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Autore: merediana    20/05/2012    3 recensioni
Qui non si tratta di pericolo, ma di inevitabile annientamento.
Partecipa allo SHERLOTHON indetto dallo Sherlock Fest Italia
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Lestrade
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Fandom: Sherlock
Rating: Verde, G
Personaggi/Pairing: Greg Lestrade
Tipologia: One-shot
Lunghezza: 1046 (fiumi di parole)
Avvertimenti:
Spoiler! Richiede la visione di "The Reichenbach Fall".
Genere: Introspettivo, (leggermente) Angst
Disclaimer: Personaggi, luoghi, nomi e tutto ciò che deriva dalla trama ufficiale da cui ho elaborato la seguente storia, non mi appartengono ma sono di proprietà del duo Moffat-Gatiss, della BBC e dei molti altri che ne detengono tutti i diritti. Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro.
Credits: La frase è una citazione tratta dal canone di Sherlock Holmes
Introduzione alla Fan's Fiction: Qui non si tratta di pericolo, ma di inevitabile annientamento.

Partecipa allo
SHERLOTHON (prompt #2 Qui non si tratta di pericolo, ma di inevitabile annientamento) indetto dallo Sherlock Fest Italia.



INEVITABILE ANNIENTAMENTO




«Una sospensione?».
Il volto di Gregory Lestrade si contorce come se avesse appena ricevuto uno schiaffo.
Non gli è sfuggita la nota di disgusto con cui la parola 'sospensione' è stata pronunciata e ciò lo fa sentire ancora più sciocco e mortificato mentre continua a fissarsi i piedi sperando in una clemenza che sa non gli sarà concessa.
«Stanno pensando di darti una sospensione Greg?».
Nessuna clemenza appunto: la voce della donna è una scudisciata che gli provoca un dolore quasi fisico e gli fa tremare le ginocchia.
«Hanno aperto un procedimento disciplinare a mio carico e quindi sì,» le spiega, sfilandosi le mani dalle tasche dei pantaloni «c'è la possibilità che mi sospendano».
Greg non riesce a stare fermo, ha bisogno di muoversi per cercare di sbollire la rabbia e la frustrazione che prova; così inizia a camminare avanti e indietro per la stanza, come un leone in gabbia o, più verosimilmente, ad un bambino che attende la punizione della madre per l'ultima marachella commessa.
«Sei un fottutissimo idiota!».
«Grazie per il tuo supporto, tesoro» ribatte ironico, fermandosi di fronte alla finestra dalle persiane sigillate.
Per la prima volta da quando la discussione è iniziata, Lestrade si volta a guardare sua moglie: la donna è seduta rigidamente sul loro letto, i capelli spettinati che le ricadono sul volto, le mani che stringono spasmodicamente le lenzuola e le belle gambe lasciate scoperte dalla leggera sottoveste color Blu Tiffany. La luce soffusa dell'abat-jour non gli permette di vederla bene in volto ma può immaginarne le guance arrossate, gli occhi lucidi e le labbra sottili torturate dai denti quasi fino a farle sanguinare.
«La tua carriera è in pericolo?».
Sua moglie scandisce le parole lentamente con un tono piatto, distaccato, come se avesse pronunciato quella domanda solo per rimanere fedele alla faticosa e consunta routine in cui si è ormai trasformata la loro unione e non le importasse realmente la risposta. Greg, però, sa che il fatto che sua moglie non cerchi più di nascondere lo spiccato accento del Dorset significa che quell'indifferenza e quella calma apparente nascondono, in realtà, una collera a stento trattenuta; per questo, cerca di misurare le parole, anche se tutto quello che vorrebbe è smettere di mordersi la lingua e urlare contro a quella massa di sputasentenze che credono di aver capito tutto e invece non sanno niente.
«Qui non si tratta di pericolo,» dice, scuotendo sconsolato la testa «ma di inevitabile annientamento».
L'espressione non è sua, ma del Commissario Capo Gregson.


«Li avete presi?».
«No».
Lestrade è a disagio: non è abituato ad essere quello a cui fanno le domande e non gli piace stare dalla parte
sbagliata della scrivania.
«Ve li siate lasciati scappare e non li avete ancora presi».
«Noi...».
«Non era una domanda Lestrade!».
Non serve il quoziente intellettivo di Sherlock Holmes per capire che Gregson è furioso e che l'unica ragione per cui non urla e non sbatte i pugni sul tavolo è che il naso rotto gli fa terribilmente male.
«Anderson mi sta portando i fascicoli di tutti i casi in cui quell'Holmes ha fatto da consulente».
Lestrade si passa le mani sudaticce sui pantaloni, cercando di smorzare il desiderio di imitare Watson ed andare a prendere a pugni Anderson.
«Sono già 36 ed il 90% sono suoi». Gregson sospira, giocherellando con gli occhiali che non può indossare a causa del gonfiore e della fasciatura. «Come diavolo ha potuto coinvolgere quello psicopatico così tante volte?».
«É stato...» temporeggia il detective, muovendosi scompostamente sulla sedia «Inevitabile».
«Inevitabile?».
Il volto pieno del Commissario Capo è diventato paonazzo di rabbia e di dolore.
Lestrade vorrebbe cercare di spiegare come sia Sherlock per far comprendere al suo superiore che il termine 'inevitabile' è più che appropriato per descrivere il loro "rapporto", ma non gliene viene data l'opportunità.
«Sa cos'è inevitabile, Detective Lestrade?» continua Gregson imperterrito, puntandogli contro l'indice tozzo «L'annientamento di ogni sua ambizione professionale».




«É a causa di quei due di cui parlano i media, vero?». Questa volta, l'indice che gli puntano contro è molto più lungo e magro e si conclude con un'unghia curata e laccata di nero. «Il truffatore e il suo amichetto?».
Sua moglie si è alzata per fronteggiarlo e Greg non ha più bisogno di immaginare i lineamenti di lei sconvolti dall'ira perché può vederli chiaramente. Ora, però, è troppo preso dalle proprie emozioni per preoccuparsi di quelle di lei.
«SHERLOCK NON É UN TRUFFATORE!» urla, prima di voltarsi ed incamminarsi verso il salotto.
«Povero sciocco,» lo deride lei «ti sei fatto fottere da quello snob col cappello da caccia».
«Tu ti sei fatta fottere da un insegnante di ginnastica e Dio solo sa da quanti altri prima di lui».
L'uomo smette di camminare, prende un respiro profondo e abbassa il capo: non voleva essere così duro, ama quella donna e lo addolora averla ferita, ma è stanco di mentire, di fingere che tutto vada bene quando è palese che non è così. É stanco anche di lottare per qualcosa che non esiste più; per questo, continua a darle le spalle e non le chiede scusa, ma si limita ad indossare il trench ed ad afferrare il proprio mazzo di chiavi di casa.
«Vado al lavoro».
E poco importa che sia uscito dal suo ufficio da poco più di un'ora e mezza o che sia la seconda notte che non chiude occhio o che abbia un disparato bisogno di una doccia.
«Non mi troverai al tuo ritorno!» sibila la donna piena di rancore.
Greg si chiude la porta alle spalle senza dire nulla. Non è affatto stupito dalla decisione di sua moglie, ma è genuinamente sorpreso dal fatto di non avere nemmeno pensato di dissuaderla questa volta: ridicolo come il suo matrimonio sia riuscito a sopravvivere alle crisi dei famigerati anni dispari, a bugie e vari tradimenti ma non ad un insulto a Sherlock Holmes.
L'aria del primo mattino è fredda e umida e l'uomo la sente infiltrarsi nelle ossa, intirizzirgli i muscoli e mantenergli la mente perfettamente lucida.
Crudelmente lucida, pensa con amarezza accostandosi alla civetta che un'edicolante ritardatario ha appena esposto.

TUTTA LA VERITA' SU MORIARTY: Sono un attore ingaggiato da Holmes

«Ci ha fregato tutti, eh?»
Greg si volta verso l'uomo col naso rosso che ha parlato e rimane a fissarlo inebetito: vorrebbe contraddirlo, ma il tarlo del dubbio ha ripreso a torturare la sua mente e, come gli disse Sherlock, uccidere un'idea è tremendamente difficile.
Carriera, matrimonio, certezze: a quanto pare, l'espressione inevitabile annientamento sembra adattarsi bene a parecchi aspetti della sua vita.



Note dell'autore: Questa storia è stata scritta per supportare la conquista del mondo da parte del Team Canon.
Mi spiace molto che la parte finale della storia appaia frettolosa, ma è stata scritta oggi e, credetemi, un terremoto di magnitudo 5.9 non è il migliore alleato dell'ispirazione.
Ringrazio lo Sherlothon perchè la scadenza del suo secondo turno mi ha regalato qualche momento di distrazione in una giornata di paura.

Per la prima e, credo, ultima volta in vita mia, mi permetto di fare una dedica:

AL SIG. ANSALONI, MORTO QUESTA NOTTE A SANT'AGOSTINO (FE) A CAUSA DEL TERREMOTO, PERCHÉ ERA UN UOMO CORTESE, GENTILE E SEMPRE SORRIDENTE.
A COLORO CHE SONO RIMASTI UCCISI.
AL CASTELLO, SPERANDO CHE LE SUE FERITE VENGANO RIMARGINATE.
A TUTTI QUELLI CHE, COME ME, NON FANNO CHE TREMARE DA QUESTA MATTINA ALLE QUATTRO.

   
 
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