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Autore: harinezumi    11/05/2012    4 recensioni
And presidents
And billionaires
And generals
They'll never know
What I have owned!
-Wonderlust king-
{TenpoxKenren. A Sarah e Marta~}
Genere: Fluff, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: What I have owned
Genere: Generale, Fluff
Rating: Verde
Parole: 697
Personaggi: Tenpou Gensui (per me “Tenpo” per sempre xD), Kenren Taishou
Avvertimenti: One-shot, Shonen-ai
Note: “Wonderlust king” è una canzone dei Gogol Bordello.
Disclaimer: i personaggi appartengono alla sensei Minekura, un genio di bravura <3


Questa fic l'ho scritta per due personcine che amano questa coppia, e così se non me la tirano dietro gliela dono volentieri.
Neanche a dirlo, la coppia la adoro anch'io e penso si noti xD è una delle poche volte in vita mia che ho scritto del fluff che mi piace pure, quindi consideratelo una cosa preziosa!
Se per caso vi andasse, io sarei super-felice di ricevere qualche commento, in ogni caso grazie a tutti i lettori che passeranno di qui ^^

 

harinezumi

ps: Ringrazio davvero tanto le persone che hanno recensito la mia precedente One-shot sulla stessa coppia, "Breakdown". Spero che leggiate questo appunto e sappiate che vi amo, grazie per il supporto ;-;


 

____________________






What I have owned

 

 

Tenpo sapeva bene che c'erano momenti nella vita in cui le cose non andavano come sperato. Eventi in cui si era costretti a capitolare, ad arrendersi all'evidenza dei fatti, e anche se lui lo aveva sempre fatto con estrema classe la cosa gli rodeva dentro più di quanto gli facesse piacere ammettere.
Gemette, quando Kenren gli estrasse il frammento di vetro dalla pianta del piede, rialzandosi poi e tenendosi la schiena, sbuffando.
«Era l'ultimo».

Già, quello era uno di quei momenti. Momenti in cui Tenpo doveva prendere atto che nella sua stanza regnava il caos più totale; momenti in cui si sentiva schiacciato dallo sguardo carico di accuse del suo ormai familiare sottoposto.
Aveva calpestato un bicchiere che aveva rotto chissà quando, nella sua mania di camminare scalzo; quando Kenren l'aveva trovato, mentre cercava di togliere i cocci dalla vivida carne con una forchetta, aveva cominciato ad urlare come un pazzo isterico, tutte cose che Tenpo non aveva ascoltato. Con estrema pacatezza, quando l'altro aveva finito di sbraitare, gli aveva chiesto se per favore poteva aiutarlo a togliere il vetro dal piede.
Kenren era furioso, ma non si era tirato indietro.

«Devi mettere in ordine» sbuffò, sedendosi accanto a lui sul suo divano dopo che gli aveva fasciato il piede, intimandogli di stare fermo e disteso. «Finirà che rimarrai schiacciato dai libri e ti soffocherai senza che nessuno possa aiutarti».
Tenpo rise, guadagnandosi un'occhiataccia da parte dell'altro. «Che morte stupida!»
«Ma non mi dire! Sai di rischiarla, mi auguro».
«Allora forse sono proprio uno stupido».
«Non ne ho mai dubitato, te ne accorgi solo adesso?» Kenren era ancora terribilmente serio.

«... suvvia, cercavo di farti sorridere! Quindi non merito il tuo perdono?»
«No».

Nel guardare il volto di profilo di Kenren, Tenpo sorrise, dolcemente. Il generale stava fumando come sempre, ancora nervoso, anche se nel medicarlo così meticolosamente aveva sempre posato la sigaretta; aveva l'aria di essersi davvero preoccupato. E Tenpo poteva capirlo, perché era la medesima cosa che succedeva a lui quando si trattava di Kenren.

«Penso di essere l'unico generale d'armata con una balia a carico... a cui nel contempo anch'io faccio il babysitter» ridacchiò, sollevandosi a sedere e cercando di posare il piede ferito a terra. Non ci riuscì, così tenne la palma leggermente sollevata.
«Se ti dà fastidio posso sempre andarmene. La porta, sempre che riesca ad arrivarci davvero con questo casino, non è lontana...» sbuffò Kenren, anche se non aveva l'aria di essersi davvero risentito, almeno a quelle parole; burbero, ma non vendicativo, come sempre era con lui.
«No, va bene così» mormorò Tenpo, tornando a guardarlo sorridendo. Ora erano seduti vicini in maniera sorprendente. Per nessuno dei due, però, sembrava un problema. «Ne sono molto contento, invece. Il mondo non saprà mai che fortuna ho a possedere tutto questo».

«Per arrivare a chiamarla fortuna, io ci aggiungerei un paio di belle donne e una bottiglia di saké...» sospirò Kenren, voltandosi a guardarlo con un sopracciglio alzato. Probabile che si fosse accorto che Tenpo stava cercando in modo spudorato di addolcirlo perché accettasse le sue scuse; il motivo di quella frecciatina perciò era piuttosto evidente.
Era ingnaro di aver appena lanciato un'ancora di salvezza all'altro.

«Che pena».
Tenpo allungò una mano, prendendo tra le dita sottili dell'indice e medio la sigaretta di Kenren; gliela portò via con facilità, perché l'altro lo lasciò fare in silenzio senza fare domande. Dopo averne aspirata una boccata di fumo, Tenpo la spense chinandosi per raggiungere il posacenere a forma di rana sotto il suo divano.
«Che pena mi fanno» continuò raddrizzandosi, senza volutamente incrociare lo sguardo dell'altro, che lo fissava interrogativo. «Quelli che non sanno essere sinceri con sé stessi e cercano in tutt'altro ciò che hanno già».

Quando si voltò a guardare Kenren, si trattenne dal gongolare apertamente nel vedere che un vago colorito rossastro gli era comparso sulle guance, oltre che persino sulla punta delle orecchie.

«Non ti preoccupare» esordì allora, con un sorriso gentile quanto abbastanza diabolico. «Io gli stupidi li perdono sempre».
E, quando si allungò su di lui per baciarlo, seppe di avere ottenuto a propria volta il suo perdono, perché fu in quell'istante che sentì le labbra di Kenren incresparsi.





 

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