Serie TV > Sherlock (BBC)
Ricorda la storia  |      
Autore: Stars_Daughter    22/04/2012    6 recensioni
La mamma è stupida. E’ un dato di fatto e Sherlock non può farci niente, e non capisce perché se la sia presa con lui. Anche le maestre se la prendono con lui. E i suoi compagni. E i bidelli. E le cuoche della mensa. Ci deve essere qualcosa che non funziona bene, in questa storia del dover essere sinceri e onesti e dire sempre la verità perché Gesù ha insegnato così.
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Mycroft Holmes , Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

I don’t want to miss you right now

 

 

La mamma è stupida. E’ un dato di fatto e Sherlock non può farci niente, e non capisce perché se la sia presa con lui. Anche le maestre se la prendono con lui. E i suoi compagni. E i bidelli. E le cuoche della mensa. Ci deve essere qualcosa che non funziona bene, in questa storia del dover essere sinceri e onesti e dire sempre la verità perché Gesù ha insegnato così. Sherlock non si interessa molto di catechismo, è una cosa inutile e non merita di occupare spazio nella sua mente, ma è abbastanza sicuro che Gesù non sia mai finito in punizione e che sua madre non gli abbia mai detto che era un bambino cattivo e pertanto quella sera sarebbe andato a letto senza cena, e appena suo padre fosse tornato da lavoro avrebbero visto di prendere provvedimenti seri per il suo comportamento, perché non si poteva andare avanti così. Ci sono anche ottime probabilità che Gesù non si sia mai attorcigliato tra le lenzuola piangendo nel proprio orsacchiotto, ma questa è un’altra storia.

Qualcuno bussa piano. Un colpo, un altro, poi due, tre e cinque. Vuol dire serie di Fibonacci, vuol dire Mycroft. Sherlock corre alla porta e si aggrappa alla sua camicia, e suo fratello gli accarezza i capelli e gli dice di calmarsi e di non fare rumore, lui non dovrebbe essere lì, ha promesso alla mamma che non sarebbe venuto. Sherlock annuisce, e Mycroft lo prende in braccio e gli asciuga le lacrime con un fazzoletto.

-Sherlock, tu sei intelligente, e so che lo sai. Abbastanza intelligente, mi auguro, da capire che ci sono cose che non si devono dire.-

-Anche se sono vere?-

-Proprio perché lo sono. E’ per questo che le persone si spaventano, perché tu capisci e loro no.-

-Non è colpa mia se sono stupidi e non vedono niente, è tutto lì, è davanti a loro e non lo vedono, e io vedo tutto e dicono che non va bene e che sono sbagliato, ma io non sono sbagliato, non sono strambo, sono loro che non funzionano nel modo giusto!-

Mycroft sospira e se lo stringe addosso, altre lacrime che gli bagnano la camicia. –Lo so che è difficile, ma a volte devi fermarti e spiegare piano tutti i passaggi, lasciare che gli altri ti possano seguire. Aspettare che ci arrivino anche loro, con i loro tempi. E poi ci sono volte in cui non devi dire niente e basta, come oggi. La mamma ha parlato con papà, Sherlock. E’ tanto arrabbiata. Vogliono mandarti in un collegio, parlano di trasferirti tra due, forse tre settimane, il tempo di ottenere i permessi e l’iscrizione.-

Sherlock alza lo sguardo e soffoca un singhiozzo nella sua spalla, e lo stringe più forte e farfuglia qualcosa tra le lacrime, dice che non vuole andare via, non vuole, può cambiare, sarà bravo, farà finta di essere come tutti gli altri e di non capire niente come tutti gli altri ma per favore, per favore, non vuole andare via. Per favore.

Mycroft gli accarezza piano la schiena con una mano, segue la spina dorsale, risale il collo e intreccia le dita ai suoi capelli. –Andrà tutto bene, Sherlock. Te lo prometto. Domani parlerò con la mamma e le spiegherò che ti dispiace tanto, che sai che è tutta colpa tua e non succederà più. Non dovrai trasferirti. Andrà tutto bene.-

Sherlock si calma lentamente tra le sue braccia, ma Mycroft non lo lascia. L’orsacchiotto, per la prima volta nella sua storia di orsacchiotto, quella notte dorme sul pavimento.

 

Quando Sherlock torna a casa da scuola la mamma sta urlando contro Mycroft. La mamma non urla mai contro Mycroft, lui è quello che può presentare alle cene, quello che serve il tè alle sue amiche, intelligente ma cortese, sarcastico ma di buone maniere. Non è per niente un buon segno.

Sherlock sale in camera di suo fratello di corsa, butta lo zaino dietro la porta e si nasconde nell’armadio aspettando i suoi passi sulle scale, il leggero scricchiolio del penultimo scalino. Ha paura, ed è strano perché non ha paura da quella volta in cui ha sognato di essere stupido e tutti quanti erano intelligenti e lui non riusciva a seguirli e non capiva niente. E’ stato anni fa, che è più o meno tutta una vita, quando di anni ne hai otto. Ma questo è diverso, questo è vero, e lui non se ne vuole andare. Non che gli importi della casa, o dei giocattoli, o della scuola, però ci sono cose che non è pronto a lasciare, non adesso, non ancora. I libri, per esempio. E il microscopio, i cappelli da pirata e le spade di legno, la sua stanza, l’armadio di suo fratello. Suo fratello.

Quando Mycroft entra Sherlock apre appena l’anta dell’armadio per vederlo attraverso le giacche e i pantaloni appesi, la distanza tra le grucce misurata con un righello che è ancora sulla scrivania. Ha un segno rosso sulla guancia e l’impronta dura delle dita della mamma sulla pelle, ma sorride e si china ad accarezzargli i capelli e dice che ci riproverà stasera, e domani, e andrà avanti per sempre e lui non dovrà andarsene mai. Sherlock non è sicuro, ma non ci vuole pensare, non vuole pensare a niente, vuole scomparire dentro suo fratello e non pensare mai, mai più, fino alla fine dei suoi giorni, fino alla fine del tempo.

-Mycroft? Giochiamo ai pirati?-

E Mycroft ha due verifiche, domani. E una relazione da consegnare. E un saggio. E poi ha un fratello, aggrappato alle sue gambe, che ha bisogno di lui. –Vai a prendere le spade di legno, io penso ai cappelli.-

 

La mamma sale nella sua camera dopo la cena. Sherlock ha mangiato in cucina, con la governante, perché è un bambino cattivo e i bambini cattivi non meritano di sedere a tavola con il resto della famiglia. A quanto pare non meritano nemmeno la pasta al forno e l’arrosto di vitello, e devono mandare giù il loro piatto di broccoli fino alla fine, chiudendo gli occhi ad ogni boccone. Attraverso la porta ha sentito Mycroft parlare e papà rispondere qualcosa, poi la mamma ha urlato contro papà e papà ha urlato contro la mamma. Un bicchiere deve essersi rotto, ma se Sherlock chiedesse perché sarebbero tutti pronti a giurare che è stato un incidente, davvero, soltanto una distrazione. Funziona così, a casa loro.

E poi la mamma sale, e Sherlock sa che è una cosa importante. Prende in braccio l’orsacchiotto e lo stringe un po’ più forte ad ogni scalino. Mycroft gli ha detto che sarebbe successo, e gli ha fatto promettere che sarebbe stato bravo e avrebbe chiesto scusa e no, non si sarebbe lamentato della sua stupidità, no, non avrebbe lanciato cose contro il muro come fa quando è arrabbiato, no. Neanche per idea.

Quando la mamma apre la porta Sherlock è sulla sedia della scrivania, attorcigliato in un nodo strettissimo. La guarda dal basso e aspetta, secondi che sono anni che sono un battito di ciglia.

-Puoi restare, a quanto pare. Ringrazia tuo fratello e prega che tuo padre continui a credere a lui più che a me.- Respira dal naso, sibilando piano. Si guarda intorno, ma Mycroft ha messo in ordine la stanza e non riesce a trovare un motivo per arrabbiarsi. Si arrabbia lo stesso e urla per un po’, ma Sherlock si morde le guance per non rispondere e pensa che non se ne deve andare, può rimanere qui e continuare i suoi esperimenti e farsi accompagnare a scuola e giocare ai pirati. E va tutto bene.

 

Sono le quattro di mattina quando Sherlock entra nella camera di suo fratello. Mycroft ha finito adesso di scrivere la relazione e il saggio e ha davvero, davvero bisogno di dormire un paio d’ore prima delle verifiche di domani, però si gira tra le lenzuola e cerca di metterlo a fuoco attraverso il buio e il sonno sulle sue palpebre.

Sherlock si arrampica sotto il piumone e gli si stringe addosso. Dice grazie, grazie, grazie. Dice ti voglio bene. Mycroft mette in bocca ogni parola e la succhia piano come una caramella, perché sa che non succederà mai più. E poi si addormenta e c’è il sorriso di Sherlock, premuto contro il suo collo, ed è qualcosa che non è pronto a lasciar andare. Non adesso, non ancora.

 

 

 

 

Angolino

Essendo io una persona cattiva che campa sul lavoro altrui, sappiate che l’idea di scrivere di Sherlock e Mycroft da piccoli non è propriamente tutta mia, ma mi è venuta dopo aver letto frotte di fic di Mikaeru (fic che sono la meravigliosità e che trovate qui - http://thefeel-again.livejournal.com/). E ora che ho fatto il mio bravo lavoro di spammer compulsiva posso anche andarmene, sì xD

 

   
 
Leggi le 6 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Sherlock (BBC) / Vai alla pagina dell'autore: Stars_Daughter