Disclaimers:
Sherlock appartiene ad Arthur Conan
Doyle, alla BBC e a Moffat e Gatiss.
Note:
che dire... le immagini postate su "Sherlockians
Anonimi" continuano ad ispirarmi.
COME
PRIMA
Quella
sera aveva rimesso mano al blog per la prima volta dopo tre anni di
hiatus,
aveva finito di descrivere il loro primo caso risolto dopo "Il
ritorno" e non sapeva come chiudere il post. Non che fosse un patito di
virtuosismi letterari, gli serviva una semplice frase conclusiva, ma
proprio
non gli veniva in mente nulla.
Cosa
avrebbe potuto scrivere, che era tornato tutto come prima?
Sarebbe
stato bello, ma era davvero così?
Da quando
erano tornati in Baker Street, John provava un inesausto senso di
disagio, come
se il loro rapporto e tutto ciò che erano stati, fossero
rimasti congelati per troppo
tempo e ora riprendessero a girare come un meccanismo arrugginito.
Come se
"la caduta" avesse segnato un indelebile spartiacque nelle loro vite.
Ogni
gesto, ogni piccola abitudine quotidiana riaffioravano dal passato con
dolore: perché
se ora era un piacere cucinare la cena per due e cercare di far
recuperare a
Sherlock i troppi chili perduti, il gesto portava con sé la
consapevolezza di
tre anni di cene solitarie e la latente sensazione di essere stato
lasciato
indietro.
Per
questo, sempre più spesso, si ritrovava a fissare il
detective, chiedendosi
quando sarebbe comparso il prossimo arcinemico.
Quando
sarebbe arrivata la prossima volta in cui Sherlock lo avrebbe
abbandonato.
Sapeva di
essere patetico e anche abbondantemente ridicolo. Non è che
tutti i giorni
capiti di dover fingere la propria morte, gettando nella disperazione
più
totale il tuo miglior amico.
La verità
era che, nonostante a Sherlock avesse assicurato il contrario, ancora
non si
era lasciato alle spalle il suo finto suicidio e quei tre anni di
separazione.
Per questo non riusciva a pensare che fosse tornato tutto come prima.
Sì, era
patetico.
Il
detective alzò gli occhi dal suo cellulare guardando verso
John, ma questo
distolse lo sguardo, fissando cocciuto lo schermo del computer:
l'ultima cosa
di cui aveva bisogno era uno sguardo di compatimento.
Senza dire
una parola, Sherlock si alzò, prese il violino e si diresse
alla finestra, la
sua finestra. Appoggiò lo strumento sotto il mento,
inclinò la testa e iniziò a
suonare, le braccia aperte in un ampio arco, l'archetto che correva
veloce e
leggero sulle corde.
Quella
era
la serata delle prime volte, allora, perché non aveva
più sentito il suono del
suo violino da... da quel giorno.
John
non
era un esperto di musica classica e non riconobbe l'autore del brano,
ma il
modo in cui Sherlock suonava il violino, quello era inconfondibile.
Si
appoggiò allo schienale della sedia, congiunse le mani
appena sotto il mento,
la bocca semiaperta in una espressione a metà tra
l'adorazione e il più
profondo stupore e restò immobile, gli occhi fissi sulla
schiena e sulle
scapole spigolose di Sherlock, i cui movimenti si intuivano sotto la
veste da
camera, le orecchie e la mente piene di quella melodia appassionata e
struggente.
Lo
strumento cantava tra le abili dita del detective e sembrava raccontare
una
storia impetuosa ed incalzante, fatta di solitudine e tristezza, di un
vuoto
mai colmato, di profumi antichi e di nostalgia.
Parlava
di
un dolore che John riconobbe così simile al suo.
"Non
sei il solo ad aver sofferto in
questi tre anni. Lui non lo ammetterà mai, non ne
parlerà mai. Non
direttamente, almeno."
Poi
la
musica cambiò, si fece più dolce e
tranquillizzante "Allegro."
ricordò John a se stesso e a quel punto chiuse
gli occhi, ripescando la melodia dai suoi ricordi, i ricordi "del
prima".
Sì,
ricordava bene quella parte di brano: quando conobbe Sherlock la prima
volta
gli orrori visti in guerra erano ancora così vivi in lui da
provocargli
terribili incubi, in seguito ai quali si svegliava urlando. Quelle
volte, nel
cuore della notte, John udiva la melodia del violino di Sherlock
rompere il
silenzio, salire fino alla sua camera ed avvolgerlo come una seconda
coperta, finché
non chiudeva gli occhi di nuovo e dormiva tranquillamente fino al
mattino.
"Questo.
Questo è rimasto come
allora."
E
forse
anche tutto il resto: il tè, i litigi per convincere
Sherlock a mangiare, le
parti di cadavere in ogni dove, il risolvere casi insieme. Per la prima
volta
dal ritorno di Sherlock, John pensò davvero che potesse
tornare tutto come
prima.
Un'altra
prima volta, quella sera.
Forse
doveva solo lasciare che il dolore, il risentimento e tutto
ciò che di negativo
la sua anima aveva accumulato, scorresse via, portata lontana dal loro
appartamento dalle note di quella melodia così cara.
Il
brano
finì e Sherlock ripose il violino nella custodia. Senza una
parola tornò a
scambiare messaggi sul cellulare con Lestrade.
John
sciolse le dita intrecciate e finì il suo post:
"E così
sono ricominciate le indagini
del mio amico Sherlock Holmes.
Il clamore suscitato
dal suo ritorno è
ormai alle spalle e la vita è ricominciata come prima."
FINE
Il
brano
che mi sono immaginata di sottofondo a questa fanfiction è