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Autore: Kim WinterNight    14/05/2012    1 recensioni
Allora, premetto che ero titubante all'idea di pubblicare questa mia bacata produzione, ma mi sono detta che si può sempre provare, c'è sempre qualcuno che potrebbe apprezzare.
Detto questo, vi anticipo subito che i protagonisti saranno componenti di diverse band che amo, che si raggruppano in un'unica formazione chiamata 'Faithless' e che, tendenzialmente, non c'entrano niente gli uni con gli altri. In più, fanno parte del gruppo anche un artista italiano che proprio ci sta a fare come i cavoli a merenda, per intenderci, e una comune ragazza con un passato difficile.
Be', spero di avervi incuriosito.
Allora, leggete e ditemi cosa ne pensate, perché mi piacerebbe capire se sono completamente pazza oppure no, a scrivere certe cose!!!!
Genere: Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno
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2.

 

 

«Ragazzi, cosa ne dite di venire tutti a casa mia oggi? Facciamo un po' di casino!» propose Joey.

«Ehi nano, sai che hai avuto una buona idea?» intervenne per la prima volta Matt, chiudendo la custodia della sua chitarra. «Ne ho proprio bisogno. Sei fornito di birre?»

«Ovvio. Voi che ne dite?» chiese l'altro chitarrista, rivolgendosi al resto del gruppo.

«Dal momento che avete intenzione di ridurvi a merda stasera, dev'esserci qualcuno che badi alla vostra incolumità, perciò verrò» accettò il cantante armeno.

«Concordo con Serj. Noi due dobbiamo controllare che non vi ammazziate» dichiarai, sorridendo.

Max rifiutò perché aveva un concerto con i Cavalera Conspiracy, gruppo fondato con suo fratello in seguito alla loro riappacificazione, mentre Janne accettò di buon grado e Michele si unì all'allegra combricola, dicendo: «Vengo anch'io, ma faccio compagnia agli astemi.»

Così, divisi in due macchine, raggiungemmo casa Jordison. Per quanto riguardava il nostro nanetto, mi ero sempre chiesta come mai non fosse stato lui il batterista dei Faithless, e mi ero ripromessa di chiederglielo, prima o poi.

La casa di Joey era enorme, contornata da un giardino che amava curare personalmente e, all'interno, arredata in modo bizzarro, con tanto di croci celtiche ovunque, pareti completamente dipinte di nero, ricoperte di graffiti e disegni fatti da lui. Inoltre, i mobili erano piuttosto antichi, risalenti probabilmente all'Ottocento. Adoravo andare da lui, poiché mi trovavo a mio agio. Nonostante vivesse da solo, la casa era pulitissima, in quanto disponeva di una servitù eccellente e, soprattutto, ben pagata. Insomma, al nano i soldi non mancavano, ma di certo non lo si poteva definire tirchio, anzi; condividere le sue ricchezze con le persone che amava lo rendeva felice. Il nostro chitarrista era davvero una persona d'oro, a cui, personalmente, volevo un bene immenso, come del resto ne volevo a tutti gli altri ragazzi.

Ormai, loro erano la mia vita.

La serata procedette come previsto: Matt, Janne e Joey si presero una sbronza colossale, mentre io, Serj e Michele li prendevamo in giro ridendo come dei matti.

Come al solito, a noi astemi toccò il compito di mettere a letto i nostri amici che Joey aveva pensato bene di sistemare a casa sua, poiché non erano in grado di tornare nelle loro.

Dopodiché, Michele ci chiese: «Dev'essere difficile per voi metterli a letto quando io non ci sono, vero?»

«Sì, esatto Capa. Il lavoro pesante tocca sempre a noi due» risposi, mentre mi preparavo per andarmene.

«Ti ammazzo» dichiarò, per poi intrappolarmi in un abbraccio e farmi il solletico.

Cominciai a dimenarmi, ridendo a crepapelle. «Scusami Mick... Non... Non volevo chiamarti in quel modo...» riuscii a dire, mentre non accennava a fermarsi.

«Sai cosa devi fare per farti perdonare, vero?» mi sussurrò all'orecchio.

Serj ci guardava allibito dall'altra parte della stanza, mentre si occupava di buttare le bottiglie di birra vuote.

Mi voltai a guardare il bassista negli occhi e lo strinsi forte a me. «Uff... Sai che odio doverlo dire... Ma... Mick, ti voglio... Ti voglio bene» sussurrai.

Ricambiò il mio abbraccio e disse: «Piccola, lo faccio per te. Esprimere i tuoi sentimenti ti serve, e arriverà il giorno in cui riuscirai a farlo spontaneamente. Comunque anche io te ne voglio tanto» confessò, prima di sciogliere l'abbraccio.

«Lo so Mick e so che lo fai per il mio bene. Grazie» dissi, riconoscente.

Dopodiché, raggiunsi il mio mitico cantante e lo abbracciai felice.

«Che c'è?» chiese, sorridendomi.

«Niente, non posso abbracciare il mio paparino?»

«Tu sei pazza figliola» scherzò.

Così, tutti e tre insieme, lasciammo casa Jordison e prendemmo posto in macchina di Michele.

«Mi accompagni da Eve?» chiese Serj, e Michele annuì.

Una volta accompagnato il nostro cantante, si avviò verso casa mia.

«Quanto vorrei stare sempre con voi» dissi e sospirai.

«Coraggio» mi incitò il bassista.

«Non voglio andare Mick» dissi, inchiodandomi al sedile.

Il mio amico spense il motore.

«Voglio... Stare con te» aggiunsi, chiudendo gli occhi per evitare che le lacrime mi inondassero il viso.

«Liz

«Michele, non mi lasciare qui» lo pregai, guardandolo in faccia con l'angoscia che mi invadeva fino alle viscere.

«Liz... Ti va di parlarne? Se non mi dici cosa ti turba non ti posso aiutare. Non ti voglio vedere così.»

«Non voglio più vivere con mio padre Mick. Lui...» Mi interruppi, stringendo i pugni.

«Lui?» mi incitò.

«Mi odia perché pensa che la mamma sia morta per colpa mia» spiegai, scoppiando a piangere.

Il mio amico scese dalla macchina e mi raggiunse dall'altro lato, per poi stringermi al petto.

«Liz, shhh, tranquilla, sono qui. Senti, per stanotte starai con me, poi domani ne parliamo. Va bene?»

«Grazie. Io... Mick?»

«Dimmi tesoro.»

«Ti adoro» sussurrai, cercando di calmarmi.

Rimase per un attimo in silenzio, poi rispose: «Anche io, dannazione, anche io.» Il suo tono, così come il suo abbraccio, erano colmi di disperazione e preoccupazione.

Tornò al posto di guida, mentre mi asciugavo le lacrime e tentavo di rilassarmi. Fece ripartire l'auto e guidò in silenzio.

Nel tragitto, pensai a quello che gli avevo detto poco prima e rimasi allibita di me stessa. Mi aveva detto che sarebbe arrivato quel giorno in cui sarei riuscita ad esprimere i miei sentimenti ed ecco che era giunto prima di quanto realmente entrambi potessimo credere. In quel momento mi ero sentita di pronunciare quelle parole poiché mi provenivano dal profondo dell'anima e significavano tutta la gratitudine che provavo nei suoi confronti. Era un angelo e mi faceva sentire come se, con lui, fossi in grado di superare qualunque ostacolo con determinazione e sicurezza. Riusciva a farmi comprendere che dovevo credere in me stessa e nelle mie capacità e che solo così avrei potuto affrontare al meglio la mia vita.

Come avrei fatto senza lui? Non fui minimamente in grado di immaginarlo.

  
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