Il sole non era ancora sorto e Kiba era fermo a riposarsi su un albero insieme al fido Akamaru dopo la solita corsa delle cinque.
A un centinaio di metri ad est c’era la tenuta degli Hyuga.
Ogni cosa taceva in quel luogo.
A quell’ora del mattino tutti dormivano ancora.
Tutti tranne una ragazza.
Hinata Hyuga era seduta nel giardino sul retro della casa.
Lo faceva tutte le mattine.
I suoi familiari non sapevano di queste sue uscite prima della sveglia generale.
Ma anche se lo avessero saputo non gli avrebbero dato importanza.
Lei non aveva importanza.
Non l’aveva mai avuta per loro.
Ma Hinata non pensava a questo.
Non più.
Plic…plic…plic…
1…2…3…
Il chakra concentrato nelle orecchie animalesche: nessun suono sarebbe scampato a quei timpani.
Ma la sua mente era rivolta solo a quel giardino.
…plic…plic…
…4…5…
Ormai quello era diventato un rituale.
Una messa fatta solo di rumori e rivolta a un dio senza giustizia.
…plic…plic…plic…
…6…7…8…
Kiba captava il tonfo sordo prodotto da ogni singola goccia scaturita da quegli occhi di panna che si infrangeva contro l’erba ancora umida di rugiada.
“I suoi occhi si stanno
sciogliendo.
Per te, che sei partito
senza salutare nessuno.
Stupido
Naruto.
Non ti meriti le sue
lacrime.
Non te la meriti e
basta.”
…plic…plic…
…9…10…
“…ma neanche
io.”
…plic…
…12…
Tutte le mattine il ninja contava ad una ad una quelle lacrime.
…plic.
…13.
Fino all’ultima.
-Cai,
wof-
-Sì, Akamaru…Adesso possiamo
andare.-
Ma non aveva mai mosso un dito per fermarle.
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