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Autore: TooLateForU    06/05/2012    42 recensioni
'Quando ti vedo mi viene voglia di gettarmi dalla finestra.'
'Non frenare le tue voglie, Malik.'
Il talebano pronto a farci saltare tutti in aria – meglio conosciuto come Zayn Malik - era il capitano di pallanuoto più stronzo che la Lincoln High School di Londra avesse mai conosciuto. Oltre questo era anche fastidioso, insulso, patetico e più stupido di un Lama.
Genere: Comico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti, Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Eccoci, ragazze. Questo è il penultimo capitolo, poi ci sarà l’epilogo e poi avremo chiuso..
Non voglio pensarci D: Già mi mancate. Prima rileggevo TUTTE le vostre recensioni e non posso pensare che tra pochissimo dovrò cliccare il tasto ‘completa’ per questa fan fiction, e non ci saranno più gli aggiornamenti, nè le minacce di morte per postare in fretta..
Ma posticipiamo il momento di depressione assoluta al prossimo capitolo. Per ora godetevi questo :)
Vi amo.

 
 
 
 
                          
“Capisci? Mi ha detto ‘vuoi venire a casa mia? I miei non ci saranno’ Ma che cazzo, ti conosco da due ore e già vuoi portarmi a letto? Controllati, Dio!” esclamò stridula Jude, sbattendo un pugno sul tavolo e facendo traballare l’aranciata nel mio bicchiere.
Io diedi un altro morso al cornetto con la panna che stavo mangiando, e annuii comprensiva. Carol invece era totalmente concentrata sul suo Frappuccino al caramello, tanto da non preoccuparsi di far finta di ascoltare.
Jude parve accorgersi della nostra disattenzione, e fece una smorfia offesa “Mi state ascoltando, almeno?” continuò, scocciata.
“Ma cerfto che sfi!” assicurai, a bocca piena. Carol finalmente alzò gli occhi dal suo bicchiere, in tempo per annuire vigorosamente facendo ballare tutti i suoi lunghi capelli rosso fuoco.
Jude sbuffò, poco convinta, prima di dare un morso brusco al suo macaroon rosa.
“Bhè, in sostanza gli ho detto di andarsi a fare un giro.” Concluse, con un’alzata di spalle.
“Hai fatto bene! Ma di chi stiamo parlando?”
“Sveglia Carol, parliamo del tipo che l’ha abbordata al Pacha!”
La finta rossa si strozzò con il frappuccino, e prese a sputacchiarlo su tutto il tavolo. Diede qualche colpo di tosse, prima di posare con forza il bicchiere.
“Siete andate al Pacha e non mi avete invitata?! Siete delle migliori amiche di schifo!” si lamentò, assumendo la voce di una bambina di cinque anni.
“Guarda che era una festa privata, non potevi mica imbucarti come al solito!” le fece notare Jude, prima di aggiustarsi qualche ciuffo biondo che sfuggiva dalla coda.
“Bhè, fate comunque schifo.”
“E tu puzzi di prosciutto cotto.” Replicai. Carol mi fece la linguaccia, prima di afferrare di nuovo la bevanda ed attaccarsi alla cannuccia.
“Liz, Liz, guarda là!” mormorò d’un tratto Jude, fissando un punto oltre le mie spalle. Io mi girai lentamente, e strabuzzai gli occhi alla vista del ragazzo che si avvicinava.
“HORAN?” gridai, sorpresa. Un paio di persone si girarono nella mia direzione, ma non ci feci caso. Niall continuava ad avvicinarsi al nostro tavolo, con le mani nei jeans e un’espressione terribilmente nervosa sul viso.
Quando ci fu davanti non degnò di uno sguardo le mie amiche, e si concentrò su di me. Gli occhi azzurri solitamente freddi stavolta tradivano un accenno di impazienza, e il continuo muoversi della sua gamba destra era un chiaro segno di nervosismo.
Wow, dovrei lavorare a CSI, o una cosa del genere.
“Devo parlarti.” Mi disse, velocemente. Io lanciai un’occhiata a Jude, che annuì impercettibilmente, e poi mi voltai in silenzio verso di lui per intimarlo a parlare.
“Fuori.” Precisò. Io sbuffai, prima di afferrare la mia tracolla nera ed alzarmi.
“Ci vediamo dopo ragazze.” Salutai le mie amiche, prima di seguire Horan che si avviava frettoloso verso l’uscita.
Uscimmo dal bar, e ci posizionammo proprio sotto l’enorme scritta verde ‘Starbucks’.
“Allora, che vuoi?” domandai, secca. Lui si schiarì la gola, togliendo le mani dai jeans e ficcandole nella tasca della felpa bianca.
Santo Dio, datti pace Horan!
“Mi dispiace, okay? Non dovevo scappare. Non dovevo andarmene.” Rispose, con convinzione.
“E invece l’hai fatto.”
“Senti, cosa avresti fatto se una tipa mai vista prima ti avesse portato a casa sua dicendoti ‘Ehi, lo sai che hai un figlio?”
“Non sarei scappata dalle scale, per esempio.” Replicai, acida. Lui puntò i suoi occhi azzurri nei miei, in silenzio. Evidentemente non sapeva cosa dire.
Bhè, se aveva intenzione di farmi pena non ci stava riuscendo.
“Stammi a sentire, Horan, sono passate tre settimane da quel giorno e nel frattempo mia cugina, incazzata nera con me, è tornata a casa sua e si è portata dietro vostro figlio. Forse dovevi svegliarti prima.” Dissi, dura.
Sul viso di Niall si stampò un’espressione confusa, spaurita e sorpresa nello stesso momento. Avete presente quando un turista tedesco vi chiede informazioni e voi rispondete nella vostra lingua? Ecco, la sua faccia era come quella di un turista tedesco che non vi capisce.
“Frena frena, quella ragazza era..tua cugina?” domandò, incerto.
“Sì Holmes, proprio così.”
“E..che vuol dire che è tornata a casa sua? Dov’è adesso?” continuò, agitato.
Io ruotai gli occhi al cielo, spazientita “Senti, fai prima a dirmi perché sei venuto a parlarmi invece di andare avanti con le ovvietà.” Gli suggerii.
“Voglio parlarle, alla ragazza intendo, e voglio vedere mio..figlio.” concluse, quasi bisbigliando.
In quel momento mi fece una tenerezza incredibile. Non che d’un tratto Niall Horan fosse diventato un santo, ma con quell’aria nervosa, quello sguardo agitato e tutta quella goffaggine mi fecero tenerezza.
Sospirai, passandomi una mano tra i capelli “Abita a Manchester, con Jesse e sua madre.” gli rivelai.
Niall sbarrò gli occhi “Manchester?” ripetè, strozzato, ed io annuii in silenzio.
Ci fu qualche attimo di silenzio, nel quale lo sentii fare un sospiro stanco e passarsi una mano tra i capelli biondi. Poi si sedette sul marciapiede, affondando la testa tra le mani ed avvicinando le ginocchia al petto.
In silenzio mi sedetti vicina a lui, e gli posai un braccio sulle spalle. Mi sentivo molto mamma chioccia con i pulcini.
“Hai paura?” gli chiesi, piano. Lui annuì.
“Anche lei ha avuto paura, sai? Io c’ero quando è uscita dal bagno della scuola con il test positivo in mano, c’ero quando è scoppiata a piangere dicendolo ai suoi, c’ero quando suo padre l’ha cacciata di casa e c’ero quando ha detto al dottore ‘voglio continuare la gravidanza’. Anche lei ha avuto paura.” Ripetei.
“Io invece non c’ero. Non ho visto niente, non sapevo niente. Non l’ho aiutata quando probabilmente aveva le nausee, non c’ero alle ecografie, non c’ero il giorno del parto, al primo compleanno del bambino..Non c’entro niente con loro.” Replicò Niall, in un soffio.
“Certo che c’entri con loro, Horan. Jesse è anche tuo figlio, Madeline è la ragazza che l’ha messo al mondo. Siete i suoi genitori.”
“Non vorrà più vedermi.”
“Forse.”
“Mi prenderà a schiaffi.”
“Probabile.”
Puntò il suo sguardo nel mio, mortalmente serio “Dammi un buon motivo per cui dovrei farmi 450 chilometri in un pomeriggio e correre da loro.” Chiese.
“Perché lei vorrebbe che tu lo facessi. Anche se non lo direbbe mai. E perché tuo figlio si merita un padre, nonostante tu sia un cazzone.” Risposi.
Horan fece un respiro profondo, poi piegò le labbra in un leggero sorriso “Hai detto che si chiama Jesse?”
“Proprio così. E lei si chiama Madeline.”
“Madeline..” ripetè lui, come se dirlo potesse aiutarlo a ricordare. “Non ricordo neanche quella notte.” Continuò, amareggiato.
“Ho un sacco di foto a casa del Ballo. Lei non lo sa, ma le conservo tutte.”
Niall mi rivolse un sorriso divertito, e non potei fare a meno di pensare che per lo meno Jesse aveva ereditato i suoi begli occhi e la sua pelle levigata.
D’un tratto aprii la mia borsa, e frugai velocemente all’interno. Afferrai la penna blu, e presi un suo braccio, tirando su la manica della felpa.
“Ehi, che stai facend..” si oppose, ma io tenni saldo il braccio finendo di scrivere.
“Brancaster Road 115, interno B, sesto piano, Madeline Smith.” Lessi ad alta voce, riponendo la penna nella borsa, e alzandomi.
Niall guardò stupito il suo braccio sinistro, poi guardò me “Dici sul serio?”
“Metti le cose a posto, Horan.” Risposi soltanto, prima di voltargli le spalle e camminare via.
Che uscita ad effetto.
 
Accoccolata tra le braccia di Zayn disegnavo piccoli cerchi sulla sua maglietta viola, mentre lui mi accarezzava lentamente i capelli.
“Ho mai detto che adoro il fatto che la tua famiglia sia sempre fuori casa?” gli chiesi, con un sorriso.
Lui fece finta di pensarci un attimo, increspando le labbra “Bah, forse due o trecento volte..” rispose.
“E’ così che tutti i genitori dovrebbero fare! Lasciare la casa libera ai loro figli.”
“Se i tuoi lo facessero con te finirebbero con tre camion dei pompieri e un’ambulanza davanti al vialetto!”
Gli feci una linguaccia, a cui rispose con un lungo bacio sulla guancia. “Mmm, devo dirti una cosa..” cominciò poi, abbassando la voce.
Io sbarrai gli occhi, gelando sul posto. Gli rivolsi un’occhiata terrorizzata, e dovevo essere davvero buffa perché scoppiò a ridere.
“Dio mio Liz, non sto per dirti che ho l’AIDS, calmati!” esclamò, divertito.
“Di solito quando si inizia con ‘devo dirti una cosa’ non è mai un qualcosa di buono.” Ragionai. “E’ una cosa brutta o bella?”
Zayn socchiuse gli occhi, come a ragionarci su, ma senza smettere di giocherellare con i miei ricci “Mmm, dipende da come vedi la cosa..” rispose, vago.
“Dimmela e basta!” lo incitai, nervosa.
“Di là ho una camomilla se vuoi..”
“Sto per picchiarti selvaggiamente.”
“Okay, okay!” si arrese lui, alzando le mani in alto “Stasera sei invitata a cena da me.” mi rivelò, finalmente.
Io alzai un sopracciglio “Tutto qui?” chiesi, scettica.
“Bhè, sei invitata a cena da me con la presenza di mio padre, mia madre e le mie tre sorell..”
“Oddio no, NO!” gridai, sgusciando via dalle sue braccia e alzandomi dal divano.
“Dannazione Zayn, mi vuoi presente ai tuoi e me lo dici..UN’ORA PRIMA?” continuai ad urlare, gesticolando.
Era pazzesco! Malik era andato fuori controllo!
“Non farne una tragedia, Liz! Sono solo i miei. Ti assicuro che non sono niente di speciale.” Disse, rimanendo sdraiato sul divano.
“Bhè, ma ti pare il caso che io mi presenti vestita come una barbona in casa loro, con questo trucco praticamente inesistente e questo cespuglio in testa?” insistetti, indicando disperata i miei capelli.
Zayn mi squadrò, e un sorriso divertito si dipinse sulle sue labbra carnose. Poi si alzò lentamente dal divano, fino ad essermi davanti.
“Ai miei non fregherà niente di come sarai vestita, vorranno solo conoscere te, la tua famiglia, i tuoi voti, la tua fedina penale..”
“E smettila!”
Lui rise, prima di stringermi in un abbraccio che avrebbe dovuto rilassarmi “Sto scherzando. Stai tranquilla Liz, andrai alla grande.” Cercò di convincermi, accarezzandomi incoraggiante la schiena.
“Dici?” borbottai, poco convinta.
“Certo che sì! Sei un po’ una squilibrata, ma per qualche ora potresti anche riuscire a nasconderlo.”
Gli diedi uno schiaffo su un braccio, come al solito, ma lui prese il mio viso tra le mani e mi baciò delicatamente.
“Ti amo, Liz.” Mormorò sulle mie labbra, ed io non mi sentii mai così bene.
 
 
“Hai visto? Non è stato così disastroso.” Mi disse soddisfatto Zayn, posizionandosi sul sedile del guidatore ed ingranando la marcia.
“Eccetto quando ho detto a tua madre che il pollo era buonissimo e lei mi ha risposto che era del tacchino.” Gli feci notare, facendolo ridere.
“Bhè, in effetti quello è stato imbarazzante..”
“O quando ho detto a tua sorella che liceo frequentava e lei mi ha risposto che andava all’università. O quando mi sono rovesciata il succo di mela sulle gambe. O ancora quando mi sono strozzata con il curry..”
“Okay, okay è stata una successione di eventi imbarazzanti ma sai cosa? I miei ti hanno adorata, ed anche le mie sorelle.” Mi interruppe, lanciandomi uno sguardo penetrante.
A quelle parole sorrisi involontariamente “Dici sul serio o tanto per dire?” mi accertai.
“Sono serissimo.” Mi assicurò.
Stavo per ribattere, quando una vibrazione nella tasca dei jeans mi avvertì che mi era arrivato un messaggio. Afferrai il cellulare, e notai che proveniva da un numero sconosciuto.
Aprii il messaggio, confusa:
 
‘Grazie Liz. M. S.’
 
Il sorriso sulle mie labbra si allargò, mentre riconoscevo quella sigla.
“Chi è?” domandò Zayn, vedendomi sorridere come un ebete.
“Sono riuscita a combinare qualcosa di buono! Ci sono voluti sedici anni, ma ci sono riuscita!” Gli risposi, guardandolo emozionata.
Lui distolse un attimo lo sguardo dalla strada, e mi rivolse un’occhiata dolce.
“Sei la giusta dose di rock che ci vuole in ogni iPod, Liz.”
Restai in silenzio, cercando di pensare ad una risposta sensata, articolata, geniale, ad effetto. Qualcosa che lo spiazzasse.
E quindi dissi: “Eh?”
Malik alzò gli occhi al cielo “Santo Dio, a volte mi sembra di parlare con un criceto addormentato, non con una ragazza!” si lamentò.
“Senti, se non ti vado bene impacchetta le tue cose e torna in Afghanistan!”
“Vengo dal Pakistan!”
“Ed io che ho detto? Tanto è sempre Africa!”
Zayn scoppiò a ridere, ed io lo seguii a ruota, incapace di trattenermi.
In quel momento capii che non c’era niente di più perfetto di me e lui al buio nell’abitacolo della sua Jaguar nera, e che non avrei voluto essere da nessun’altra parte senza il mio Zayn Jawacoso Malik.

 
 
 
 
 
 
 
 
   
 
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