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Autore: Gringoire97    27/04/2012    1 recensioni
E se Quasimodo non fosse così buono? E se Frollo mentisse per espiare le sue colpe? Una versione alternativa del famoso romanzo di Hugo che tenta di unire il serio al divertente con uno strano matrimonio...
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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6° capitolo

Addio e Accettazione

 

 

Ebbene sì, il poeta Gringoire era diventato padre. Il suo piccolo figliolo era allegro e giocoso come lui, lo sguardo vispo sfrecciava come una saetta durante un temporale ovunque, curioso come un neonato normale. Sì, perchè Yeshol, così Gringoire l'aveva chiamato, era un piccolo centauro. Scorrazzava libero per i prati, portando sorrisi sulle labbra di tutti, persino Frollo ora sorrideva. Il piccino, amato e amante di tutti, giocava libero per il prato e a turno qualcuno lo controllava e lo istruiva. Era ormai passato qualche mese e, sviluppata la crescita rapida come quella degli animali, già era in grado di dire qualche parola. Inutile dire quanto Gringoire fosse felice di quel suo piccolo tesoro, più prezioso di qualunque diamante. Non ragionava quasi più tanto le sue attenzioni e protezioni erano incentrate sul piccolo Yeshol. Intanto, nella casa divenuta allegra e animata da tutti questi eventi, si sentiva qualche strano rumore sino a quando un giorno la colazione fu interrotta da un boato più forte. Senza nemmeno pensare Gringoire prese con sé Yeshol e seguì Frollo, lo lasciò nella sua piccola stanzetta e continuò a seguire il vecchio arcidiacono fino ad irrompere nella cella di Quasimodo. Frollo si guardò intorno scrutando ogni angolo più recondito pur di trovare l'ombra di quell'essere deforme che aveva cresciuto. Gringoire si affacciò sopra la spalla del suo maestro e si ritrasse come terrorizzato. Il suo volto era bianco, sembrava un vampiro tanto che avrebbe potuto essere impiccato se visto dalle autorità nel tempo delle streghe. La visione che offriva l'interno dell'angusta stanzatta era molto particolare. Le robuste catene di ferro, alle quali Quasimodo era stato legato erano rotte, su di esse i segni della forza innata dell'essere mostruoso che le aveva rotte. Rimasero impalati, pietrificati dal terrore e dall'effetto di un evento imprevisto, poi ripresisi corsero fuori alla ricerca dell'evaso. Si divisero di nuovo, questa volta però le speranze di ritrovare l'uomo sparito erano minime.

 

Quella mattina Quasimodo aveva preso una decisione. Era l'alba e tutti ancora erano nel dormiveglia che precede normalmente il risveglio. Egli era stanco di reprimere i suoi istinti e non vedeva alcuna via di fuga dalla sua situazione. Era stanco di essere trattato come un animale e di non essere amato per l'ennisima volta. Era stanco della sua vita. Si riscosse dalla posizione che caratterizzava la sua prigionia, quella fetale, come alla ricerca dell'amore materno dei primissimi mesi di vita. La sua persona urlava. Tutto dentro di sé rappresentava un urlo silenzioso. Stentava ad uscire perchè ciò che stava per fare doveva essere segreto. Trovò un modo differente di riscattarsi dalla sua triste condizione. Si alzò, recuperò la forza che aveva dimenticato di avere e che lo caratterizzava e spezzò le catene che si erano arruginite dall'ultima volta che erano state usate. È necessario raccontare ora, con un piccolo regresso storico, la storia di quelle catene. Quella rocca nella quale è ambientata questa strana storia era la vecchia abitazione di Frollo e della sua famiglia. Quest'ultima era ricca e i domestici che adornavano di divise e di ordini eseguite le pareti di quella casa già piuttosto adornata erano un numero infinito. Ora, Frollo era divenuto prete solo per contrapposizione al padre, infatti questo era un libertino e chiunque passasse sotto il suo tetto, qualunque essere femminile senza disdegnare anche qualche giovane essere maschile, non poteva sfuggire al suo possedimento. In ogni caso, il padre di Frollo, Marius, era troppo occupato con le sue esperienze sessuali per occuparsi dei figli e quindi, proprio in quei momenti il piccolo Claude Frollo decise che la sua vita sarebbe stata casta e di rendenzione per salvare il padre dall'inferno. Accadeva, a volte, che un seme potesse germogliare nel ventre di una delle tante domestiche che passavano per le sue viscide mani, ed allora queste scomparivano. Claude per tanto tempo si chiese dove finissero sino a quando non lo scoprì. Era una lugubre nottata e le orecchie feline del piccolo Claude sentirono un urlo troppo mal represso per passare inosservato. Si alzò, spaventato, dalla sua branda e si diresse titubante verso il luogo dal quale continuavano a prevenire sempre più forte delle grida. Giunse sino ad una forta piccola ed alta. A malapena poteva passarci una persona piccola e scarna. La socchiuse, in quanto non era chiusa a chiave, e si affacciò. L'interno era caotico e la confusione era creata da troppe persone chiuse in uno spazio troppo angusto e stretto per contenerle. Sporse ancora un pochino la testa e notò che c'erano quattro persone fra cui suo padre. Entrò e, non notato nella tanto confusione, si accucciò accanto ad un comodino. Suo padre era intento a chiudere la bocca ad una cameriera che qualche tempo prima era scomparsa. Aveva un cuscino nell'altra e la soffocava. A d un tratto gli urli cessarono e parve che quella donna che sembrava a Claude rigonfia sul ventre si svuotasse, si girò verso un'altra figura e vide che teneva in braccio un piccolo bambino tutto insanguinato. Intanto, tornando a fissare il suo sguardo sul padre, vide che continuava a premere il cuscino sulla bocca della donna sino a quando non giacque inerme e scivolò sul pavimento. Fu così che, con la sua intelligenza già brillante, Claude scoprì lo strano evento di una nuova vita e di una che se ne va. Tornò con lo sguardo verso la donna che teneva su di sé il bambino giusto in tempo per vederla fuggire, poco gli importava di quella creatura, pensava egoisticamente a suo padre. Poi vide che Marius prendeva in braccio la cameriera e allora capì cosa accadeva a quelle cameriere che scomparivano. Marius appena scoperta la gravidanza di una di esse provava l'impellente bisogno di ucciderle ma aspettava la nascita del bambino. Le legava nella angusta stanzetta riservata a Quasimodo con quelle stesse catene. Marius uscì, sulle orme della cameriera di poco prima e scomparve, allora Claude furtivo uscì dal suo rifugio e lo seguì. Giunse, come un detective con anni di esperienza, sino ad una piccola oasi splendente. Lì era come se ci fosse il paradiso, tante piccole baracche che emanavano vagiti. La cameriera entrò in una di quelle con il bambino e ne uscì senza. Poi, d'un tratto, vide il padre gettare nel laghetto antistante le baracche il corpo senza vita della domestica che, volente o nolente, un tempo aveva amato a modo suo. Da quel giorno in poi, curioso come non mai, Claude vide ogni singola uccisione e ogni singola nascita ad opera del padre, standogli sempre più lontano durante il giorno e scoprendo sempre più sulla sua vita, più di quanto non gli fosse mai stato raccontato. Quella stanza, per Frollo, rappresentò sempre un punto cruciale. Mai nessuno ci avrebbe rinchiuso se non qualcuno che avesse peccato gravemente. Quel qualcuno fu Quasimodo che però, innocente creatura messa troppo alla prova da Dio, si liberò. Scappò con l'agilità silenziosa di una tigre e quindi con passo felpato giù per le scale a chiocciola della casa, evitando i gradini che potevano produrre rumore grazie ad una conoscenza approfondita di quella casa maturata negli ultimi tempi. Uscì fuori e senza sapere dove andare, giunse, come per miracolo in quel luogo dove tante vite avevano trascorso la loro infanzia fra braccia sconosciute che chiamavano madri e a pochi passi dalle loro madri naturali, sepolte sotto l'acqua del lago. Quasimodo giunse quindi in quel luogo nel quale venivano allevati i figli bastardi del padre di Frollo. Infatti egli salvava solo alcune delle cameriere, quelle da lui preferite e gli affidava la cura dei suoi figli andando saltuariamente a vedere se mai ci fosse stato qualche problema. Quasimodo trovò la pace interiore, probabilmente qualche rimasuglio di un'aria di amore incondizionato e puro e di pena che emanava ancora dalle baracche distrutte. Si diresse lentamente, mentre il sole sorgeva verso la riva del lago e poi si getto in esso, raggiungendo le mille anime che giacevano lì, lontane ma vicine ai figli, unica consolazione concessagli dal loro malefico padrone. Quasimodo in quel luogo trasudante amore e pena e sofferenza trovò la pace di un innocente che si può paragonare a quelli madri. Esse persero il figlio materiale, Quasimodo quello immaginario: l'innocenza e la castità ma anche la ragione. La sua fine fu accolta da un panorama degno di un eroe che conclude la sua vita, con il sole all'orizzonte che faceva brillare, riflettendoli, i suoi raggi sul lago, un addio degno di colui che effettivamente fu un eroe, affrontando tutte le prove sottopostegli da Dio.

 

Yeshol, sereno, dormiva da solo nella sua stanza quando avvertì la tensione nell'aria e si svegliò di soprassalto.

-Pa-pà- Chiamava piano. Non ottenne nessuna risposta ed allora si alzò incerto sulle sue piccole zampette. Raggiunse la stanza della sua “zietta”, così chiamava Esmeralda e quando lei lo accolse cercando di sembrare disinvolta per non preoccuparlo lui le chiese:

-Pa-pà?- Con incertezza e qualche piccola lacrima che cominciava a scendere sul suo grazioso visino infantile, con i grandi occhi verdi-castani.

-Torna presto, Yeshol, torna a dormire.- Lo accompagnò di nuovo nella sua stanzetta e gli cantò, con la sua voce cristallina, una dolce ninnananna che fece riprendere sonno facilmente e come un piccolo angelo al centauro.

Gringoire, infatti, non era in casa, era andato con Frollo alla ricerca di Quasimodo, verso le montagne alla fine del bosco. Claude invece si diresse verso luoghi che gli ricordavano la sua infanzia sino a quando, guidato da una stella cometa invisibile, giunse anche lui in quella baraccopoli amorosa. Si guardò intorno, rivide la sua infanzia, suo padre e la sua contrapposizione a lui, poi guardò il lago e mentre si inginocchiava per rivolgere una parola a tutte quelle anime, vide quella di Quasimodo che cadeva a peso morto verso il fondo del lago. Rivolse anche a lui un ultimo saluto, benedicendolo e chiedendogli scusa per ciò che aveva causato. Un addio silenzioso si levò al cielo e giunse sino alle orecchie di Dio, Frollo rimase a meditare e pregare lì ancora per un po' poi chiamò a gran voce Gringoire e dopo qualche minuti si ricompose per accogliere un poeta preoccupato. Questo gli spettava, questo era ciò che Dio voleva, lui, Claude Frollo, era pronto ad accettarlo e soprattutto ad accettare finalmente la figura di suo padre, che non avrebbe mai perdonato, ed il suo passato che lo perseguitavano da quella sua scoperta. Ora era pronto, avrebbe affrontato tutto quello che c'era da affrontare, senza paura. 

  
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