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Autore: Edenya404    18/05/2012    6 recensioni
-Merlin, quello che è successo tra noi…
Il mago sentì qualcosa spaccarsi nel petto, una crepa sottile ma profonda che iniziò a scalfire le ossa e sgretolargli l’anima. Non era pronto a sopportare un rifiuto, né a ripercorrere strade di pentimenti e incomprensioni, sarebbe stato come bruciare lentamente su un rogo inesauribile. Si concesse di stringere gli occhi solo perché l’altro non poteva vederlo.
-È stato solo un errore, Arthur. Non si ripeterà, non temere.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Coppie: Merlino/Artù
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Quarta stagione
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Lo sapevo, era solo questione di tempo prima che arrivassi ad infestare anche questo fandom. Ci ho provato ad ignorare tutte le sfumature slash di questo telefilm ma evidentemente non ha molto funzionato, anche perché quei due non fanno altro che fare sesso con gli occhi per il 70% di ogni puntata! Pure la mia volontà ha dei limiti.
In ogni caso, tutto ciò solo per salutarvi *fa breve inchino* e ringraziare chi di voi avrà la bontà di farmi sapere che ne pensa. Magari mi rivedrete, magari no…dipende da cosa combinano questi due ;)
Passando alla storia: è ambientata dopo l’ultima puntata della quarta stagione, come sicuramente avreste capito da soli tra qualche riga ma a me piace rompere le scatole a gratis. Ringrazio la mia beta –Euterpe- che mi segue in ogni fandom e mi insegna a migliorare sempre più; inoltre il titolo è suo perciò fate inchino anche a lei :*
Detto ciò, buona lettura.
Peace, tea and biscuits ^^

Edenya

 

_Puzzle me when the darkness falls_

 

L’aria di Camelot sapeva essere tagliente come lame a quell’ora della notte, poteva sentirla strisciare silenziosa tra le guglie e sferzarlo ripetutamente. Tuttavia lui rimaneva immobile, a dispetto dell’insensibilità che gli masticava la pelle del volto, capelli neri a mescolarsi con la notte ed occhi blu a scrutare verso il basso. Sotto di lui una città semi-deserta ubriaca di festeggiamenti per il matrimonio del re, sazia di felicità, quella stessa felicità che Merlin aveva sentito correre via dal suo corpo nel momento esatto in cui la corona aveva carezzato i ricci scuri di Gwen, risucchiata completamente da quel bacio così giusto per il regno ma così sbagliato per lui. Aveva aspettato fino a che i suoi occhi scuri non lo avevano cercato per rifilargli un sorriso che era tanto necessario quanto doloroso, una finzione con cui avrebbe dovuto convivere d’ora in poi. Nell’ombra per stargli vicino, nel buio per poterlo vedere. E avrebbe dovuto farselo bastare fino alla morte.
Strinse i pugni, gettando lo sguardo alla notte in una muta richiesta d’aiuto senza destinatario alcuno; persino la magia sembrava aver perso la sua consueta forza, rannicchiata come un feto alla base del suo stomaco.

-Non ricordavo di averti nominato sentinella, Merlin.

Lasciò cadere il capo in avanti, ciondolante sul petto come il suo animo improvvisamente spezzato dalla sorpresa.

-Non dovreste essere qui, sire.

Non a quell’ora, non durante la sua prima notte di nozze, non con lui. Avrebbe dovuto stare con Gwen, abbracciarla tra le coltri regali che lui stesso aveva preparato. Sbagliato, sbagliato, sbagliato.

-Già, probabilmente non dovrei.

Si posizionò accanto a lui, scariche di calore che sfuggivano alla veste da notte e andavano a colpire ogni suo centimetro di pelle ricordandogli quanto era stato bello toccarla e farsi toccare. Una folle notte umida di baci e sollievo, nascosti tra le mura di un vecchio castello con un solo fuoco a proteggerli e la gratitudine per essere di nuovo insieme nonostante i Dorocha. Quella notte che non si era ripetuta ma che li aveva cambiati nel profondo e continuava a spingerli a cercarsi in modo ossessivo e malato, tanto che scappare era diventato impossibile.

-Merlin?

La mano del re posata sulla sua spalla lo scosse come un campanello d’allarme, la magia che ribolliva nelle vene… specchio di un desiderio che lo stava corrodendo fin nello stomaco. Avrebbe sputato l’anima, se non si fosse fermato.

-Gwen sentirà la vostra mancanza, non è cortese sire.

Arthur scosse la testa allontanando la mano e lasciandosi sfuggire un amaro sorriso. Merlin stava tessendo la sua personale rete di finzioni come un vecchio ragno ferito, affidandosi totalmente alla misera possibilità che lui vi cadesse in un modo o nell’altro.

-Non è da te essere così formale.
-Ci sono tante cose che non sapete di me, sire.

L’occhiata gelida che gli rivolse fece irrigidire il biondo sul posto, le dita cominciarono a tremare e continuarono a farlo anche dopo che Merlin gli ebbe voltato le spalle a monito di ciò che gli stava rapidamente sfuggendo ma di cui necessitava se voleva respirare.
Lasciò uscire un sospiro che morì nella notte, riflesso di una speranza infranta che lottava contro il nulla, debole ma comunque più forte di loro due.

-Merlin, quello che è successo tra noi…

Il mago sentì qualcosa spaccarsi nel petto, una crepa sottile ma profonda che iniziò a scalfire le ossa e sgretolargli l’anima. Non era pronto a sopportare un rifiuto, né a ripercorrere strade di pentimenti e incomprensioni, sarebbe stato come bruciare lentamente su un rogo inesauribile. Si concesse di stringere gli occhi solo perché l’altro non poteva vederlo.

-È stato solo un errore, Arthur. Non si ripeterà, non temere.
-Cosa ti fa pensare di sapere cosa temo?

Il giovane re lo afferrò per una spalla costringendolo –senza alcuno sforzo- a voltarsi, un furore negli occhi che sapeva di battaglia, di una guerra all’ultimo sangue che avrebbe potuto benissimo concludersi senza alcun vincitore.

-Sei davvero tanto presuntuoso, Merlin?

L’altro abbassò gli occhi per un attimo raccogliendo tutto il coraggio che aveva in corpo e che, a dispetto dell’evidenza, il biondo sapeva essere decisamente più grande del suo.

-Mi attengo solo all’evidenza dei fatti.

Quella risposta colpì Arthur come un dardo dritto tra le scapole, sentì il respiro mancare e un dolore sordo bucargli i polmoni. Un solo secondo in cui tutto parve sgretolarglisi intorno. Un solo infinito secondo in cui morì e rinacque sotto la calma devastazione di Merlin.

-I fatti spesso non sono altro che il riflesso di ciò che gli altri si aspettano di vedere, dovresti saperlo.

Il giovane mago avvertì gli occhi farsi umidi ed un groppo di pensieri arrotolarsi in gola. Era troppo per lui, troppo stare lì a farsi riaprire ferite dall’unica persona che non avrebbe mai dovuto neppure infliggergliele, con la magia che gorgogliava di dolore. Come se non ce ne fosse già abbastanza, come se il destino non lo avesse già sufficientemente deriso.

-Vattene, Arthur.

Un solo bisbiglio che bastò a tagliare l’aria e calciare nello stomaco l’orgoglio già a pezzi del re.

-Non ho intenzione di prendere ordini da un servo.

Sorriso ad aprirgli le labbra. Piccola, misera richiesta di tregua che Merlin neppure colse, accecato com’era da una delusione tanto abbagliante quanto dannosa.

-Pensavo di poter essere considerato almeno un amico, giunti a questo punto.

Riconobbe il tono di chi si arrende alla sconfitta pur senza scapparne. Riconobbe la posizione di ultima difesa, ma quella era una lotta che Arthur non aveva mai affrontato e non sapeva come comportarsi. La battaglia contro un cuore sanguinante in cui ogni ferita è tale e quale ad un colpo auto-inflitto. Li sentiva tutti, dentro e fuori, a pelle e nelle viscere e la consapevolezza di non sapersi difendere alimentava la sua rabbia come aria sul fuoco.
In due falcate si avvicinò a Merlin, schiacciandolo contro le mura, le mani ai lati del suo corpo ed un tremore incomprensibile al petto.

-Sei proprio un’idiota. Adesso ne ho la conferma.

Il mago alzò su di lui uno sguardo lucido e combattivo ed Arthur seppe che il nodo da sciogliere era vicino. Merlin esigeva delle risposte e se non gliele avesse fornite avrebbe perso definitivamente qualsiasi cosa fosse quella che li aveva legati fin dal primo giorno.

-Perché non sei con Gwen?

Il biondo deglutì ripetutamente , lottando contro il suo animo di cavaliere che graffiava la trachea per impedire a quelle parole di uscire ed acquistare consistenza. Affrontare la realtà non era una cosa che avrebbe voluto fare, adesso che aveva un regno sulle spalle ed una spada di comuni pregiudizi che premeva sulla nuca, ma almeno questo glielo doveva.

-Sentivo la tua mancanza, ma evidentemente la cosa non è reciproca.

Merlin ripensò ad ogni notte passata nel suo letto. Quando Arthur glielo chiedeva e lui si addormentava rannicchiato sopra le coperte, con la mano del re affondata nei capelli scuri o stretta attorno al suo fianco magro. Ripensò a tutte le volte che avrebbe voluto togliersi i vestiti e scivolare sotto le coltri con lui, per sentirlo vicino fino a confondere la sua pelle con la propria. Vi ripensò e fece male, tanto che l’amaro si tramutò in una risata strozzata.

-Sei un asino presuntuoso, Arthur. Non ruota tutto intorno a te anche se hai una corona in testa.

L’orgoglio del biondo spezzò le catene con cui lo aveva legato e ruggì nel suo stomaco, una rabbia sorda risvegliata dal tono irriverente con cui il suo servo –mentre la mente gli urlava quanto fosse inappropriato quel termine- aveva osato rivolgersi a lui. Scavalcato. Criticato. Ferito. Impaurito dalla possibilità di essere scacciato di nuovo, anche se non lo avrebbe mai ammesso.
La voce si fece più alta, rimbombando tra le costole.

-Hai sorriso, Merlin!
-Che altro dovevo fare?

L’urlo del mago squarciò il silenzio di una Camelot addormentata ma fu il suo sguardo, denso e azzurro come un lago di notte, ad impietrire Arthur. Aprì gli occhi sul quel volto contratto e improvvisamente tutto il male che gli aveva causato prese forma davanti a lui, lo afferrò per il mento, costringendolo ad osservarne ogni piaga sanguinante, e cominciò a colpirlo sotto pelle rendendogli ogni ferita amplificata dal senso di colpa e da quel legame che ancora non si sapeva spiegare.

-Hai deciso di sposarti, hai cercato il mio appoggio. Non ti ho negato nulla. Non puoi venirmi a rinfacciare di aver finto una felicità che mi hai chiesto tu stesso.
-Io non ti ho chiesto di essere felice. Volevo solo che mi fossi accanto.

Merlin maledisse la lacrima che rotolò sulla sua guancia, scosse il capo e, con lentezza, spostò le braccia che lo tenevano intrappolato.

-Sei un re Arthur ed io sono un servo, oltre che un uomo. Non posso esserti accanto come entrambi vorremmo. Gwen non se lo merita.
-E tu?

Il silenzio che seguì inghiottì Camelot intera, spalancando una voragine sotto ai loro piedi. C’era qualcosa in quel corpo sferzato dal vento qualcosa, sotto ai muscoli da cavaliere, che palpitava di debolezza e che spingeva il giovane mago a lottare contro se stesso per non cedere alla tentazione di afferrarlo e chiuderselo nel petto. Lo guardò con gli occhi che tremolavano alla luce della luna, lasciandosi accarezzare da quelle sopracciglia bionde aggrottate. Conosceva quell’espressione, era quella con cui Arthur calava le difese di arroganza e gli mostrava quanto fossero vicini.

-Ti ho giurato fedeltà innumerevoli volte e, per quanto tu sia una gran testa di fagiolo, non ho intenzione di cambiare idea.

Il sorriso che gli rivolse celava una sofferenza genuina e spiazzante che nessuno dei due aveva intenzione di rendere palese. La lasciarono lì a penzolare nel vuoto come un feticcio, sospesa tra due volontà contrastanti.

-Non voglio la tua fedeltà se non ti rende felice.

Il moro tornò a voltargli le spalle, sebbene tutto ciò che i suoi occhi chiedevano era posarsi sulla pelle del re, ancora e ancora.

-Mi stai suggerendo di andarmene?

Tono sarcastico, troppo coraggioso per quel corpo gracile.

-Non fare l’idiota Merlin.

Arthur gli si accostò, sfiorando appena col torace la sua schiena, facendo desiderare al mago di gettarsi all’indietro ed affondare nel suo abbraccio per sempre. Ma c’era ancora troppa aria tra i loro corpi e sembrava bruciare come lava attraverso i vestiti.

-Ho bisogno di te. Non farmelo ripetere ancora.

Le labbra di Merlin si stirarono in un amaro sorriso, una folata di vento gelido gli fece stringere le spalle. Aveva sognato mille volte di sentire quelle parole eppure adesso, per uno strano scherzo del fato, avrebbe usato volentieri la magia pur di non farle giungere alle sue orecchie. Era tutto sbagliato, tutto doloroso, troppo da sopportare persino per uno stregone potente quanto lui.

-Non sarà più come prima Arthur.

Le mani del re si poggiarono sulle sue braccia, i polpastrelli che premevano leggermente avvertendo sotto la pallida pelle quelle ossa fragili che avrebbe sempre protetto, ad ogni costo.

-Questo lascialo decidere a me.

Merlin si sporse all’indietro poggiando la sua schiena al petto ampio e rassicurante di Arthur, un gesto tanto intimo e raro che li fece rabbrividire entrambi. Due facce della stessa medaglia, ecco che cosa voleva dire.

-Il fatto che tu sia re non significa che puoi ottenere tutto ciò che vuoi.

Il biondo strinse le braccia attorno al corpo gracile dell’altro, l’odore dolce della sua pelle che gli penetrava a forza nelle narici intossicandogli anima e cuore.

-Hai ragione, ma posso ottenere dei compromessi.

Merlin si voltò nel suo abbraccio ed Arthur pensò di morire alla vista di quegli enormi occhi azzurri lucidi di imminenti lacrime. Odiò il suo orgoglio di cavaliere, che uccideva in gola tutte le parole che avrebbe voluto dirgli ed odiò la sua debolezza, che sanguinava ogniqualvolta si trovava ad incrociare quello sguardo screziato d’oro senza poterlo osservare troppo a lungo per non destare sospetti.
Amava Gwen ed aveva sempre pensato che fosse la sua metà perfetta ma, dopo quella notte passata con Merlin, dopo aver rischiato di perderlo per sempre ed aver visto quegli occhi prosciugati dai Dorocha, aveva compreso che c’era molto di più tra loro. Gwen era un’amica, un ottimo sostegno e l’unica donna che avrebbe mai voluto al suo fianco. Tuttavia il sentimento che aveva scoperto di provare per il suo servo andava ben oltre tutto ciò; Merlin era bisogno essenziale, passione, àncora di salvezza… era il Destino ed Arthur aveva desiderato di non essere re, di essere libero, nello stesso istante in cui se n’era reso conto.
Preda di una irrazionale ed improvvisa paura, lo strinse maggiormente a sé; le loro bocche vicine, i respiri a mescolarsi. Il giovane mago deglutì, la magia che gli bruciava le membra e un dolore sordo al petto.

-Non voglio essere un compromesso.

Probabilmente aveva ragione, Gwen non si meritava tutto questo ma il regno chiedeva una regina ed Arthur aveva fatto ciò che era giusto, solo che perdere Merlin non era un prezzo che era disposto a pagare. Per una volta il giovane Pendragon aveva deciso di essere egoista e non provava alcun rimorso al riguardo. Si tuffò nello sguardo del moro e scese attraverso le iridi fino a baciargli l’anima.

-Neppure io.

La notte si aprì alla bugia accogliendola tra le sue nere ali come una madre premurosa. Le labbra di Arthur si poggiarono sulle sue, dolci come veleno, e Merlin pensò di respingerle mentre vi si abbandonava completamente, rendendosi sporco fin dentro le viscere.
Corse via nella sua mente innumerevoli volte ma le sue gambe, nella consistenza di quella realtà distorta, seguirono il re in una stanza degli ospiti vuota. E non era lui che si faceva spogliare, che gemeva al tocco deciso del giovane Pendragon. Non era lui che schiudeva le gambe lasciandosi prendere per la seconda, meravigliosa, volta. Eppure era lui che stringeva quel corpo come se ne andasse della propria vita e baciava quelle labbra bagnandole di lacrime. Arthur lo guardò confondersi, fidarsi, ferirsi. Avvertì il suo caldo respiro avvolgerlo stretto e seppe, con una sicurezza che squassò il suo orgasmo, che non ne avrebbe mai potuto più fare a meno. Che tutto sarebbe cambiato ma Merlin sarebbe sempre rimasto lì, tra le sue coperte e sotto la sua pelle, ogni volta che l’ombra fosse scesa ad abbracciarli.

 

 

  
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