Storie originali > Soprannaturale > Maghi e Streghe
Segui la storia  |      
Autore: SunsetJulep    17/05/2012    0 recensioni
Tra quello che si impara alla Scuola di Arti Magiche della Repubblica e quello che bisogna aspettarsi dalla magia fuori dal vecchio castello c'è un intero oceano, o almeno così si dice. Reide tuttavia sembra temere meno incanti e nemici che non compagni di scuola e interrogazioni orali. Questo narratore vuole portarvi in un viaggio attraverso le sue singolari paure e le sue ancor più singolari doti. E se lei non vi piace, bhè che Haun e i suoi piedi velenosi vi abbiano in malora.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Mai abbastanza raramente, in questo mondo nascono persone così abbaglianti che chiunque non può fare a meno di amare. Troppo rare sono anche quelle persone che del tutto arbitrariamente decidono di odiarle.
 
 
Pur non avendo mai espresso apertamente questo pensiero neppure a se stessa, Reide trovava una certa soddisfazione nell'odiare persone come Arion. Anzi più che trovarci soddisfazione lo trovava un passatempo itinerante ed era convinta che avere più compagnia in quel sentimento ricco di antipatia ed ostentata indifferenza, avrebbe reso il suo hobby ancor più godibile.
 
 
 

Per quanto ardente, tale aspirazione non era destinata a divenire una concreta prospettiva futura: nella Scuola di Arti Magiche della Repubblica ma anche semplicemente in tutta la Repubblica, Arion era adorato in senso assoluto.
 
Bello, forte, attento agli studi, educato e di buon cuore, era anche erede di uno dei Membri Fondatori, destinato quindi a far parte del Consiglio alla scomparsa del suo, anch'egli, beneamato padre.

La Scuola di Arti Magiche era l'unica università della Repubblica, altrimenti Reide avrebbe felicemente fatto a meno di iscriversi alla stessa alma mater della sua nemesi e la recente riapertura dei conflitti con Callisso, il regno vicino, aveva cancellato la sua aspirazione di proseguire gli studi all'estero e l'aveva inchiodata nello stesso, idilliaco, campus.

Opinione diffusa, e a mio avviso sbagliata, al tempo, era che Reide non fosse una brava persona. Figlia di ricchi mercanti di artefatti magici, aveva frequentato le migliori scuole, le stesse che frequentava Arion, i migliori circoli societari, gli stessi che frequentava Arion, si era dedicata alle attività più in voga della Repubblica, le stesse che praticava Arion, ed era invitata alle feste più importanti, cui partecipava e a volte ospitava Arion; inoltre i due avevano anche la stessa età, quindi nel giro delle persone  "che contano" ci si sarebbe prima o poi aspettato che i due legassero, quantomeno per volontà scatenante della personalità che più ne avrebbe tratto vantaggio tra i due: la stessa Reide. La palese riluttanza della ragazza ad avere il benché minimo contatto con il ragazzo era quantomeno sospetta: Arion e la sua fedele combriccola di amici erano universalmente noti per essere dediti ad attività solo che legittime, ma l'algida donzella faceva costantemente più che piacevolmente a meno della loro compagnia, accompagnando il suo diniego con una buona dose di malcelato disprezzo.

In una storia diversa, cosa pensassero o non pensassero gli astanti della ragazza non avrebbe avuto molta rilevanza, non per questo narratore, almeno. In questa storia, tuttavia, è fattore importante e da sottolineare perché anni e anni dopo i fatti di cui sopra, quando Arion fu condannato e imprigionato, fu opinione diffusa che Reide, un nome che da tempo veniva mai più che sussurrato nei migliori circoli sociali, avesse visto nel rampollo di Peyna quel germe di dissolutezza che lo aveva condotto alla rovina: più o meno in quel momento e in gran parte per quel motivo Arion parve di colpo degno dell’ attenzione della fanciulla. Quando si dice il destino…

Ma il bello delle storie, o meglio il bello di raccontarle, è che possiamo risparmiarci, almeno per il momento, storie di tradimento, sofferenza, prigionia e morte, per concentrarci su fattori di gran lunga più gradevoli, o forse no, considerando che la vicenda nasce in una scuola...
 
La Scuola di Arti Magiche della Repubblica era un'accademia che in gran parte forgiava tutto fuorché maghi. La popolazione della Repubblica infatti nei secoli era decisamente aumentata, mentre la percentuale di "recipienti" magici era rimasta comunque scarsina. Le necessità di una popolazione così vasta dovevano essere incontrate da altrettanti professionisti, quindi il misero castello diroccato di provincia Tanja, dedicato ai giovani maghi per distruggere e mutare il circondario in tutta libertà, venne trasformato in una cittadella in grado di reggere il confronto con la capitale. L'intera città era stata dedicata ai ragazzi che volevano proseguire la loro istruzione: arti scientifiche, letterarie, ginniche, militari. Ogni tipo di disciplina veniva insegnata nella Scuola della Repubblica, ma solo agli alunni di arti magiche era concesso di risiedere nel castello, chiunque non fosse dotato di Potere non riusciva neanche a varcarne la soglia. 

Era un pò la tortura delle matricole, passare sotto l'imponente guglia dell'ingresso significava lasciare il mondo conosciuto alle spalle per abbracciarne uno che poteva far loro molto più male.
 
Reide era stata una delle prime matricole di quell'anno a trasferirsi nel castello: non ne poteva più di stare a casa con i suoi, da quando aveva compiuto diciassette anni erano diventati insopportabilmente oppressivi riguardo al suo futuro, e scoprire di avere il Potere era stata una vera manna dal cielo. Senza considerare che la modalità con cui aveva deciso di manifestarsi era stata impagabile: sua madre le sventolava di fronte un aberrante vestito color lillà gridandole istericamente che doveva vestirsi da signorina anche per andare a caccia, quando Reide aveva serrato le palpebre stringendosi le tempie con le mani. Un istante dopo aveva sentito il silenzio. Aprendo un occhio e poi l'altro si accorse che la madre era scomparsa nel nulla, il vestito con lei. Si avvicinò allo specchio per dare un'occhiata alla mise che tanto aveva scatenato l'ira della madre, solo per poi quasi morire d'infarto, vedendo riflesso nella superficie, appeso alla parete alle sue spalle, il mezzobusto di sua madre, impagliato come i trofei di caccia dello zio Freu, le labbra di lei ancora spalancate e il pugno alzato che brandiva il vestito...

Il mago che intervenne quel pomeriggio fu incredibilmente professionale: non rise per almeno un minuto buono, prima di sfociare in una tosse quantomeno sospetta, mentre Reide gli raccontava la successione dei tragici eventi. 

-è un semplice Incanto del Contrappasso: una delle magie più basilari e istintive che esistano. Molti giovani  maghi scoprono il Potere in questa maniera. Un animo particolarmente frustrato proietta la propria magia sotto forma di "punizione" verso chi li ha offesi, nei migliori casi l'incanto dura una mezza giornata al più e non ha effetti collaterali...se non psicologici- aggiunse in un soffio -ad ogni modo la sua interpretazione dell' incanto, signorina è decisamente una delle più, diciamo, esemplari per il genere di magia di cui si tratta.

Ghignò allegramente un'altra volta e sotto le facce sconvolte delle domestiche borbottò in un linguaggio strano. Alchè si avvicinò alla madre di Reide e la spiccò dal muro come fosse un quadro. Sua madre uscì dalla parete senza sforzo alcuno e senza far cadere un solo calcinaccio! Quale fu lo stupore della giovane quando sua madre, che ancora sbatteva le palpebre sconvolta esordì dicendo -passi per il maledetto vestito, ma non azzardarti ad uscire senza cappello!.

Lei che non imprecava mai... 

Come dicevamo Reide si era convinta che il Potere fosse stata la sua salvezza: un muro, invisibile quanto impenetrabile, la divideva finalmente dell'inutile e irrichiesta familiarità di soggetti che come Arion, si erano presi anche troppa confidenza con lei negli ultimi anni. Passando sotto la guglia della Scuola di magia sentiva la pressione impalpabile dell'incanto che velocemente si decomprimeva per lasciarla passare e ogni volta respingeva quel dolce peso con le spalle come a dire "ciao anche te, grazie per essere qui".

Si era trasferita nel castello da dieci giorni ed era appena di ritorno da un'escursione solitaria nella cittadella quando ebbe le prime avvisaglie che qualcosa stava per turbare la sua sacra tranquillità. 

Gente.

Tanta gente.

Di fronte all'enorme arco incantato c'era quella che si poteva tranquillamente definire una piccola folla. Forzando dei respiri profondi Reide fece in modo di avvicinarsi ancora, sperando che si trattasse semplicemente dei suoi compagni, tornati dalle vacanze, o di altre matricole che avessero in qualche maniera deciso di trovarsi davanti all'entrata per compiere il primo grande passo tutti insieme.

Ancora due passi davanti e poté sentire il suono della sua speranza che stanca di viver d'insoddisfazioni la salutava indispettita e se ne andava sbattendosi la porta alle spalle. La carrozza con lo stemma dei Penya era parcheggiata in pompa magna di fronte all'ingresso.

Al centro del circo c'era Arion, col sole di mezzogiorno che splendeva sui boccoli castani come avrebbe fatto sull'oro, alto e sorridente come uno di quegli Spiriti dei Fiumi che distraggono le fanciulle dal bucato e straripante tanto fascino quanto uno dei catini che queste usavano. Subiva le poderose pacche sulle spalle come fossero carezze e le cascate di complimenti con infinito imbarazzo e malcelata, pura gioia.

La sfiga, per Reide, non era neanche più un’incognita da cui guardarsi né un’ eventualità da combattere e cui eventualmente soccombere: era diventata un callo sulla pianta del piede, sempre presente anche quando te lo scordi, le cui sporadiche scomparse ti premiavano con brevi ed intensi passi scanzonati incredibilmente leggeri e un’inquietante sentimento di disagio sorprendentemente simile alla nostalgia.

Quando il principesco bellimbusto la scorse aldilà del muro umano che li separava e la premiò con un immeritato quanto caldo sorriso di benvenuto, per lei non fu davvero uno shock: qualcuno dei marionettisti che orchestrava quella farsa universale si era appena ricordato di rimanere coerente con la sua traccia.

-Reide, cara!- ululò la madre di Arion –non ci posso credere! Che razza di coincidenza!-

Reide sorrise di rimando, incapace di articolare una risposta che precludesse l’arresto.

Il rampollo era raggiante quanto nervoso, gli occhi limpidi, un leggero velo di sudore a far brillare la pelle ambrata in quell’afosa giornata. Reide lo guardò dritto in faccia, come aveva sempre fatto fin da bambina, gli occhi scuri e seri ben piantati in quelli chiari di lui, lei imperscrutabile e lui visibilmente a disagio. 

Reide trovava il suo sguardo vuoto e irritante e sfortunatamente se lo sentiva anche troppo spesso addosso. Il ragazzo si riebbe in un istante, le porse delicatamente la mano e sventagliandole affettuosamente il suo più caloroso e dedicato sorriso beò gli astanti della sua regal voce.

 -Miss Reide Flott, - disse Arion solennemente –vuole farmi l’onore di attraversare il cancello incantato insieme a me?
 
  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Soprannaturale > Maghi e Streghe / Vai alla pagina dell'autore: SunsetJulep