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Autore: EliseG    22/04/2012    0 recensioni
Di Sozin sappiamo poco o niente, lo vediamo tradire il suo migliore amico, dare il via ad una sanguinosa guerra destinata a durare per un intero secolo... tutto per un'insaziabile brama di potere? Lo trovo un po' riduttivo e per questo ho riportato l'episodio, cercando di aggiungere luci e ombre per dare maggiore spessore alla figura di un sovrano che è riuscito a trascinare e forgiare un'intera nazione con le sue idee.
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sozin
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Mentre sento la mia vita scivolare via, non posso fare a meno di pensare al tempo in cui tutto era più luminoso; ricordo il mio amico, con la nostalgia per quei giorni in cui guardavamo al nostro futuro pieni di progetti e speranze. Roku è sempre stato un abile dominatore, preciso nella tecnica, fluido nei movimenti: se c'era qualcosa che gli mancava per eguagliarmi... era la volontà di farlo. La sua era una delle famiglie più rinomate della nazione, eccellenti dominatori, leali sostenitori di mio padre: non era raro vederli girare a palazzo, con l'arroganza di chi conosce fin troppo bene il proprio valore. Solo Roku si aggirava tra i nobili come un pesce fuor d'acqua, goffo, imbarazzato perfino di fronte ai servitori. Il mio opposto. Ho sempre adorato questa vita, sapere che un giorno avrei avuto il potere, che come mio padre avrei guidato un popolo e deciso del destino di migliaia di persone. Sapevo di essere fortunato e già allora sentivo di essere destinato a diventare il più grande, più potente perfino di mio padre. Anche in questo io e Roku non avremmo potuto essere più diversi... ma c'era qualcosa di speciale anche in lui, lo sentivo: avevamo visto la luce lo stesso giorno e come due facce della stessa medaglia eravamo destinati ad essere indissolubilmente legati.
 
Solo anni più tardi avremmo capito realmente cosa tutto questo avrebbe significato. Ricordo bene il giorno in cui tutto cominciò a cambiare: era il giorno del mio sedicesimo compleanno. Mio padre aveva permesso che fossi io ad occuparmi delle celebrazioni e avevo deciso di fare le cose in grande; una festa per il mio sedicesimo compleanno come mai se ne erano viste prima... volevo entrare nella storia: c'era musica, c'erano i fuochi d'artificio e gli artisti del circo. Sotto le lanterne di carta, quella sera, si erano radunati tutti i rappresentanti delle famiglie più importanti della Nazione. Erano lì per divertirsi con me e, sebbene lui avesse opposto una certa resistenza, con il mio amico. Era una sensazione inebriante, ma avrei rinunciato di buon grado a tutto quello sfarzo, se Roku non fosse stato lì a goderne con me. Che senso ha il benessere se non lo si può condividere?

Stavamo per tornare a palazzo, tra gli applausi e gli sguardi allegri dei presenti, quando notammo i Saggi del Fuoco avanzare tra il nostro pubblico. La folla si zittì all'improvviso, facendo loro ala, e una risata mi si spense in gola: non era normale che i Saggi si presentassero a quel modo, soprattutto senza essere stati invitati. Scesi lungo la gradinata del padiglione dove avevamo appena aperto i nostri regali: − È successo qualcosa a mio padre? − chiesi, certo della risposta. Non ricordo cosa pensai in quel momento, forse era solo un confuso groviglio di emozioni... ma credo che, nonostante fossi preoccupato per la salute di mio padre, in fondo sentivo di essere pronto: non vedevo l'ora che arrivasse il giorno in cui avrei governato la Nazione del Fuoco... quel giorno non era ancora arrivato.
− No, principe Sozin. Non siamo qui per voi, siamo qui per annunciare l'identità del prossimo Avatar − rispose il Grande Saggio.

Ne fui sorpreso, come tutti i presenti, ma sapevo di essere presente a uno di quegli eventi destinati ad entrare nella storia e quello bastò a farmi dimenticare la mia delusione. La sorpresa per quell’intrusione, tuttavia, non fu niente rispetto a come mi avrebbe lasciato la scoperta che stavo per fare. Il Grande Saggio guardò dritto di fronte a sé, posando lo sguardo sulla scalinata dalla quale ero appena sceso: − Per noi sarà un vero onore servirvi... Avatar Roku −. Impiegai diversi istanti a capire cosa aveva appena detto, a realizzare che tutti i presenti non si stavano prostrando di fronte a me, ma... credo di aver guardato Roku con aria sorpresa, prima di inginocchiarmi di fronte a lui, come era giusto.

Riflettei per tutta la notte su quanto accaduto. Non potevo credere che una cosa del genere fosse successa proprio a noi. Già da tempo sentivo che eravamo destinati a diventare grandi e quella era la conferma definitiva, una conferma che andava ben al di là di ogni mia più rosea aspettativa. Nei giorni seguenti non riuscimmo nemmeno a vederci, mi fu detto che si trovava al Tempio dei Saggi per conoscere la sua storia e presto arrivò il giorno in cui il mio amico Roku dovette lasciare la Nazione del Fuoco per affrontare il suo destino come Avatar. Doveva viaggiare nel mondo per poter dominare gli altri elementi e sapevo che per lunghi anni non l'avrei più rivisto. Non persi tempo. Quando venni informato che di lì a qualche giorno avrebbe lasciato la Capitale accantonai tutti i miei doveri di principe ereditario e lo raggiunsi presso la sua villa. Lo trovai seduto sul suo letto, intento a ruminare chissà cosa con quella sua testona sempre troppo indaffarata.

− Ehi, perché non hai ancora fatto i bagagli, Onnipotente Avatar? − scherzai, cercando di strappargli un sorriso, ma lui non mi degnò di uno sguardo. Continuava a fissare il pavimento, perso nei suoi cupi pensieri. − Coraggio! Mostrami come si fa ad usare tutti e quattro i domini! − lo incoraggiai, imitando le mosse dei vari elementi, che il mio sifu aveva preteso di farmi imparare con la convinzione di migliorare la mia tecnica di dominio del fuoco. Come poteva essere tanto abbattuto? Essere l'Avatar! Controllare sul serio i quattro elementi! Doveva essere un'esperienza fuori dal comune, non una cosa da ridurre qualcuno in quello stato!
− Avevo iniziato a fare i bagagli, ma poi i Saggi mi hanno detto che non avrò più bisogno di tutti i miei oggetti terreni − mi confessò, cogliendomi del tutto alla sprovvista. − Oh − borbottai, sedendomi sul letto accanto a lui. Questo sì che era un vero schifo! Come potevano chiedere a un nobile della Nazione del Fuoco di lasciare la sua intera vita alle spalle? − È successo tutto così in fretta... sarà tutto diverso d'ora in poi − disse abbattuto. Se solo avessero dato a me una possibilità del genere! Roku era sempre stato un tipo abitudinario, sapevo come lo mettessero in crisi le novità e mi rendevo conto che quella per lui era una novità bella grossa. Gli serviva qualcosa che gli ricordasse casa sua... ci pensai su per un istante, poi chinai il capo, sfilando dalla mia acconciatura l'ornamento che mi designava come principe ereditario e lo allungai verso di lui: − Tieni. Spero che almeno questo potrai tenerlo − dissi in tono conciliante.

− Ma questo è il tuo simbolo reale. Solo il principe ereditario lo può indossare − protestò lui, riluttante ad accettare il mio regalo. Glielo spinsi sotto il naso con un sorriso sornione stampato sulle labbra. Eppure mi conosceva, sapeva che niente di tutte quelle regole, di tutti quegli stupidi protocolli avrebbe potuto farmi cambiare idea. Non avevo certo bisogno di una corona d'oro per dimostrare il mio diritto di nascita: − vorrei comunque lo tenessi tu − insistetti. Roku era un ingenuo sognatore, ma io sapevo bene certo quell'ornamento era probabilmente l'unica cosa che i Saggi non avrebbero osato togliergli. Era un ricordo per il mio amico... e un messaggio a loro: che non osassero mettersi tra di noi o ne avrebbero affrontato le conseguenze. Fu l'ultima volta che lo vidi prima della sua partenza; e è inutile dire che gli permisero di tenere il mio cimelio, come avevo previsto.
Quando ripenso a quel giorno non posso fare a meno di pensare che forse fu proprio quella la prima volta che cominciai ad agire come Signore del Fuoco: con quel dono avevo costretto i Saggi a decidere se rispettare la mia scelta o le tradizioni, gettando di fatto le basi di quello che sarebbe stato il mio regno; con quell’innocente gesto di amicizia avevo già relegato i Saggi nella posizione subordinata che hanno da allora.

Dodici lunghi anni trascorsero prima che io potessi rivedere il mio amico. Quando Roku tornò, era a tutti gli effetti un Avatar completo... e anche io ero cambiato. Tre anni dopo la sua partenza mio padre venne meno ed io fui finalmente incoronato Signore del Fuoco, con il benestare del popolo. Sotto il mio governo riuscii a liberare la Nazione dai selvaggi adoratori del Sole, riformai l'economia, feci costruire strade, scuole, resi l'istruzione obbligatoria anche per i contadini, assicurandomi che ogni cittadino della mia nazione sapesse ciò che avevo fatto per loro. Mi adoravano, la sala del tesoro reale straripava di denaro e gioielli; avevo sposato una donna di rara bellezza, figlia di un ricco governatore, dalla quale avevo avuto il mio primo erede: un bel maschietto sano e vivace, che avrebbe portato avanti nei secoli il mio nome e la mia dinastia.

Ero immerso in uno di quei pensieri sul mio futuro quando la porta della mia sala del trono si aprì, attirando la mia attenzione sulla figura che si era appena infilata all'interno. Non riuscivo quasi a crederci. Era tornato!
 − Sozin! O dovrei dire Signore del Fuoco Sozin? − mi salutò Roku scherzando, come se la mia corona non fosse stata altro che un giocattolo da bambini. Per la prima volta quel suo modo di fare ingenuo e amichevole mi infastidì: − È tradizione che i sudditi si inchinino prima di salutarmi − lo rimproverai. Notai il suo sguardo preoccupato e mi resi conto di avere esagerato. Ero stato troppo severo, ancora non poteva sapere tutto quello che era successo in questi anni e, dopotutto, non importava così tanto nemmeno a me. Ero stato così preso dal mio ruolo da dimenticarmi che era Roku quello che avevo davanti. Il migliore amico che mai avessi avuto. Scesi dal trono e lo raggiunsi − ma per te farò un'eccezione  − mi corressi, lieto di poter finalmente riabbracciare quel fratello perduto per tanti anni e ora finalmente ritrovato.

Non impiegò molto ad ambientarsi nuovamente alla vita nella Capitale. I nostri impegni ci tenevano lontani, ciò nonostante fui felice quando pochi mesi dopo chiese a me di essere il suo testimone di nozze. Alla fine si era deciso a dichiararsi a Ta Min, la ragazza della quale era innamorato fin da ragazzino. Formavano una bella coppia e forse avrei dovuto essere semplicemente essere felice per loro, ma ora che Roku era tornato sapevo che era giunto il momento di agire. Durante i festeggiamenti per il matrimonio guardavamo al futuro con gioia e ottimismo. Io avevo la mia personale visione di un futuro migliore e non vedevo l'ora di iniziare a realizzarla. Prima che il banchetto fosse finito decisi di cogliere l'occasione e mi avvicinai agli sposi.

− Scusatemi − dissi loro, per poi rivolgermi direttamente alla giovane moglie del mio amico −posso prenderlo un momento? − le sussurrai. Lei sorrise gentile −questo non segue la tradizione, ma... va bene − rispose accennando un inchino. Condussi Roku fino all'ampia balconata del Tempio, dalla quale si poteva vedere l'intera piazza addobbata a festa. Scrutai le lanterne, meditando con attenzione sulle mie parole. − Che cos'hai in mente? − chiese lui, allegro. −Ultimamente ho pensato molto alla situazione mondiale...− lo sentii posare una mano sulla mia spalla. − Sozin! E' il mio matrimonio! Mangia un dolce, balla con qualcuno, divertiti! − suggerì eccitato. Potevo capirlo, non ero diverso da lui il giorno del mio matrimonio, ma... − lo so, lo so... ma adesso ascoltami un secondo! − lo pregai. Annuì.
− Sin dall'inizio ero destinato a diventare Signore del Fuoco − dissi, avviandomi verso l'estremità della balconata; Roku mi seguì. − ...E sebbene ancora non lo sapessimo tu eri destinato a divenire l'Avatar, è una coincidenza eccezionale che ci conoscessimo così bene, non trovi? Insieme noi potremmo fare... qualunque cosa − insistetti, trattenendo a stento l'eccitazione che provavo a quel pensiero... ma ancora una volta lui non sembrò capire. Ricambiò il mio sguardo con un'occhiata sospettosa, riluttante a condividere il mio entusiasmo − già. Potremmo − rispose laconico. Credevo di conoscerlo, che sarebbe stato tutto come un tempo... ero certo che avesse solamente bisogno della giusta motivazione e mi affrettai a spiegare − la nostra nazione sta vivendo un tempo di pace e di prosperità senza precedenti. Il nostro popolo è felice e noi siamo fortunati per tantissimi motivi − gli ricordai. Non era convinto: − allora? Dove vuoi arrivare con questo? − chiese severo. Ignorai di proposito il suo tono di rimprovero: − Sto solo pensando... che potremmo condividere questa prosperità con il resto del mondo − risposi con determinazione, tornando a fissarlo negli occhi. Vidi la sua sorpresa. − Nelle nostre mani c'è l'impero più glorioso della storia. È giunto il momento di espanderci! − suggerii, certo che da buon amico mi avrebbe seguito. Sarebbe stata la nostra più grande avventura, di nuovo insieme!

− No. Le quattro nazioni devono restare come sono: quattro − ribatté lui, cocciuto, ma già conoscevo il suo scarso spirito di avventura, sapevo che come sempre avrei dovuto insistere per riuscire a smuoverlo dalle sue comode convinzioni − Roku, non ti sei nemmeno soffermato a considerare le possibilità che... − insistetti ancora, ma lui mi interruppe: − Non ci sono alcune possibilità. E non voglio più parlare di questo argomento − rispose piantandomi lì da solo, proprio mentre il sole cominciava a tramontare oltre l'orizzonte. Non lo guardai nemmeno andare via. Non so se fu per le sue parole, per il suo tono, per la sua risposta, ma sembrava un'altra persona. Rimasi su quella terrazza per ore a chiedermi come aveva potuto, il mio migliore amico, abbandonarmi a quel modo. Improvvisamente mi accorsi di quanto faceva freddo là sopra... e proprio mentre l'ultimo raggio di sole calava verso il punto in cui si trovava il Regno della Terra presi la mia decisione. Che Roku fosse con me o meno avrei portato a termine il mio progetto.

Nel giro di pochi mesi organizzai il più efficiente apparato bellico della storia; grazie al mio studio, alle mie strategie oculate, riuscivo a scovare rapidamente il punto debole degli avversari e sfruttarlo a mio vantaggio. Nel giro di pochi anni una dopo l'altra le città sulle coste del Regno caddero nelle mie mani, diventando prosperose colonie della Nazione del Fuoco. Di lì a breve contavo di potermi muovere verso Omashu, Senlin, Gaipan. Avevo già conquistato importanti baluardi difensivi dei ribelli e stavo aspettando la fine dell'inverno per spingermi ancora più in dentro, verso il cuore del Regno della Terra.

Ero finalmente riuscito ad allontanare Roku dai miei pensieri, quando la porta della mia sala del trono si spalancò all'improvviso: −Ho visto le colonie, Sozin. Come osi occupare i territori del Regno della Terra?− disse il mio amico di un tempo. Ora davvero non lo riconoscevo più −Come osi, tu! Un cittadino della Nazione del Fuoco, rivolgerti al tuo Signore del Fuoco in questo modo? La tua lealtà verso la Nazione viene prima di tutto, se così non fosse saresti un traditore.− replicai, infastidito da quell'entrata in scena inaspettata quanto arrogante. − Non farlo, Sozin. Non provare a sfidarmi, può solo finire molto male. Questo è tutto − mi minacciò, per poi allontanarsi in direzione dell'uscita... ma non mi ero mai piegato di fronte alle minacce di nessuno, e anche questa volta ero ben deciso a ricordargli chi era il sovrano e chi aveva il diritto di decidere le sorti del mondo. Non era mai riuscito a battermi e sapevo bene che non sarebbe stato difficile metterlo fuori combattimento. Gridai per sfogare la mia rabbia e contemporaneamente scagliai contro di lui una delle mie fiammate più potenti. Sapevo che non l'avrei ucciso, ma le fiamme avrebbero bruciato la sua pelle, lasciandogli un marchio indelebile a ricordargli di non sfidare mai più il Signore del Fuoco... quando le mie fiamme si dissolsero, tuttavia, di lui non c'era più alcuna traccia. Quando lo vidi di nuovo fu troppo tardi, una ventata mi sollevò, spingendomi fino in fondo alla sala, lontano dal mio trono. Mi mancò il fiato quando la mia schiena andò a sbattere contro il portone d'oro massiccio e caddi in ginocchio.

Per un istante realizzai che avrebbe potuto uccidermi, ma subito quella consapevolezza mi scivolò di dosso: in quel momento non mi importava. Nessuna ferita poteva essere più dolorosa del modo in cui Roku aveva appena tradito la nostra amicizia... e fu fortunato che in quel momento non mi reggessi in piedi, perché con la mia rabbia l'avrei ucciso. Prima che avessi il tempo di reagire una colonna di roccia mi strappò da terra e rimasi lì appeso, costretto ad assistere impotente alla distruzione del mio palazzo. Fu una squallida dimostrazione di forza, nient'altro, ma forse avrei dovuto ringraziarlo, perché servì a svegliarmi. Finalmente mi accorsi di quello che avrei dovuto comprendere anni prima: Roku non era più l'amico con il quale ero cresciuto; il suo ruolo di Avatar, le idiozie che in tutti quegli anni le altre nazioni gli avevano inculcato, l'avevano reso uno stolto... e purtroppo uno abbastanza potente da distruggere il mio intero esercito con un cenno della mano. Sarebbe stato inutile discutere con lui, era cambiato, non era più in grado di vedere quello che vedevo io... non avrebbe capito quanto tutto quello che stavo facendo avrebbe potuto assicurare un glorioso futuro alla nostra nazione! Era finita; per tutti.

− Io ti risparmierò, Sozin. Ti lascio andare in nome della nostra passata amicizia. Però ti avverto: tu fai anche un solo passo falso e la tua fine a quel punto sarà definitivamente... segnata − mi minacciò con arroganza.
 
Avevo visto quello che era in grado di fare ed eravamo stati amici per tanto di quel tempo che mi bastò un'occhiata alla sua espressione per capire che diceva sul serio, per quanto folle e assurdo tutto questo potesse sembrare. Chinai il capo, deluso da colui che non potevo fare a meno di ricordare come il mio migliore amico d'infanzia. I miei sentimenti al riguardo si fecero contrastanti: sapevo che avrebbe tenuto d'occhio le colonie e se da un lato il mio orgoglio insisteva perché ignorassi le sue minacce, dall'altro l'idea di trovarmelo di fronte, dopo quello che era successo tra noi, mi nauseava. Non ritirai le truppe, ma ordinai che non avanzassero, accontentandomi di governare con onore e saggezza tutti i territori sotto al mio controllo.

Da quel giorno avevo perso ogni contatto con Roku, sapevo che si era ritirato a vivere a Dragon Island insieme alla moglie e ai figli, conducendo una vita austera e solitaria... tra me e il Regno della Terra. Una scelta insolita e certamente non casuale: il suo messaggio era fin troppo chiaro; non avevo nient'altro da dirgli. Passarono venticinque anni di silenzio tra di noi, finché una notte percepii qualcosa di tremendo nell'aria: subito raggiunsi la grande terrazza che si affacciava sul mare. L'isola di Roku era lontana centinaia di miglia, ma io potevo sentire il tremore... scorgere da lontano il fumo nero. Non avevo mai visto nulla di simile a quella catastrofe: sull'isola c'erano case, bambini... e nonostante l’eruzione fosse la prova tangibile che gli Spiriti erano in collera con quello stolto di Roku, quell’isola era mia. Lì viveva il mio popolo e proteggerlo era un dovere che non potevo demandare. Vestito com'ero balzai in groppa al mio drago Kang e lo spronai alla volta di Dragon Island.

Quando finalmente raggiunsi la mia destinazione non trovai altro che devastazione: i vulcani dell'isola avevano iniziato ad eruttare uno dopo l'altro, la lava colava fuori controllo, mentre pericolosi lapilli venivano sparati in ogni direzione. La gente tentava ancora di guadagnare il mare e se non fosse stato per l'intervento di Roku ben pochi si sarebbero salvati quella notte. Fui sorpreso di scoprire che gli importava ancora qualcosa della nostra gente, ma con l'età avevo ormai compreso che ognuno agiva per i propri fini e che questi, qualche volta, portavano le persone a percorrere insieme qualche tratto di strada. − Ti serve una mano, amico mio? − chiesi. Fu strano dirlo nuovamente ad alta voce, dopo tanto tempo... e lui parve altrettanto sorpreso. − Non c'è tempo da perdere − gli ricordai, unendomi a lui sulla bocca del vulcano. Il mio studio del dominio dell'acqua mi ritornò prezioso e pur sapendo che non sarei riuscito a spegnere l'intero vulcano iniziai a dirottarne il calore e solidificare la superficie della colata, deciso quantomeno ad impedire l'ulteriore fuoriuscita del magma... ma fu immediatamente chiaro ad entrambi che non avevamo alcuna possibilità di vincere contro quella forza della natura... e che se non ci fossimo allontanati rapidamente per noi sarebbe stata la fine.

− Cerca di non respirare il gas tossico! − mi intimò Roku, mentre correvamo verso un punto in cui i nostri draghi potessero venire a raccoglierci. Mi accorsi che il mio vecchio amico non era più accanto a me e lo sentii tossire alle mie spalle. Arrestai la mia corsa e lo vidi cadere in ginocchio, respirando a fatica, investito in pieno da un'esalazione di gas. − Non ce la faccio più − rantolò con voce flebile, accasciandosi a terra. Come appariva diverso, ora, dall'Avatar che poco più di vent'anni prima ostentava arrogantemente tutto il suo potere. Tese una mano verso di me − ti prego... − mi supplicò, mentre le forze cominciavano a venirgli meno. Sapevo che un amico avrebbe afferrato quella mano senza esitare... ma Roku era mai stato un amico per me, o si ricordava di esserlo solo quando si sentiva un estraneo nella sua stessa casa, quando aveva bisogno di aiuto? La sua testardaggine stava impedendo alla mia nazione di prosperare come avrebbe potuto.

− Senza di te tutti i miei piani diventano possibili − gli ricordai, stringendo il pugno per resistere alla tentazione di correre ad aiutare quell'amico perduto. Per anni non aveva fatto altro che ostacolarmi e quella che ora mi si stava presentando era un'opportunità unica... ed è proprio questo che fa di un comune sovrano un imperatore: la capacità di riconoscere le opportunità e la determinazione per saperle cogliere. Io le avevo entrambe: − Per il futuro ho un progetto chiaro, Roku − mi scusai, arrampicandomi in groppa a Kang. Lo osservai un'ultima volta, determinato a portare a termine ciò che avevo cominciato... e lasciai che fosse il vulcano a decidere del suo destino.
 
Non sopravvisse a quella notte.

Con la morte di Roku, e con il ritorno della Grande Cometa, il momento era adatto per cambiare il mondo. Sapevo che il prossimo Avatar sarebbe nato tra i Nomadi, così distrussi tutti i Templi dell'Aria... ma nonostante questo il nuovo Avatar mi sfuggì. Sprecai tutto il resto della mia vita a cercarlo invano. Sapevo che si nascondeva da qualche parte: la più grande minaccia per la Nazione del Fuoco è l'ultimo dominatore dell'aria...

Sozin tacque un istante, scrutando le preziose tende del baldacchino sopra di lui, mentre tornava con la mente agli ultimi anni della sua vita: si era consumato in una ricerca infruttuosa e ora ne pagava le conseguenze. Lui e Roku erano indissolubilmente legati e gli Spiriti avevano deciso di punirlo, costringendolo a inseguire per anni colui che aveva cercato di allontanare dalla propria vita. Respirò a fondo, ma ormai gli riusciva difficile. Poteva intravedere il parco del palazzo oltre i vetri incorniciati d'oro della sua stanza, attraverso una stretta finestra che si apriva sulla parete ai piedi del suo letto. Il sole stava ormai tramontanto e presto se ne sarebbe andato anche lui. Sentiva il proprio respiro farsi sempre più debole e lasciò ricadere la testa di lato, scrutando i Saggi del Fuoco con aria severa: − dov'è mio figlio? − chiese con voce stanca, nella quale non si distingueva più quella determinazione che l'aveva portato a diventare il più temuto Signore del Fuoco della sua dinastia. Il Grande Saggio si chinò con deferenza, arrotolando la pergamena sulla quale aveva raccolto la storia del sovrano − sarà qui a momenti − mentì, ma la mente di Sozin era ancora lucida e intuì la menzogna: − ho fatto tutto questo per garantire un futuro al mio popolo, ho creato il più grande impero della storia, perché la mia discendenza potesse guidarlo. Ho sfidato l'Avatar, ho messo il mondo in ginocchio... eppure per mio figlio non sono altro che un vecchio relitto che occupa il suo trono da troppo tempo − disse con un sorriso beffardo sul volto. − Dovrebbe essere felice di vedermi ridotto così − aggiunse, con la consapevolezza che ormai era tardi per qualunque cosa. Sozin tornò a fissare il baldacchino: non era più un giovane principe e tutto quel parlare lo aveva stremato... come sembrava insignificante, adesso, tutta la sua vita. Aveva lottato tanto e per cosa? Probabilmente sarebbe morto lì, con la bocca aperta e gli arti scomposti, non diversamente da un qualunque altro vecchio. Prese un respiro profondo che sembrò durare per sempre. Certo, il suo letto di morte aveva lenzuola pregiate... ma per sua moglie e suo figlio era ormai un estraneo, che non meritava nemmeno un ultimo saluto. Le ricchezze che aveva accumulato, e che ora facevano bella mostra attorno a lui, bastavano a ripagarlo di una vita votata all'ossessione di non avere mai abbastanza? Sozin conosceva bene la risposta, ma l'avrebbe portata con sé. Non era questo essere fragile e dubbioso il Signore del Fuoco che la storia doveva ricordare. Si rivolse nuovamente ai Saggi prima di rischiare di confessare i pensieri che solo un uomo vecchio e stanco poteva concepire: − Ora andate. E' tardi, devo riposare.

  
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