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Autore: Sallivergron    06/05/2012    1 recensioni
Will Schuester si svegliò, erano le 7.30 del mattino. Guardò al suo fianco e sorrise guardando sua moglie. Aveva tutto quello che un uomo poteva desiderare, una bella casa, il portafogli bello pieno, due figli piccoli e un lavoro che adorava. Ignaro dell'incontro che avrebbe fatto quel giorno si diresse al liceo William McKinley di Lima Heights, un quartiere malfamato di Lima, Ohio.
Volevo avvisare i lettori che Kurt in questa FF non è gay, anzi, è il capobranco e al McKinley è uno dei più rispettati. Artie non è sulla sedia a rotelle.
Genere: Generale, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Noah Puckerman/Puck, Quinn Fabray, Santana Lopez, Un po' tutti | Coppie: Finn/Rachel
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Santana Lopez stava tornando a casa dopo scuola con Mercedes Jones. Superarono il ponte, costeggiarono la strada principale e girarono per una via secondaria che gli permetteva di abbreviare il percorso sino a casa. 
-Ci vediamo domani- disse Mercedes dando un bacio sulla guancia all'amica e aprendo un cancelletto arrugginito di una casetta circondata da un incolto giardino. L'altra ragazza aspettò che l'amica entrasse in casa, dopodiché continuò il suo percorso. Decise di provare una nuova scorciatoia, attraversare il campo da basket. Sapeva che quello che stava facendo era pericoloso, dato che non appena il sole tramontava, in quel posto si incontravano  molti spacciatori e drogati. Affrettò il passo cercando di non attirare l'attenzione su di se, ma fu inutile, un ragazzo la notò. 
-Ehi tesoro che ci fai tutta sola?- chiese avvicinandosi a lei e accarezzandole il viso. La mora spaventata cercò di allontanarsi, ma questi la trattene attirandola a se. La latina cercò di divincolarsi inutilmente.
-Lasciami stare, ti prego!- cominciò ad implorarlo. Questi rise, la sua era una risata malvagia. 
-Ti prego!- continuava a ripertere la ragazza ormai in lacrime. Il ragazzo tentava di baciarla e le palpava il sedere.
-Zitta, so che ti piace!- esclamava. 
-Lasciami! Aiuto! Aiuto!- gridava a squarciagola Santana. 
-Sta zitta troia!- la rimproverò il ragazzo dandole un violento schiaffo sul viso.
Kurt Hummel e Finn Hudson scappando dal luogo in cui avevano distrutto l'auto della preside, si trovarono proprio vicino alla povera ragazza. Udendo le urla, Hummel riconobbe la voce della sua compagna di scuola e corse a vedere cosa stesse succedendo. Non appena si rese conto di quello che il ragazzo stava facendo alla latina andò da loro e sferrò un potente pugno sul volto dell'aggressore. Questi lasciò cadere la ragazza e guardò male il latticino. 
-Sei impazzito? Che cazzo vuoi?- chiese.
-Non hai sentito che ti ha detto? La devi lasciare stare- affermò Kurt.
-Io non lascio stare proprio nessuno, faccio ciò che mi pare hai capito idiota?- continuò il ragazzo. 
-Te lo dico un'unica volta. Sta lontano da lei o sono guai per te!- esclamò Hummel.
-Ah si eh? Guai per me? Che mi fai?-
-Sta a guardare! Finn prendi Santana!- esclamò. Hudson andò incontro alla ragazza e le chiese se stesse bene, dopodiché la abbracciò e la strinse a se mentre Kurt si toglieva il giubbotto di pelle nera. Lo gettò con violenza a terra. D'un tratto questi cominciò a prendere a pugni l'aggressore, quest'ultimo non riusciva a rispondere agli attacchi del latticino, infatti, qualche minuto dopo giaceva privo di sensi sull'asfalto grigio e freddo dolorante. Kurt si avvicinò alla sua compagna, ormai salva tra le possenti braccia di Finn.
-Grazie, non oso immaginare cosa sarebbe potuto successo se non foste arrivati voi, se non fossi arrivato tu!- affermò la ragazza guardando Hummel. 
-Grazie? E di cosa? Ho fatto solo quel che mi sembrava giusto- esclamò il ragazzo dai tratti delicati.
-Come posso sdebitarmi con te?- chiese Santana sorridendogli.
-Vieni al Bel Grissino con me sabato sera, che ne dici?- propose Kurt.
-Dico che è perfetto, ci vediamo sabato allora- detto questo Santana tentò di andar via.
-Non penserai che dopo quello che è successo io ti lasci andare a casa da sola?- domandò sempre lo stesso. -Ti accompagnamo io e Finn!- 
Hummel fu di parola. Accompagnò la mora a casa. Aspetto che questi fosse entrata e solo dopo lui e Hudson poterono tornare a casa. 
 
Nel frattempo Rachel Berry, Tina Choen-Chang e Quinn Fabray erano dirette a casa. A loro non piaceva camminare, prendevano infatti, sempre lo pullman, il pullman numero tredici. Quel mezzo era davvero un catorcio. Il colore era sbiadito, mancavano alcuni sedili e solo lì potevi assistere alle cose più strane. Come al solito erano sedute e parlavano tra di loro. 
-Avete visto quel tipo che è venuto oggi?- chiese Tina.
-Si, ma chi si credeva di essere? Sono William Schuester e sono un riccone sfondato, voi non lo sarete mai. Io sono uno che è riuscito a diventare qualcuno- esclamò Quinn igrossando la voce, cercando di imitare l'uomo. Le altre due risero. 
-Già, la Sylvester non capisce che testimonianze del genere non fanno altro che farci capire che non diventeremo mai nulla, che resteremo sempre dei poveracci- esclamò Rachel. 
-Va bé non pensiamoci! Che avete intenzione di fare stasera?- chiese Choen-Chang cercando di cambiare discorso.
-Sono già le 17.30, arriveremo a casa sicuramente per le 18.00 data la lentezza del pullman, devo ancora studiare per recuperare i 2 presi con quella vipera di italiano quindi, credo che rimarrò a casa- rispose Berry.
-E tu Quinn?- chiese sempre l'asiatica.
-Non lo so, però una cosa è certa, non ho intenzione di studiare- disse sorridendo alle ragazze. 
-Bene, allora che ne dici se ci andiamo a fare una pizza?- domandò Tina.
-Si, perché no, potremmo invitare anche le altre, che ne dici Rach?- chiese Fabray
-Vorrei tanto ragazze ma non posso, i miei mi uccidono se scoprono i miei voti- rispose triste la nasona.
-Uffa tu e questi cazzo di voti, vai al McKinley, la scuola non serve a un cazzo, sopratutto a noi poveri sfigati di un quartiere malfamato di Lima, chi pensi che ci prenda mai a lavorare? Non diventeremo mai nessuno!- esclamò la bionda.
-Lo so, ma li conosci i miei papà- ribatté Rachel.
-Ok, va bene. Tina chiama Santana!- ordinò Quinn. L'amica fece come le era stato detto. Prese il telefono e compose il numero della latina. Nel frattempo la biondina chiamava Brittany. Qualche minuto dopo le due amiche chiusero contemporaneamente il telefono e si guardarono. 
-Allora?- chiese Fabray.
-Santana viene anche se è un po' scossa e ha detto che ci deve raccontare una cosa- disse Tina. -Invece Brittany?- domandò.
-Brittany non viene, hanno sparato ad Artie ed ora è in ospedale con lui, dice di non volerlo lasciare solo- 
-Ok, hai chiamato Mercedes?- chiese Choen-Chang.
-No, la chiamo adesso- affermò Quinn, dopodiché chiamò la ragazza che le diede la disponibilità per la serata. 
-Sono arrivata, ci vediamo domani!- esclamò Rachel alzandosi e aspettando che le porte si aprissero. 
Una volta scesa, la Berry attraversò la strada e salì sul marciapiedi. Camminò per qualche metro e finalmente raggiunse casa sua. Prese le chiavi dalla sua borsa e le infilò nella serratura. Dopo essere entrata passò dalla cucina e trovò i suoi genitori. Uno era seduto in lacrime e l'altro era in piedi appoggiato ad un mobile. 
-Che cosa è successo?- chiese la ragazza guardando spaventata suoi papà.
-Cos'è successo? Hai anche il coraggio di chiederci cos'è successo? Qualche giorno fa ci hanno chiamato da scuola, ci hanno convocati. Secondo loro ti stavi lasciando andare. Oggi siamo andati al colloquio e tutti i professori si sono lamentati di te. Rachel non ti riconosciamo più. Cosa stai combinando? Trascuri tutto ci tratti male, ci rispondi peggio, sei sempre arrabbiata e non sorridi più, a scuola non fai i compiti, rispondi male ai docenti, hai falsificato la firma di uno di noi, hai fatto X, la professoressa ti ha scoperto, le hai dato della pazza esaurita e non ci hai detto niente. Salti le interrogazioni e ti giustifichi. Questa non sei tu Rach, questa non è la nostra principessa. Io non so più chi sei, rivoglio indietro la mia bambina, quella che andava bene a scuola, che era gentile con tutti, quella dal cuore buono, quella solare e sempre sorridente. Dov'è quella bambina?- chiese Hiram.
-Non c'è più! Quella bambina non c'è più ok?- esclamò Rachel in lacrime. -Io non so più chi sono, tutto quello che faccio è sbagliato, sbaglio sempre, è sempre colpa mia. Io non sono un genio come credevo di essere. Mi dispiace se vi ho deluso, mi dispiace se non sono la figlia che avreste voluto mi dispiace se sono sempre così scontrosa e cattiva mi dispiace ok?- disse la piccola Berry singhiozzando, dopodiché salì in camera piangendo e di corsa. Si chiuse lì dentro e continuò a piangere soffocando i singhiozzi con il cuscino. 
Poco dopo si alzò, andò in bagno e si guardò allo specchio. I suoi occhi erano gonfi, rossi. Si sentì così terribilmente sbagliata. Desiderò con tutta se stessa in quel momento di non essere mai nata. I suoi genitori avevano perso la fiducia in lei, vederli piangere l'aveva fatta sentire uno schifo, lei non meritava di essere lì. Lei non meritava tutto l'amore che loro le davano. Così smise di guardare il suo riflesso e notò sul lavandino una lametta, senza pensarci un secondo la afferrò e chiudendo gli occhi si tagliò. Un taglio superficiale, uno di quello che non avrebbe comportato danni seri, ma che al contempo le avrebbe lasciato un segno permanente sulla pelle. Quel taglio era nuovo sulla sua pelle, ma non era il primo. Ormai da tempo, ogni volta che qualcosa non andava bene lei regiva in quel modo. Ulare, strepitare, piangere, non l'aiutavano a sfogarsi, ma quel gesto che inizialmente le faceva provare un terribile dolore, la faceva sentire meglio. Sentire la pelle bruciare e il sangue caldo colare e scivolare sulla sua pelle ormai era una cosa naturale per lei. Aprì gli occhi e guardò nuovamente il suo riflesso allo specchio, lei si autolesionava anche perché credeva di essere più brutta delle sue amiche, loro erano alte, belle quasi tutte magre, così sicure di se stesse, mentre lei, aveva perso tutta la sua sicurezza e la sua unica certezza, la sua intelligenza, ormai era crollata come crolla un castello di carte inseguito ad un soffio. Non era più niente. Nessuno la amava, nessun ragazzo era interessato a lei. Si sentiva uno schifo, avrebbe voluto chiedere aiuto, ma aveva paura, non aveva detto niente alle sue amiche.  Prese carta e penna e cominciò a scrivere. Non poteva fidarsi di nessuno. Era sola, sola come sempre.








L'angolo della scrittrice di SuperF1997
Ciao a tutti, vorrei ringraziare tutti quelli che hanno recensito il primo capitolo. Mi fa piacere sapere che questa storia è interessante per voi. Vorrei soltanto scusarmi se questo capitolo è pesante, spero che recensiate comunque. Un bacio SuperF1997
  
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