ma quell’altro con cui stava parlando ora le piaceva proprio.
“Si, certo credo, ma hey, mi stai ascoltando?”
“Oh non preoccuparti per me, non sembrerà ma so badare a me stessa…”
“Fa come credi ma poi non lamentarti…”
“Ehh ehh…”
 
Avvertì il brivido dello spostamento dei cordini di prima sui quali aveva concentrato un briciolo del suo potere per sapere se e quando i vigilanti si sarebbero mossi; temendo che potessero uscire dal suo breve raggio di percezione salutò il poliziotto uscendo a passi svelti da quel piccolo ma affollatissimo bar.
 
 Il “Va a casa ragazzina stupida” che l’arrogante le rivolse anziché offenderla la fece ridere, ricambiò il saluto con un bel dito medio che ormai era già in strada strizzando l’occhio poi al più anziano che vide scoppiare a ridere all’espressione indignata dal suo giovane collega.
 
Quella sera poteva rischiare, voleva farlo e ci sarebbe sicuramente riuscita ad incontrare questo fantomatico Batman.
 
 
“Oh merda!!”
 
L’esclamazione le uscì spontanea non appena svoltò l’angolo per raggiungere il vicolo da dove avrebbe spiccato il volo.
Di fronte a lei c’erano 50, no ma che diceva 150 brutti ceffi in avvicinamento e altrettanti ne stavano uscendo fuori dall’ombra dei vicoli vicini. Il tintinnio delle catene che si trascinavano appresso era fastidiosissimo, le mazze da baseball chiodate che alcuni tenevano in mano sembravano davvero minacciose ma lei non se ne preoccupò…tutta quella roba era ferro, e quel metallo era fra tutti il più facile per lei da maneggiare, non avrebbe neanche dovuto concentrarsi troppo.
Si trovò a pensare che era proprio vero che a chiamare le pedate arrivavano decine di stivali pronti a darne.
Ridendo cominciò a correre a tutta birra distanziandoli immediatamente. Le grida e le oscenità che questi le urlavano dietro la facevano solo ridere ma la distrassero e il già debole raggio magnetico che era riuscita a creare per tenere sottocontrollo gli spostamenti di Batman era stato annullato quindi ora era tornata al punto di partenza. Diamine!
Ma in che razza di manicomio si era andata a cacciare?
 
Dieci minuti dopo se ne stava accucciata in cima al tetto del municipio a guardare giù quella variopinta marea di formichine che impazzita si prodigava a cercarla.
 
“Non può essere sparita, trovatela!!! Frugate dappertutto quella è la troia che ha fatto arrestare mio fratello!!”
 
Ah, ecco perché ce l’avevano tanto con lei.
Scuotendo la testa si alzò attraversando il tetto per arrivare dall’altra parte dove la situazione, benché simile era meno complicata. Prendendo la rincorsa saltò sul tetto confinante grazie al quale percorse abbastanza strada da potersi allontanare indisturbata dalla confusione giù in piazza.
Cercò di ritrovare le tracce dell’acciaio su cui si era concentrata ma si era allontanata molto dal punto di partenza e poi non era ancora molto pratica in quella tecnica, appoggiandosi ad un palo d’acciaio al quale erano appese alcune parabole si incantò a guardare la città oscura che dall’alto era davvero meravigliosa, le stelle che il cielo si rifiutava di mostrare erano riproposte a terra in decine di fievoli luci, le poche installate che funzionavano a pannelli solari sistemate per evitare i furti di rame che mettevano ko i lampioni tradizionali come le aveva spiegato Bruce.
 
“Cazzarola, mi è andata male anche stavolta, dovevo stargli più attaccata diamine!”
 
Dopo essersi avvicinata al ciglio del tetto si guardò intorno per vedere se la via era libera e quando fu sicura di non essere vista da nessuno tranquillamente camminò in avanti lasciandosi cadere nel vuoto.
 
La sensazione che avvertì nelle budella era la cosa che preferiva, quel senso di vertigine le dava un brivido lungo la schiena che non si sarebbe mai stancata di provare.
Poco prima che i suoi piedi toccassero terra però qualcosa la acchiappò.
Il contraccolpo le fece sbattere testa e spalla contro qualcosa di duro ma fu talmente stupita dall’accaduto che non riuscì a reagire.
Il vuoto nello stomaco tornò ma anziché cadere stavolta stava salendo.
Il brivido di un magnetismo conosciuto le rampicò lungo la schiena.
 
“Ma che diavolo!”
 
Appena i suoi piedi toccarono nuovamente il tetto del palazzo dal quale si era buttata si allontanò istintivamente da quella presa che nel frattempo si era allentata.
Fermando il suo retrocedere si rimise in piedi cercando di capire cosa cazzo fosse successo.
Non appena il suo sguardo mise a fuoco il cuore le mancò di un battito. Ma dai!
 
“Batman?”
“…”
 
Schiuse gli occhi cercando di distinguere bene quella sagoma completamente nera dalla diversa tonalità che aveva l’oscurità della notte.
Ardua impresa.
 
“Parli del diavolo…che ci fai qui?”
“…”
“Hey, capisci la mia lingua?”
“Cosa credevi di fare?”
“Si la capisci; bene io so-”
“Questo non è un gioco, quelli non scherzano…”
 
Quella voce era…fantastica. Era chiaro che lui la stesse rendendo rauca apposta ma le piaceva, le piaceva davvero.
 
In quel momento le nubi grigie che coprivano la luna si scostarono e la luce magenta del satellite irrorò per alcuni minuti la città, insanguinandola.
Finalmente lo poté vedere. Mantello nero, maschera con orecchie appuntite, una specie di corazza a proteggergli il torso e…
Scoppiò a ridere. Non ci credeva, calzamaglie? Erano calzamaglie quelle?
 
“Ha battuto la testa?”
 
Una seconda voce s’intromise e immediatamente un’altra sagoma, più piccola ed esile si accostò al pipistrello. Una ragazzina, Batgirl.
La squadrò, divisa di una tonalità scura, viola, forse fucsia, stemma di pipistrello sul petto e cintura gialla in vita. Le guardò le gambe annuendo, a lei la calzamaglia almeno stava bene.
Rise tornando a guardare lui.
 
“Ero curiosa di vederti, tutto qui.”
 
Lui rimase in silenzio continuando a scrutarla attraverso quegli enormi occhi bianchi socchiusi. Riuscì a toglierle la voglia di scherzare, intimidendola persino ma non glielo diede a vedere.
Vedendo che sia lui che la sua socia, che la guardava curiosa con un sorriso beffardo ma simpatico stampato in viso, si ostinavano a rimanere immobili ma soprattutto in silenzio decise di provare un’ultima tattica.
 
Assumendo la stessa espressione della ragazzina si lanciò all’attacco puntando immediatamente al pipistrello.
 
“Woha, che fai?” le parole della Batgirl le scivolarono addosso mentre a pochi passi da lui sferrò un paio di pugni al petto di lui.
Non si stupì affatto dell’agilità con cui evitò i suoi attacchi ma rimase delusa nel vedere che non contrattaccava.
Provò a colpirlo con un destro alla mascella e due calci bassi. Niente da fare, evitò entrambi.
Era agile, e bravo lui!
Si diede uno slancio aumentando improvvisamente la sua velocità grazie al volo, spintonandolo fino a farlo sbattere con la schiena contro al muro dello sgabuzzino dell’impianto di condizionamento.
 
“Hey, ferma!”
 
Batgirl cercò di intervenire ma il pipistrello con un cenno della testa la fermò; lo vide sorridere e capì che d’ora in avanti l’avrebbe presa un po’ più sul serio.
Fu divertente combattere contro di lui, benché lei non stesse combattendo con intenzioni maligne era comunque un duello e si stava impegnando seriamente divertendosi a schivare le rare controffensive con cui lui le ricambiava gli affondi.
Era bello soprattutto il suo modo di muoversi, elegante ma efficace e l’effetto che creava il suo mantello era fantastico, gli si stringeva attorno se lui saltava quando evitava i suoi calci librandosi in aria quando scattava a destra o sinistra per poi espandersi di colpo se lui si fermava, come una specie di paracadute.
 
“Sei bravo diamine!”
 
Sorridendo abbandonò la posizione di attacco rilassando le spalle.
Lui fece altrettanto ma il suo viso rimase impassibile. Bah, era senza speranze l’amico.
 
“Sul serio, volevo solo conoscerti, ho sentito tanto parlare di te…di voi, ma l’altro dov’è?” li guardò “non siete in tre?”
“…”
 
Tuonò in quell’istante il rintocco del campanile della cattedrale che segnava la mezz’ora.
Guardando l’orologio da polso scoprì che erano le 5:30, tempo di rientrare o Alfred svegliandosi avrebbe potuto notare che mancava, era sempre la prima stanza nella quale andava a bussare dal momento che lei stessa gli aveva chiesto di svegliarla molto presto al mattino.
Sbuffando si sistemò il laccio che le teneva legati i capelli.
 
“Meglio che vada o rischio di brutto.”
 
Un’idea le si era fermata nella mente, ma era ancora troppo presto per metterla in atto nonostante le prudessero le gengive per la voglia che aveva di parlare.
 Se n’era andata scegliendo di scendere per le scale e dopo aver atteso che anche loro si allontanassero, con calma e cautela si era nuovamente librata in volo facendo ritorno nella sua stanza giusto mezz’ora prima che Alfred l’andasse a svegliare.
 
Quello era stato il primo, e fin’ora unico incontro che lei aveva avuto con l’uomo pipistrello.
 
E qui si ritornava al presente. Si era imbambolata appena fuori il bar da dove era iniziato tutto quella sera di circa due settimane prima.
Da allora aveva smesso di uscire la notte, si sentiva soddisfatta e poi aveva del lavoro da fare, non poteva rischiare di stancarsi troppo e lasciarsi distrarre.
 
Entrò dirigendosi al bar per ordinare una birra notando che quella sera stranamente la clientela era pari a zero.
 
“Woah che mortuorio…che è successo Roger?”
“Non lo sai? Stasera c’è una festa in periferia, si esibisce una band straniera, la gente è tutta là…”
“Perché tu no?”
“Sono fedele ai miei vecchi miti io…”  Mentre le spillava la birra annuì alla sua destra dove c’era un vecchio giradischi che diffondeva nella stanza l’intramontabile bravura e talento dei Fab 4.
 
Sorridendo all’espressione d’accordo di lei le consegnò la bevanda appoggiando il calice di birra sopra ad un carinissimo sottobicchiere in pizzo rosa, una cortesia che le rivolgeva sempre dal momento che era l’unica cliente donna che frequentava il suo locale e che quindi meritava d’esser trattata con riguardo dato il coraggio che dimostrava.
 
“Tu invece? Come mai la rossa non è con te?”
“Serata intima presumo!”
 
Vedendo la faccia scioccata del barman si affrettò a rettificare. Parlandoci assieme aveva scoperto che Roger gestiva quel bar da anni e che praticamente da che Gordon era giunto in città per assumere il grado di commissario sia lui che sua figlia, la rossa come scherzosamente la chiamavano tutti, si fermavano da lui tutte le mattine per fare colazione e passare un po’ di tempo insieme.
Sentir parlare di lei in quei termini non doveva essere molto piacevole quindi si spiegò meglio.
 
“Mi ha chiamata per dirmi che degli amici sono arrivati da fuori città e che suo padre l’ha pregata di rimanere…questo intendevo…”
“Mi ha fatto crepare disgraziata!”
 
Rise bevendo alcuni sorsi di birra.
 
“Mi fai compagnia Roger?”
“Ma che!!?”
 
Rimase interdetta nel vedere l’espressione di lui cambiare d’improvviso mentre incredulo guardava oltre le sue spalle.
 
“Che c’è?”
 
Si girò e…rimase sconvolta.
 
Il rombo dell’esplosione sovrastò ogni rumore disintegrando muri, frantumando vetri, contorcendo persino i pannelli d’acciaio che aveva usato lei per proteggere sia Roger che sé stessa dalla deflagrazione.
 
Cosa cazzo era stato?
 
“Roger ci sei? Hey?”
“Cough, coff ma che è stato? Come facciamo ad essere ancora vivi?”
“Non ne ho idea, ma ringrazia i tuoi pannelli, ci hanno salvato il culo…”
 
Felice com’era d’esser sopravvissuto Roger non considerò nemmeno per un momento di come normalmente sarebbe stato impossibile per quelle due pesantissime lastre d’acciaio puro che aveva fatto installare per proteggere le vetrate del locale quando chiudeva la notte trovarsi all’interno del suo locale messe esattamente in modo da creare una barriera fra il bancone e l’esterno del bar.
 
Rimettendosi in piedi Marie, che era saltata oltre il banco colta da riflessi felini si spolverò le ginocchia da residui di polvere e calcinacci.
 
“Mi sa che siamo bloccati!”
“Nah…c’è un uscita sul retro.”
“Non l’ho mai vista.”
“Heh, perché l’ho sempre tenuta nascosta piccola. È una fortuna avere il locale vicino alla polizia, ma la prudenza non è mai troppa…et voilà!!”
 
Con uno spintone spostò una vetrina per le bevande che teneva in fondo al bancone rivelando cosa si trovava dietro e cioè una piccola porta di ferro bianca e arrugginita che mostrava loro l’unica via di salvezza.
La gioia che provò nel sapere che sarebbero usciti senza problemi si dissolse in un istante da che il  fastidioso azionarsi di un martello pneumatico incominciò a martoriare le placche d’alluminio che lei aveva disposto come muro.
 
“Cosa diavolo vogliono?”
“Sono gli sgherri di Tristan Croy, il mese scorso ho testimoniato contro suo figlio e l’ho mandato dentro, probabilmente papà Croy non è molto felice di questo…”
“Non c’è che dire Roger, i coglioni li hai proprio duri…vedendo come funzionano le cose in questa città non ti avrei affatto biasimato se…”
“Mi fossi lasciato corrompere dal denaro?”
“No, dalla paura…”
“Sono stato nei marines figliola, la paura ce l’hanno estirpata via dall’anima già dal primo giorno…”
 
Ciò che le disse in seguito non lo capì, una seconda esplosione deflagrò deformando le lamiere che fortunatamente però ancora reggevano.
 
“Ti ho detto di spingere con quanta più forza hai nelle braccia, dall’altra parte c’è un cassonetto…”
 
Ferro.
 
Sogghignando mandò avanti il proprietario mentre girandosi poté vedere l’uncino del piede di porco col quale gli instancabili criminali stavano cercando di divergere le lamiere.
Stendendo la mano fece in modo che i due metalli si fondessero, il bordo della lamiera era semi smembrato dall’esplosione e il bollo rosso dell’incandescenza provocata dalla fiamma ossidrica che sicuramente stavano utilizzando le resero solamente più facile il lavoro. Chiuse le dita e il liquido metallo si avviluppò contro gli arnesi fondendo pure le suole degli scarponi dei quattro deficienti che erano stati talmente scemi da appoggiarceli sopra.
 
“Spingi!”
 
Compì un gesto con la mano come a voler scacciare un moscerino, con l’aiuto della sua spinta poi finalmente la via fu libera. Dall’altra parte il cassonetto era scivolato via come se si fosse trattato di un foglio di giornale sospinto dal vento.
 
“Tornatene a casa ora ragazzina.” Lo vide correre verso la periferia. Voleva morire per caso? Immediatamente lo seguì.
“No, finchè non ti so al sicuro nella tua…”
“Non posso tornare a casa, sanno dove vivo!”
“Che vuoi fare allora?”
“Mi nasconderò nel ghetto, sparirò per un po’… ”
“Non sapevo che i marine si nascondessero!”
“Bada a come parli ragazzina…tu non sai niente del mon-”
“Tu dici eh? Può darsi, ma in quel poco che so non è compreso lo scappare… ”
 
Si fermò che lui ancora correva, non c’era motivo di scappare, erano già stati accerchiati.
 
“Roger!”
 
Lo chiamò con un urlo tranquillo, lui rallentò.
 
“Torna qui…”
 
Lui fece per muoversi e in quel momento uno scoppio di un colpo in canna lo fece sussultare.
Il proiettile gli sfiorò l’orecchio sollevandogli i lunghi capelli grigi sfuggiti dalla coda bassa che portava alla nuca.
 
“Come diavolo hai fatto a mancarlo idiota! Ti stava a neanche cinque metri!!!”
 
Non ebbero una seconda occasione però dacché Marie estrasse dal giubbotto che indossava una semiautomatica che esplose due perfetti colpi colpendo entrambi i delinquenti alla spalla.
 
Chiudendo gli occhi si concentrò sui movimenti che riusciva ad avvertire nel suo raggio d’azione.
Nella sua mente c’era il vuoto, e in quel vuoto un globo di concentrazione che era puro magnetismo, in quel magnetismo a loro volta c’erano decine di mini campi elettromagnetici e in un attimo seppe distinguere le auto o i palazzi o le cose inanimate dal momento che erano immobili mentre quelli che si muovevano erano i loro probabili nemici.
Più di 40, cazzo! Fosse stata sola non avrebbe avuto problemi ma con un civile da proteggere tutto si faceva più complica…un momento, Roger le aveva detto che era stato nei marine…
 
“Prendila!”
 
Con un colpo secco gli lanciò la sua pistola correndogli in contro, superandolo e fregando il fucile a canne mozze col quale i due bastardi di prima gli volevano spappolare il cranio.
Vedendoli ancora troppo sani li conciò per le feste lasciandoli pesti e sanguinanti a sputare denti e lamenti.
 
Con un colpo netto caricò il fucile e immediatamente sparò un colpo deviandolo in maniera che colpisse un cassonetto dei rifiuti. Esplodendo questo rese incapaci di combattere circa sei uomini.
 
“Guardati a destra, ne arrivano sette…”
“Come lo sai?”
“Magia!”
 
Detto questo scattò a sinistra preparando un bell’agguato al gruppetto di fessi che stavano provando a sorprenderla appena dietro il vicolo.
 
Tranquillamente percorse il suddetto tratto di strada beandosi dell’abbondante presenza di metallo disponibile.
Oltre al muro i bastardi erano pronti con mazze spranghe e proiettili, a lei bastarono due lamiere cadute dal tetto e un paio di funi metalliche per costruire loro una bella gabbia priva di porte.
 
Una raffica di spari la fece tornare indietro, era preoccupata per Roger, non avrebbe dovuto abbandonarlo a sé stes…
Lo vide in piedi accanto a un mucchio di sei sagome esangui. E bravo lui!
Gli tornò vicino dandogli una pacca sulla spalla di complimento, lui ricambiò col sorriso più bello che avesse mai visto sulla faccia di cinquantenne, i suoi occhi resi già sottili da troppa guerra polvere e sofferenza si schiusero maggiormente, al lato degli occhi la sua vecchiaia portata più che bene accentuava l’espressione e le sue labbra… doveva essere stato un gran pezzo di figo da giovane!
 
“Erano anni che non mi divertivo così, ma mi spieghi ti chi cazzo sei?”
“Una guardia del corpo, sono qui per proteggere Bruce Wayne, beh, oggi è il mio giorno libero ma normalmente…”
“Ne ho sentito parlare da Gordon, ma non sapevo fossi tu, beh, sei in gamba ragazzina…”
 
Ting ting
 
Metallo…piccolo, rotondo…mortale.
 
“Corri!”
 
Lo strattono via riuscendo a compiere alcune decine di metri prima che l’esplosione distruggesse quasi per intero la parete contro alla quale s’erano appoggiati per ripararsi dagli attacchi dei superstiti.
Si parò davanti a lui in modo che la bollente onda d’urto non lo potesse ferire, decine di blocchi di cemento e ferro la colpirono alle gambe, alla schiena e uno, per fortuna di piccole dimensioni le ferì la nuca facendola sibilare di dolore.
 
Atterrarono schiantandosi contro il cemento della strada escoriandosi mani braccia e ginocchia.
Immediatamente Roger fu in piedi, Marie invece giaceva priva di sensi a pochi passi da lui, dalla pozza di sangue che si spandeva dalla sua tempia si poteva benissimo capire cosa le fosse successo.
Senza pensarci neanche un secondo le corse vicino e se la caricò in spalla cercando si allontanarsi.
 
“Laggiù! La ragazza è ferita, prendetelo!”
 
“Merda!” E pensare che c’erano andati così vicini che aveva creduto sul serio di potercela fare.
 
In uno zero due furono circondati.
Sbuffando Roger cercò di mirare almeno ad un paio di loro ma bastò un calcio secco al polso per disarmarlo.
Guardando il viso sopito di lei si pentì d’averla lasciata seguirlo, lo aveva saputo fin da principio che le probabilità di salvarsi per lui erano minime ma la luce nei suoi occhi lo aveva convinto a crederci, a sperare.
 
“Che sciocco sono stato…”
“Già, ma l’averlo capito ora non ti salverà la pelle vecchio!!!”
 
Il ripetuto click causato dal caricamenti dei proiettili lo costrinse a chiudere gli occhi, non gli interessava sapere da chi sarebbe giunto il colpo mortale.
Inspirò il suo ultimo respiro da uomo vivo espandendo torso e braccia.
 
“Non è ancora il tuo momento, amico!!!”
 
Quando riaprì gli occhi lo scenario era drasticamente cambiato; la folla riunitasi intorno a loro era distesa a terra priva di sensi, di fronte a lui i tanto osannati protettori della città.
“Tutto bene?”
Scivolò via dalla presa della vigilante indirizzandola alle sue spalle dove il corpo malconcio di lei giaceva.
 
“La ragazzina…è conciata piuttosto male…” Gli sfuggì un lamento che tradì il suo tono di voce. “Temo che non ce la farà…”
Se solo l’avesse lasciata perdere…
 
Batman le fu accanto in un momento e subito gli si strinsero cuore ed occhi nel vedere le condizioni in cui versava quella strana e pazza ragazzina che gli era piombata in casa poco meni di due mesi prima.
Le gambe sembravano fracassate, il torso era crivellato da fori di proiettili e la ferita che aveva alla testa…diamine!
 
“La portiamo in ospedale?”
“Non lo so Robin, potrebbe non sopravviv-”
“MA PORCA…TROIA!!!”
 
La voce tossita ma furente di lei lasciò i presenti di sasso.
Batman, Robin Batgirl e il povero Roger rimasero col sangue gelato ad assistere alla scena di quella donna praticamente spacciata che si rimetteva in piedi…in piedi!
 
“Che male!!! CHE MALE!!! Dove sono quei bastardi, se gli metto le mani addosso io…” girandosi verso di loro in una scatto di rabbia finalmente li notò. “Oh…ciao!” vide anche Roger e gli fece un cenno col capo.
 
Dopo aver urlato una bestemmi che nemmeno lei, che per inciso aveva nella memoria le bestemmie di Logan, avrebbe mai avuto il fegato di ripetere, l’ex marine le si avvicinò tastandole gambe, addome e testa.
 
“Sparite…sono tutte sparite ma come diavolo…?”
“Sparite cosa? Ho sbattuto la testa tutto qui!”
“Ti è esplosa contro una parete diamine! Neanche Superman se la caverebbe con così poco…”
“Si vede che io sono meglio anche di lui…”
“Questo è poco ma sicuro…riesci a camminare?” Batgirl rinfrancata nel vederla sana e salva le si avvicinò offrendole aiuto.
“Si non ti preoccupare, grazie dell’aiuto piuttosto...”
 
Facendosi seria guardò ognuno dei tre eroi.
 
“Vado a casa, occupatevi voi del mio…amico Roger!”
 
Si allontanò barcollando, il fischio dell’onda d’urto dell’esplosione interferiva coi suoi sensi facendola irritare.
Odiava quel sibilo maledetto! Lo odiava!!!
 
In uno scatto d’ira colpì col pugno la parete di cemento.
Cazzo che male!
La mano sana se la portò alla testa cercando si calmare il fastidio che non accennava a passarle.
Non avvertì minimamente il senso di vertigine che le provocò lo star svenendo.
 
“Hey!”
 
Un braccio guantato di nero la sorresse accompagnandola nella caduta finchè non arrivò a sedersi e appoggiare la schiena al muro.
 
“Probabilmente hai una commozione cerebrale…”
“La seconda in neanche tre mesi…sto perdendo colpi, se Logan mi vedesse…”
“Chi è Logan, il tuo ragazzo?”
“No, ma sarebbe potuto esserlo se…”
“Se?”
 
Bruce odiava approfittarsi dei momenti di debolezza altrui,ma quello sembrava davvero l’unico per conoscere qualcosa su di lei così insistette.
 
“…io non fossi stata così idiota da rovinare tutto!!!…hic…”
 
Si pentì d’averla costretta a parlare vedendo le sue lacrime lambirle le palpebre bagnarle occhi guance e portarsi via nel loro scendere residui di sabbia sangue e…un dolore che aveva visto solamente in poche paia d’occhi.
 
“Chiudi gli occhi, respira piano…così…inala questo…” l’odore pungente che le arrivò alle narici era disgustoso e si scostò immediatamente ma fu svelta e salda la presa di lui al petto che la riportò in posizione.
 
“Fidati Marie!”
 
 
 
Venti minuti dopo stavano sul tetto in attesa che i due piccoli aiutanti di lui li raggiungessero.
 
“Come lo sai?”
“…”
 
Non le rispose, ma si voltò a guardarla.
 
“Il mio nome, come lo sai, io non te l’ho mai detto.”
“Ho sentito parlare di te, sei famo-”
“Oh per carità finiscila Bruce! Lo so che sei tu Cristo, l’ho capito subito! Sarò malconcia e cerebralmente ammaccata ma non sono diventata scema!”
“…”
“Bruce?”
“…” le voltò le spalle allontanandosi da lei di un altro passo.
“No ti prego…la difesa del silenzio no…” odiava la difesa del silenzio, la odiava con tutta sé stessa. Per troppo tempo allo Xavier’s l’aveva subita e sopportata sperando che i suoi amici le parlassero, non voleva tornare a provare quel dolore. Col cazzo.
 
Con uno scatto si mise in piedi dirigendosi al limitar del tetto pronta a saltare. Sapeva che lui non l’avrebbe fermata, la conosceva da neanche due mesi non avrebbe corso un rischio tale. Non lo avevano fatto nemmeno Jubilee o Kitty o…ricominciò a piangere, nemmeno Bobby l’aveva fatto e Logan…
 
Si buttò.
Venne bloccata e riportata al sicuro su quel tetto cupo e stridente dove pianse lacrime di un dolore represso troppo a lungo del quale non vedeva l’ora di liberarsi.
Si sentì libera finalmente, libera di essere sé stessa nuovamente, l’unica cosa che stonava era il petto solido contro il quale si stava sfogando, non doveva essere quello di Bruce Wayne ma un altro, avrebbe dovuto essere quello di Logan ma…andava bene così. Aveva trovato un amico.
 
“Chi sei tu?”
 
Le parlò che ancora la stringeva, la mascella di lui nel muoversi premeva contro la sua fronte.
Sorrise, lui si era fidato, l’avrebbe fatto anche lei.
 
“Sono Marie. E sono un mutante.”
 
 
…………………
 
 
 
 
 
Sorrideva con gli occhi nell’oscurità di quella notte.
 
TOM’S GRILL BAR
 
Mai era stata più felice di vedere quell’insegna che in quel momento.
Posando la sacca da viaggio accanto al portaombrelli vuoto spinse le porte entrando nel suo mondo.
 
Davanti a lei, al loro abituale tavolo c’erano Kim, Clay, Ken e John e Luke e McLee e…tutta la sua vita.
Avanzò incrociando lo sguardo di Glenn che immediatamente dimenticò il cliente che stava servendo in quel momento per dirigersi alla spina della birra per riempirle una pinta. Il sorriso con il quale la salutò, l’occhiolino che le strizzò…diamine quanto amava i suoi amici.
Spingendo più in la il culone di Clay prese posto sulla panca. Il suo sguardo di astio profondo mutò nel riconoscerla.
 
“Hey gente, che mi sono persa?”
“MARIE!!!”
 
Il suo nome fu grido di sei voci e orgoglio nei loro occhi, orgoglio che non si incrinò minimamente quando dopo aver chiesto loro un minuto per parlare, confessò cosa fosse veramente liberando il suo cuore dall’ennesimo velo nero che lo opprimeva.
 
Nella sua memoria era troppo fresco il ricordo di quel bacio, di quell’abbraccio di quel sorriso e di altri due abbracci sinceri velati da neri mantelli e corazze e…rise calzamaglie.
 
“Sono Marie, e sono un mutante.” Aveva detto alle espressioni stupite di chi fra loro ancora non lo sapeva.
“Sei Marie, e sei una Hawk!” l’aveva subito corretta McLee soffocandola in un solido abbraccio. “e fanculo tutto il resto!!!” 



TH
  
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