[Rapsodia]
“Perché
sei irritato e perché è abbattuto il tuo volto?
Se
agisci bene, non dovrai forse tenerlo alto?
Ma
se non agisci bene, il peccato è accovacciato alla tua porta;
verso
di te è il suo istinto, ma tu dòminalo.”
-Genesi
–
Ancora ricordi
la sensazione delle sbarre metalliche
arrugginite dall’acqua sulla tua pelle già seccata
dal sole di Grecia; ricordi
anche la marea altalenante fra tali sbarre, la spuma bianca e selvaggia
che
soffiando appiccicava alla pelle del petto ormai svuotato il tuo chitoniskos. L’odore di marcio, di morte, che ti
circondava. Ricordi
il tuo grido
disperato, la gola arsa per lo sforzo e la salsedine mischiata alle
lacrime. E
quel suono, quel nome che continuava a rimbombare
sulle pareti umide di
quella prigione subacquea.
Non
voglio morire qui. L’ho fatto per te,
torna indietro.
- Volevo darti
di più.-
- No. Volevi avere
di
più.-
L’acqua
ormai alla gola e
il tuo respiro sempre più affannato.
Salvami,
continuava a ripetere la tua mente sfinita dallo sforzo di aggrapparsi
alla
vita. Torna indietro. Le gambe incapaci di toccare
il fondo viscido, le
mani sanguinanti che imperterrite cercavano di incrinare quelle sbarre
indistruttibili tingendole del colore della morte.
- Salvami,
tirami fuori
di qui.-
- Non posso. Non
posso
salvarti da te stesso. E non sono nemmeno sicuro di volerlo-
E fu
così che vedesti i
suoi occhi carichi d’odio e disperazione staccarsi dai tuoi. Li ricordi perfettamente,
i suoi occhi. Blu.
-Siamo gemelli-
- …
Ma non siamo mai
stati fratelli-
Fu in quel
momento che
qualcosa scattò. Fu nel momento in cui vedesti le sue spalle
incurvate da un
peso troppo grande da sopportare allontanarsi da te, su, su per quella
ripida
salita che portava al Santuario. Fu nel momento
in cui ti accorgesti che tutto attorno a te era diventato
del medesimo colore
di quegli occhi che per anni avevi amato, specchio dei tuoi, e che ora
odiavi.
Blu, solo blu. Fu nel momento, ricordi, in cui i tuoi polmoni
cominciarono a
lottare dolenti e
stremati per
trattenere quel poco d’ossigeno che ti era rimasto, mentre
nel petto dimorava
un dolore che non era dato dal solo sforzo fisico.
Hai
ragione,Saga. Non siamo fratelli. Perché
noi siamo la stessa cosa . Due facce opposte della stessa medaglia.
E allora
giurasti, mentre
venivi inghiottito dall’odio e dalla corrente impetuosa, un
sorriso beffardo
sulle labbra cianotiche.
Ed
io vivrò in te, perché io SONO te.
Avvolgerò il tuo cuore con le mie spire, e mi
nutrirò del suo dolore. Godrò nel
vederti arrancare alla ricerca di ciò che un tempo eri
stato. Sarò la voce roca
che ti sussurrerà all’orecchio per ricordarti che
esisto in te. Sarò la mano
che userai per uccidere, lo sguardo vitreo e grigio che si
rifletterà sul tuo
volto ogniqualvolta ti mirerai allo specchio. Sarò il tuo
cantastorie,
narratore di tragedie e di morte. Ti canterò della nostra
triste melodia
disconnessa, fratellino, e della nostra rapsodia di follia priva di
versi.
Sarò
io, io, l’ombra che oscurerà il
sole.
Poi, tutto si
spense.
* Fate
felice questa povera ed incompetente autrice: aderite alla causa
Recensioni!!! *