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Autore: Giulz95    14/05/2012    2 recensioni
Un piccolo progetto: la storia è totalmente inventata, con qualche accenno ai testi dei Nightwish. I personaggi della storia sono inventati, anche se hanno le sembianze degli originali (per esempio Tuomas si chiamerà Tuomas, avrà il suo volto, ma non sarà il tastierista del gruppo)
La storia è ambientata nel medioevo, e non è ancora ben chiara...
Scopriamola insieme :)
Eva voleva scappare, voleva vedere il mondo. Voleva vivere. E lui l'avrebbe aiutata. Perché per quanto non volesse ammetterlo a se stesso, gli ricordava tremendamente la sua Tarja.
Genere: Avventura, Dark, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: OOC, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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Ed eccola di nuovo sulla cima di quella scogliera. La vista da quel punto era la più suggestiva di tutto il villaggio: davanti a lei si apriva l'oceano immenso, grigio da mesi ormai, appeso all'orizzonte che ora non era altro che una linea sfocata tra le nuvole e le onde. Il vento le scompigliava i lunghi capelli corvini e le urtava gli occhi, che già erano umidi di lacrime. L'oceano era un tomba. L'oceano aveva divorato la barca del suo amato padre in un sol boccone mentre lei e sua madre osservavano dalla scogliera, nello stesso punto in cui si trovava ora lei. Quello fu il giorno in cui perse ogni cosa: suo padre, prigioniero dell'orizzonte, sua madre, ridotta ad un corpo senza anima, il suo sposo, partito poche settimane dopo per cercar fortuna e mai tornato. Non le era rimasto nulla. Eva chiuse gli occhi e si sfiorò l'addome, accorgendosi di aver sbagliato. Qualcosa, o meglio, qualcuno le era rimasto. Respirò un'ultima volta l'aria che preannunciava la tempesta e ritornò nella piccola costruzione in legno, decisa sul da farsi. Sua madre le diceva sempre che lui e suo padre erano un anima in due corpi. Ora che lui era morto, una malattia simile alla malinconia aveva colpito ciò che rimaneva di sua madre. Non parlava, non muoveva più un muscolo, non voleva saperne di bere o mangiare. Si stava lasciando morire, e sembrava che quello fosse il suo unico obbiettivo. Eva salì le scale senza nemmeno osservare il letto sul quale era avvolta in una coperta, e una volta giunta nella sua stanza riempì una sacca di pelle con le poche monete che le erano rimaste, afferrò il mantello che era stato di suo padre e lo indossò, allacciandolo sotto il collo. Riscese le scale, e alla luce della torcia appesa alla parete svuotò la dispensa di tutto il cibo rimasto, riempì due bisacce d'acqua e uscì per caricare il tutto sulla schiena di una magra e stanca cavalla di fattoria, che non avrebbe resistito a lungo. Tornò un'ultima volta nella piccola stanza, raccolse la torcia e si avvicinò al letto in legno di sua madre, che la guardò negli occhi senza espressione.
-Madre...- Iniziò lei, con le lacrime negli occhi. -E'... Sei sicura che sia questo quello che vuoi.-
Alzò una mano tremolante verso il volto della figlia e le asciugò faticosamente la guancia, prima di sorriderle e richiudere gli occhi. Eva respirò e prese coraggio. Uscì dalla stanza, si allontanò e gettò la torcia sul tetto in paglia della casa, che prese fuoco in pochi istanti. Senza voltarsi a guardare, salì a cavallo e percorse la strada lontano da quella che era stata la sua vita. Si voltò solo una volta raggiunto il sentiero per la città, e vide un fumo nero e denso alzarsi al cielo e confondersi con il grigio temporale che si stava per scatenare. Eva si alzò il cappuccio e si voltò nuovamente, stavolta al galoppo verso una vita nuova.
  
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