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Autore: Saphira96    21/04/2012    3 recensioni
Mi sono fermata a pensare su cosa si stessero dicendo Murtagh e Nasuada prima che lui partisse. Allora l'ho immaginato e ho raccontato anche cosa è accaduto, secondo me, alla donna durante l'addio tra Murtagh e Eragon.
~ "Beh non dirmi che non l’hai capito" ironizzò Murtagh "tu fai parte di me adesso, Nasuada" disse poi tornando serio. Gli occhi si velarono di lacrime e di dolcezza guardandola. ~
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Murtagh, Nasuada
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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La solitudine


Nasuada chiuse gli occhi. Era l’unico modo per proteggersi dall’esplosione. Nella stanza le pareti esplosero, alzando una gran nuvola di polvere che non le permetteva di vedere che fine avevano fatto Eragon, Saphira, Arya, i due bambini, Elva, Castigo ed infine Murtagh. Si sentiva egoista perché in quel momento il suo unico pensiero era Murtagh, pochi minuti prima l’aveva visto cadere a terra per opera di Galbatorix, il Cavaliere si era ribellato a colui che lo teneva legato a se attraverso la Magia. Lei aveva una mezza idea su come c’era riuscito, ma non voleva illudersi; una delle sue ipotesi – oltre a quella che il ragazzo era stato capace di plasmare il proprio essere, così il suo vero nome – era che Eragon e gli Eldunarì erano stati capaci di indebolire le sue difese, così che Murtagh era stato capace di sferrare il suo attacco.

La polvere scese tanto da riuscire a vedere dove erano gli altri, fu allora che intuì che Eragon doveva aver lanciato un incantesimo portandoli tutti accanto a lei, dove sarebbero stati al sicuro dalla violenza dell’esplosione. Murtagh era disteso su un fianco, non molto lontano da lei, aveva un paio di tagli sul viso , ma per il resto sembrava svenuto. Eragon si alzò, e soltanto all’ora, Nasuada si ricordò degli amici iniziando a guardarli in attesa di un loro segno di vita. Quella a preoccuparla di più era Elva, la strega-bambina era caduta a pancia in giù e aveva i capelli neri schiacciati sulla fronte, da quello che riusciva a vedere aveva il viso pallido, e sembrava tanto debole nel suo esile corpicino. Eragon si avvicinò ad essa – dopo essersi accertato che tutti erano vivi – pensò Nasuada. Il Cavaliere mormorò qualcosa, ma senza nessun successo; solo all’ora si tolse un peso dal cuore: Murtagh si era alzato senza fatica e aveva ringhiato < spostati! > al fratello, poi con occhi imperscrutabili si avvicinò ad essa e mormorò < Jerda > . Per fortuna c’era Murtagh a sostenerla, altrimenti sarebbe subito caduta a terra dopo tutto quel tempo ferma con le gambe e il bracci legati. Murtagh era sudato e sporco, ma Nasuada con la testa poggiata nell’incavo del suo collo, sentiva soltanto profumo. Quel profumo di muschio che aveva sentito tutte le altre in cui lui le teneva compagnia nella cella, lei riusciva a scorgerlo. Tutti si alzarono a poco a poco e con grande sollievo di Nasuada anche Elva si mosse e vomitò, era contenta di saperla viva, perché Nasuada aveva sviluppato per quella bambina diversa un forte senso materno. Tutti - compreso Eragon e fino a poco prima Galbatorix -avevano paura delle parole e dei poteri che ella possedeva, ma Nasuada no. Lei sapeva che Elva non le avrebbe mai fatto del male, perché – sospettava – che anche la piccola avesse quel piccolo legame nei suoi confronti.

Nasuada perse ad un tratto l’equilibrio, e si accorse che Murtagh era più debole di quando pensava, perciò richiamò a sé tutte le forze e si ristabilizzò nelle sue gambe; poi prese il braccio di Murtagh e lo passò nel suo collo. ‘ Forza, puoi farcela’ avrebbe voluto sussurrargli, ma Murtagh alzò il capo e la fissò con lo sguardo che preservava soltanto a lei: le conferivano sempre nuove emozioni, amore, gratitudine e preoccupazione. Allora lei capì che Murtagh aveva capito cosa lei avrebbe voluto dirgli.

Castigo si issò e camminava davanti a loro, li guidò fuori dalla porta e si fermò nel corridoio dove a pochi metri da li si erano fermati Eragon, Saphira, Elva, Arya e i due bambini. Murtagh si poggiò nella zampa dell’enorme drago rosso, attirando a qualche centimetro da lui Nasuada.

< potevo farcela da solo > aveva semplicemente detto Murtagh < non c’era bisogno che ti affaticavi in quel modo > continuò poi.

Nasuada si spostò e – anche se le costava molto – si piantò davanti il suo viso. Sentì le ferite e le parti dove il brucotarlo si era servito la cena, bruciargli; ma non si scompose. Doveva farcela per dimostrargli che lei poteva farcela benissimo. Murtagh parve capire cosa stava cercando di dimostrargli, e così accennò un piccolo sorriso e sentenziò < grazie comunque > .

Allora Nasuada – senza abbandonare la sua posizione – chiese, guardandolo negli occhi < come ci sei riuscito? > . Murtagh parve non sentire, perché prese a curare le ferite di Castigo e poi le sue forse, pensò il capo dei Varden, stava parlando con il suo compagno di sventura. Poi prese a guardarla dritta negli occhi, e Nasuada questa volta vi trovò la risposta, ma voleva comunque sentirlo dire da lui.

Murtagh per tutta risposta non parlò, prese un coltellino e lo puntò verso di lei strappandogli la veste bianca nel punto della spalla. Osservò con orrore la sua ferita, evidentemente perché si sentiva in colpa per avergliele procurate, e poi la guarì. < Scusa, non volevo > mormorò finalmente. Per un momento Nasuada pensò che le stava chiedendo scusa per il vestito strappato ma poi si accorse che in realtà si riferiva alla prigionia. Perché era stata un idea sua, per la prima volta sentì gratitudine per lui, d’altronde era merito suo se lei adesso era viva.

< Perdonato > disse la donna.
< Nasuada quando sei disposta ad aspettarmi? > chiese il Cavaliere.
< Tutta la vita … > rispose lei.
< E’ bello saperlo .. quindi mi aspetterai? > chiese nuovamente.
< Certo. Ma tu cosa hai intenzione di fare? > Nasuada entrò nel panico, cosa intendeva Murtagh?
< Devo andare via, io e Castigo andremo via … dobbiamo riflettere … > sentenziò.

Eccone un altro, l’avrebbe lasciata sola. Non poteva e non voleva crederci, nei suoi giorni di prigionia sperava che Murtagh sarebbe stata al suo fianco nella guida del suo popolo. E invece si sbagliava. Iniziò a tremare e con voce calma cercò di continuare la conversazione, così magari lui avrebbe cambiato idea. Ma ben presto si rese conto che invece la sua idea era stupida.

< Perché? > chiese ancora.
< Beh non dirmi che non l’hai capito > ironizzò Murtagh < tu fai parte di me adesso, Nasuada > disse poi tornando serio. Gli occhi si velarono di lacrime e di dolcezza guardandola.

Allora Nasuada si rese conto che in realtà lui aveva risposto alla sua prima domanda.

< Allora è vero ci sei riuscito a… a cambiarlo? > chiese stupita.

Murtagh annuì poi, si avvicinò al suo orecchio e le sussurrò una parola nell’Antica Lingua. Egli stesso rabbrividì e Nasuada percepì la vera essenza di Murtagh, alla cui radice c’erano i sentimenti che lui provava per lei. La donna iniziò a piangere, e si gettò tra le braccia del ragazzo. < Non dimenticarlo mai Nasuada > . lei si staccò  e lo guardò: < e tu non dimenticarti di me Murtagh > . Poi Castigo entrò dolcemente nella sua mente e rispose al posto del suo Cavaliere: non lo farà, Nasuada figlia di Ajihad. Custodisci il suo essere; ma ricorda non a costo della vita, altrimenti perderei il mio compagno di avventure. Abbi cura di te, arrivederci valorosa donna. Murtagh slacciò la bisaccia di Castigo e vi salì in sella, poi alzò una mano la portò alla bocca , e mentre Castigo si piegava per spiccare il volo fece un segno di saluto con la mano. Con gli occhi velati di lacrime, Nasuada capì che Murtagh le aveva mandato un bacio.

E rimase così: distrutta e tremante dal dolore vedendoli allontanare.

< Via > disse quando Eragon le chiese dove era andato suo fratello. Le sembrava di essere ancora sotto il controllo di Galbatorix, quando lui le faceva avere visioni per portarla a farle giurare fedeltà. Questa volta però Murtagh non c’era ad avvisarla quando tutto sarebbe finito, adesso era sola e in tale maniera doveva uscirne. Una piccola mano pallida le strinse la sua, Elva accanto a lei era scossa da tremiti e piegandosi in due vomitò. La bambina aveva percepito il dolore che lei stava provando e voleva calmarla, ma non sapeva se proprio per smettere di soffrire o perché la bambina voleva aiutarla. La guardò negli occhi ed Elva ricambiò, i suoi occhi violetti la fissavano e la fecero entrare nuovamente in quei sogni, la streghetta le toccò la mente e le disse: non sei sola, io sono con te.


Autrice ~ Saphira96
  
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