Libri > Twilight
Segui la storia  |       
Autore: Dragana    12/05/2012    8 recensioni
"Hanno designato Volterra come loro dimora, vi si sono stabiliti con le loro mogli, hanno istituito il loro corpo di guardia e dalla cima del loro monte vigilano sul mondo."
Disordinata raccolta di one-shot sui Volturi e le loro guardie.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Aro, Jane, Renata, Sulpicia, Volturi
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
UNA MISSIONE FACILE FACILE
Seconda parte

Sulpicia adorava quando Aro decideva di intrecciarle i capelli.
Aveva l’impressione che fosse una delle cose che lui faceva per riordinare la matassa di pensieri, suoi e di altri, che gli vorticavano nel cervello; muovere le mani, concentrarsi su trecce, nodi e forcine doveva sembrargli un’attività estremamente riposante.
Lei se ne stava quieta e immobile mentre le dita veloci di Aro volavano tra i suoi capelli; le venne in mente che poche ore prima aveva visto Renata pettinare il suo gatto bianco, quello che riempiva di peli il tappeto del salone, e il gatto se ne stava in evidente stato di beatitudine ronfando come un matto.
Se avesse potuto ronfare l’avrebbe fatto.
-Oh, che immagine carina, mia Sulpicia bionda come il Tevere!- rise Aro, allungandosi a baciarle una guancia. Poi si rigirò attorno al dito una ciocca dei capelli di lei e gliela fissò alla nuca con una forcina dorata.
-In verità, mia amata, è proprio così; ho intenzione di uscire, questa sera-, trillò in risposta a una domanda che lei aveva solo pensato.
-Vedi, Sulpicia… Diciamo che sento in dovere di intrattenere te e Dori, visto che sono stato io a mandare la vostra Corin in missione. Oh, lei è imbattibile nella superba arte di perdere tempo, Sulpicia, mentre io… Non ne sono all’altezza, lo sai. Ma ho fatto del mio meglio per inventare un passatempo adeguato, mi sono impegnato davvero molto, e infine ho pensato che potremmo dedicarci a cercare di far divertire Marcus, non pensi? Chi di noi tre dovesse riuscirci, sarà incoronato vincitore della serata! Che te ne sembra? Non è un’idea meravigliosa?
Sulpicia fece una risatina sprezzante. -Non ci riusciremo. Marcus non si diverte.
-Mia amata, lo so bene, eppure nulla ci vieta di tentare, non credi?
Intrecciò velocemente un’altra ciocca di capelli biondi.
Lei espresse il suo pensiero ad alta voce, perché lui aveva allungato la mano verso una sottile forcina dorata.
-Questo è per te, Aro. Un gioco. Tutto ciò che fai non è che un gioco.
Lui fermò la treccia con la forcina, e si fermò a rimirare l’effetto.
-È questo che credi? Pensi che io voglia scherzare. Ma l’unico modo per fare è fare sul serio, mia Sulpicia.
Il suo sorriso era perfetto, ma si era fatto di ghiaccio. Lo sciolse appena lei formulò il pensiero. Le sfiorò l’acconciatura perfetta.
-O amore, figlia di delizie, un re è rimasto preso dalla tua treccia-, declamò, come se volesse distrarla. Lei scoppiò in una risata.
Magari fosse vero, pensò.


Corin aveva la netta sensazione che la vita a palazzo, con le Signore, la stesse rammollendo.
I suoi ricordi da umana sembravano scolorire ogni anno di più, e di anni ne aveva parecchi, ma si ricordava di avere viaggiato parecchio in condizioni pessime e, facendo le debite proporzioni, di essersela cavata molto meglio di così.
Ora di sicuro le sue capacità erano incrementate. Non sentiva la stanchezza né l’umidità, e non c’era praticamente nulla che potesse nuocerle, eppure, al fianco di Caius e Afton, non si sentiva all’altezza, e la cosa la faceva imbestialire. Afton veniva spesso mandato in missione e Caius era… beh, era Caius. Lei era capacissima di tenere attive due nobildonne di tremila anni e sapeva escogitare centinaia di nuovi divertimenti, ma aveva perso in fisicità: non era silenziosa come loro, ed era pronta a scommettere che i suoi sensi, pur acuti, non coglievano i nessi degli altri due. Si domandò brevemente se fosse il caso di proporre a Caius e Aro simpatiche gite di sopravvivenza in luoghi esotici e pericolosi da far fare alle loro donne; di sicuro la signora Athenodora ne sarebbe stata entusiasta. Un po’ meno il marito, certamente.
Improvvisamente Caius scattò in avanti con un guizzo talmente veloce da risultare invisibile; Corin ebbe l’impressione che il paesaggio attorno a lei avesse come un tremito, e meno di un istante dopo Caius stringeva una donna per il collo. Le avevano trovate.
Le altre due (ce n’erano altre due. Quella che Caius stringeva per il collo doveva avere creato una delle sue illusioni per coprire la fuga), appena videro le dita di Caius affondate nella gola della sorella, ringhiarono e si scagliarono verso di lui. Quella dall’aspetto più ferino venne immediatamente fermata da Afton; lei fece per scagliarsi contro l’altra, quando dal terreno eruppe una fiammata che la fece saltare indietro con un sibilo. Capì un istante dopo che doveva essere un’illusione, e imprecando fece per riprendere lo slancio, ma Caius aveva estratto con la sinistra il suo tubo lanciafiamme e lo puntava contro la donna incatenata dallo sguardo di Afton, senza lasciare il collo della sua avversaria.
-Le uniche fiamme reali sono qui dentro, troia-, ghignò Caius, affondando ancora di più le unghie nella trachea della donna. –Dì alle tue sorelle di smettere di combattere, o faccio fuoco.
Sembrava che non volesse davvero che si fermassero, in realtà. Invece l’unica delle tre ancora libera si fermò, e Caius le scagliò contro la sorella che teneva stretta per la gola, quasi con disprezzo. Fece un cenno ad Afton che distolse appena lo sguardo dalla terza, lasciandola libera dalla sua illusione.
Appena si rese conto di essere ancora viva e intera, la donna fece per scagliarsi contro Caius. Lui si limitò a puntarle contro la sua arma; fu sua sorella a gridarle di fermarsi, dato che quella che faceva le illusioni era troppo impegnata a cercare di farsi rigenerare la trachea.
-La prossima volta, Zafrina, ricordati che abbiamo cinque sensi, e non ti illudere di poter ingannare me con delle stupide illusioni. Se fossimo qui per voi, non dubitare, sareste morte.
Corin non era abituata a usare il suo potere in situazioni del genere. Il più delle volte lo esercitava senza nemmeno rendersene conto, oppure durante incontri diplomatici in cui comunque era previsto un dialogo. Si concentrò sulle tre.
Funzionò, perché le donne non cominciarono a ridacchiare né a proporre una gara a chi trova l’anaconda più grossa, ma smisero di emettere ringhi e sibili e una dei loro (non quella ferina, l’altra), domandò –Allora, cosa volete da noi?- in tono nemmeno troppo polemico.
-Niente. Non è per voi che ci troviamo qui. Diciamo che sono solo passato a salutarvi.
-Salutarci…-, ringhiò Zafrina, che riusciva a parlare con qualche difficoltà.
 -Salutarvi, Zafrina, vedere come state… l’ultima volta che ci siamo visti le circostanze non erano delle migliori.
-Volete vendetta? Siete venuti a regolare i conti?
-Mi state innervosendo, donne. Se ci fossero stati conti da regolare, a quest’ora voi tre sareste morte. Sono solo passato a salutarvi. E a ricordarvi che, in futuro, dovreste scegliere molto attentamente le vostre alleanze.
-È una minaccia.
-No. È un consiglio.
Zafrina parlò, sforzandosi. Si teneva una mano stretta attorno alla gola.
-Vi siete mossi contro il clan di Carlisle, gli avete mosso delle accuse che si sono rivelate ingiuste. Ci siamo limitate alla nostra testimonianza.
Caius ghignò.
-E infatti nessuno si è fatto male. Mio fratello Marcus e mio fratello Aro hanno preferito credere alla buona fede di tutti, e alle loro decisioni mi sono rimesso. Ma lasciate che vi dia un consiglio, Zafrina, Kachiri e Senna.
Lo sguardo di Caius si fece implacabile. Corin si era trovata dall’altra parte di quello sguardo, ed era sopravvissuta solo perché Aro aveva ritenuto utili i suoi poteri. Ma Louie… si impose di non pensarci.
-Allearsi con dei mutaforma, la cui razza è geneticamente predisposta a mutare espressamente per uccidere vampiri, non è una mossa saggia. Allearsi con i sopravvissuti del clan Rumeno, che nemmeno si preoccupano di nascondere il fatto che auspicano uno scontro per togliere il potere a noi, è una mossa ancora meno saggia. Dici che vi siete limitate alla vostra testimonianza? Vivete nella foresta, e certo non siete esperte di politica e diplomazia, ma sappiate una cosa: schierarsi con qualcuno piuttosto che con qualcun altro implica sempre una dichiarazione di intenti. La implica persino se non era nelle vostre intenzioni. Per questo vi dico: in futuro, pensate bene ai sottintesi delle vostre alleanze.
-Grazie dell’avvertimento, Caius. Perché è questo, vero? Un avvertimento.
Lui ghignò.
-È un consiglio. Siete sfuggite alla morte, vi sfuggirete anche oggi… ma sapete cosa direbbe Afton qui?
Loro lo fissarono. Quella dall’aspetto ferino ringhiò. Afton fece uno sguardo leggermente perplesso.
-Ma la mia non sarebbe una minaccia né un avvertimento, Signore. Direi loro che prima o poi moriranno, perché è questo che avverrà.
-Giusto, Afton. E come direbbe Aro… meglio poi che prima, giusto? Andiamocene, non abbiamo più nulla da fare, qui. Arrivederci Zafrina, Kachiri e Senna della tribù delle amazzoni. Porteremo i vostri saluti ai miei fratelli, con la consapevolezza che vi lascio più sagge di come vi ho trovato.
Le tre ringhiarono. Caius ghignò.
-Andiamocene-, ordinò.


Serena aveva scoperto da poco un folle amore per la scrittura, e come faceva da qualche tempo a questa parte, batteva al pc con dita veloci, approfittando dei momenti liberi che riusciva a ricavarsi. Serena buttava l’anima nelle mani, quando scriveva. A volte piangeva sul pc. Si escludeva dal mondo: Miaus e La Dada Grigia, le gatte, le stavano una in grembo e una sui piedi, e Jennifer guardava “Glee” in salotto, senza disturbarla. Forse per quello non si accorse di nulla. Forse, però, i vampiri che erano arrivati erano tremendamente pericolosi.
Sentì Jenny andare alla porta. Anzi, no, sentì Jenny esclamare –Ciao, papà!-. Alzò la testa. C’era il loro padre? Strano, non aveva fatto sapere del suo arrivo. Perplessa, salvò lo scritto e uscì dalla sua camera, per poi inchiodarsi sulla porta del soggiorno.
-Serena, se non sbaglio.
Jenny era sulla sua poltrona, lo sguardo terrorizzato nei grandi occhi scuri, le pupille che saettavano come impazzite da lei a suo padre. Suo padre era seduto sul divano, l’espressione tremendamente seria e contrita. E attorno a loro c’erano dei vampiri. Immobili, fissi, bellissimi, avvolti da mantelli grigio scuro.
Quella che aveva parlato sembrava avere non più di undici, dodici anni. Ma i suoi occhi, così incoerenti in quel viso infantile, impressionarono Serena: erano gli occhi rossi di una donna.
-Ma chi siete… cosa… Padre, chi…- non riuscì a terminare la frase. Un’ondata di dolore la travolse, facendola gridare. Non durò molto, ma Serena non aveva mai sofferto così: era come essere bruciata viva, ogni cellula del suo corpo, ogni grammo di carne bruciava e bruciava. Poi passò, rapido com’era venuto.
-Ho detto: Serena, se non sbaglio-, ripeté la bambina.
Jenny aveva strillato e aveva fatto per lanciarsi verso di lei, ma un vampiro gigantesco l’aveva bloccata per le braccia. Ghignava, mentre Jenny continuava a divincolarsi e a urlare senza riuscire a smuoverlo di un millimetro. Serena urlò il nome di sua sorella e fece per scagliarsi verso di lei, ma una nuova ondata di dolore la bloccò a terra.
Quando si riebbe, suo padre la guardava inorridito.
-Serena, rispondile… Jennifer, stai calma. State calme e andrà tutto bene. Vero? Me l’hai promesso, Jane!
Gli tremava la voce. Il sorriso della bambina fu qualcosa che Serena non dimenticò mai: il sorriso di un gatto che giocava con un topolino, e che avrebbe potuto lasciarlo a terra, morto, se la cosa l’avesse divertito abbastanza.
-Te l’ho promesso, sì, ma non so… fanno talmente tanto chiasso, non credo che il mio signore Aro vorrebbe tutta questa confusione, a palazzo. Tu credi che la voglia, Felix?
L’uomo enorme si limitò a tappare la bocca di Jenny con una mano.
-Massì, Jane, senti… una sta zitta, adesso. Basta usare le buone maniere. E tu, Serenella ti porto al mare, finiscila di frignare e rispondi a Jane. Dammi retta, che poi mi dici grazie.
Serena deglutì.
-Sono… Sono Serena. Chi siete voi?
-Amici di papà, Serenella. Dimmi, siete mai state in Italia?


-Non sarà un’imprudenza, fratello, farci vedere in città da così tante persone?
-Marcus… da quanto tempo è che non ti fai vedere a passeggio per le vie di Volterra? Non dirmelo, lo so: ben più di un secolo.
-Ma il luna-park, Aro. Non credo di avere voglia di venire al luna-park. Scusami, ma proprio non me la sento.
-Marcus. Corin non c’è. Le signore hanno diritto di divertirsi. Fallo per Sulpicia e Dori.
-Penso che vi rovinerei il divertimento. A Didyme sarebbe piaciuto…
-Vederti su un calcinculo. Sì, le sarebbe piaciuto, credo davvero di saperlo. Non ti chiederò tanto, a meno che non sia tu a volerlo, ma Marcus, se proprio non ci vuoi salire, almeno accompagna noi poveri vecchietti che vogliamo soltanto toglierci qualche piccolo sfizio!
-Penso, Aro, che voi poveri vecchietti sareste perfettamente in grado di…
Aro si esibì in un sospiro teatrale.
-Non puoi lasciarmi solo in balia di due donne, fratello mio, per quanto adorabili possano essere!
-Hai affrontato cose molto peggiori di Dori e Sulpicia, Aro.
-Marcus. Insomma, rifletti. Sei mio fratello. Sei legato a me dal sangue comune che ci ha fatti rinascere e dai vincoli creati dal tempo. Sei sovrano, al pari mio. Conosci i tuoi obblighi e i tuoi doveri. E mi sento di dire che, in base al contratto tra sovrani, è tuo preciso dovere accompagnarci al luna-park!
-Contratto tra sovrani?- chiese Marcus, allibito.


-Continuo a trovare inquietante che tu usi la musica dello “squalo” come suoneria quando chiamano le tue sorelle… sono davvero così tremende?
Maysun si issò con agilità dalla buca dello scavo e recuperò la borsa di tela.
-Fiutano una goccia di sangue a tre oceani di distanza, e le loro chiamate portano solo casini, di solito. Pronto?
-May… dove sei?
La ragazza sbuffò.
-Ciao a te, Serena! Sì, sto bene, tutto procede a meraviglia, il sole splende, gli uccellini cantano…
-May, per favore!
Serena aveva la voce angosciata. C’era da dire che Serena aveva la voce angosciata anche quando leggeva “Harry Potter” e scopriva che Piton, dopo tutto questo tempo, non aveva mai smesso di amare Lily. La voce angosciata di Serena non era garanzia di tragedia, di solito.
-Va bene, Serena, sono in Numidia, che è in Africa…
-Lo so dov’è la Numidia. May, senti… devi tornare qui subito. Non posso spiegarti, ora, ma per favore
-Cos’ha fatto nostro padre? Lo sai che non me ne frega un cazzo di…
-No, non è papà, è per Jenny…
-Jenny? In che senso Jenny?
-May, ti prego, vieni subito, abbiamo davvero bisogno che tu venga…
La voce di Serena era veramente angosciata. Sembrava una preoccupazione seria, stavolta.
-Va bene, parto subito. Stai tranquilla, ok?
Sentì un singhiozzo dall’altra parte della cornetta.
-Certo, May. A presto.
Poi riattaccò.
-Tutto a posto?
Maysun fissò con aria sconsolata il cappello da cowboy che spuntava dallo scavo.
-No, niente a posto, Harrison. Serena vuole che vada da loro, non so cos’ha combinato Jenny, ma la sentivo preoccupata… Probabilmente sarà in crisi perché Elena ha tradito Stefan con Damon. Cazzo.
-Su, non sarà niente di irreparabile, tranquilla...
-Lo immagino. “Cazzo” era perché se c’è qualcosa da scoprire, lo farai da solo prima di me, e ti prenderai tutto il merito.-
Lui rise.
-Non lo farei mai, mio sole di maggio. Io sono un gentiluomo.
Dall’altra parte del telefono, in America, Felix lascò la presa su Jennifer, che si precipitò in lacrime dalla sorella, massaggiandosi il collo. Jane sorrise soddisfatta.
-Come vedi, Serena, non è un grosso problema non essere capaci di dire bugie alla propria sorellina… basta rendere reale una minaccia, e non si rende necessario mentire. Facile, no?


-Vederti pilotare la macchinina degli autoscontri, mia amata, è stato davvero impagabile! Oh, mi domando per quale motivo non te l’avessi mai fatto fare prima, davvero!
Sulpicia si aggiustò lo scialle sulle spalle, mentre osservava pensierosa Athenodora avvicinarsi a una baracchina piena di peluches e prendere in mano un fucile ad aria compressa. I suoi bracciali tintinnarono.
-Tuttavia-, le disse, cingendole la vita, -Non credo proprio che sia una buona idea farti guidare l’auto. Suvvia, mia amata, non è una cosa per nulla signorile!
Sulpicia gli rivolse un mezzo sorriso. Poi tornò a guardare la cugina.
Athenodora era sempre stata una donna di buonsenso, una persona pratica; uno dei vaghi ricordi da umana che conservava Sulpicia era di lei, al telaio, che sorvegliava la loro casa senza che nulla sfuggisse al suo sguardo acuto. Ricordava anche che possedeva due pugnali di bronzo e li teneva ben nascosti, ma se occorreva non aveva paura di usarli.
Quindi non si stupì come avrebbe dovuto quando la vide imbracciare il fucile con un gesto fluido. Marcus, invece, che le stava accanto, si lasciò scomporre il viso in una leggera espressione sconcertata.
-Caius adora questi giocattolini, lo sai… ogni tanto me li fa provare. Questo non è per nulla bilanciato, ma d’altra parte è finto, non posso pretendere molto. Oh, beh, è solo un gioco, no?
Socchiuse gli occhi e fece un centro perfetto in tutti i bersagli. Aro ebbe la certezza che il silenzio di Marcus, più che a indifferenza, fosse dovuto al fatto che era rimasto senza parole.
-Perché non sapevo che sai sparare, Dori?- le chiese, con un mezzo sorriso un po’ tirato.
-Ma certo che lo sapevi, Marcus, solo che te n’eri dimenticato.
-Signora, mi scusi…
Il proprietario della baracchina si era avvicinato a loro, e reggeva un enorme peluche a forma di lupo.
-Questo l’è il su’ premio, sa, per tutti i centri ch’ ha fatto…
Aro scoppiò in una risata talmente contagiosa che perfino Marcus si concesse un lieve sorriso. Athenodora prese il peluche, che era quasi più grande di lei. -Non vedo l’ora che Caius torni e lo veda!-, commentò.
-Probabilmente gli si scaglierà contro uccidendolo-, considerò Marcus. Scoppiarono a ridere.
Il luna-park brillava delle sue luci pacchiane e variopinte; a Didyme sarebbe piaciuto.
Si impose di concentrarsi su altre cose; prese galantemente le cognate per il braccio e si sforzò di proporre la casa degli specchi, -Per fugare con il nostro riflesso ogni possibile sospetto-, aggiunse. Sulpicia si voltò a guardare il marito. Aro sorrideva, trionfante.


Caius condusse Joham e le figlie nella sala dei troni, scortati dal drappello di guardie che si era recato in missione. Raggiunse i fratelli, prendendo posto sul suo alto trono di legno. Aro si alzò, leggero, batté appena le mani e si produsse in un sorriso talmente accattivante e cordiale da essere quasi terrificante.
-Mi è stato detto, Joham, che hai creato quattro mezzosangue, tre fanciulle e un maschio. Ho avuto il piacere di conoscere tuo figlio Nahuel, un ragazzo davvero adorabile, ma loro tre… ragazze, voi tre siete assolutamente deliziose!
Scivolò verso di loro, leggero. Fece le presentazioni in maniera impeccabile, strinse mani, accettò inchini,e solo dopo tornò al suo trono, quasi di malavoglia.
-Cosa volete da me, Aro? E dalle mie figlie? Le volete per voi, vero?- sbottò Joham, al culmine della tensione.
Aro compose un sorriso perfetto e si girò lievemente verso le ragazze; a Maysun ricordò l’angelo gotico della cattedrale di Reims.
-Vedete, carine, vostro padre non è stato… come dire… affatto trasparente, né con voi né con noi. A voi non ha spiegato nulla dell’affascinante mondo a cui appartiene, vi ha proibito di avere contatti con altri vampiri e, cosa che trovo oltremodo sconcertante, non vi ha messo al corrente del fatto che ogni società ha delle leggi, soprattutto la nostra.-
Ora, pensò Maysun, l’angelo era diventato una specie di arcangelo con la spada. Di quelli che coglieranno la vigna e la pesteranno nel tino dell’ira, come dicevano i manoscritti medievali.
-A noi ha tenuto segreti i suoi esperimenti-, considerò concisamente il terzo, che non si era mosso dal suo trono. Non sembrava arrabbiato. Non sembrava neanche contento. Sembrava annoiato, come se avesse visto cose rispetto alle quali questa non era nulla. Maysun rabbrividì.
-Esperimenti? Marcus, che termine infelice… Ricerche. Ecco, ci ha tenuto segrete le sue ricerche. Sapete, care, non si fa. Non possiamo permettere che a destra e a manca si facciano ricerche così, senza controllo, rischiando di mettere a repentaglio la nostra segretezza e la nostra sorte. Vostro padre voleva evitare che io arrivassi a voi, o che voi arrivaste a me, e mi domando, Joham… perché mai?
-Temo avesse paura che gliele uccidessimo, come i bambini immortali, Aro.
Il sorriso di Aro divenne come quello del gatto del Chesire.
-Quello, o peggio ancora la paura che gliele portassimo via, non è forse vero, Joham?
Jennifer sgranò gli occhi, Serena le circondò le spalle con un braccio. Maysun fece un sorriso freddo.
-Fanciulle, non dovete temere per la vostra vita. Perdonate se le mie guardie sono state un po’… rudi, avrei davvero preferito evitarlo, ma d’altro canto questa situazione si trascinava ormai da troppo tempo e andava risolta. Siamo governanti severi, ma non siamo ingiusti. Non abbiamo alcuna intenzione di uccidervi e sarei davvero afflitto se ci deste motivi per farlo.
Le fissava sorridendo, come un cobra.
E Jennifer era completamente in balia dei modi ipnotici di Aro, lo seguiva con lo sguardo a ogni suo minimo movimento. Serena sembrava insieme terrorizzata e affascinata da lui. Maysun si stava sforzando di mantenere una certa compostezza, però si sentiva come se avesse improvvisamente visto il volto di un dio azteco sulla parete di un tempio sorridere e prendere vita.
-Voi… voi avete detto che Nahuel vi conosceva… perché Nahuel non ci ha detto niente…- balbettò Serena, tenendosi stretta Jennifer come una bambina.
-Oh, gli ho assicurato che non avrei fatto del male alle sue sorelle, cosa che difatti non intendo fare, bella Serena!
-Beh ma… avrebbe potuto avvertirci, no?  Padre, perché non ci ha avvertito?
Joham strinse la bocca in una linea sottilissima; Aro scoppiò in una risata argentina.
-Tesoruccio, Nahuel, ma soprattutto Huilen, sua zia, sapevano che vostro padre non aveva giustificazioni per il suo comportamento, e hanno ritenuto più saggio non intromettersi. Tra loro due e voi, hanno scelto di tutelare loro stessi.
-Ma Huilen è gentile con noi… Nahuel è come fosse suo figlio, ed è nostro fratello… avrebbe dovuto…
-Stupida-, sbottò Maysun. –Huilen è gentile con noi perché noi non abbiamo colpe. Ma lei è la sorella di Pire, e Pire è morta a causa degli esperimenti di nostro padre-. Le ultime parole le uscirono quasi ringhiando; delle tre, era decisamente la più simile a un vampiro.
-Pensi davvero che piangerebbe la morte di Joham? Tu come ti sentiresti se qualcuno avesse provocato la mia morte solo per fare un esperimento?
Serena si ammutolì. I suoi occhi chiari si riempirono di lacrime. Joham fece per ribattere, ma non trovò nulla da dire.
-Oh, ma suvvia, non c’è bisogno di demoralizzarsi in questo modo, tesorucci! Dovreste ascoltare quello che ho da proporvi… vi prego di credermi, saremo tutti soddisfatti, alla fine!- trillò Aro, richiamando l’attenzione su di sé.
-Joham, davvero non mi spiego perché tu non mi abbia mai parlato dei tuoi… studi. Meglio tardi che mai, però, non è forse così che si dice? Caius ritiene che dovremmo darti una punizione esemplare. Tenere nascosti studi del genere senza conoscerne le implicazioni è stato… imprudente. Avresti potuto mettere in pericolo l’intera razza, e noi questo non possiamo permetterlo. Tuttavia…
Si esibì in un sospiro teatrale.
-Tuttavia i miei fratelli ed io siamo concordi su un fatto: i tuoi studi sono interessanti, portano a risultati che potrebbero invece essere utili a tutti noi. Quindi, Joham, di fatto puoi essere processato qui e ora, davanti alle tue figlie, o accettare di lavorare per noi. Aggiungo…- Aro aveva troncato eventuali commenti semplicemente alzando una mano. –Che avresti laboratorio, materiali, apparecchiature all’avanguardia. Tutto ciò che ti servirà sarà tuo. Certo, dovrai condividere i risultati dei tuoi studi – e qui sorrise come un gatto che aveva catturato un uccellino –ma d’altra parte la scienza va condivisa. Questa è una nostra ferma convinzione, non avremmo fondato quella che ora è la più antica università del mondo occidentale, altrimenti! Non sei forse d’accordo, Joham?
Lui era cupo, digrignava i denti.
-E le mie figlie?
-Le tue figlie avranno la possibilità di starti al fianco. Serena, ti piacerebbe assistere tuo padre, giusto? E continuare a occuparti della piccola Jennifer, alla quale verrà fornita un’istruzione di prim’ordine in attesa che decida cosa vuole fare della sua, ne sono certo, lunghissima vita. Allora, Joham, cosa rispondi?
-Sta bene. Anche perché non ho alternativa.
-No, Joham, non ce l’hai. Chi infrange la legge deve essere punito.
-Un momento, Signore. Io non ho infranto la legge, però.
-Maysun!-, trillò Aro, quasi contento di averla sentita parlare. Lei sostenne il suo sguardo, le sopracciglia scure aggrottate.
-Signore. Non intendo fare da assistente a Joham. Ditemi, ho qualche scelta per caso?
Aro si mostrò genuinamente sorpreso.
-Ma naturalmente sì, tesoruccio! Certo che hai scelta!
Maysun, che era convinta di avere fatto una domanda retorica, per un attimo non seppe come replicare.
-Tu non hai colpe, al contrario di tuo padre. Noi siamo severi, ma siamo giusti. Tuttavia, penso che troverai interessante la mia proposta. Dimmi, Maysun, tu sai quanti anni ho io? Quanti ne hanno i miei fratelli?
Lei aveva recuperato controllo.
-Mi spiace, Signore, ma non ne sono a conoscenza.
Aro rise. –E come potresti, infatti? Tuo padre è stato così villano a non presentarci prima… ne abbiamo tremila e trecento. Decennio più, decennio meno.
Lasciò che l’informazione si depositasse nella mente della ragazza. Quella che su Serena sembrava un’informazione di un certo effetto e poco più fece dilatare le pupille di Maysun.
-Quante cose abbiamo visto, in questi secoli… quante risposte potremmo dare a domande che ti stai ponendo da tanto. Abbiamo visto cadere imperi, abbiamo fondato civiltà… dimmi, ti piacerebbe avere tra le mani autentiche pergamene etrusche? O forse preferiresti i Romani… sai, una nostra carissima amica, Antonia Caenis, è stata segretaria di Antonia Minore e in seguito concubina di Vespasiano, e dovresti proprio parlarle… ha una memoria prodigiosa, ricorda davvero ogni cosa, senza contare che è una donna assolutamente deliziosa! E se lo desideri, nella mia collezione ho qualche oggettino precolombiano interessante che sto ancora studiando, potresti aiutarmi a farlo. Inoltre sai, purtroppo ho tante incombenze, non posso permettermi di viaggiare quanto vorrei... Ma tu potresti andare per mio conto in luoghi inesplorati, finanzierei le tue spedizioni e mi informeresti delle tue scoperte. Cosa ne pensi, carina?
Maysun manteneva un’espressione impassibile, ma il battito del suo cuore risuonava come impazzito, a tradire i suoi desideri.
-Come fate a…
-Sapere, adorabile Maysun? Si impara a sapere tante cose, in tremila e trecento anni! Oh, non permetterò a tuo padre di studiarti, se non lo vorrai. Né sarai costretta a fargli da cavia. Dunque puoi contattare il tuo compagno e dirgli di raggiungerci qui, gradirei davvero conoscerlo di persona!
Maysun impallidì visibilmente. Joham si voltò verso di lei con gli occhi spalancati. Anche Serena e Jenny la fissavano a bocca aperta.
-Oh, è una sorpresa! Che meraviglia, io adoro le sorprese! Vedi, Joham, tua figlia è… come si dice oggi? In una relazione stabile con un vampiro. Suppongo non te l’abbia detto perché non ti venisse in mente di provare a… incrociarli, dico bene, tesoruccio?
Maysun non provò neppure a negare. Aveva gli occhi di una tigre in gabbia.
-E voi proverete a incrociarmi, Signore? Non sareste curioso di vedere cosa sarebbe dell’unione tra una mezzosangue e un vampiro?
Di nuovo Aro si esibì in un’espressione stupefatta. Ci aggiunse anche una buona dose di sguardo offeso.
-Tesoruccio, davvero! Certo che sarei curioso, ma non ti forzerei mai a una cosa del genere! Vedi, carina…
Fece un largo gesto barocco, a comprendere tutta la guardia.
-Tutti quelli che sono qui, ci sono perché è il luogo in cui vogliono essere. Tutto ciò che fanno per noi, lo fanno perché è ciò che vogliono fare. Non abbiamo mai trattenuto persone contro il loro volere, perlomeno finché rispettavano le leggi. Non cominceremo certo con te, trovi, adorabile Maysun?
Lei non seppe cosa ribattere. Davanti al sorriso affabile di quell’essere, non poté che annuire.
-Lavorerò per voi, Signore.
-Eccellente!-, trillò Aro, unendo le punte delle dita. –E ora, tesorucci, qualcuno di voi accompagni i nostri nuovi ospiti da Gianna, affinché gli mostri i loro alloggi e gli procuri ciò di cui hanno bisogno!
Fu una vampira con lunghi riccioli biondi e un bel sorriso, a fare strada. Maysun si sentiva strana; quella gente le stava già cominciando ad andare a genio.


Cominciarono ad andarsene tutti, commentando gli sviluppi, compresi i tre Signori. Felix, che non si era mosso, chiamò Santiago a voce alta.
-Ho una cosa per te, Tiago. Da parte di Maria.
Lui, che stava uscendo, si bloccò sulla porta.
-Avete visto Maria?
-Sì, cazzo. Lo sapevi che si è sposata, quella zoccola?
Santiago tacque. –Cosa devi darmi, Felix?
Lui si frugò nelle tasche dei pantaloni, e tirò fuori un anello d’oro. Glielo lanciò, lui lo prese al volo per poi rimanere impietrito appena si rese conto di cosa si trattava.
-Mi stai dicendo che mi ami?
Maria scoppia a ridere rovesciando la testa all’indietro. Poi lo guarda, lo guarda con gli occhi del diavolo.
-Ma certo che no, mariachi. Quando vorrò dirti che ti amo ti regalerò un anello.
-Hija de puta-, ringhiò Santiago. Poi andò via senza parlare con nessuno, sbattendosi la porta alle spalle.
Felix rimase fermo, scrutando Renata che si accingeva a seguirlo. Nella stanza erano rimasti solo loro due.
-Renata. Vieni qui, fatina. Avanti.
Lei guardò la porta con la coda dell’occhio, biascicando qualcosa su Aro. A Felix non sfuggì.
-Non ci provare, Bambi. Tanto ci metto un secondo. Guardami.
-Felix, cosa devo…
-Guardami!
Lei lo fissò. Era grosso, serio e incazzato. Sapeva che non sarebbe riuscito a toccarla, ma le faceva paura.
-Ti sembro per caso uno spagnolo del cazzo? Vedi delle nacchere, dei tori o una fottuta chitarra da qualche parte? Mi senti dire “olè” alla fine delle frasi?
Renata rimase a bocca aperta, senza sapere cosa rispondere.
-Felix, ma che razza di domanda…
-Porca puttana, Renata, rispondimi!
Sembrava davvero furibondo. Lei deglutì.
-No…-, balbettò.
-Come? Non ho sentito bene. Allora?
-No. No, non mi sembri spagnolo, Felix.
-Bene. E allora, se non ti sembro spagnolo, non mi trattare come se lo fossi.
Detto questo girò i tacchi e si diresse fuori dalla stanza; Renata rimase lì, con i pugni serrati, e scoppiò in singhiozzi senza lacrime.
Durò all’incirca tre secondi. Poi Felix spalancò la porta scardinandola e, quasi stupito che lei l’avesse lasciato fare, la stritolò in un abbraccio spaccaossa.


-Così ora abbiamo un dottore al nostro servizio… non lo trovate eccellente?
-Trovo eccellente che almeno questo non si faccia scrupoli, Aro. E che potremmo sorvegliarlo da vicino.
-Quindi alla fine devi darmi ragione, ho fatto bene a insistere affinché tu non lo giustiziassi subito, sulla via del ritorno da Forks!
Caius rise.
-Posso ancora giustiziarlo, se non mi piace quello che fa. Con comodo, da casa mia.
-Va bene lo scienziato. Ma le tre mezzosangue? La piccola è… chiassosa, Aro. Ritieni indispensabile tenerle qui?
-Marcus, vedremo di fare in modo che la deliziosa Jenny non ti sia di disturbo. Ma davvero le terrei qui… interesse scientifico, sapete. E inoltre…
Il sorriso di Aro divenne inquietante, simile a una mezzaluna. Il sorriso di un gatto, se i gatti sapessero sorridere.
-La graziosa Alice Cullen, il piccolo oracolo, pare abbia dei seri problemi nel vedere il futuro se sono coinvolti mutaforma e mezzosangue. E sarete d’accordo con me nel considerare la nostra privacy estremamente preziosa; rispetto ai mutaforma, queste tre fanciulle sono una curiosità mai studiata prima e, dato affatto insignificante, non puzzano. Non le ritenete due ottime ragioni?
-Ottime, Aro-, mormorò Marcus. Caius fischiò e scoppiò a ridere.
-Ma piuttosto! Ora possiamo cominciare a concretizzare ciò che abbiamo appreso là a Forks, finalmente. Sarò sincero, cominciavo a stancarmi di tutte queste idee che mi volavano in testa senza che potessi fermarle… cominciavano a diventare irritanti, come fossi disturbato da un nugolo di zanzare, capite cosa intendo?
-Capisco, Aro-, rise Caius. –Sei ancora deciso a non disturbare il clan di Carlisle, almeno finché la mezzosangue non si sarà incrociata con il mutaforma?
-Decisissimo, fratello. Il clan di Carlisle sarà… come si dice? Oasi protetta. Dovremo solo farli sorvegliare, o eventualmente proteggere se li minaccerà qualcuno più forte di loro.
 -Sono in tanti, sono pacifici, hanno talenti e hanno i mutaforma, Aro. Potranno difendersi da soli, per quanto riguarda la maggior parte dei pericoli che potrebbero minacciarli. Piuttosto, se permettete, c’è una cosa che farei subito-, intervenne Marcus
Caius stava per dire qualcosa, stupefatto. Aro lo fermò stringendogli appena il braccio.
-Cosa suggerisci, fratello?
-I Rumeni. Li abbiamo lasciati vivi, cinquecento anni fa, e li abbiamo ritrovati a Forks in cerca di vendetta. Tu stesso, Aro, hai detto che non hanno fatto segreto delle loro intenzioni belligeranti. A questo punto, non vedo nessun motivo per lasciarli in vita. L’ideale sarebbe che fosse Caius a guidare una spedizione per eliminarli, meglio ancora se accompagnato da te, Aro. In quanto a me, penso di essere in grado almeno di tenere Volterra mentre voi siete assenti.
Ora l’espressione di Caius era palesemente stupefatta. Aro sorrideva, sorrideva col sorriso dello stregatto, il sorriso consapevole e soddisfatto di chi sapeva che prima o poi sarebbe accaduto esattamente quello che stava accadendo.
-Sono assolutamente favorevole, Marcus. Metteremo a punto i dettagli domani stesso. Ma ora, fratelli, perdonatemi: devo recarmi da Demetri e Santiago per annunciargli che anche questa volta ho vinto una scommessa!
Caius lo guardò incuriosito.
-Che scommessa, Aro?
-Entro la fine dell’anno, nella stanza di lei, per nessun motivo apparente!- proclamò Aro, trionfante.
Caius spalancò gli occhi.
-Felix con Renata? Ma se non mi ha detto niente!
-Dubiti di me, Caius? L’ha detto solo ad Afton… almeno finora. E lei non l’ha detto a nessuno, anche perché credo debbano girarci ancora un po’ attorno… ad ogni modo, come sempre ho vinto!
Caius sbuffò.
-Ne resta aperta ancora una.
-Già…- sospirò Aro. –Se solo tu volessi metterci una buona parola, Marcus…
-Non intercederò presso Afton perché sposi Chelsea solo per farti vincere una scommessa, Aro. Non è compito mio.
Aro si esibì nella più oltraggiata espressione del suo repertorio.
-Ma come puoi davvero pensare, fratello, che il mio scopo sia meramente vincere una scommessa! È per Chelsea che lo faresti, per la sua felicità!
Caius scoppiò in una risata sprezzante. Marcus inarcò appena un sopracciglio.
-La felicità è stare al fianco della persona amata, non una cerimonia di matrimonio. Questo, ti assicuro, sia io che lei lo sappiamo fin troppo bene.
I tre tacquero. L’accenno a Didyme spezzò l’atmosfera giocosa in un solo istante. Aro sospirò lievemente, ma non interruppe il silenzio. Lasciò che fosse Marcus a spezzarlo.
-Perdonatemi, fratelli. Rattristo tutti e in particolare te, Aro, che sai perfettamente cosa provo.
Gli sfiorò una mano.
-Appena me la sentirò farò qualcosa per Chelsea. Datemi solo un po’ di tempo.
Caius sorrise.
-Non è il tempo a mancarci. Ci manchi tu, Marcus.
Marcus sospirò lievemente. Stavolta fu Aro a spezzare il silenzio, con un frullo di mani, come a voler scacciare i pensieri tristi.
-Marcus tornerà, e ora abbiamo da fare, fratelli. Abbiamo un regno da governare.


-E un’altra cosa che non mi piace, capitano, lo sa qual è?
-Mmh?
Il Capitano Condorelli si rigirò tra le dita il cartoncino pregiato, con il messaggio scritto in grafia elegante.
-Che ogni maledetta volta ci mandino le istruzioni in queste buste. Non potrebbero comunicarcele telefonicamente, o via mail, non so, come tutti?
Non vedeva il suo co-pilota dal viaggio di ritorno Rio de Janeiro-Pisa. Non gli era mancato granché; quel suo polemizzare continuo lo innervosiva.
-Beppe, se non te la senti più di volare con loro, lascia stare. Rifiuta l’incarico. Secondo me quelli ti scrivono anche una lettera di raccomandazione per una buona compagnia; non sei obbligato.
-Ma che scherza, capitano? Sono obbligato sì. Ha visto quanto pagano? A me i soldi servono!
Il capitano sospirò.
-Non dirmi che hai già finito quelli di Rio.
-Le donne costano. Due poi costano il doppio di una.
Beppe guardò il cartoncino, assorto.
-E poi stavolta è un viaggio corto, insomma, ce la caviamo in un paio d’ore… cosa vuole che siano un paio d’ore?
Il capitano sospirò. –Quindi ci sei anche stavolta?
Beppe annuì.
- È la Romania, capitano. C’è pieno di figa, in Romania.














Note: alè, seconda parte pubblicata, storia finita, mi sento sollevata. Spero vi sia piaciuta!
Per prima cosa devo ringraziare di nuovo vannagio e OttoNoveTre, beta insostituibili, amiche, madrine della mia creatività. Aro saprà ricompensarvi adeguatamente, miei gioielli!

“O amore, figlia di delizie, un re è rimasto preso dalla tua treccia” è un verso del “Cantico dei Cantici”.
L’arma che usa Caius è quel bagaglio che usa alla fine di Breaking Dawn. Io lo chiamo amichevolmente “lo zippo”.
Il nome, l’età e la provenienza delle tre figlie di Joham (ok, qui età e provenienza non le ho dette, ma le so) sono prese pari pari dalla guida della Meyer. Quindi non prendetevela con me se una norvegese del 1810 si chiama Serena (ebbene…). Non è colpa mia. Per fortuna mia, delle tre sorelle mezzosangue, a parte questi sconcertanti dati anagrafici, non si sa nulla, quindi le loro passioni e caratteri sono farina del mio sacco. Oddio, a dire la verità alcune cose di Serena sono ispirate a una persona che conosco e che forse passerà qui a leggere, e nel caso spero tanto che si faccia due risate! Harrison l’archeologo, ovviamente, è l’ennesima smaccata citazione. Elena, Stefan e Damon sono i protagonisti di un telefilm, “The vampire diaries”.
Il "contratto tra sovrani" di cui parla Aro è una citazione del "contratto tra coinquilini" di cui parla sempre Sheldon Cooper nel telefilm "The big bang theory".
Qui l’immagine dell’angelo gotico della cattedrale di Reims. Così, perché a me personalmente fa impazzire.
Antonia Caenis è un personaggio storico realmente esistito che mi sono trovata in un esame e della quale mi sono innamorata, tanto da decidere di trasformarla in vampiro e parlare della sua caratterizzazione con le mie amikette. Chi volesse vederla in azione, può farlo grazie a vannagio che l’ha fatta comparire qui in tutto il suo splendore.

Bene, gente… adesso ho una guardia con una nuova coppia e tre presenze in più. Qui la famigghia si allarga!
Per ora, vi ringrazio tutti tantissimo. Anche se non riesco a ringraziarvi come vorrei, ma fate finta che l’abbia fatto. Perché davvero, posso conoscervi o non avervi mai visto, ma sono davvero contenta e lusingata che siate qui. Grazie!


   
 
Leggi le 8 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Twilight / Vai alla pagina dell'autore: Dragana